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Questo articolo è uscito in originale su “La Nuova Bussola Quotidiana“.
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di Fabio Spina
La notizia di questi giorni è che il progetto faraonico dei pannelli solari nel deserto nord africano, detto Desertec, deve far fronte a sempre maggiori difficoltà e le illusioni dell’esordio sembrano dover cominciare a fare i conti con la realtà. A gelare l’entusiasmo dei suoi partecipanti sono la crisi economica mondiale, i cambiamenti politici seguiti alle rivoluzioni della ex-“primavera araba” ed il mercato dell’anidride carbonica in agonia.
Si è ritirata per prima la Spagna, lo stato delle casse sembra non permettere l’assorbimento dei costi derivanti dal passaggio di ulteriore capacità sull’elettrodotto sottomarino esistente (capacità tra 400 e 1000 MW) che collega Marocco e Spagna, attraverso lo stretto di Gibilterra. Su tale elettrodotto avrebbe dovuto passare tutta l’energia prodotta da Desertec. Più recentemente si è ritirato il gruppo industriale tedesco Bosch, seguendo di qualche settimana l’uscita di scena del conglomerato Siemens, tedesco pure lui, che ha previsto di mettere in liquidazione tutte le sue attività legate al settore solare. “Abbiamo deciso di non portare avanti la nostra partecipazione in Desertec l’anno prossimo (…) a causa di una situazione economica più difficile”, ha spiegato un portavoce del gruppo Bosch. Desertec ora si ferma e sta cercando nuovi soci, spera che i cinesi si facciano avanti.
Sembrano lontani i tempi della “democrazia energetica” costruita sulle fonti rinnovabili e propagandata in Italia dal guru ecologista Rifkin invitato da politici di centrodestra, centro-sinistra e movimento 5 stelle, troppo spesso a spese del contribuente. Il modello proposto era semplice, o meglio semplicistico: al posto delle grandi produzioni centralizzate, si deve puntare sull’autonomia dei singoli edifici, di ogni centro. Il tutto doveva essere collegato in rete come internet e l’energia immagazzinata sotto la forma del “pericoloso” ed ormai dimenticato idrogeno (per supplire ai periodi senza vento e radiazione solare). Nel “nuovo mondo” ecologista ognuno doveva raggiungere l’autosufficienza energetica divenendo allo stesso tempo produttore, venditore e consumatore di energia.
Abbandonata l’economia di scala dei decenni passati in cui credevamo che sarebbe stato più efficiente centralizzare, nella visione che piace all’Europa la produzione di energia sembrava dover trasformare ogni edificio in piccola centrale, ogni famiglia si sarebbe dovuta identificare dal suo pannello e generatore eolico. A parole l’illusione di Rifkin risolveva tutti i problemi del nostro paese: non asfissiare il pianeta Gaia con le emissioni italiane di anidride carbonica, eliminazione dalla dipendenza dalle fonti fossili provenienti da aree a forte instabilità politica, forte ridimensionamento dell’influenza delle famigerate multinazionali che lucrano favorendo l’incremento dei consumi.
Il modello ha rappresentato l’obiettivo finché la non competitiva produzione fotovoltaica è stata fortemente incentivata dallo Stato. L’incentivo “statale” era talmente sostanzioso, dell’ordine delle decine di miliardi di euro l’anno, che permetteva di non guardava a dove avveniva l’installazione, dalle Alpi a Lampedusa, in Scozia ed in Germania: il dover contribuire a salvare il pianeta non permetteva alcuna critiche e valutazione economica. Con il trascorrere degli anni le enormi spese per gli incentivi hanno pesato sulle tasche dei cittadini già svuotate dalla crisi – ad esempio in Italia le imprese mediamente sopportano costi dell’energia del 36,4% maggiori della media Europea -, e solo allora si è improvvisamente scoperto che sarebbe stato meglio installare i pannelli in posti dove ci sono molte ore di luce solare, solo allora ci si è accorti che il numero di ore di sole nel centro e nord Europa non è sufficientemente remunerativo.
Intanto, grazie a quanto speso come incentivi dal contribuente, troppo spesso andato in gran parte a creare posti a basso costo in Cina, non appena finita la pioggia di contributi pubblici i prezzi dei pannelli solari si sono dimezzati. A questo punto è iniziata la realizzazione di progetti per enormi impianti fotovoltaici delocalizzati come Desertec in Nord Africa, progetti finanziati e gestiti proprio dalle “famigerate multinazionali che speculano sull’energia” che la “democrazia energetica” avrebbe dovuto far sparire.
