Il mondo ha un solo problema e non è il traffico, per dirla con Johnny Stecchino. Dobbiamo piuttosto capire se è vero o no che il clima stia cambiando a causa della ingombrante presenza del genere umano. Poi, se si riuscisse anche a sapere come questo accade sarebbe meglio. Tutto il resto, fame, guerre, oppressioni e ingiustizie varie sarà automaticamente risolto al raggiungimento di questa certezza. Dalla mitigazione del cambiamento climatico scaturiranno cibo, acqua, energia, lavoro e dopolavoro per tutti e dovremo ringraziare per l’eternità quelli che ci avranno condotto al di là del guado. Logico che molti aspirino ad avere questo ruolo, logico che questo ruolo lo vogliano recitare quelli che di fatto lo hanno da sempre.
Per giungere alla meta è necessario però avere degli strumenti idonei, che nella fattispecie possono essere solo delle verità scientifiche. Purtroppo queste tardano ad arrivare, perchè ad un nutrito gruppo di sostenitori della teoria del global warming antropico, si oppone un buon numero di scettici che ogni volta che la meta sembra prossima, esigono delle prove un pò più solide delle simulazioni al computer, visto che quello che il sistema clima ci sta mostrando da qualche anno non sembra proprio essere quanto previsto e visto che il mondo che va arrosto (immagine che appare spesso e volentieri sui media) è solo in queste simulazioni.
Che fare? Posto che le nostre certezze sono che la temperatura media del pianeta è aumentata di circa 0.7°C in più o meno un secolo e mezzo (come peraltro è successo moltissime volte nella sua lunga vita) e che è aumentata anche la concentrazione di gas serra in atmosfera (anche questo è già successo, ma stavolta è in buona parte colpa nostra), c’è una unica soluzione: trovare la relazione di causa effetto tra queste due grandezze, darle una dimensione, immaginarne dei limiti di sostenibilità e procedere alla bisogna.
Guardando alla storia del pianeta, sarebbe stato meglio che fossimo responsabili di quello che è ritenuto essere l’effetto e non la causa del problema, cioè dell’aumento della temperatura e non dell’immissione di gas serra in atmosfera, perchè in passato la variazione della concentrazione di CO2 ha sempre seguito e non anticipato il riscaldamento. Questo significa che la fonte del calore è da qualche altra parte, ed il sistema tende ad autoregolarsi variando le sue dinamiche interne, ivi compresa la composizione dell’atmosfera. Però, almeno nelle ultime centinaia di migliaglia di anni, questi livelli di concentrazione sembra non siano mai stati raggiunti, per cui può anche darsi che questo elemento di novità cambi le carte in tavola, almeno così sostiene quella parte della comunità scientifica in accordo con la teoria dell’origine antropica di questa fase di riscaldamento.
Il punto è che la relazione causa effetto tra l’aumento della concentrazione di CO2 e l’aumento della temperatura ha un’ampiezza nota solo se si tiene conto esclusivamente degli effetti diretti della radiazione infrarossa con la lunghezza d’onda sulla quale il pianeta la trasmette, sulle molecole di anidride carbonica. Sono modifiche ai legami molecolari che producono la riemissione del calore in tutte le direzioni anche, ovviamente, verso il basso. Si produce quindi un riscaldamento rappresentabile con una funzione logaritmica che risulta di ampiezza importante per basse concentrazioni di CO2, ma che tende a ridursi drasticamente man mano che aumenta la concentrazione. Tecnicamente in atmosfera c’è già quasi tutta l’anidride carbonica necessaria  ad assorbire e riemettere calore diffuso con la giusta lunghezza d’onda. Quindi le emissioni antropiche, facendo crescere la concentrazione non spiegano l’accentuarsi del riscaldamento, a meno che non si inneschino dei meccanismi di variazione delle dinamiche endogene del sistema che lo amplifichino. Tra questi i più importanti, come ci ricordava su queste pagine Luigi Mariani appena qualche giorno fa, sono la concentrazione del vapore acqueo in atmosfera (di gran lunga il gas serra più efficiente) e la quantità di copertura nuvolosa bassa o alta. Le simulazioni climatiche, pur essendo molto approssimative e lacunose nel rappresentare queste dinamiche,  prevedono un forte aumento della concentrazione del vapore, una diminuzione delle nubi basse, che hanno un potere raffreddante ed un aumento di quelle alte, che amplificano invece il riscaldamento.   I riscontri osservativi ad oggi non ci sono, cioè, da quando attraverso i sensori satellitari è possibile misurare queste grandezze, non sono state riscontrate le variazioni necessarie per la validazione di questa teoria.
