Non sapevo che esistessero dei giornalisti per l’ambiente. Ora lo so, perché alcuni giorni fa mi hanno chiesto un’intervista in diretta web. Così, ho attrezzato CM con un account google+ ed ho partecipato all’hangout aperto appositamente per l’occasione.
Non è stata una cosa tecnicamente molto semplice, perché la rete aveva deciso di non collaborare. Sicchè la prima riflessione che ho fatto è stata la seguente. Né più né meno come per la telefonia mobile, continuiamo a pagare per un servizio che fa schifo. Non so che provider usino gli altri partecipanti alla discussione, il mio è virtualmente tra i più accreditati, ma ho perso la connessione per ben due volte in meno di un’ora di collegamento. Per come la vedo io dovrebbero essere loro a pagare noi perché continuiamo a mantenerli senza ottenere indietro quello per cui paghiamo ma, tant’è, questo è quello che passa il convento nel belpaese.
Veniamo al dunque. Non è stata facile neanche l’intervista, perché tra i miei interlocutori regnava lo sconcerto sulle ragioni dell’esistenza di Climatemonitor. Che senso ha dar voce ad una posizione minoritaria? Quel che penso l’ho detto nel video, lascio ai lettori di CM l’opportunità di dire la loro al riguardo. Poi, confrontandomi con un amico personale e di queste pagine, abbiamo fatto un’altra riflessione. La scienza del clima è diventata (ma forse lo è sempre stata) un argomento da salotto, nel senso che tutti, ma proprio tutti, si sentono in diritto di dire la loro. E così, i miei interlocutori, pur dichiarando di non avere le competenze tecniche necessarie, hanno serenamente discusso quanto cercavo di spiegar loro. Se invece di un meteorologo avessero avuto di fronte un chirurgo che spiegava la tecnica impiegata per un intervento, nessuno avrebbe avuto niente da dire. Ma il nostro settore di applicazione è così, c’è poco da fare.
Comunque, qui di seguito trovate il video, normalmente avrei evitato di postarlo, ma mi interessano le vostre opinioni, specie se doveste rilevare che ho detto qualche stupidaggine.
Questo invece è il loro canale youtube, questa la pagina facebook e questo l’account google+.
E, infine, grazie a Marina Perrotta per aver promosso e condotto l’intervista.
[…] per individuare eventuali cambiamenti nel trend delle temperature (appena qualche mese fa qualcuno mi voleva linciare per aver appena accennato a qualcosa di molto […]
La dott.ssa Piva è piacevolmente stupita per la standing ovation in cui si sono prodotti i signori commentatori al suo riguardo 😀
Non sono una climatologa, l’ho detto e lo ripeto, ma constato con doloroso stupore che qui continuate a ritenere significativo, dal punto di vista climatologico, il fatto che negli ultimi 10 anni non sia stato registrato un record di caldo.
Come se 10 anni, dal punto di vista della climatologia, fossero un intervallo significativo…
Dal punto di vista statistico, il più breve intervallo di tempo ritenuto significativo corrisponde a trent’anni. By the way, tutti i 10 anni più caldi di sempre (più propriamente: tutti i 10 anni più caldi da quando possediamo misurazioni) sono dal 1998 in poi. Ma tu guarda alle volte il caso…
Buona scienza a tutti
Bene, per fortuna esiste un video, nel quale, malgrado lei abbia fatto di tutto per mettermi in bocca cose che non è detto, si sente e si vede chiaramente che questa sua unica e solidissima conoscenza scientifica io la condivido. La prossima volta, invece di provare a discutere con chi asserisce di non capirne di scienza del clima e poi confuta con luoghi comuni chi cerca di spiegarle qualcosa, chiederò che si voti per alzata di mano se la CO2 è la causa di tutti i nostri mali. Dato che la mia è una posizione minoritaria, so già che perderò, ma accetterò democraticamente sebbene non scientificamente il risultato. Quello di cui non sono sicuro, ma sinceramente è un problema suo, è che non credo che lei farebbe altrettanto, perché quando c’è di mezzo un mondo da salvare si deve agire senza mezzi termini. Benvenuta tra i nostri lettori, vedrà che qui si troverà bene.
gg
Si chiama plateau, by the way of course…
Stia bene.
