Per la verità in materia climatica quello dell’ultima spiaggia è un film già visto. Più o meno in ognuna delle adunate del movimento salva pianeta c’è qualcuno che avverte che il tempo dell’indecisione è terminato, l’azione di contrasto al riscaldamento globale deve essere rapida e immediata.
Ma quella di oggi è una spiaggia diversa e non è frequentata dai soliti indolenti, inconsapevoli e incoscienti scettici, quanto piuttosto dal loro opposto, da quanti cioè questo clima da ultima occasione lo hanno nel tempo generato. Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che si sente parlare sempre più spesso della “pausa” del riscaldamento globale e, ancora sempre più spesso, a parlarne sono media una volta insospettabili di scetticismo che intervistano ora questo ora quell’altro rappresentante del mainstream scientifico. E c’è un argomento sul quale, finalmente, è stato raggiunto il consenso: la temperatura media del Pianeta ha smesso di aumentare e non sappiamo perché. Inevitabilmente, questo postula anche il fatto che, forse, non sappiamo neanche tanto bene perché sia aumentata prima.
A prendere la parola stavolta è Hans Von Storch, dalle pagine di Der Spiegel e, tra le tante cose che dice, c’è una frase che definirei a dir poco significativa:
Se le cose continueranno così, in cinque anni, al più tardi, dovremo riconoscere che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nei nostri modelli climatici. Una pausa di 20 anni non compare in nessuno scenario modellistico. Ma, anche oggi, troviamo molto diffiicile riconciliare le temperature attuali con le nostre aspettative.
Uhm…sembra che il consenso vacilli un po’. Certo, in cinque anni possono accadere tante cose. Potremmo avere un altro evento di El Nino per esempio, non dico come quello del 1989, anche uno più debole, ma quello sì che darebbe nuovo ossigeno alla causa del disfacimento climatico. Ad ogni modo abbiamo pazienza, ne abbiamo avuta sin qui, cosa volete che sia un altro lustro di attesa. Nel frattempo, tuttavia, è estremamente interessante osservare da fuori queste manovre di riposizionamento. Per esempio, sempre dall’intervista a Von Storch:
Sfortunatamente, alcuni scienziati si comportano da predicatori, facendo sermoni alla gente. Quello che questo approccio ignora è il fatto che ci sono molte minacce al mondo che devono essere soppesate insieme alle altre. Se sto guidando la mia macchina e scopro di essere diretto contro un ostacolo, non posso semplicemente aggrapparmi al volante e sterzare senza controllare se questo mi porterà dritto addosso ad un gruppo di persone. I ricercatori climatici, non possono togliere dalle mani della politica e della società questo processo di valutazione dei diversi fattori.
Qualche esempio? La folle corsa all’uso dei biocarburanti e l’impatto che questo ha avuto e sta avendo sui prezzi delle materie prime alimentari. O il dissennato traffico borsistico di certificati di emissione che ha bruciato centinaia e centinaia di miliardi di euro. Oppure l’indigestione di incentivi per le fonti rinnovabili, che ha generato solo per il nostro Paese una cambiale da oltre 200 miliardi di Euro che sconteremo nei prossimi vent’anni.
Non male anche l’ipotesi circa le possibili origini di questa empasse climatica:
Possiamo immaginare due spiegazioni – e nessuna di queste è per noi molto piacevole. La prima possibilità è che ci sia meno riscaldamento globale di quanto ne sia atteso perché i gas serra, specialmente la CO2, hanno un effetto minore di quello che abbiamo assunto. Questo non vorrebbe dire che non c’è effetto serra causato dall’uomo, ma semplicemente che il nostro effetto sul clima non è così grande come abbiamo creduto. L’altra possibilità è che, nelle nostre simulazioni, abbiamo sottostimato quanto possa oscillare il clima per effetto di cause naturali.
O le considerazioni circa l’atteggiamento della comunità scientifica:
Sicuramente l’errore più grande dei ricercatori climatici è stato quello di dare l’impressione di rivelare la verità definitva. Il risultato finale è la stupidità tra le righe di broshure sulla protezione del clima di recente pubblicazione da parte dell’Agenzia per la Protezione Ambientale della Germania Federale dal titolo “Il Pianeta si sta scaldando”. Libretti come quello non convinceranno alcuno scettico. Non è grave commettere errori ed essere poi costretti a correggerli. l’unica cosa sbagliata è stato agire come se fossimo infallibili. Nel farlo, ci siamo giocati la cosa più importante che abbiamo come scienziati: la fiducia del pubblico. Ci è capitato qualcosa di simile con la deforestazione – e dopo non abbiamo più sentito parlare dell’argomento per parecchio tempo.
