Ricevo dall’amico Luigi Iafrate il comunicato stampa e la locandina di questo evento. Trovate tutto di seguito.
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Il CRA-RPS, ossia il Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo, uno dei Centri del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (ente posto sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali), in collaborazione con Federchimica – Assofertilizzanti (Associazione Nazionale Produttori di Fertilizzanti) presentano, a Roma, un interessante Seminario dal titolo “Fertilità del suolo e Fertilizzanti”. L’incontro è fissato per il prossimo 14 dicembre e la sede è la prestigiosa Biblioteca Storica del Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo, all’interno della Villa Celimontana, un sito ricco di vestigia del passato, sia d’epoca romana e medievale.
Meglio noto con l’acronimo CRA-RPS, il Centro compie studi e ricerche all’avanguardia sulle basi chimiche, biochimiche, fisiologiche, genetiche, agronomiche e climatiche delle relazioni/interazioni tra pianta, suolo ed atmosfera. In parole più semplici, studia i complessi meccanismi della nutrizione, sia idrica che minerale (attraverso l’azoto, il fosforo, il potassio, il magnesio, il rame, il ferro, ecc.), e della la crescita delle piante coltivate, in stretta relazione con le principali grandezze meteo-climatiche, quali la temperatura, l’umidità, le precipitazioni, la radiazione solare, e le relative variazioni.
È all’illustrazione dei principali risultati conseguiti dal Centro, in un settore ben specifico della nutrizione vegetale che il Seminario “Fertilità del suolo e Fertilizzanti” rivolge il proprio obiettivo. L’evento mira invero a dare visibilità ai risultati scientifici fondamentali acquisiti dal CRA-RPS, nel corso dei suoi 141 anni di attività istituzionale in quello che risulta essere il proprio settore di ricerca trainante: la fertilità del terreno ed i concimi. In particolare, il Seminario si pone l’obiettivo di ripercorrere la storia dell’attività ultracentenaria del Centro in materia di caratterizzazione, valorizzazione e razionalizzazione dell’uso dei fertilizzanti, sia tradizionali che di nuova concezione, nonché di sviluppo di metodologie analitiche innovative e studio di strategie per il mantenimento e l’ottimizzazione della fertilità del suolo.
Abbinata al Seminario è una Mostra di libri antichi e rari volta a documentare sul terreno storico le principali conquiste scientifiche illustrate (trattate). Il Percorso bibliografico intende promuovere e valorizzare sia le maggiori pubblicazioni storiche prodotte dal Centro, in tema di fertilità del terreno e concimi, che le altre opere antiche fondamentali sull’argomento, possedute dalla sua Biblioteca.
La partecipazione al Seminario ed alla Mostra è gratuita. Per il programma dettagliato dell’evento si rimanda alla brochure qui allegata. Coloro che desiderassero ulteriori informazioni sul Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA) e sul Centro di Ricerca per lo Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (RPS), nonché su altri eventi scientifici e culturali in programma, sono invitati a consultare i siti: www.entecra.it e http://rps.entecra.it/
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Sarebbe molto interessante avere una valutazione storica dei risultati della scienza agricola nei secoli, nel senso di quanti milioni di persone abbia potuto sfamare ogni tipo di agricoltura, a cominciare dalle tecniche più antiche, fino a quelle più moderne.
Quante bocche poteva sfamare la zappa, e quante un moderno trattore, e quanto più prodotto permettano le varie tecniche.
Credo che manchi, nel mondo, un’idea generalizzata dei meriti delle tecnologie agricole. Vedo infatti troppi rimpiangere i tempi della zappa, senza rendersi conto che con quella non si sarebbe potuto sfamare la popolazione attuale.
Anche perché pochi (forse nessuno) di quelli che la rimpiangono hanno usato la zappa e, quindi, non si rendono conto di che cosa significhi coltivare manualmente un appezzamento di terreno che non sia un orticello di pochi metri quadrati. 🙂
Ciao, Donato.