Gentile D.ssa Piva, non mi aspettavo un Suo intervento ma lo saluto con particolare piacere perché credo leggere nelle Sue parole una solida passione per il tema climatico e per l’influenza che esercita sul benessere di noi tutti.
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Condivido il suo doloroso stupore, nel senso che dopo molti miliardi di euro e dollari spesi per costruire modelli climatici, per i primi due terzi dei “trent’anni significativi” hanno funzionato bene, ma nell’ultimo terzo, proprio quando prevedono un’accelerazione del riscaldamento, la realtà misurata diverge vistosamente dalle loro previsioni, perché il riscaldamento previsto non avviene — ed in questo senso dieci anni sono senz’altro significativi.
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Mi creda, molti cervelli stanno “fumando” nelle migliori università per capire il perché ed affinare i modelli climatici, ma nessun scienziato serio nega questa evidenza, né, peraltro, giungerebbe alla conclusione che il problema climatico sia conseguentemente diminuito o scomparso. Un Suo collega lo ha ben riassunto proprio in questi giorni su:
http://www.economist.com/news/science-and-technology/21574461-climate-may-be-heating-up-less-response-greenhouse-gas-emissions
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A me sembra che CM rispetti l’antica massima: “non si impara mai molto da una persona con la quale si è d’accordo”.
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In tal senso leggerei volentieri in questa sede ulteriori Suoi interventi, sia critici che informativi: assieme al nostro cervello, il clima è il sistema più complicato che la specie umana stia studiando — e non solo per il piacere di conoscerlo meglio quanto, ripetendomi, per l’impatto che può avere sul nostro benessere.
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Sono sicuro che Lei quanto me spera che i modelli stiano veramente errando e che il problema climatico sia meno serio del previsto, e sono altrettanto sicuro della reciproca convinzione di quanto possa essere pericolosa questa speranza.
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Come giornalista Lei sta in una posizione cruciale, il collegamento tra la scienza, la formazione dell’opinione pubblica e le decisioni politiche che ne conseguono — e, rischiando di collocarmi dove nessuno mi ha chiamato, mi permetterò di sottoporre alla Sua tenacia e passione professionale quanto segue.
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Nella storia della scienza vi sono momenti delicati dove il progresso viene rallentato innecessariamente – penso all’inizio dei Secoli Bui, alla fine del Sistema Tolemaico, alla (storicamente) recente e ampiamente condivisa affermazione, verso la fine dell’900, che “la Scienza ha già scoperto tutte le leggi fondamentali della Natura e restano solo da esplorare dei particolari”.
–
Questi periodi di relative stagnazione hanno almeno un aspetto in comune: affermazioni del tipo “la scienza è assodata…”, “il consenso su… è al 99%…” assieme alla creazione ed arroccamento delle rispettive “chiese”. Se, nel contesto attuale, questi segni premonitori si concretizzassero in una temporanea “involuzione endogamica” della scienza climatica — infausta, vista l’urgenza — saranno professionisti come Lei che la evidenzieranno all’opinione pubblica, e saranno aree di riflessione come CM che ne avranno stimolato la curiosità.
–
Buon Giornalismo a Lei, nell’interesse di tutti noi!
Un dibattito che merita di essere ascoltato con grande attenzione!
Valutando il risultato, una prima idea che vedrebbe CM dialetticamente “vinto ai punti” evolve presto verso la domanda : “ma perché tanta aggressività?” Qual’è la paura che spinge la D.ssa Piva ad interrompere, in un modo così ovvio, quasi ogni ragionamento del Dr. Guidi?