Il progetto Desertec inizia in pompa magna nel 2009, raggruppa 21 società e 36 partner in 15 paesi, punta a creare entro 40 anni una vasta rete di installazioni eoliche e solari in Nordafrica e in Medio Oriente, per un investimento totale di 400 miliardi di euro. I primi ad aver avviato il progetto sono proprio i tedeschi, tra cui le assicurazioni Munich Re (la più citata per le statistiche dei danni dovuti ai cambiamenti climatici es.http://www.reteclima.it/i-costi-del-riscaldamento-climatico-e-la-crescita-dei-danni-climatici-nel-nord-america-i-dati-di-munich-re/ ), il gruppo Eon e Rwe o, ancora, Deutsche Bank. A loro si sono gradualmente uniti, tra i molti, gli italiani Enel e Terna, Intesa Sanpaolo ed Unicredit, i francesi Saint Gobain e lo spagnolo Red Electrica.
Le belle parole di Rifkin sulla “democrazia energetica” sembrano, con il trascorrere del tempo, divenire solo uno sbiadito ricordo: dall’instabile nord Africa arrivava il petrolio e gas ed ora è proprio lì che installeremo i nostri pannelli; anziché divenire energeticamente autosufficienti sembra che i cittadini dovranno continuare a comprare l’energia proprio dagli stessi che ora gestiscono le fonti fossili.
L’Italia ha investito moltissimo nell’energia solare, nel 2011 è stato il primo Paese al mondo per nuova capacita’ di energia fotovoltaica connessa alla rete, realizzando da sola il 33% della nuova potenza istallata, ed è al secondo posto dopo la Germania per capacita’ complessiva installata. La politica di sostegno alle rinnovabili attuata dall’Italia è sostenuta da incentivi pari a 6,7 miliardi di euro annui sul solare e 5,8 miliardi annui sulle altre rinnovabili (per l’ordine di grandezza è utile un confronto con il gettito IMU per la prima casa che è stimato circa 4 miliardi). La Germania ha investito nel solare più di noi non avendo la disponibilità di una fonte rinnovabile per noi “non trascurabile” come l’idroelettrico, ma per tenere il costo dell’energia competitivo per le aziende tedesche continua ad avere un mix energetico dove il nucleare copre il 18% della generazione elettrica ed il 60% di elettricità viene prodotto dal carbone e dal gas naturale. In particolare il carbone che – secondo un rapporto della Deutsche Bank – da qui al 2015 andrà a sostituire il gas naturale in un impianto a gas su quattro http://energyviews.enel.it/?p=1586 .
In Italia (trovate il mix nel grafico http://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_di_energia_elettrica_in_Italia) invece abbiamo abbandonato il nucleare, utilizziamo molto meno il carbone della Germania e gran parte della produzione avviene con l’uso del gas. Gli italiani rimangono più efficienti dei tedeschi, infatti le emissioni italiane di anidride carbonica sono pari a 6,7 tonnellate per cittadino, minori della media europea e cinese, molto minori degli statunitensi che emettono 17,3 tonnellate di CO2.
Nonostante la realtà descritta dai dati, l’opinione diffusa è che la Germania è uno stato ambientalista mentre noi siamo molto meno attenti all’ambiente di loro e di gran parte dei paesi del mondo. Invece l’Italia rimane una nazione molto efficiente, per questo avrebbe dovuto affrontare il problema dell’inquinamento di Gaia a causa delle emissioni italiane con la dovuta prudenza.
Su alcuni temi ambientali spesso abbiamo una visione frammentata e non fondata sui dati, talvolta siamo illusi da sogni come la “democrazia energetica” ed angosciati dalle catastrofi naturali (i cui effetti, pur accadendo in tutto il mondo, conosciamo con maggior dettaglio e ci colpiscono emotivamente più delle disgrazie che avvengono nel condominio). Questa situazione sta trasformando l’Italia in un paese dove il costo dell’energia è insostenibile, le industrie delocalizzano, la speranza sparisce come i sogni in cui si è creduto e tutto sembra andar peggio mentre siamo sempre più soli ed impotenti contro ciò che accade. Inevitabilmente la crisi diminuisce le nostre “emissioni inquinanti” ma paradossalmente i nostri figli per lavorare sono costretti ad andare a respirare l’aria “più inquinata” delle nazioni che hanno avuto meno ideologia e più buon senso di noi.
