Gli appassionati di meteorologia lo chiamano orso russo, gli addetti ai lavori (appassionati pure loro) lo chiamano anticiclone russo-siberiano. E’ una configurazione barica molto vasta che si genera durante la stagione invernale sulla Siberia e sulla Russia. Il termine anticiclone è riferibile in questo caso al solo strato inferiore della troposfera, perché sopra invece la circolazione è depressionaria. Questo fa dell’orso russo un anticiclone termico.
Aria gelida, cielo spesso limpido e terso, gli ingredienti giusti per battere un record negativo di temperatura dopo l’altro, record con cui le popolazioni di quella porzione del mondo sanno di dover avere a che fare, magari non tutti gli inverni ma quasi. E ci hanno fatto i conti in tanti con l’orso, intervenuto sempre puntuale a gelare letteralmente le velleità di conquista di quanti avrebbero voluto impadronirsi del territorio con le armi. Napoleone ci lasciò l’impero, Hitler, per fortuna, quello che avrebbe voluto creare, portando con sé purtroppo anche molti nostri connazionali follemente mandati a morire con gli stivali di cartone.
L’orso è stato di recente sui giornali, per esempio sul Corriere:
Strage per il freddo in Russia, come nel 1941
Cinquantasei le vittime accertate, chissà quante le altre. Ne fa di danni il freddo eh? Curioso, in questo articolo non si parla di cambiamenti climatici o di pazzie del clima, né ovviamente, di riscaldamento globale. Beh, lo credo bene, non solo non c’è niente di nuovo, ma comunque si tratta “solo” di tempo atmosferico, anche se dura per tutto l’inverno.
Sicché, per una volta, anche i media sanno che il tempo non è il clima. Ma ne siamo proprio sicuri? La risposta è scontata, no. Solo che stavolta anche un redattore maestro di voli pindarici non avrebbe saputo come tirarci fuori un collegamento con l’arrosto climatico. Che nostalgia delle favolose e malleabili ondate di calore di questa estate avrà pensato, allora sì che ci si poteva appellare al dannato clima che cambia.
Guardate qua, sempre sul corriere, per esempio, era il 6 agosto scorso e l’afa e la calura imperversavano sia negli USA che sul Mediterraneo:
Il dossier Nasa: caldo record, il pianeta è già in emergenza
“Il futuro è ora ed è caldo”, questa la frase ad effetto di James Hansen, noto catastro-climatologo, ripresa nell’articolo. Quello naturalmente non è tempo, è clima.
Ora, se fossimo catastro-climatologi anche noi, dovremmo gridare al disastro. Impossibilitati a fare il collegamento tra temperature che salgono e amanti della vodka che gelano, dovremmo per forza leggere la cosa in chiave diversa, magari un bel rischio glaciazione. Niente da fare, non ce la faccio, è solo inverno, come quella passata era solo estate.
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NB: tra la stesura e la pubblicazione di questo post, l’anticilone ha fatto in tempo a tornare in cortile, perché le miti correnti da ovest giunte sulla Russia lo hanno letteralmente demolito nella sua porzione più avanzata in pochi giorni. Facciamocene una ragione, il tempo non è il clima o, se preferite, climate is what you expect, weather is what you get.
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