La possibilità che CM possa incrinare la monoliticità della convinzione dogmatica sembra preoccupare moltissimo — è brutale l’attacco ad personam delle credenziali “…ma proprio Lei climatologo mi parla di dieci anni, quando addirittura io giornalista so che meno di trent’anni non hanno alcun valore climatologico!”.
Per quanto possa apprezzare, ai visitatori di CM interessa conoscere la realtà — quando il 99% delle proiezioni proietta un riscaldamento, se poi — anche solo per gli ultimi dieci anni — le misure non confermano il riscaldamento previsto, CM si domanda semplicemente il perché, sperando che la risposta permetta di conoscere meglio la natura e l’influenza che l’umanità sta avendo sul clima.
Se poi interrogarsi sulla realtà per cercare di capirla disturbasse qualche convinzione assoluta… forse è meglio rispettare le incerte certezze altrui, evitando un conflitto sterile.
Però perseguirei un’aggiornamento circa la descrizione della D.ssa Piva dei lettori abituali di CM: da “diversamente convinti” a “diversamente curiosi”… 😉
Gentile Guido, questo e’ il compito di climate monitor a
mio parere, sorbirsi opinioni di chi sa poco o nulla, come e’ gia’
successo per il settore IT. Vedo da troppo tempo CM isolato dal”
resto del mondo” se cosi si puo dire, con commenti molto spesso
provenienti solo da chi concorda con CM e poco dall’esterno e di
qui infatti la mia vecchia richeista di fare un pdf con chi pensa
una cosa side by side con chi pensa l’altra. (lo so che x il
momento nn ci si riesce) Daltronde c’e’ chi pensa che sulla luna nn
ci siamo mai stati, che le due torri sono stato un attentato della
cia etc etc. E’ una lotta dura ma che va combattuta e sporcarsi le
mani penso faccia bene a tutti. Per il mio, se occorre e se posso,
consideratemi pure. Ma vi prego, non chiudetevi nella torre.
Grazie
Non c’è pericolo Fabio, dalla torre ci hanno buttati giù da un pezzo. Però ammetterai che sentire una persona che si suppone senziente affermare che il freddo dal Polo si è spostato da noi perchè adesso lì fa caldo fa venire voglia di scalarla quella torre e procedere con un certo numero di lanci…
Comunque ti farà piacere sapere che stiamo lavorando a qualcosa di molto simile al famoso documento. È solo questione di tempo.
gg
“La scienza del clima è diventata (ma forse lo è sempre
stata) un argomento da salotto, nel senso che tutti, ma proprio
tutti, si sentono in diritto di dire la loro”. Si come tante altre
cose in Italia per le quali si pensa che il ‘senso comune’ debba
prevalere sulle competenze tecniche…. comunque l’argomento
‘clima’ è in buona compagnia, c’è anche l’ argomento ‘energia’ su
cui, incomprensibilmente, un po’ tutti pontificano capendone poco o
nulla. In ultimo da segnalare un atteggiamento non certo
incolpevole della politica che per non contraddire troppo il ‘senso
comune’ fa fatica a prendere posizioni serie e pragmatiche in
questi campi.
Ho una mia risposta sul problema dei “giornalisti per
l’ambiente”. La BBC ha tutte le mattine un programma di notizie e
approfondimento su Radio 4, “Today”. Su argomenti di carattere
politico è da seguire, perché negli anni i giornalisti hanno
imparato a mettere sulla griglia tutti i vari ministri e deputati,
nessuno escluso, con domande ficcanti e spesso imbarazzanti. Sul
cambiamento climatico, sono i giornalisti ad essere imbarazzanti.
Domande deboli, a volte risposte suggerite nella domanda stessa,
con intervistati che sono spesso attivisti e non dicono la verità.
