Alcuni giorni fa ho pubblicato un post di commento ad un articolo di Ugo Bardi uscito su Il Fatto Quotidiano. In quel pezzo, si faceva tra le altre cose riferimento ad un altro post pubblicato da Stefano Caserini su climalteranti.it. Come sanno bene i nostri lettori, non è mio costume commentare quanto si dice di noi in altri ambiti di discussione, perché ognuno è padrone di dire ciò che vuole e, soprattutto per alcuni specifici siti, anche per tranquillità interiore.
Accade però che nel post pubblicato su climalteranti, si faccia riferimento a Luigi Mariani, che, come sapete, scrive molto spesso sulle nostre pagine. Non è mia intenzione tornare sull’argomento del post, chi volesse può approfondire personalmente, tuttavia, vorrei portare all’attenzione dei lettori la chiosa del post:
[…] La cosa più divertente è comunque il finale dell’articolo di Vietti, in cui si vede a quale livello di patetico complottismo sia ormai confinato il discorso negazionista sul clima: “Nel 1998 la rivista scientifica Nature pubblicò uno studio che attribuiva il riscaldamento artico all’attività umana. Ilprofessor Mariani con alcuni colleghi, applicando un modello diverso, ottenne risultati molto diversi. Spedì a Nature il suo studio, che passò larevisione di “arbitri” terzi. Ildirettore di Nature non pubblicò lo studio: “Il pubblico non potrebbe capire – spiegò a Mariani – E comunque la nostra linea è un’altra”.Per quanto conosciamo delle riviste scientifiche, questo racconto sembra davvero poco credibile: prima di crederci vorremmo vedere lo studio “alternativo”, la peer review che ne raccomandava la pubblicazione e la lettera del direttore di Nature.
La curiosità è leggittima, per cui, dopo aver ottenuto il permesso di Luigi Mariani e degli altri autori che con lui avevano lavorato alla stesura di quell’articolo, pubblico qui di seguito tanto l’articolo di Gillet et al. (2008) uscito su Nature, quanto la risposta di Mariani et al. (2009), quanto, per ovvia completezza di informazione, le opinioni espresse dai referi e la comunicazione finale dell’editore.
Luigi Mariani, nel fornirmi il materiale, ha tenuto a precisare che nulla di sconveniente vi traspare e che si tratta di un
dialogo del tutto usuale in un ambito scientifico. Tuttavia vale la pena sottolineare la frase del primo refero: “I think it is worthwhile to see this exchange published” e quella del secondo: “This exchange should be published as is“. Alla luce di ciò appare quantomeno curiosa la decisione dell’editor (che, lo rammento, è in ogni caso sovrano in termini di decisioni) di non pubblicare nonostante il parere dei referi, adducendo il fatto che “these concerns will be of interest to a specialist audience only“.
Ora, ognuno valuti come crede ma, soprattutto, sia soddisfatta la curiosità di chi ha espresso dubbi sull’esistenza di questo articolo e sulle decisioni dell’editore adducendo una conoscenza del mondo delle riviste scientifiche che alla luce dei fatti appare quanto meno incompleta.
- L’articolo di Gillet et al: Attribution of polar warming to human influence
- La risposta di Mariani et al: Polar warming attribution still premature
Aggiornamento
Dopo aver preso visione della policy di riservatezza di Nature, ho deciso di eliminare da questo post lo scambio di informazioni intercorso tra gli autori, l’editore e i referi. Non che personalmente abbia sottoscritto alcunché, ma è probabile che lo abbiano fatto gli autori della risposta a Gillet et al per poterla sottomettere all’attenzione della rivista. Curiosamente, chi mi ha fatto notare il problema, avoca per se il “fair use” e per gli altri (cioè noi) l’eventuale mancata assolvenza della policy suddetta.
Sicché, riassumendo:
- Luigi Mariani parla in una intervista di questa sua “esperienza” con Nature;
- Su climalteranti.it non ci credono e chiedono di “vedere” le prove;
- Alla presentazione delle stesse, fatta tra l’altro senza alcun giudizio di merito, prima si entra nel merito, impiegando e riproducendo quelle informazioni, poi si solleva il dubbio circa la loro pubblicabilità.