[…] fosse tecnicamente affascinante ma economicamente insostenibile. Su CM abbiamo pubblicato un post in proposito il 12dicembre […]
Grafichi esplicativi sono meglio delle parole.
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http://3.bp.blogspot.com/-4p2ef9J191o/UJ991G9gOPI/AAAAAAAAAcQ/XjiqcnjkD88/s640/AGW.JPG
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http://1.bp.blogspot.com/-HQCJE7CYY3o/UHnd4x_Z8TI/AAAAAAAAAZI/ibE693C7w30/s320/Global+Warming+italiano.JPG
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http://renzoslabar.blogspot.it/
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Qui un dettaglio dell’attuale costo della A3 anche per altre tipologie di utenza.
http://www.assoelettrica.it/blog/?p=1457
Grazie della segnalazione, estragggo alcune frasi per chi non ha tempo di leggere tutto il documento ed i comemnti:
-La Germania, paese che ha gli stessi problemi dell’Italia con gli oneri legati alle rinnovabili, oneri che saliranno dal prossimo anno a 5,277 c€/kWh, ha però un approccio molto diverso rispetto al nostro paese per quanto riguarda l’attribuzione di tali costi alle varie tipologie di utenza. Per le aziende le esenzioni cominciano già per consumi annui (e non mensili) superiori ad 1 GWh ed è da notare che in Germania sono state impostate procedure per tenere conto dell’intensità energetica di ogni azienda ovvero di qual’è il peso della bolletta energetica in proporzione al fatturato lordo. Se ad esempio il costo dell’energia elettrica supera il 14%-20% del fatturato le aziende vengono considerate ad alta intensità energetica ed hanno diritto ad un’esenzione molto consistente dal pagamento degli oneri per il sostegno delle fonti rinnovabili.
-Da tempo le aziende energivore premono sull’ Autorità per l’energia per una rimodulazione degli oneri di sistema. A far discutere sono in particolare gli oneri legati al finanziamento delle fonti rinnovabili ed assimilate (componente A3) che contribuiscono per il 90% circa del totale. La componente A3 che gli utenti pagano in bolletta avrà nel 2012 un peso complessivo pari a circa 10,6 miliardi di euro su un totale di 11,6 miliardi.
– In una stima di marzo l’AEEG li suddivideva in questo modo:
“gli incentivi per le fonti rinnovabili ed assimilate sono destinati a superare i 10,5 miliardi di euro, di cui 1,2 per le fonti assimilate, 1,8 per i certificati verdi, 6 per il fotovoltaico e il restante 1,4 per gli altri strumenti incentivanti (tariffa fissa onnicomprensiva, Cip 6 per le fonti rinnovabili, scambio sul posto).”
http://www.autorita.energia.it/allegati/com_stampa/12/120330.pdf
A regime dovrebbero assestarsi sui 6,7 miliardi per il fotovoltaico più 5,8 miliardi per le altre rinnovabili, per un totale di 12,5 miliardi l’anno.
-anche se il conto è solo indicativo perché non ha alcun senso dividere i costi per la popolazione, però solo di massima se si dividono i 10,6 miliardi di euro annui per i 60 milioni di abitanti dell’Italia si ottengono 176 euro pro-capite. Cifra che (direttamente in bolletta od indirettamente) mediamente tutti pagheremo.Per una famiglia di quattro persone fanno 704 euro.
Prenderei in considerazione anche i costi “nascosti”. Per esempio quelli per abbassare le emissioni di CO2 di un’auto (che poi si ritrovano sul costo dell’auto), o quelli per l’impatto ambientale, sempre per la parte relativa alle emissioni di CO2, e via dicendo, tutta una lista di costi nascosti che incidono sulla nostra economia in maniera subdola, perché non sono evidenti e non sono conteggiati.
Tutti costi che non si ritrovano in bolletta, ma che comunque ricadono in maniera indiretta sul consumatore, per combattere un fattore tutto sommato assai poco importante (secondo me) e enormemente sopravvalutato e demonizzato.
Demonizzazione che si avvale anche di fraintendimenti come la parola “inquinante”, che la gente comune intende in un certo senso, e che invece nel caso della CO2 si riferisce al (presunto) inquinamento “termico”.
“Presunto” nel senso che è tutto da dimostrare che un blando aumento della temperatura sia un “dramma”, un “inquinamento” (una volta si sperava nel bel tempo, ora la gente comune si spaventa quando fa caldo).
Personalmente penso che siano altri i fattori che incidono davvero sul clima, alcuni credo di poterli immaginare, altri sono forse ancora da individuare.