Mi ero sempre chiesto fino a pochi giorni fa come tutto ciò fosse
possibile. Lo stesso giornalista leone alle 08:09, pecora alle
08:13?? Poi un segmento sul sistema sanitario nazionale (NHS) ha
chiarito tutto. Ci sono state diverse morti nell’NHS dovute a
ospedali male organizzati. Alcuni di questi ospedali però avevano
passato tutte le ispezioni. Oppure, erano stati “aiutati” a
passarle. Uno scandalo potenzialmente molto grosso. I giornalisti
di Today ne hanno parlato con molti particolari. Hanno fatto delle
considerazioni molto interessanti, e tutto era pronto per le
domande ficcanti summentovate. Poi però l’intervistato ha tirato
fuori due numeri, e i giornalisti sono andati in palla in pochi
secondi. Non avevano niente da replicare. Sono bastate delle cifre
(deboli) per distruggere i loro argomenti (forti). Mi è venuto
voglia di prendere la radio a martellate nel sentire come la
matematica fosse diventata argomento di discussione, con
statistiche usate in maniera impropria per non rispondere di un
problema importantissimo, mentre i giornalisti erano lì a fare gli
idioti. Con il senno di poi è la scoperta dell’acqua calda. Quasi
tutti i giornalisti sono parolai non numerofili. Sanno leggere e
argomentare cioè, a patto che non si tratti di numeri. E non è
colpa loro: devono scrivere parole per vivere, non equazioni. Ecco
perché finiscono con il cascare nelle invenzioni pseudoscientifiche
di Skeptical Science. Tutto quello che occorre è che qualcuno
sembri parlar bene, e infili dentro matematica a più non posso, ed
ecco che le greggi giornalistiche seguiranno fedeli e senza la
capacità di fare domande. Alcuni usciranno anzi fuori di melone,
dichiarando di voler difendere gli “scienziati” dagli
“scettici”…e tutto questo, perché non capiscono niente di numeri.
Pensateci, la prossima volta che un giornalista vi si para davanti.
Prima di un’intervista sul clima, chiedete la sua opinione su un
argomento di matematica o statistica (*), e se non dimostra di
apprezzare la cosa, soprassedete e ditegli di ricopiare Skeptical
Science. (*) per esempio io chiederei: se un ricco ha dieci polli e
un povero due polli cosa c’è di sbagliato nel dire che hanno
statisticamente sei polli per uno? Già vedo il giornalista usare le
dita per contare…
Dopo aver riflettuto un po’ sull’intervista a G. Guidi
voglio condividere con i lettori di CM qualche personale
considerazione. L’intervista è stata condotta, per un breve tratto,
da due giornalisti “ambientali”e, successivamente, da una sola
giornalista (il secondo ad un certo punto è scomparso senza
spiegazioni di sorta, tranne le scuse della moderatrice “per
impegni improrogabili”). La padrona di casa ha svolto (non sempre
in modo impeccabile) la funzione di moderatrice. Ciò che mi ha
stupito in tutto il discorso è stato l’atteggiamento della d.sa
Piva: sulle considerazioni scientifiche svolte da G. Guidi si è
sempre schermita dicendo di essere una semplice giornalista che non
poteva esprimere giudizi nel merito delle questioni e cercando di
sviare il discorso verso gli aspetti più propriamente ideologici.