- Tutto questo, naturalmente, per amore della trasparenza e della libera circolazione delle informazioni scientifiche.
In conclusione, più che in un dibattito scientifico sembra di essere in un aula di tribunale ma, del resto, sembra anche che con riferimento ai temi climatici si sia smesso da tempo di parlare di scienza. Comunque, basti sapere che quello scambio di informazioni è in possesso degli autori, informazione per me sufficiente.
A proposito di divertimento…praticamente stiamo assistendo a un altro dei soliti MIRACOLI del cambiamento climatico: non appena nel 1998 un po’ di persone hanno cominciato ad interessarsi del riscaldamento globale, il globo ha smesso di riscaldarsi.
Penso Douglas Adams si sia sbagliato: il Messaggio Finale di Dio al Creato non sarebbe “CI SCUSIAMO PER IL DISTURBO” ma “PERDONATECI GLI SCHERZI”.
Cari amici,
penso che vi sia del vero sia in quanto scrive Teo, il quale evoca l’ombra di antiche dispute teologiche (lo scisma del 1054 pesa tuttora sulle nostre coscienze di occidentali) , sia in quello che scrive Maurizio (dibattiti di retroguardia, nel senso che la variabilità naturale sta già pensando essa stessa a sbugiardare i sostenitori dell’AGW).
Tuttavia, fermo restando che non sopporto la trinariciuta tracotanza dei “credenti” nell’AGW, debbo confessare che mi sento anch’io – come Donato – laico, nel senso che cerco nei limiti dell’umano di fare a meno di paraocchi ideologici, come ho cercato di esprimere tempo fa scrivendo su CM della necessità di una “terza via” in climatologia.
Questo lo scrivo anche se so per esperienza di vita che questa posizione è la più difficile, nel senso che in questo modo non si sale mai sul carro del vincitore. Tuttavia la coscienza è in pace e questo a mio avviso è quello che conta.
Luigi
Luigi, Maurizio, Donato, Fabio, Teo, Giovanni, insomma, tutti voi, questa discussione, questa vicenda, sono esemplari, per cui, diversamente da quanto faccio di solito, intervengo nella discussione. Di solito faccio parlare i miei post, rispondo esplicitamente o tra le righe, ma non commento, perché ho deciso così. Vi dirò una cosa, sono stanco, ma molto più determinato di quando ho cominciato questo percorso che mi ha portato a conoscere tutti voi, arricchendo enormemente la mia persona. Con il lavoro che faccio potrei salirci domani sul carro di cui parla Luigi, ma preferisco andare a piedi, lentamente, sapendo di essere in una compagnia che non cambierei per niente al mondo. Questo significa che quelli che sul carro ci stanno oggi, domani prenderanno il posto che lasceremo vuoto, compiendo la più mirabolante delle capriole. Ma chissenefrega, io voglio capire, perché chi si sveglia la mattina pensando di averlo già fatto si annoia fino a sera. Non so voi, ma invece su queste pagine io mi diverto un sacco. Grazie.
gg
L’arianesimo, il concilio di Nicea e tutte le vicende contestuali, precedenti e conseguenti, dimostrano, dal punto di vista storico, religioso, culturale, sociale e politico la natura antropologica dell’uomo: ci facciamo un’idea e la difendiamo a spada tratta, costi quel che costi. La ciclicità della storia umana, secondo il mio modestissimo parere, è conseguenza e non causa di questo atteggiamento mentale che caratterizza la specie umana. Detto in altri termini l’uomo, invece di imparare dai propri errori, continua a ripeterli in maniera ricorrente generando i corsi e ricorsi storici di cui si occupò il sommo G.B. Vico.
