Il mese scorso la Corea del Nord ha condotto il suo terzo test nucleare sotterraneo in barba alla minaccia di sanzioni da parte delle Nazioni Unite e in barba soprattutto agli USA, la cui presenza militare nell’area del Pacifico è ancora preponderante. Nella stessa area, non si contano le situazioni di criticità geopolitica, alimentate purtroppo ancora dalle condizioni di sottosviluppo che riguardano molte delle nazioni che si affacciano sull’oceano più vasto e più importante.
Eppure, lo Zio Sam, nella fattispecie chi lo rappresenta, è preoccupato dal mare mosso. Leggiamo su Wired alcune dichiarazioni raccolte in un accorato articolo del comandate in capo delle forze aeronavali statunitensi nell’area. La vera minaccia di lungo periodo, egli spiega, è rappresentata dai milioni di persone che si trasformeranno in profughi climatici, costrette ad abbandonare le loro case e le loro patrie a causa dell’innalzamento del livello del mare. E prima ancora che questo succeda, perché è garantito che succederà malgrado di profughi climatici non se siano ancora visti ma i profughi per fame continuino ad abbondare, sarà il maltempo reso insostenibile dai cambiamenti climatici a destabilizzare ulteriormente l’area.
Tutto ciò, se come sempre fa venire la tremarella riflettendo sulla prospettiva di un Pianeta a metà tra l’arrosto e i marosi inarrestabili, risulta in verità piuttosto rassicurante, perché al lettore di giornali generico medio forse fa più impressione la realizzazione di un test nucleare bellico di una mareggiata. Anche perché non mi pare esista nulla di più definitivo – e quindi riferibile al lungo periodo – dell’esplosione di un ordigno nucleare. Ma, evidentemente, la minaccia bellica non è seria.
Per completare il quadro rassicurante, visto che nell’articolo si parla di Kiribati come nazione che produrrà i primi profughi climatici, è infatti incoraggiante sapere che potranno lasciare le isole velocemente grazie alle infrastrutture aeroportuali di cui la World Bank sta finanziando la costruzione/ristrutturazione. Peccato che dureranno poco. In ordine al maltempo, ovvero ai super typhoon come li chiamano su Wired, è altrettanto incoraggiante sapere che la media annuale è 25.6 dal 1951 (non 17). I 27 o 28 arrivati quest’anno evidentemente stravolgono la media e sono la vera pistola fumante dell’AGW, nonostante la letteratura scientifica dica che il matrimonio tra clima che cambia e cicloni tropicali ancora non s’è fatto, né è dato sapere sei si farà.
Non vi sentite rassicurati?
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NB: grazie a Fabrizio per la segnalazione.
Be’, pare che i superiori dell’ammiraglio la pensino diversamente:
http://lastampa.it/2013/03/17/esteri/gli-usa-spostano-lo-scudo-in-alaska-aeoL3bqiZVBCSdZKMYYHNO/pagina.html
Siccome è periodo di tagli e la coperta è corta, per coprire l’Alaska scopriranno l’Europa; la quale, sicuramente, si preoccuperà più del livello del mare. E speriamo bene…
La cosa divertente e’ che l’ammiraglio dichiara: “Siamo al super tifone 27 or 28 quest’anno nel Pacifico Occidentale. La media e’ circa 17.”
Basta andare su Wikipedia (santa Wikipedia!) per trovare che:
Nella stagione dei tifoni 2012, ci sono state 25 tempeste, di cui 14 classificate come tifoni e di questi a loro volta 5 come “super tifoni”.
La stagione 2013 finora ha prodotto due tempeste e nessun tifone.
La media annuali delle tempeste e’ 27 e dei tifoni 17, quindi l’anno scorso e’ stato sotto la media.
Ergo: l’ammiraglio non ha la piu’ pallida idea di cio’ di cui parla, e tutti i dati che cita sono completamente sbagliati. Per scoprirlo bastava una ricerca di cinque minuti su Wikipedia.