Alla fine, è riuscita pienamente nel suo intento aggrappandosi ai
trend di lungo e breve periodo, al “freddo che invece di starsene
al polo nord si sposta alle basse latitudini” (sic!), ai ghiacci
groenlandesi che si squagliano in pieno inverno come accade anche
alla penisola antartica, ecc., ecc., ecc.). Si tratta del solito
armamentario, trito e ritrito, di luoghi comuni e di professioni di
fede “ambientaliste” che fondano la loro ragion d’essere sul fatto
che il “99% di climatologi condividono l’idea circa le origini
antropiche del riscaldamento globale” e sul famigerato “principio
di precauzione” (Skeptical Science, per esempio, ne è pieno ed
ognuno può attingervi a piene mani) 🙂 . Alla fine è apparso
chiaro che alle due intervistatrici importava poco o nulla delle
considerazioni scientifiche in quanto il fine ultimo del loro
lavoro non era quello di stabilire la veridicità o meno di una
tesi, quanto comunicare qualcosa al pubblico e, soprattutto, ai
decisori politici. Secondo loro, per quel che mi è parso di capire,
il peccato originale di CM, pertanto, è quello di instillare nella
mente delle persone l’ombra del dubbio che potrebbe, alla lunga,
impedire di prendere quelle decisioni necessarie a “salvare il
pianeta”. La principale preoccupazione delle due giornaliste, in
estrema sintesi, mi è sembrata quella di dare ai telespettatori
l’idea, secondo loro sbagliata, che nel mondo della climatologia
esistessero delle opinioni diverse da quella che è la linea di
pensiero principale: “eresia” ha tuonato la d.sa Piva ad un certo
punto. 🙂 Guido, personalmente credo che più di quanto hai fatto
non potevi fare: non c’è più sordo di chi non vuol sentire! Lottare
contro il dogma e l’ideologia è difficile, ma non impossibile. Per
il futuro credo non sia necessario pretendere un interlucotore con
cui dibattere, piuttosto dei giornalisti meno schierati da un punto
di vista ideologico e con un minimo di competenza scientifica (che
nella fattispecie, mi sembra, sia mancata). Per il resto ho avuto
l’impressione che hai avuto la possibilità, seppur con molta
fatica, di esporre le tue (e le nostre) idee e tanto può anche
bastare. Se queste occasioni di dibattito fossero più numerose,
probabilmente, potremmo anche ridurre quel bacino immenso di
“analfabetismo scientifico” che, come ha detto la d.sa Piva, rende
necessario, per ognuno dei nostri cervelli, “la protesi del
pensiero della maggioranza della comunità scientifica” in quanto
saremmo incapaci di poter comprendere da soli la complessità del
mondo che ci circonda (sic!). Ciao, Donato.
Donato, CM esiste perché condivido il tuo ottimismo, sebbene a volte mi venga davvero voglia di buttare tutto all’aria. Ma non questa volta. Per due ragioni. La prima è che sono convinto che il “tempo” in entrambe le sue accezioni, finirà per sconfiggere anche questi atteggiamenti, che magari muteranno faccia e padrone, come accade da millenni, ma almeno la pianteranno di prendersela con gli argomenti che mi interessano e di cui mi occupo. La seconda è che grazie a questa intervista, mi sono venute alcune idee, anzi per l’esattezza sono venute all’inesauribile amico Luigi Mariani. Idee di cui vi faremo al più presto partecipi.
Perciò, al lavoro, le cose da fare non mancano.
gg
Per prima cosa faccio gli auguri di Pasqua a tutti i
lettori e animatori di Climate Monitor. Non mi definisco scienziato
ma una persona che attraverso lo studio cerca di capire come si
originano taluni fenomeni naturali a prescindere dal loro valore
assoluto, l’obbiettivo è la conoscenza. Nella fattispecie il mio
impegno di approfondimento è stato dedicato al clima, senza
particolari sforzi visto che primariamente la materia in questione
è stata da sempre una passione. Nell’avere scelto la strada
dell’approfondimento attraverso lo studio e la ricerca ho anche
indirettamente scelto una via più stretta che non lascia spazio ai