Per tornare nell’ambito della discussione che stiamo seguendo, però, esistono certamente delle analogie con le eresie, le dispute teologiche o ideologiche, però, noto una peculiarità tipica del dibattito scientifico e che fu attentamente studiata da T. Kuhn negli anni ’60 del 20° secolo. Senza dilungarmi eccessivamente, studiando la natura epistemologica della scienza, il grande pensatore, nel criticare il concetto di falsificabilità di K. Popper, introdusse il concetto di “paradigma”. Per ricordarlo a me stesso, secondo T. Kuhn, il progresso della scienza è caratterizzato da momenti di stasi in cui viene elaborato un “paradigma”, ovvero una serie di concetti, ipotesi, tesi che si auto-alimentono ed auto-sostengono. Gli scienziati operano all’interno di questo paradigma e studiano in modo particolare (se non esclusivamente) quei problemi che, risolti nell’ambito della cornice generata dal paradigma, rafforzano il paradigma stesso.
Nella fattispecie mi sembra di trovarmi di fronte ad un caso di scuola che aiuta a capire questa impostazione teorica: il tuo modello (variabilità interna al sistema clima) non va bene, non perché sbagliato in toto, ma perché non tiene conto della forzante esterna. Se la forzante esterna è responsabile dell’aumento della temperatura globale, ergo del cambiamento climatico (paradigma) ogni cosa che metta in dubbio questo concetto basilare, e quindi il paradigma, deve essere scartata a priori o, il che è lo stesso, non è influente in quanto non rafforza il paradigma. Il consenso, in ultima analisi, conferma il concetto di paradigma di T. Kuhn e quella che io preferisco chiamare “linea di pensiero principale”.
Con questo, però, io non intendo dire che chi la pensa in modo diverso, chi non si riconosce nel paradigma, sia il depositario della verità: sarei uno sciocco ed anche un presuntuoso. Per quel che mi riguarda ho preso atto delle due linee di pensiero (quella interna al paradigma, e quella alternativa) e seguo il dibattito in maniera piuttosto laica, senza, cioè, legarmi in modo morboso all’una o all’altra. Qualche volta, come mi rinfaccia a volte Alessio (uno dei frequentatori occasionali del blog), pecco un po’ di partigianeria ed interpreto i fatti in modo da avvalorare quella linea di pensiero a cui mi sento più vicino (quella secondaria, per chi non l’avesse capito 🙂 ). Essendo un uomo non mi si può chiedere di spogliarmi del tutto di un aspetto antropologico così connaturato alla nostra specie. Cerco, però, di ridurre al massimo la mia soggettività.
.
Con questo di aver risposto anche a chi considera gli scettici climatici anche complottisti e conservatori (un po’ disturbati mentalmente, in altre parole 🙂 ): è accaduto su “Le Scienze” on-line da qualche giorno e su “Scientific American” da qualche settimana.
Nessun complotto da parte degli scienziati, nessuna cupola mondiale che guida le migliaia di scienziati, solo ed esclusivamente un aspetto epistemologico connaturato alla ricerca scientifica elaborato in tempi non sospetti da uno che certamente non poteva (e non può) essere tacciato di complottismo, conservatorismo o negazionismo.
Ciao, Donato.
“Probabilmente va considerato affrettato il giudizio negativo che nella sua celebre Storia del cristianesimo, Ambrogio Donini diede sulle controversie trinitarie del tempo di Ario. A suo parere, infatti, esse altro non erano che “artificiose discussioni, prive di qualsiasi valore culturale”(ed. Teti 1977, p. 267).
Oggi certamente, all’occhio secolarizzato dell’uomo moderno appaiono così, anche se non dobbiamo dimenticare che, nel passato, dietro ogni dibattito teologico si nascondevano precise implicazioni di natura politica e culturale, che venivano poi dissimulate in varie maniere dalle forze che prendevano o conservavano il potere.”
Cito da Ortodox.it del Rev. Petro Nazaruk Sulla coscienza sporca del filioque. Fictional questo dibattito perché mi sembra in linea con lo scambio che sta avvenendo sui due blog .
Ma forse scomodo cose troppo culturali?
Allora come esempio che ne dite dei discorsi tra bimbi: “Carletto c’è l’ha piccolo, Carletto c’è l’ha piccolo…..” , “mamma mamma corri corri Carletto si è abbassato i pantaloncini”.
Vi confesso, sarò stato un vigliacco ma, che bello aver chiuso questo capitolo!