Per carità, Von Storch dice anche di essere certo che i famosi 2°C di riscaldamento rispetto al periodo pre-industriale arriveranno, perché così gli dice il suo istinto. Strano, pensavo lo dovessero dire i numeri…
[…] http://www.climatemonitor.it/?p=32801#more-32801 […]
[…] http://www.climatemonitor.it/?p=32801#more-32801 […]
Io credo, in maniera piú prosaica e meno oscura, che:
a) la climatologia, non sia ancora arrivata al livello di confidenza ed esperienza di altre scienze (medica, fisica, chimica ecc.) Non é come l’economia, che non é scientifica, sia chiaro, ma sia altrettanto chiaro che siamo ancora lontani da una piena comprensione dei fenomeni climatici (non confondiamoci con la fisica dell’atmosfera), insomma siamo ancora agli albori;
b) di conseguenza, mancano quei processi di controllo e validazione tipici delle altre branche scientifiche, ma quel che é peggio é che spesso tali processi vengono spocchiosamente rifiutati (pensando che una peer review risolva tutto, quando invece non risolve niente);
c) conseguenza finale, é che quello che in altre scienze é solo uno scenario estremo, degno di uno studio accademico o di qualche teoria eccentrica, ma che nessuno di buon senso applicherebbe mai al mondo reale, diviene invece in climatologia uno scenario probabile sul quale basare le politiche economiche e sociali, e dove spendere centinaia di miliardi per benefici scarsi (ed opinabili).
Forse finalmente gli esperti eco-climatologi stanno arrivando a capire che pure le loro ipotesi scientifiche (in modo evidente ogni modello analitico e previsionale, in qualsiasi branca, si fonda su una o più stime e valutazioni ipotetiche) non significa: sicurezza scientifica…(una è l’ipotesi altro la rispettiva convalida). Quindi spingere governi e comunità a comportamenti e provvedimenti pesanti e costosi sulla base di quelli (i modelli) equivale a prevenire potenziali rischi mediante danni certi. Fra i danni non è da poco l’odio che si può scatenare: perché gruppi d’idealisti in perfetta buonafede non dovrebbero sentirsi moralmente autorizzati a colpire se convinti che in ballo ci sia qualche catastrofe più o meno imminente da cui salvare mondo e umanità…?
Daltronde se pure fosse vero che industrializzazione e sviluppo arrecano un cambio climatico difficile per la nostra specie non sarebbe più saggio accettare il fatto e caso mai preoccuparsi di adattare la civiltà a tal eventuale trasformazione (in termini evolutivi biologici la chiave per affrontare i problemi è l’adattamento a nuovi scenari e non l’arretramento) piuttosto che sostenere, o comunque suggerire, il ritorno ad una condizione pre-industriale che tutti sappiamo con prove storiche cosa significò, e in tante zone del pianeta tuttora significa, in termini esistenziali per le popolazioni?
“La scienza naturale è anche un processo sociale, e molto più influenzata dallo spirito dei tempi rispetto a quanto i non-scienziati possono immaginare.”
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Questo è un altro passaggio della bella intervista rilasciata dal prof. von Storch e, personalmente, è quello che mi impressiona di più. Fino ad oggi credevo che le scienze naturali fossero un fatto oggettivo basato sulla rigorosa applicazione del metodo scientifico sperimentale mentre le cosiddette scienze sociali potevano anche permettersi qualche “licenza scientifica”. Oggi apprendo che non è così: la prossima volta che un mio studente sbaglia i calcoli in una relazione su un esperimento di fisica o sbaglia le unità di misura, non me la prenderò più di tanto assimilando il suo errore ad una “licenza poetica”. 🙂
Per il resto, ho l’impressione, che sostenga molte delle cose che andiamo scrivendo da anni qui su CM. Tra tutte quella che mi fa più piacere riguarda il concetto che la climatologia non è una scienza “definitiva”, ma, come tutte le altre branche scientifiche, in continuo divenire, e, come tutte le altre branche della Scienza, affetta dal suo margine di incertezza (piuttosto notevole, mi sembra di capire man mano che andiamo avanti). E’ quanto sostiene da sempre, per esempio, G. Botteri e, non lo nascondo, il suo atteggiamento equilibrato ha contribuito non poco a farmi avvicinare a questo blog ed alle tematiche trattate. Questa intervista oggi gli rende giustizia.