Da qualche tempo ho posto attenzione anche alle variazioni dell’asse terrestre, dell’orbita terrestre, e via dicendo, e alla non omogeneità dello spazio in cui viviamo (la nostra galassia e l’universo).
Rispetto alle blande variazioni indotte da forti variazioni di CO2, mi pare che anche piccole variazioni di questi parametri incidano in maniera molto più vistosa (penso alla differenza di temperatura, per esempio, tra estate ed inverno; alle glaciazioni, indotte secondo la teoria più accreditata (che bello avere il consenso dalla mia parte per una volta 🙂 ) dai cicli di Milanković:
“L’eccentricità orbitale, l’inclinazione assiale e la precessione dell’orbita terrestre variano periodicamente, dando luogo a glaciazioni ogni circa 100 000 anni durante l’era glaciale del Quaternario.”
fonte:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cicli_di_Milankovi%C4%87
e via dicendo.
La stessa NASA percorre i miei stessi sentieri (in parte) parlando delle variazioni climatiche su Marte indotte da variazioni dell’inclinazione dell’asse, come dice qui:
“NASA’s Mars Reconnaissance Orbiter has discovered the total amount of atmosphere on Mars changes dramatically as the tilt of the planet’s axis varies.”
(in evidenza: “changes drammatically”…)
fonte:
http://www.nasa.gov/mission_pages/MRO/news/mro20110421.html
Per quanto manchi ancora qualcosa (di importante) in questo quadro, esso mi sembra molto più promettente dell’ostinarsi ad inseguire con grande, immenso, costosissimo sforzo, piccole variazioni di un benefico gas che è presente in tracce nella nostra atmosfera.
Secondo me.
Articolo molto realistico e (purtroppo a ragione) pessimistico. Confesso di avere una simpatia, ahime’ irrazionale, per il fotovoltaico, ma se non si effettua una svolta dal punto di vista costo/rendimento e, soprattutto immagazzinamento dell’ energia superflua, anche il solare e’ destinato a fare la fine dell’ eolico, che solo gente impreparata o in malafede ancora ha il coraggio di proporre.
Interessante il paragone con la Germania, che immancabilmente ci viene proposta come esempio dai verdi nostrani. Se, come annunciato nella scia dell’ evento di Fukushima, rinuncieranno alla loro capacita’ nucleare, voglio proprio vedere come sopperiranno alla mancanza del 18% della produzione. La mia scommessa e’ che dopo le elezioni, soprattutto se i verdi non saranno determinanti per il governo, si rimangeranno il tutto.
Non ci crederai ma anche a me piacciono le rinnovabili prese singolarmente, ma la loro valutazione ha senso se inserita in un mix energetico equilibrato e sicuro (non trattate sempre come problema a se stante). Da anni il nostro faro guida è il 20-20-20, con il 20% di produzione di energia da rinnovabili, mentre per il restante 80% nessun obiettivo se non il sogno che tutto divenga rinnovabile perché siamo il paese del Sole. I tedeschi si sono guardati bene da chiudere brutalmente il nucleare come abbiamo fatto noi senza ammortare la spesa, inoltre utilizzano il carbone cercando si aumentare progressivamente l’efficienza e diminuire l’emissioni, ma senza demonizzarlo come da noi. Da noi invece i progetti sono belle frasi: basta carbone, no nucleare, eolico come la media europea, solare come i tedeschi, etc. Ma se dietro non c’è un progetto realistico si tratta al massimo di accattivanti slogan.
D’accordo su tutto ma una piccola precisazione, la cattedrale nel deserto (Desertec) dovrebbe utilizzare impianti a solare termodinamico a concentrazione (CSP) e non fotovoltaici…. e tali impianti sarebbero stati costruiti gira gira con soldi pubblici (via FMI, CE….)non certo delle aziende private, aziende che senza incentivi (e garanzie statali) impianti simili non li toccherebbero neppure con un bastone lungo due metri.
Hai ragione e grazie della precisazione. Per motivi di spazio non sono entrato nei dettagli del progetto DESERTEC che prevede come sorgenti sia solare a concentrazione (in Africa), sia il fotovoltaico e sia l’eolico. Ad esempio “Il primo progetto Desertec dovrebbe sorgere in Marocco e prevede la realizzazione di 100 MW tra impianti fotovoltaici ed eolici e 150 MW da impianti solari termodinamici, con investimenti complessivi pari a 600 milioni di euro”. http://energyviews.enel.it/?p=1693
Sul resto concordo, notando che però che se investono le aziende private i soldi pubblici sono impiegati in zone e criteri diversi da quanto fatto con gli incentivi a pioggia del passato.
