Tra qualche settimana, al massimo un paio di mesi, ricominceremo ad essere bombardati dalle stime sulla stagione vinicola. Vino buono ma poco abbondante in annate con buon soleggiamento, raccolto compromesso nelle annate siccitose, maturazione difficile nelle annate più piovose della norma e così via. Negli ultimi anni, a ben vedere, le abbiamo viste praticamente tutte.
Con riferimento alla viticoltura, i parametri atmosferici di riferimento sono svariati, c’entra il sole, sicuramente, così come c’entra l’umidità atmosferica. Ma il fattore capace di imprimere il condizionamento più significativo è la temperatura massima media dei mesi di luglio e agosto. Da questa dipende la data di maturazione dell’uva. Nei luoghi dove la produzione vinicola ha una lunga o addirittura lunghissima tradizione, esistono delle registrazioni anche plurisecolari delle date di inizio del raccolto delle diverse qualità di uva. Dall’analisi di queste serie, spesso ottimamente conservate e documentate, è possibile per il tramite di opportuni accorgimenti, ricavare delle interessanti informazioni di natura paleo climatica.
Nei giorni scorsi, per puro caso, mi sono imbattuto in un articolo pubblicato su Nature nel novembre del 2004.
Grape ripening as a past climate indicator
Nell’articolo si trova una serie storica delle date di raccolta dell’uva del Pinot Grigio in Borgogna estesa dal 1370 al 2003. Da questa serie, gli autori hanno ricavato le anomalie di temperatura per l’intero periodo, scoprendo, a loro giudizio, che le date di maturazione piuttosto precoci registrate negli anni ’90 del secolo scorso, hanno in effetti numerosi precedenti nel lungo periodo preso in esame, ma la fine della serie, appunto il 2003, rappresenterebbe una assoluta anomalia. Ciò conferma il carattere di eccezionalità delle caratteristiche assunte dalla stagione che in Europa, e soprattutto in Francia, si ricorda come la più anomala e più calda mai registrata.
Mi è quindi venuta voglia di approfondire il discorso, ho chiesto all’amico Luigi Mariani di darmi una mano, ed ho prontamente ottenuto altre interessanti informazioni. In particolare si tratta di altri due lavori, uno che vede tra gli autori lo stesso Luigi Mariani e l’altro uscito appena quest’anno a firma di due storici francesi.
- Tirano (1624-1930): A long time series of harvest dates for grapevine
- Les dates de vendange à Beaune (1371-2010). Analyse et données d’une nouvelle série vendémiologique
Da entrambi i lavori si evince che i dati presentati nel lavoro di Chuine et al. 2004, non dicono l’ultima parola su quello che è possibile evincere dalle date di raccolta delle uve in termini di oscillazioni delle temperature. Può darsi che ci siano dei significativi effetti di origine locale, o che le informazioni relative alla maturazione siano in qualche modo condizionate anche da altri fattori ambientali ma, soprattutto dal grafico qui sotto, tratto dal secondo di questi altri due paper, si evince che ci sono state delle situazioni simili a quella del 2003 anche molti anni fa.
In qualche modo sembra che la trasformazione della serie in anomalie di temperatura abbia eliminato parti del segnale, perché in termini di date sembra esserci almeno un precedente, più altre annate in cui è accaduto qualcosa di molto simile.
Molto interessanti anche l’elevata variabilità del segnale, con differenze interannuali molto accentuate e la presenza di oscillazioni di lungo periodo ben evidenti: una prolungata fase di raccolti precoci da inizio serie fino alle prime decadi del 1700, seguita da una fase altrettanto lunga di raccolti tardivi fino agli anni ’70 del secolo scorso e un nuovo cambiamento di segno nelle ultime decadi del secolo scorso.
Infine, per chi non avesse molta dimestichezza con la lingua francese in cui è scritto il lavoro di Labbé&Gaveau, vi lascio con una presentazione redatta sempre da Luigi Mariani in cui si parla anche di questo articolo.
Ah, se non si fosse capito, ho definitivamente deciso di svestire i panni del bevitore per indossare quelli dell’intenditore. Considerato il fatto che sono partito dal 1300, temo che ci vorrà un po’ :-).
Guido,
ti ringrazio per lo sforzo di sintesi è mi spiace doverti correggere. Tuttavia, per amor di verità, è necessario dire che nella vite la data di vendemmia dipende dalle temperature (più le massime che le minime) del trimestre aprile-giugno. Questo poiché da temperature primaverili elevate deriva un anticipo nella data di fioritura che poi si mantiene di regola fino alla vendemmia in quanto in genere l’estate è calda a sufficienza per supportare lo sviluppo dei grappoli e dunque la lunghezza del periodo fioritura-vendemmia si rivela costante per ogni varietà. Di conseguenza la data di vendemmia è un indicatore della mitezza della stagione primaverile e non di quella estiva, anche se la cosa può a prima vista apparire contro-intuitiva.
Come vedi sulla strada che hai intrapreso e che ti porterà sicuramente ad essere un “intenditore” ci sono piccoli ostacoli di percorso, anche se non certo insuperabili.
Per inciso segnalo che i due storici francesi da te citati (Labbé e Gaveau) scrivono ad un certo punto del loro articolo che si guardano bene dal mirare a disporre di un termometro universale, Il loro obiettivo essendo quello di documentare nel modo più oggettivo possibile quant’è accaduto dal 1371 ad oggi alle date di vendemmia a Beaune, nel cuore della Borgogna. In altri termini i due studiosi si limitano, com’è giusto che sia, a fare il loro mestiere di storici e soprattutto si rendono conto (il che, credimi, non è da tutti -> bisognerebbe dar loro il Nobel dela climatologia) che la vite non è un termometro, nel senso che un sensore termometrico (pensa ad esempio a del mercurio o ad una termoresistenza) presenta una risposta lineare alle temperatura, mentre nelle piante la risposta è tutt’altro che lineare ma governata da curve di risposta sulla cui forma non mi dilungo per non tediare i lettori.
Ciao.
Luigi