Dunque abbiamo un problema di osservazione degli effetti ed uno di attribuzione delle cause. Però esistono le emissioni antropiche e sono anche abbondanti. Come poter continuare a sostenere la teoria dell’AGW1? Ci hanno provato presso la Concordia University in Canada, andando a cercare una relazione di tipo lineare tra la temperatura e le emissioni di origine antropica. Ciò ha consentito di definire un indice che esprime la variazione della temperatura in funzione della quantità di emissioni, indice che sembra essere pressochè costante nel tempo2.
Finalmente la soluzione del problema? Non proprio e per molte ragioni. In primo luogo la definizione di questo indice passa attraverso l’identificazione di due grandezze, la Carbon Sensitivity e la Climate Sensitivity, sulle quali esistono enormi margini di incertezza. La prima rappresenta l’aumento della concentrazione di CO2 in funzione delle emissioni antropiche -che sono misurabili- e delle dinamiche naturali di assorbimento ed emissione che invece sono in gran parte sconosciute sia in termini quantitativi che qualitativi, oltre ad essere funzione della stessa variabilità climatica che si vorrebbe andare ad indagare. La seconda è genericamente intesa come variazione della temperatura in funzione della concentrazione di CO2 e, come abbiamo visto, è dominata da meccanismi ancora non efficacemente rappresentati.
Per definire questo indice in pratica piuttosto che superare il problema lo si ignora, ricorrendo agli stessi imprecisi strumenti di simulazione ed alle stesse scelte di carattere soggettivo che hanno dominato la scena sin qui. L’aggregazione delle incertezze non le elimina di certo. In pratica se si accetta la teoria dell’origine antropica del riscaldamento globale così com’è stata definita, l’indice è valido e, quantificando di fatto un riscaldamento direttamente collegato alle emissioni può anche essere un efficace strumento per valutazioni di ordine pratico, volte al contenimento dell’ipotetico riscaldamento attraverso la riduzione delle emissioni. Se invece non la si accetta, perchè di fatto ad oggi non è ancora stata dimostrata, questo indice non aggiunge nulla di nuovo.
Forse l’aspetto più interessante è proprio questo e ne troviamo conferma anche sul documento pubblicato da Nature nelle conclusioni finali, dove gli autori fanno un richiamo alle politiche di mitigazione su cui si sta discutendo e sulle quali si dovrà decidere nella prossima conferenza di Copenhagen. Gli autori, e con loro la rivista scientifica forse più accreditata, vanno dritti alla meta, non fanno alcun accenno alla possibilità tutt’altro che remota che le cose stiano diversamente da come sostengono, considerando praticamente chiusi tanto i problemi di osservazione (detection) quanto quelli di attribuzione, arrivando anche a suggerire che i 2°C di aumento delle temperature rispetto al periodo pre-industriale, considerati il limite di sostenibilità del riscaldamento, sono probabilmente da rivedere al ribasso.
Tutto ciò, tanto per cambiare si traduce nell’ennesima esortazione alla drastica riduzione delle emissioni antropiche. Numeri, modelli, simulazione di numeri, suggerimento di numeri. Il tutto negli schermi LCD dei computer e nelle loro mirabolanti capacità di calcolo. Sarà il caso di dare un’occhiata anche alla realtà prima di prendere qualche decisione?