Tutto questo avrebbe senso se l’opinione di una mente chiusa, dogmatica, complottista ed antiscientifica. oltreché. sgarbata e priva di ogni eleganza, come quella dell’autore del post su climalteranti, avesse alcun merito di essere considerata.
A me basta invece leggere Gillett e amici discutere in Climategate II di come il nostro lavoro fosse praticamente ovvio e i suoi meriti noti a tutti.
Tanto al solito a discutere con i Tecnici italiani si resta indietro, combattendo le battaglie di quattro anni fa. Lasciamo stare allora i provincialotti e occupiamoci di persone più serie.
Καὶ εἰς τὸ Πνεῦμα τὸ Ἅγιον, τὸ κύριον, τὸ ζωοποιόν, τὸ ἐκ τοῦ Πατρὸς ἐκπορευόμενον oppure Et in Spiritum Sanctum, Dominum, et vivificantem: qui ex Patre (Filioque) procedit ?
La coscienza sporca del Filioque nel 1054 fece porre dal cardinale Umberto sull’altare di Santa Sofia la bolla di scomunica.
Questi due lavori rappresentano un po’ questa ‘ambiguazione’ delle scienze climatiche. Si sono fatte guerre di religione allora, e se ne fanno oggi.
Meraviglia? No, natura umana.
Ego te absolvo.
Cari Donato e Teo,
quello che mi colpì quando per la prima volta lessi l’articolo di Gillet fu il diagramma in figura 1° (e sarebbe bello se Guido potesse riproporlo in questo post perché è emblematico del nostro attuale livello di ignoranza del sistema).
Nel grafico in sintesi si propongono tre linee, in una delle quali (la nera) si descrive l’andamento reale delle temperature in Artide con un calo fino al 1920, un aumento vigoroso fra il 1920 e il 1940, un nuovo calo fra 1940 e 1970 ed un successivo aumento molto vigoroso fra il 1970 ed il 2000. A fronte di questo abbiamo la linea blu (solo forcing naturale) che ci mostra il comportamento del modello senza “effetto antropico”. Tale linea è del tutto orizzontale, dimostrandosi dunque non in grado di descrivere nel modo più assoluto la variabilità naturale (che è tantissima nel 20° secolo, come mostra la linea nera). Il modello con il forcing antropico (linea rossa) manifesta infine un comportamento del tutto analogo tranne che nella parte finale del grafico in cui mostra di seguire l’aumento post anni 70 (una sorta di mazza da Hockey, dunque).
Da qui l’idea di provare a veder quanto potere descrittivo del forcing naturale fosse insito in meccanismi (AMO, PDO, ecc.) che il modello di Gillett non riusciva assolutamente a descrivere, e qui la scoperta che questi indici ci dicono moltissimo. Questa, secondo i censori di Climalteranti, è totalmente non originale, come totalmente non originale era il fatto che, nella fiaba di Andersen, il re fosse nudo. Penso tuttavia qualcuno dovrà pur dirglielo, prima o poi, che il re è nudo, e qui credo che un dibattito franco su questa incapacità ontologica dei modelli deterministici sia doveroso.
Ad ogni buon conto se non sarà un tale dibattito – che con lo scritto a Nature mi illudevo di suscitare – sarà la variabilità naturale ad aver ragione di questi catenacci arrugginiti che sono i modelli con cui i tanti Gillet pretendono di “dimostrare” che l’uomo è all’origine di tutto.
Ciao.
Luigi
Curiosita’ mi ha spinto ad andare al sito… Stupefacente!
I due revisori, pur con diverse sfumature (il primo con numerosi caveat), reputano opportuno pubblicare il commento, l’editor, sulla scorta delle sue convinzioni e della replica degli autori dell’articolo commentato, decide di no: normale procedura di revisione paritaria, nulla da obiettare, tutto secondo prassi, amen.
Mi resta, però, qualche dubbio che, probabilmente, è connaturato al mio personale (e poco ortodosso) modo di vedere il processo di revisione paritario e il processo di comunicazione del dato scientifico.
