Capita che gli amici mi mandino delle segnalazioni ogni tanto. Spesso si tratta di notizie apparse sui media generalisti, come nel caso di questo trafiletto apparso sul Corriere qualche giorno fa.
L’argomento è stuzzicante, perché unisce le ricostruzioni della temperatura fatte attraverso gli anelli di accrescimento degli alberi con analisi di tipo sociale, ovvero cercando ove fossero presenti dei segnali di elevata correlazione tra oscillazioni significative del clima e fasi di sviluppo o involuzione della nostra società.
Si tratta di qualcosa di cui abbiamo parlato anche altre volte, sia con riferimento al metodo, la dendrocronologia, che rappresenta una fonte di informazioni sostanziale per il paleoclima ma che ha anche limiti piuttosto seri in termini di rappresentatività dello stesso, sia per gli aspetti per così dire sociologici, spesso legati sì a doppio filo con l’andamento del clima ma anche ovviamente influenzati da numerosi altri fattori.
Naturalmente non è tutto nelle poche righe del Corriere, si tratta in realtà di uno studio pubblicato sui PNAS, anche ripreso sempre qualche giorno fa su Science Daily.
- Questo è lo studio: Filling the Eastern European gap in millennium-long temperature reconstructions
- Questo invece è l’articolo di Science Daily: Eastern Europe: Tree Rings Reveal Climate Variability and Human History
Sembra quindi che per l’Europa orientale i dati di prossimità provenienti da analisi dendrologiche fossero molto scarsi, così questo team di ricercatori ha raccolto le informazioni disponibili e ne ha tratto una ricostruzione delle temperature per gli ultimi mille anni, ricostruzione che, pur presentando alcuni elementi di discontinuità con quanto altre serie proxy raccontano per il territorio europeo, si colloca nel solco di una storia che ormai si comincia a conoscere piuttosto bene.
Comunque, la parte se vogliamo più interessante, senza nulla togliere a quella che dal punto di vista spazio-temporale è una lacuna in parte colmata per la storia climatica dell’est europeo, è l’associazione, ma è molto più giusto dire l’elevata correlazione (non necessariamente un rapporto di causalità diretto), tra gli episodi di significativo raffreddamento delle temperature primaverili e le fasi di disagio sociale come pestilenze, carestie, guerre e così via.
Viene quindi da pensare qualcosa di molto ovvio ma che di questi tempi difficilmente si sente dire: le fasi con temperature mediamente più alte finiscono per avere effetti benigni sulle dinamiche sociali, mentre quelle in cui prevale il freddo, specie nella stagione di ripresa dell’attività biologica come la primavera, generano difficoltà e, con riferimento ai tempi assai difficili del Medioevo, anche un sacco di morti.
Del resto questo particolare sembra sfuggire anche agli autori, i quali piuttosto si preoccupano di sottolineare che stabilire una connessione tra oscillazioni climatiche e dinamiche sociali è quanto mai necessario in tempi di climate change attuale e futuribile. Difficile che essi appartengano a quei pochi pazzi visionari (?) che tra forcing solare e oscillazioni oceaniche si aspettano nel futuro a breve una tendenza al raffreddamento e quindi anche una possibile diminuzione della resilienza della nostra società. Nell”abstract infatti ci tengono a sottolineare che il riscaldamento arrivato nel secolo scorso sembra non abbia precedenti nella serie storica ricavata.
Questo particolare a Science Daily non è sfuggito mentre il Corriere non l’ha notato. Strano, o forse è stato notato il caveat contenuto nel corpo del paper in cui si dice che il margine di incertezza dei dati per la parte della ricostruzione più lontana nel tempo è tale da suggerire prudenza circa il carattere di unicità delle dinamiche termiche più recenti.
Comunque, caveat o no, registriamo il seguente messaggio: ieri, ma non mi è chiaro perché pur con i dovuti aggiustamenti oggi dovrebbe accadere il contrario, il freddo faceva più danni del caldo. Per domani, attendiamo comunque trepidanti l’inevitabile sovvertimento di questa bizzarra relazione di causalità da parte dell’arrosto climatico prossimo venturo.
Qualcosa del genere l’aveva già evidenziato il geografo professor Sergio Pinna studiando i dati di mortalità a Pisa e ponendoli in relazione con le temperature. Lo studio (suo e di Paolo Macchia) è stato pubblicato qui:
http://www.pangloss.it/libro.php?isbn=9788854823266&id=17198
Fra le varie cose che Sergio Pinna ha evidenziato con tale studio è il fatto che l’introduzione a Pisa del riscaldamento delle case (avvenuto in modo massiccio fra gli anni 60 e 70 del 20° secolo) ha portato ad una diminuzione rilevantissima della mortalità invernale.
Luigi