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Un clima da Polar Low

Da Nature Geoscience prima e da Science Daily poi. Il primo è un paper appena pubblicato, il secondo è il suo commento in forma divulgativa.

Si parla di tempeste a mesoscala delle latitudini polari, soggetti atmosferici piccoli, molto potenti e anche piuttosto frequenti. In questo studio si prova ad interpretarne il ruolo in chiave climatica. L’ipotesi è che data la caratteristica di raffreddare la superficie dell’oceano, questi eventi che non durano solitamente più di 2/3 giorni, possono avere un ruolo importante nelle dinamiche di quella porzione della circolazione termoalina che dall’Atlantico settentrionale scorre in profondità lungo il bordo occidentale del vecchio continente, l’AMOC.

Generazione di acque profonde e flussi di calore quindi, questi gli aspetti esaminati in questo paper con riferimento alla frequenza ed alla tipicità di questi eventi. Per chi non avesse dimestichezza con l’argomento, ad esempio, era una polar low la tempesta che ha seppellito di neve l’Inghilterra nel 2003, lo era anche la tempesta che ha dato il cosiddetto coupe de grace ai ghiacci artici nello scorso agosto, lo era, anche se solo nelle sue prime ore di vita, la depressione che poi ci ha portato un po’ di neve nel week-end dell’Immacolata appena dieci giorni fa.

E il problema pare sia – chi l’avrebbe mai detto – che questi soggetti sfuggono tanto alle rianalisi quanto alle proiezioni climatiche, nel senso che la definizione spaziale dei modelli (anche le rianalisi di fatto sono modelli) è troppo grande. Va persa dunque nei modelli climatici accoppiati anche quella parte dei flussi di calore e della generazione di acque profonde che subisce l’influenza di questi soggetti. Provando a parametrizzare (fermi col sopracciglio please) il comportamento delle polar low sul vento e sui flussi di calore in un modello climatico e partendo dal presupposto che le proiezioni climatiche prevedono una diminuzione della loro frequenza di occorrenza, gli autori giungono alla conclusione che il livello di incertezza delle simulazioni diminuisce, ergo, non è possibile determinare con soddisfacente affidabilità il clima del territorio europeo e nord-atlantico nel medio periodo.

E io che invece pensavo che lo fosse!

Scherzi a parte, se si riescono a lasciare da parte i soliti immancabili presagi di sventura, può anche darsi che il paper risulti interessante. Peccato sia a pagamento, per cui, ognun per se…

The impact of polar mesoscale storms on northeast Atlantic Ocean circulationNature Geoscience, 2012; DOI:10.1038/ngeo1661

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

Un commento

  1. Luigi mariani

    In questo periodo mi capita di ragionare di minimi di cut-off e cicloni mediterranei (in quanto legati agli eventi pluviometrici estremi) e spesso mi capita di imbattermi in riferimenti ai polar lows.
    In tal senso può essere interessante osservare che lo stesso meccanismo di Instabilità Condizionale di secondo ordine (CISK) proposto nel 1964 da Charney e Eliassen per l’innesco dei cicloni tropicali sia stato poi riproposto come meccanismo alla base dei polar lows (Rasmussen, 1979) e dei Mediterranean Lows (Alpert, 1984).

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