facili “secondo me” ma obbliga, laddove possibile, la
trasformazione di una ipotesi in riscontro oggettivo, la tesi, così
da rendere quella supposizione, alla base del ragionamento, una
“definizione scientifica”. E’ per questo che in un certo qual modo
posso invidiare coloro i quali esprimono certezze (anche se non
necessariamente proprietarie e/o di indiretta conoscenza) per
semplice dogma ideologico nell’applicazione della loro libertà di
pensiero. Se vogliamo, uno studioso, non può godere di questa
libertà perché per egli non basta dichiararla, è chiamato a
dimostrarla. Oltre a quanto hai scritto, che condivido, posso
aggiungere che allo stato attuale l’atto scientifico più
rivoluzionario alla base della teoria dei cambiamenti climatici è
che l’ipotesi su cui fonda le sue motivazioni sono diventate
forzatamente dogma scientifico senza passare attraverso la sua
dimostrazione (anche questa scientifica) in grado di elevarla a
teorema (dogma scientifico, appunto). Devo dire che tale aspetto si
nota essere avvertito, con forse un po’ di disagio, da coloro i
quali insistono nel loro impegno di divulgazione dei cambiamenti
climatici su base antropica, visto che hanno avuto cura di
introdurre un nuovo vocabolo nel mondo scientifico che è la parola
“evidenza”. Di per sé nella ricerca scientifica non vi è nulla di
evidente se non ciò che si è dimostrato. D’altronde se così non
fosse non ci sarebbero così tante persone che sono ancora impegnate
nella ricerca della verità. Chi oggi si metterebbe a discutere la
veridicità del teorema di Euclide? In ultima analisi non ci sarebbe
bisogno di tanti autorevoli studiosi (come forse anche noi)
impegnati a perdere il loro tempo a capire ciò che è già chiaro.
L’unica cosa che mi mancherebbe sarebbe questo spazio web nel quale
si scambiano liberamente dubbi e ricerche finalizzate al
conseguimento della conoscenza, anche controcorrente, lasciando
ampio spazio alla discussione, di qualunque segno. Carlo Colarieti
Tosti
Guido, intanto ti dico che , da parte tua, non ho ascoltato
nulla che mi abbia fatto gridare allo scandalo. Anche se, sentendo
parlare di queste cose ormai da un po’ di tempo, forse sono entrate
nel mio “pensiero di gruppo” e le trovo normali. Dal complesso
dell’intervista mi sembra di aver notato che i ragionamenti
articolati, con inizio e possibilmente fine, non funzionano se non
hai l’interlocutore giusto che capisce cosa dici e ti risponde
(magari per le rime) sullo stesso tono. Forse in questo caso
bisognava andare avanti con “pillole di saggezza” cui si sarebbe
risposto con altrettante pillole, altrettanto non giustificate,
come le amenità già ricordate da L. Mariani. In questo modo il
cerchio della divulgazione si sarebbe chiuso con soddisfazione dei
giornalisti e forse degli ascoltatori, almeno di quelli che cercano
solo conferme alle loro convinzioni. Un’altra cosa: siccome sono
bravissimo a giocare con la TUA pelle, ti inviterei a non
rinunciare ad altre interviste di questo genere – senza
interlocutori validi – perché parlare non fa mai male e le idee
sicuramente attecchiscono da qualche parte. Per finire, un momento
di comprensione per la giornalista che ha organizzato l’incontro:
lavorare con questa rete è una specie di tragedia e spero che
avesse ragione lei nel dire che normalmente la situazione è
diversa. Franco
Gent.mo Guidi, volevo anch’io dare il mio piccolo
contributo alla discussione in merito all’intervista rilasciata
tramite videoconferenza e che ho seguito con particolare interesse
essendo l’argomento oggetto di mio approfondimento personale da
diversi anni, anche se non direttamente legato alla mia attività
professionale. Devo dire che questo mio interesse curato negli anni
mi ha portato anche a scrivere con piacere ogni tanto qualcosa per
meteolive con una piccola ambizione che è sempre stata quella di
cercare di comunicare aspetti, concetti, informazioni scientifiche