Ho letto la replica di Gillet et al. al commento di L. Mariani et al. e non ho potuto fare a meno di notare il tipico atteggiamento di quello che, dalle mie parti, si chiama “acquaiuolo”. Mi spiego meglio. Dicevasi “acquaiuolo” il venditore d’acqua, una figura ormai scomparsa da decenni, sostituita dai distributori automatici di bibite. Chi ha vissuto l’epoca dei venditori d’acqua riferisce che era costume chiedere in tono sarcastico all’acquaiuolo se l’acqua era fresca. La domanda, ovviamente, era pleonastica in quanto una sola era la risposta che essa ammetteva: freschissima! 🙂
Potevano mai Gillet et al. rispondere a L. Mariani che egli aveva ragione? E’ come se l’acquaiuolo avesse risposto che l’acqua che egli vendeva era calda. La rigidità del mondo accademico è tale che ammettere di aver commesso un errore richiede almeno 10 articoli contrari e, poi, forse, si vedrà. Io avrei pubblicato sia il commento che la replica, ma, per fortuna, non sono editor di nessuna rivista e, quindi, il mio parere non conta nulla.
Un’idea, però, me la son fatta e, visto che l’editor di questo blog (bontà sua 🙂 ) mi consente di esprimerla cerco di riassumerla in due righe.
Tanto i revisori (arbitri) quanto gli stessi autori (Gillet et al.) non mettono in discussione i risultati di L. Mariani et al.. Gillet et al. sostengono, infatti, che essi non si sono occupati di variabilità interna al sistema, ma solo dell’azione di forzanti esterne (leggi antropiche) per cui, campionando i risultati dei GCM, i loro risultati riescono a simulare le condizioni climatiche artiche e tanto basta. Esistono variabilità interne? Probabilmente si (quelle di Mariani et al.), ma a loro interessa poco in quanto i modelli non sono deterministici e, quindi, indipendenti dalle condizioni di inizializzazione. Secondo Gillet et al, inoltre, L. Mariani et al. non hanno dimostrato che i GCM sono inadeguati a simulare le interazioni tra vortice polare ed atmosfera. Non mi sembra, però, che Gillet et al. abbiano dimostrato l’adeguatezza dei modelli a simulare tali interazioni. Ed, infine, la ciliegina sulla torta: L. Mariani et al. non hanno tenuto conto della forzante antropica (ergo, aggiungo io, sono eretici e, pertanto, non hanno diritto alla parola 🙂 ).
Acquaiuo’ com’è l’acqua? Fredda, compà! 🙂
Dalla vicenda sono passati, ormai, oltre quattro anni e tutti stiamo assistendo alla proiezione di un film diverso da quello che si prevedeva 4/5 anni fa. Checchè ne dicano color che tutto sanno, non mi sembra che i GCM abbiano dato buona prova di sè tanto che si pensa di revisionarli in modo piuttosto sostanziale. Probabilmente tra altri 4/5 anni assisteremo ad un film ancora diverso da quello che appare oggi: se sarà come penso io, ci sarà da ridere. Chi vivrà, vedrà: il tempo è galantuomo. 🙂
Ciao, Donato.
Donato, vai a leggere la nota aggiunta al post di climalteranti, l’acqua non è fresca, è gelata. Quanto è difficile dire “ci siamo sbagliati”…
gg
Già fatto! Perciò ho scritto il commento (quando è troppo, è troppo) 🙂
Ciao, Donato.
[…] Climate Monitor, Guido Guidi ha pubblicato la corrispondenza tra il presunto “direttore di Nature” e il prof. Lui…, accusandoci di “avere una conoscenza del mondo delle riviste scientifiche che alla luce dei […]
Sarebbe buona regola rettificare non solo quando si scrive il falso ma anche quando si insinua il falso. Spero vivamente ciò avvenga nel caso in questione. Tra l’altro, ritengo sia stato di pessimo gusto virgolettare l’aggettivo “alternativo” (come appena esemplificato, le virgolette andrebbero usate per citazione, non per sarcasmo).
Caro agrimensore g., se ti fai un giro noterai che, come scriveva Isabella Morra:
“Dunque, ogni altro sperar, fratello, è vano.”
Ciao, Donato.