Chiamare buon senso inquinare di più mi sembra un cattivo finale… La Germania usa carbone perchè ce l’ha in casae se non ricordo male lo importa anche dalla Polonia, se no col cavolo che lo usava. Supponendo di continuare ad usare fonti fossili fino all’anno XXXX che non si sa quando deve finire o va a costare troppo e poi dopo cosa usiamo? Il solare dite che è una bufala, l’eolico anche, l’idrogeno è una balla colossale, la fusione nucleare è ancora lontana (articoli che ho letto dicono almeno 35/40 anni, smentitemi se avete notizie migliori)… O si muore o si trova d’altro. Il sistema è in crisi anche perchè le ditte vanno altrove a produrre perchè costa meno tutto, in Cina hanno meno welfare, meno (o nessuna) leggi ambientali, costa meno il lavoro meno tutele anche sul lavoro e a volte hanno anche materie prime in casa, anche loro vanno a carbone, chissà perchè? Perchè costa poco e perchè ce l’hanno in casa. Per questo costa meno tutto, come in tutti i famosi BRICS, poche balle, è come quando negli anni passati l’Italia svalutava la moneta, solo che loro non svalutano perchè la loro moneta è già debole. E poi quelle energie fossili che abbiamo bastano a far diventare anche tutti i BRICS e chi si aggiungerà ad arrivare ad uno stile di vita se non Nord-Americano almeno Italiano? Si tralasciano troppi aspetti, facile tirare due righe e dire che sono soldi buttati al vento, come Rifkin la faceva facile ,anche voi mi sembra che la semplifichiate un po’ troppo.
Non ho scritto che è buon senso inquinare di più, anche se la CO2 non è un inquinante “in senso classico”, ma che sviluppo ed ambiente sono facce di una stessa sfida, far divenire l’ambiente l’unica driver alla fine può creare danni come il guardare alla sola crescita economica. Occorre gradualmente cercare una giusta misura, gli altri mi sembra che lo stanno facendo meglio di noi con un approccio meno ideologico. Secondo me il nostro approccio al solare, specie come è stato negli anni scorsi, ha contribuito ad aggravare la situazione aumentando le importazioni dall’estero.
Penso che inquadri bene il problema con cui occorre fare i conti non nel futuro ma OGGI: non siamo competitivi con i paesi con cui dovremmo confrontarci che hanno l’energia a costo minore (ad esempio perché utilizzano il carbone) ed hanno meno welfare/leggi da dover rispettare, alle industrie conviene delocalizzare la produzione e l’Italia non può più svalutare. A questo punto dobbiamo decidere se per garantire un futuro ai nostri figli serve un basso costo energia per alimentare il nostro sistema produttivo oppure è la stessa produzione di energia ad essere quella che deve generare lavoro/economia. Va benissimo finanziare la ricerca su queste tematiche, il problema secondo me nasce quando il contribuente finanzia progetti che aumentano il costo dell’energia ed aggravano il problema non avendo poi benefici ambientali sensibili per il pianeta (vista la nostra irrilevanza e quello che fanno gli altri). Inoltre, lo stesso pannello messo sulle alpi o in Sicilia costa lo stesso e produce in modo diverso, come mai per anni è successo che il cittadino ha finanziato più frequentemente quello sulle alpi? Perché fino a poco tempo fa si è preferito il solare fotovoltaico a quello termico?
Ma cerco di risponderti sinteticamente:
-La Germania usa il carbone perché ha le miniere e perché nel mix energetico anche importandolo attualmente in generale abbassa i costi di produzione dell’energia. Anche per noi un maggiore uso abbasserebbe i costi, ma non divinizzo il carbone occorrerebbe un mix energetico di produzione che utilizzi varie fonti e che venga ottimizzato a seconda dei costi di produzione.
-Non dico che l’energie rinnovabili sono balle ma che non rappresentano la soluzione unica su cui puntare e che rivoluzionerà il mondo. Le fonti fossili finiranno nell’anno XXXX che al momento si sta allontanando, per il momento cercherei di sfruttarle meglio, ad esempio lavorerei sul fatto che vado a prendere il petrolio dall’altra parte del mondo e poi l’utilizzo con motori a scarsissima efficienza. Va bene il problema del futuro che dici te ma non dimenticherei il problema del presente ed il costo dell’energia italiana è non competitivo.
A presto e grazie del commento