anche a chi di scienza se ne intende poco. Perchè a mio avviso
purtroppo uno dei grossi problemi del nostro tempo è proprio
questo; la scarsa alfabetizzazione scientifica della società
attuale. Ed è proprio questo il problema principale emerso anche
dalla sua encomiabile intervista; scienza contro resto del mondo,
con tutto rispetto per i suoi interlocutori che sicuramente
sapranno fare bene il proprio lavoro. Non basta leggere i giornali
o qualche rivista per capire la scienza, o tantomeno ascoltare la
lezione di qualche esperto. La scienza è prima di tutto un metodo,
che si acquisisce soltanto con una rigorosa formazione scientifica
adeguata a tutto tondo e che fornisca strumenti essenziali di
comprensione e nello stesso tempo di critica. Ecco la sostanziale
differenza che ho notato tra lei e i suoi interlocutori. Poi sui
contenuti dei discorsi, dal punto di vista scientifico, le sue
posizioni a mio avviso non hanno fatto una piega. La saluto
cordialmente. Fabio Vomiero
Fabio, quello che non funziona è il metodo, non il merito. Perché tutti hanno diritto ad avere delle idee, delle impressioni, delle percezioni, ma si deve avere la disponibilità di ascoltare. In questo mondo di aspiranti individui, è difficile accorgersi di essere vittime del pensiero di gruppo, anche perché nel gruppo si sta caldi e comodi. Per cui, paradossalmente, quello strano è quello che cerca di ragionare con la propria testa. E tutti i “non strani” sono convinti di fare altrettanto. Ha ragione Luigi, decenni di indottrinamento stanno producendo i loro effetti.
gg
Una considerazione a caldo. Ci dicono che in questo blog si
fanno chiacchiere da bar perché nessuno di noi è climatologo e non
conosce in modo approfondito la fisica del sistema. Un giornalista
che ignora i fondamenti della fisica, della chimica e di ogni altra
branca dello scibile scientifico può impunemente scrivere e dare in
pasto al pubblico qualsiasi cosa basandosi solo ed esclusivamente
sull’ipse dixit e senza nessun apporto critico personale? Mi sembra
che esistano due pesi e due misure (e che sono anche molto
diverse)! Per un commento più articolato è meglio far passare
qualche ora altrimenti direi cose di cui sicuramente mi pentirei
🙂 Ciao, Donato.
Post scriptum:
Come postilla a quanto scritto in precedenza, credo che un dialogo andrebbe essere cercato sulla base di questo schema concettuale, nient’affatto nuovo ma ineliminabile se si vuole diradare la cortina fumogena dei preconcetti, che ormai gravano in modo intollerabile sul dibattito:
1. Il clima continua a cambiare (con ciclicità termiche glaciali e ciclicità di più breve periodo).
2. Il modo scientificamente accettato per giustificare tale variabilità è quello di considerare che il tutto sia dovuto a variazioni nell’intensità dell’effetto serra terrestre (effetto di per sé benefico perché rende il pianeta abitabile).
3. Ma cosa fa variare l’effetto serra? Per capirlo occorre preliminarmente capire cosa lo determina. In proposito è a tutti noto che il “gorilla da 800 libbre” dell’effetto serra terrestre si chiama acqua (vapore acqueo e nubi, responsabili di oltre il 70% dell’effetto serra complessivo). Rispetto a questo gorilla, la CO2 o l’attività solare sono una cosa relativamente piccola e tuttavia in determinati momenti possono avere un effetto considerevole (es. le ciclicità glaciali sono legate alle variazioni periodiche dell’energia solare in arrivo al pianeta).
4. Ecco allora che i seguaci delle due teorie (AGW e Solare) si sono dati da fare per cercare degli amplificatori…
5. Ecc. ecc.
Luigi
30 marzo 2013
Caro Guido,
ho sentito l’intervista e confermo la tua impressione: intervista tesa e con scarsa empatia (soprattutto con la d.ssa Piva) oltre che disturbata da problemi tecnici non da poco. Insomma, un vero pasticcio, e ti compiango per la faticaccia (temo a risultate nulla) che hai dovuto fare.
