Cina sì, Cina no. India idem. I grandi novelli inquinatori del Pianeta d’ora in poi avranno un grattacapo in meno. Dopo aver imparato a puntino la lezione dal mondo occidentale che li ha preceduti nella corsa al progresso, ora respirano l’aria mefitica che deriva dalle attività industriali, ma almeno non possono essere accusati di concorso di colpa in termini climatici. Vediamo perché.
Spunta fuori un nuvo studio condotto da un team della Colorado University circa l’impatto degli aerosol sulle dinamiche del clima negli ultimi dieci anni. L’obbiettivo è quello di cercare di capire perché nonostante il global warming ci sia non si riesca a vederlo, cioè capire perché le temperature abbiano smesso di crescere da tre lustri e oltre, mentre noi continuiamo ad emettere CO2 facendoci beffe di conoscenze da molti ritenute ormai acquisite.
Recent anthropogenic increases in SO2 from Asia have minimal impact on stratospheric aerosol
E così, utilizzando due nuovi modelli, il primo si chiama WACCM e il secondo CARMA (manca la kappa ma fa lo stesso), giungono a definire scarsamente rilevante il contributo degli aerosol antropici nella frenata delle temperature globali, puntando piuttosto il dito verso la debole o moderata attività vulcanica dei tempi recenti.
Gli aerosol, ovvero il particolato in sospensione, hanno potere raffreddante perché limitano la profondità ottica dell’atmosfera, la rendono cioè meno trasparente schermando in parte la radiazione solare incidente. Che l’attività vulcanica possa avere questo effetto è cosa nota, non fosse altro perché la “firma” delle eruzioni più importanti degli ultimi secoli è perfettamente leggibile nelle serie storiche della temperatura globale. Ora pare che si debba tener conto del contributo alle complesse dinamiche atmosferiche anche nei periodi di scarsa o debole attività vulcanica.
Sicché, per adesso, pare che gli aerosol antropici non c’entrino un gran che. Secondo questo studio, quelli invece di origine naturale sarebbero responsabili almeno del 25% del mancato riscaldamento che altrimenti avremmo dovuto sperimentare causa CO2. Effetti temporanei però, dicono, perché nel lungo periodo “sicuramente” prevarrà l’effetto CO2. Sicuramente.
Curiosamente, e molto tempo prima che uscissero i risultati di questa ricerca, l’argomento aerosol era stato già affrontato in un articolo uscito su Greenwire circa due anni fa, articolo ripreso poi sia da Judith Curry che da Roger Pielke sr. Il motivo del loro interessamento era semplice: alla domanda chiave rivolta ad un bel numero di scienziati del clima “perché la temperatura globale ha smesso di crescere?”, seguivano risposte tutt’altro che chiarificatrici e anche contraddittorie, tali per cui risultava evidente che piuttosto che esserci un consenso c’è molta confusione. Quella sotto, per esempio è parte della risposta di Kevin Trenberth:
L’intervallo [nel riscaldamento] non è stato inatteso. La variabilità del sistema clima può sopprimere temporaneamente il riscaldamento, sebbene prima di questa decade gli scienziati fossero incerti circa quanto questa pausa potesse durare. Ad ogni modo, una decade non è lunga abbastanza per dire alcunché circa l’impatto dell’uomo sul clima; così come afferma uno studio in procinto di pubblicazione, ci vogliono 17 anni.
Tutto questo, allora e oggi, nel contesto di una scienza che alcuni si ostinano a definire “settled” ovvero definita. Da quella pluri-intervista poi sono trascorsi due anni e siamo arrivati quasi ai famosi 17. Da Trenberth non arrivano segnali, però il capo dell’IPCC ha recentemente fatto sapere che sì, c’è una pausa nel global warming, ma perché possa avere effetti sul trend dovranno trascorrere 30 o 40 anni.
Rilanciano. Io farei buio, per scopire il bluff.
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