Il tema segnalato è di interesse enorme e meriterebbe ben altro spazio rispetto a quello offerto da un breve commento. pertanto, visto anche il tema del post, mi limito qui ad alcune considerazioni generali legate nello specifico ai fertilizzanti di sintesi, rispetto ai quali dobbiamo una quota significativa degli incrementi produttivi che hanno portate le principali colture (mais, riso, frumento) ad aumentare le loro rese dal 1900 ad oggi di 5-6 volte a fronte di una popolazione mondiale aumentata di circa 4 volte, consentendo così di vanificare (almeno per ora) le fosche profezie maltusiane (la percentuale della popolazione mondiale che soffre di problemi di sottonutrizione è passata in termini relativi dal 24% del 1970 al 14% del 2010. In termini assoluti si è invece passati dagli 880 milioni di sottonutriti del 1970 ai 925 milioni del 2010)*.
L’incremento di rese che ha interessato l’agricoltura mondiale nel 20° secolo è frutto della rilevantissima innovazione tecnologica che ha interessato il settore agricolo coinvolgendo in particolare la genetica (nuove varietà vegetali e nuove razze di bestiame assai più produttive e di qualità di gran lunga superiore a quelle precedenti) e le agrotecniche (lavorazioni, concimazioni, diserbi, interventi fitosanitari, tecniche di raccolta, lavorazione e conservazione dei prodotti, tecniche di allevamento del bestiame, ecc.).
Una delle maggiori limitazioni alla produttività in agricoltura, evidenziata alla metà dell’800 dai ricercatori inglesi Lawes e Gilbert che seguivano la strada aperta da Giusto Liebig e che lavoravano nella stazione sperimentale di Rothamsted, è quella legata alla nutrizione azotata (per inciso su questi aspetti storici l’amico Luigi Jafrate ha tantissime frecce al proprio arco per cui lo prego, se lo ritiene utile, di correggermi).
Le colture necessitano di azoto per produrre proteine e da ciò discende che la carenza di tale nutriente si traduca in cali della produzione e della qualità (ad esempio nel grano duro per l’industria pastaria la qualità è strettamente legata al contenuto in proteine della granella).
Paradossalmente le piante hanno le loro chiome immerse in un fiume d’azoto (il 78% in volume dell’atmosfera è costituita da azoto molecolare) e tuttavia non lo possono di norma utilizzare. Da ciò deriva che l’industria chimica dei concimi azotati è benemerita perché ha consentito di superare una delle principali limitazioni alla produttività agricola. In proposito ricordo che l’Urea fu la prima molecola organica di sintesi (Friedrich Wòhler, 1828) e che il processo Haber – Bosch per la sintesi di ammoniaca a partire dall’azoto atmosferico fu sviluppato da Fritz Haber in collaborazione con Robert Le Rossignol nel 1909.
Non è tuttavia sufficiente apportare più azoto per incrementare e migliorare qualitativamente la produzione. Occorrono anche varietà in grado di utilizzare l’apporto azotato derivante dai concimi di sintesi senza presentare conseguenze negative. Ad esempio le vecchie varietà di frumento in presenza di elevate dosi d’azoto tendono ad allettare e cioè ad adagiarsi sul terreno con gravi danni alla produzione. Per superare tale limitazione un ruolo chiave è stato svolto dalla genetica (due nomi per tutti: il nostro Strampelli e l’americano Norman Borlaug, Nobel per la pace nel 1970) che ha selezionato varietà a taglia bassa, assai meno soggette all’allettamento e, per di più, con percentuale più alta di prodotto utile (più granella e meno paglia).
Nel caso dell’azoto il ruolo delle tecniche colturali è cruciale e si sostanzia ad esempio nella somministrazione del concime chimicamente adeguate e nei momenti in cui è veramente utile alla coltura (all’inizio della levata nel caso dei cereali vernini). Scrivo questo poiché, nonostante l’introduzione di varietà adatte a valorizzare dosi consistenti di azoto, l’abuso dei fertilizzanti azotati rappresenta ancor oggi è un problema con gravi risvolti economici ed ecologici. Pertanto è importante promuovere l’uso razionale dei fertilizzanti, diffondendone l’impiego nelle aree del pianeta (es: Africa, vaste zone dell’Asia) ove il loro utilizzo è ancora troppo modesto e razionalizzandone l’uso altrove.
(*) elaborazioni su dati di sottonutrizione della FAO (www.fao.org/docrep/012/al390e/al390e00.pdf) e su dati demografici dell’US Census Bureau (http://www.census.gov/ipc/www/idb/worldpopinfo.php)