Peraltro il fatto che i tuoi interlocutori abbiano espresso in premessa che non volevano entrare nel problema scientifico essendo loro giornalisti non ha aiutato, in quanto si è finito per discutere saltabeccando fra i luoghi comuni: “non ci sono più le mezze stagioni”, “il freddo dal polo nord si è spostato da noi”, “una certezza scientifica per il 99% dei suoi colleghi”, “la destabilizzazione del clima ci impedisce di mangiare” e quant’altro.
Certo però che mi domando – e su questo dovremmo fare una riflessione perché non mi rassegno a pensare che dialogo non possa esservi – come si possa parlare con la gente comune, abituata a ragionare solo per slogan e frasi fatte…
In tal senso volevo allora soffermarmi su un concetto che hai espresso in quanto hai scritto. Guido, tu scrivi che “la scienza del clima è argomento da salotto” e qui non sono d’accordo poiché ad esser da salotto non è la scienza del clima ma la scienza (ammesso che scienza sia) del “cambiamento climatico”, come dimostra del resto la tua intervista.
In altre parole dei 235 W m-2 di radiazione entrante ed uscente o del trasporto latitudinale di calore (per l’80% attraverso l’atmosfera e per il 20% attraverso gli oceani) o di cella di Hadley, westerlies e quant’altro non importa un fico secco a nessuno mentre il “cambiamento” attira tutti come mosche sul miele.
E l’enorme guaio di questo becero atteggiamento culturale è che se non si capisce il sistema climatico non si può parlare di cambiamento del sistema stesso. Come si fa infatti a parlare a ragion veduta dei mutamenti di qualcosa che non si conosce e che alla gran massa delle persone non passa nemmeno per l’anticamera del cervello di imparare a conoscere, in quanto si ritiene bastino ragionamenti prescientifci o meglio ascientifici del tipo del celebre “abbiamo rovinato il nostro clima” di Sartori?.
E per inciso si badi bene che sono proprio i ragionamenti pre-scientifci o meglio ascientifici a orientare oggi le politiche in campo energetico, agricolo, ecc….
Ma tant’è: sono anni che le mie uniche occasioni di divulgazione di una materia che mi illudo di conoscere con una certa profondità sono legate al “cambiamento climatico”, per cui è con fatica enorme (dati i tempi sempre più ristretti che ti assegnano) che riesco ad appiccicare in premessa qualche spot su come funziona la macchina del clima.
Francamente questa “pippa” incomincia davvero a venirmi a noia, anche perché l’impressione generale è che non stiamo per nulla facendo crescere la cultura generale sui fenomeni atmosferici e sul clima, per cui i nostri concittadini sono sempre più impreparati di fronte a nevicate o piogge intense o siccità…
Insomma, penso che essere minoritari a CM possa essere un titolo di merito, se cerchiamo di parlare di clima al di fuori del luogo comune e di cambiamento come di uno degli attributi del clima.
Luigi
Luigi, grazie per le tue riflessioni. In effetti avrei dovuto scrivere “scienza del cambiamento climatico”, che non è una scienza ma un argomento da salotto. Circa l’intervista si impara sempre qualcosa e nella fattispecie ho imparato che determinati atteggiamenti non meritano né moderazione né disponibilità. La prossima volta, se ce ne sarà una, esigerò di potermi confrontare con qualcuno che ne capisca qualcosa, magari sforzandoci insieme di far capire le nostre posizioni a quanti asseriscono di non capirne nulla ma di voler entrare nel merito. Sono stufo marcio di dare spiegazioni a chi si nutre di dogmi, preconcetti, slogan e frasi fatte asserendo di averle assorbite da chi se ne intende, frasi che però, guarda caso e con l’esclusione di pochi, nessun addetto ai lavori usa mai.
gg
Uno dei problemi è che l’opinione pubblica è vittima di
decine d’anni d’indottrinamento, per cui è più che mai difficile
far ragionare la gente, e (temo) sarà sempre più difficile in
futuro. Forse l’unico modo per uscire da questo empasse potrebbe
essere dato da un evento tanto critico da scuotere le coscienze
mettendo in discussione dogmi ormai consolidati.