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Come scrive anche G. Guidi, nell’intevista vengono esposte anche considerazioni che possono essere perfettamente inquadrate nella linea di pensiero principale della comunità scientifica climatologica . Sembrano, però, piuttosto convinzioni che verità scientifiche e, per quel che mi riguarda, la cosa mi sta benissimo. Basti che le si chiami per nome e cognome. Questo anche per rispondere (mi si perdoni la vena leggermente polemica) a chi non si fa scrupolo, con riferimento a qualche mia considerazione, di parlare, con sufficienza, di chiacchiere da bar.
Ciao, Donato.
Strano quel “Ci è capitato qualcosa di simile con la deforestazione – e dopo non abbiamo più sentito parlare dell’argomento per parecchio tempo.” -> non vorrei fosse un errore del traduttore e che in realtà Von Storck si riferisse alla “deforestazone da piogge acide” (altra catastrofe sbandierata in faccia al mondo dai media e dalla “comunità scientifica” per anni e poi scomparsa come per magia) .
Per inciso a tale riguardo sarebbe interessante analizzare se e in che misura il movimento anti-GW sia debitore al movimento ecologista contro le piogge acide.
giusto una precisazionie: Luigi, i danni da pioggie acide – anzi, più propriamente, con pH inferiore a 5 – (non solo sulle foreste, ma ancor peggio nei bacini idrici continentali) soprattutto negli anni 70 in nord europa e nord america erano decisamente ingenti; la prima indagine conoscitiva compiuta nel 1984 dal Ministero dell’Agricoltura ha quantificato nel 5% la parte del patrimonio boschivo italiano già colpita, con in testa la morìa degli abeti di Vallombrosa (Fi). Su 320 laghetti alpini solo 5 sono “acidificati”, ma nel non lontano Canton Ticino (in Svizzera) era compromesso almeno il 50% delle acque lacustri. Per non parlare di una stima ufficiale del 50% della foresta Nera germanica con evidenti segni di deterioramento;
Ricordo che in Scandinavia e nord America si misero in pratica decine di operazioni di de-acidificazione di bacini lacustri biologicamente “morti” con sversamenti di tonnellate di bicarbonato di calcio per compensare gli elevati e letali livelli di acidità); ancora oggi, in Svezia, circa 10.000 laghi hanno una concentrazione di mercurio così elevata che si consiglia la popolazione di non mangiare pesci provenienti da essi;
sulle foreste – di conifere essenzialmente – i danni osservati, soprattutto in Svezia, Germania, Polonia, e Nord America Orientale, furono migliaia e migliaia di ettari di foreste ridotte ai minimi termini (perdevano gli aghi e generavano semi incapaci di dar vita a nuove piante), soprattutto sulle zone ad alta quota e sui versanti esposti (è rilevante notare per altro che Canada e Svezia hanno subito, e subiscono ancora, danni da piogge acide per emissioni industriali che provengono da altri paesi, Stati Uniti orientali e Germania, rispettivamente….) ; nei 3 ultimi decenni la situazione è andata comunque migliorando, ritengo per una più efficiente riduzione degli inquinanti dei complessi industriali, sia per miglioramenti tecnologici del flusso produttivo, sia grazie anche a politiche di tutela del territorio e ambientali in genere, che negli anni 60/70 non esistevano; ma sul fatto che oggi non se ne parli più, è vero, probabilmente ci sono altri “problemi” di più ampia risonanza che non essendo reali e misurabili, al contrario delle piogge acide, permettono a chiunque di aprire bocca e sparare sentenze e previsioni; 🙂
“ancora oggi, in Svezia, circa 10.000 laghi hanno una concentrazione di mercurio così elevata che si consiglia la popolazione di non mangiare pesci provenienti da essi;”
Scusate se arrivo un po’ in ritardo su questa discussione… Scusate la mia ignoranza, ma cosa c’entra il mercurio con le piogge acide? Non sono dovute a composti dello zolfo e dell’azoto?
Beh, forse nella fattispecie tutto fa brodo…di pesce!
gg
Ammettere di aver sbagliato nelle previsioni e, onesto e apprezzabile.
Però mi sembra che ormai gli scienziati e non solo quelli che si interessano di clima siano un po’, subalterni a ideologie o teorie che si vogliono imporre.
Certo che l’osservazione dei fenomeni climatici e’ praticabile da tutti e quindi se non andiamo verso un riscaldamento globale anche i “saccenti” dovranno per forza adeguarsi. magari inventando qualche altra teoria.
Come sarebbe bello se la scienza,in tutti i campi,fosse veramente obiettiva, ma se facesse così perderebbe i lasciapassare dei finanziatori ,dei media e della politica.