E’ una fissazione, un desiderio irresistibile quello di una certa parte della scienza del clima di trasporre nella realtà il mondo virtuale dei cambiamenti climatici prossimi-venturi. Come raggiungere lo scopo in presenza (aggravante) di una temperatura media del Pianeta che ha smesso di collaborare cioè di aumentare? Una sola la via, quella del caos, dell’incomprensibile, dell’imprevedibile, del mai visto prima. In poche parole quella del disfacimento climatico, neologismo coniato appunto per la bisogna quando il termine riscaldamento ha iniziato a perdere colpi.
Gli eventi estremi, quelli che fanno i danni veri e soprattutto li fanno subito, non promettono di farne tra qualche decennio, se opportunamente connessi con il mondo che si è scaldato e il clima che è cambiato o si è disfatto, sono la perfetta trasposizione delle simulazioni nel mondo reale. Peccato però che anche questi per la maggior parte non collaborino. Tornado, alluvioni, tempeste, uragani, niente da fare, secondo quanto riportato dal report IPCC del 2011 ad essi espressamente dedicato, non danno segno di aver assunto dei trend distinguibili dal loro normale divenire, anche perché quest’ultimo, obbiettivamente, è poco noto.
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