CLOUD, come i nostri lettori più assidui ricorderanno, è l’acronimo che identifica l’esperimento in corso al CERN di Ginevra che si pone l’obbiettivo di investigare il ruolo dei raggi cosmici sulla nucleazione e, quindi, anche sulle dinamiche del clima.
Per nucleazione si intende infatti tutto quel complesso di processi che porta alla condensazione del vapore acqueo e quindi alla formazione delle nubi, di cui, specialmente per quelle che si formano alle quote medio-basse, sono noti gli effetti “raffreddanti”.
L’esperimento è unico nel suo genere, perché con l’ausilio di una camera ad atmosfera controllata, si tenta di riprodurre le condizioni di interazione tra le particelle igroscopiche alla base della nucleazione, i raggi cosmici e il processo di condensazione. Di fatto, è l’unico esperimento di cui sia a conoscenza con cui si tenta di riprodurre per via sperimentale le dinamiche dell’atmosfera, in un settore, quello della scienza del clima, per ovvi motivi di irriproducibilità ma anche per tendenza, dominato dalle simulazioni modellistiche.
I primi risultati di questo esperimento sono già stati resi noti qualche tempo fa, ed hanno fornito delle notizie interessanti, pur senza svelare se e quanto l’azione dei raggi cosmici possa definirsi significativa. Qualche gionro fa, invece, Jasper Kirby, lo scienziato che guida il gruppo di ricerca, ha concesso un’intervista ad una rivista scientifica tedesca. Le sue parole, pur ancora tutt’altro che chiarificatrici, hanno il pregio di mettere in evidenza l’approccio scientifico più corretto, quello cioè che in presenza di incertezza preferisce dire “non lo so” piuttosto che lasciarsi andare a ipotesi dal suono eclatante ma dai contenuti irrisori (qui, su WUWT, alcuni estratti dell’intervista).
Tuttavia, dal momento che sembra che ci siano in effetti delle novità sottoposte all’esame di una o più riviste scientifiche, cioè al processo di referaggio, se non si trattasse di qualcosa di significativo difficilmente Kirby direbbe che se il ruolo dei raggi cosmici fosse definito come ipotizzato, cioè in grado di modulare la quantità di copertura nuvolosa presente sul Pianeta, si aprirebbe la strada ad una “nuova fonte naturale di cambiamento climatico” e al “cambiamento della comprensione del cambiamento climatico antropogenico”.
In fondo, è come per le temperature del Pianeta, per sapere come andrà basta aspettare!
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