- Antropic Global Warming [↩]
- A questo link trovate il pdf [↩]
“modelling experiment”…newspeak at its best!!
Negli ultimi due secoli, almeno qui in Italia la temperatura media ha subìto un aumento di circa 1°, quindi niente di così catastrofico come molti vorrebbero farci credere, tornando su scala planetaria, non nego l’esistenza del GW, ma non sono convinto che sia di natura antropica.
Il nostro pianeta, durante le varie ere geologiche ha visto mutamenti climatici notevoli, dalle glaciazioni ai surriscaldamenti ed oggi, uscendo fuori dall’ultima grande glaciazione (escludendo la PEG del 1709), si vive un periodo intermedio caratterizzato naturalmente da un aumento termico.
La strada ancora è lunga e tortuosa per sciogliere definitivamente la prognosi, se il GW è antropico, questo potremo affermarlo solo quando dati e numeri precisi alla mano, nero su bianco ci daranno tale conferma e fin quando ciò non sarà avvenuto, io continuerò a mettere come causa principale e come attore protagonista al primo posto il Sole.
A proposito del Sole, attendo gli effetti di questo minimo solare e di questi prolungati spottless day da record, un pensiero, anche se è ancora troppo presto va rivolto ai raggi cosmici, gli studi sono ancora all’inizio per capire un’eventuale relazione con il GW in termini di riduzione delle anomalie termiche positive a causa della formazione di nubi nei bassi strati dell’atmosfera dovute appunto dai raggi cosmici (nel forum MTG abbiamo parlato di Asperatus con Claudio Gravina).
Complimenti a Guido Guidi x il bellissimo articolo.
Ivan (MTG forum)
A me non sembra che l’intenzione fosse un qualche cambiamento di prospettiva o una conferma o smentita di qualcosa. Dato lo scenario noto, propongono un modo diverso di valutare gli effetti basato sulle emissioni totali anzicchè con la concentrazione di CO2 e la sensibilità climatica, come fatto finora.
In entrambi i casi si tratta di riassumere grossolanamente un comportamento complesso tramite una specie di indice. L’articolo mi se,bra voler fare un passettino avanti in questo senso proponendo un indice con un livello di sofisticazione maggiore.
Questa può essere una chiave di lettura. Resta il fatto che le semplificazioni che portano alla definizione dell’indice non sono frutto di un miglioramento nella comprensione dei fenomeni che regolano i fattori impiegati per determinarlo. Il cambiamento della temperatura in funzione delle emissioni (Carbon Climate Response) è lineare solo nel futuro, quando i modelli corrono in funzione delle scelte fatte in termini di Climate sensitivity e di scenari di emissione. Nel passato non è così, nè nella rappresentazione dei modelli (vanno più o meno ognuno per conto proprio), nè nella realtà di quanto accaduto. Le emissioni hanno subito un importante aumento (attorno al 4% annuo) verso la fine del 1800, poi un rallentamento (1,5% circa) nel corso della grande depressione, poi una nuova impennata nel secondo dopoguerra e successivamente si sono stabilizzate fino ai giorni nostri. Nel frattempo la temperatura ha oscillato spesso in controfase con le emissioni. Non so, tenderei a ripetere quanto scritto nel post e confermato da Teo. Se la teoria è accettata l’indice CCR è una unità di misura, se non lo è, finisce per essere un colpo di spugna sulle incertezze.
gg
Ho letto quell’articolo e sono rimasto abbastanza stupefatto.
Si introduce un nuovo indice dichiaratamente bypassando tutta una serie di step che io considero uno ad uno critici e che necessitano di ulteriori approfondimenti.
Nell’articolo puff! e tutto diventa ‘consequenzialmente’ ragionevole.
Non mi ha fatto neanche tanta impressione per il quadro che disegna, ma proprio per l’approccio formale che sostanzialmente significa “visto che perdiamo tempo in stupidaggini introduciamo un nuovo parametro che spiega tutto cosi’ tagliamo la testa al toro!”.
Posso aver capito male.