Lo sappiamo, non è una novità . Negli ultimi decenni i nostri amati tetti di casa sono stati oggetto di intensi studi. In questo caso non parliamo di studi strutturali, bensì del colore dei nostri tetti. E di colore ne hanno visto parecchio, dal classico rosso mattone o ocra, ai più moderni blu cielo e verde.
Questi ultimi in particolare sono stati frutto di ragionamenti sull’eco-compatibilità e il risparmio energetico. L’ultimo in ordine cronologico è il colore verde, meglio se ottenuto seminando un bosco in cima ai grattacieli. Il che sarebbe anche magnifico, almeno per il sottoscritto in quanto amante delle piante, in particolare quelle ad alto fusto. L’excursus cromatico, tuttavia, non è terminato qui, infatti è di poche ore fa l’ennesimo annuncio che ci suggerisce un nuovo colore per rendere i nostri tetti schermati e schermanti rispetto alla radiazione solare. Già , il problema sta tutto lì (e noi ne abbiamo parlato spesso, anzi abbiamo in cantiere addirittura un esperimento): nelle città si cuoce e non a fuoco lento, anzi. Questo è un dato incontrovertibile, tant’è che il problema delle isole urbane di calore è universalmente accettato.
L’utilità di aumentare l’albedo cittadina (in poche parole la capacità del suolo di riflettere la luce solare) è proprio quella di impedire l’assorbimento del calore proveniente dal Sole, da parte di muri e strade, calore che poi impietosamente ci viene restituito nel corso della giornata e in particolare modo la notte, quando tutti vorrebbero dormire sereni.
Dunque veniamo al nuovo colore della saga: il bianco. A proporlo non è un regista visionario come Krzysztof KieÅ›lowski (lui sì che ha saputo fare qualcosa di utile con “Trois couleurs: Blanc”), bensì il premio nobel per la fisica Steven Chu, attuale segretario per l’Energia presso l’amministrazione Obama. Chu propone di colorare di bianco i tetti, le strade e i marciapiedi. Questo perchè il bianco riflette molto la luce solare e quindi farebbe risparmiare un quantità immane di energia elettrica che, altrimenti, utilizzeremmo per il condizionamento di abitazioni e uffici. E’ stato fatto, addirittura, un calcolo: se cambiassimo il colore alle 100 principali città del pianeta eviteremmo di emettere in atmosfera 44 miliardi di tonnellate di CO2, in pratica l’equivalente di quanto emetteremo nel prossimo decennio.
Insospettito da alcune coincidenze di numeri (si legga qui, Guido Guidi sullo stesso argomento mesi fa), scopriamo che il premio Nobel per la fisica Steven Chu altro non ha fatto che rispolverare il vecchio studio condotto dal Dott. Rosenfeld presso il Lawrence Berkeley National Laboratory in California (tra l’altro l’anno scorso Chu ne era il direttore).
Quindi pitturiamo tutto di bianco? Certo, ma prima di correre in ferramenta, vorrei mostrarvi il numero che rappresenta l’apporto in termini di raffreddamento (o non riscaldamento), posto che il vostro tetto sia di circa 100 metri quadrati (i calcoli ve li risparmio per questa volta):
0,000000000001 °C
Qualcuno ora mi dirà che si tratta di dipingere tutte le città , ovvero una superficie pari a circa l’uno per cento della superficie complessiva del nostro pianeta. Bene, allora armiamoci di pennello, di lavoro ce n’è davvero tanto!
Condivido l’intervento di Marcus. Sono appena tornato dalla Danimarca, lì molti tetti sono di un bel nero lucido nelle case moderne e l’unico motivo che mi è venuto in mente è che fosse per risparmiare energia nel riscaldamento. Si dovrebbero analizzare i bilanci energetici caso per caso, direi quasi abitazione per abitazione. Ancora una volta, soluzioni locali e non globali.
siamo sempre in attesa dei calcoli.
personalmente io, a mano, non saprei da che parte cominciare, a meno di fare ipotesi molto semplificatorie sulla geometria dell’edificio, su quanto conduce, su che giorno dell’anno si sceglie, a quale latitudine ecc. ecc.
Arrivano arrivano, non sia impaziente. Ovviamente si tratta di conti che contengono semplificazioni.
Abbiamo tutti in mente le bianche città greche, pugliesi e del nostro sud. La ragione è ovvia quindi. Ci sarebbe semmai da chiedersi se d’inverno molti stati non debbano poi affrettarsi a ridipingere tutto di nero per risparmiare anche il metano 😀
o piuttosto ci sarebbe da calcolare quanto inquinamento produrrebbe tutta la vernice consumata ogni anno per dipingere e ridipingere…quanta Co2?
Non ho fatto dei calcoli, ma io l’ho capita come se quello fosse il contributo di diminuizione di temperatura globale dato da un singolo individuo che cambi in bianco un tetto di 100m^2. E’ cosi’?
Se poi oltre a fare i tetti bianchi li copriamo di pannelli solari, anzicchè rimandare indietro al mittente i 600 W di Georgiadis li trasformiamo (in parte) in energia elettrica 😉
Prometto che appena riesco a ritagliare 5 minuti dettaglio i calcoli.
Giuro che poi non rompo piu’ ma ‘devo’ darvi i miei soliti riferimenti bibliografici:
Energy and Buildings Volume: 25, Issue: 2, 1997 Special issue on urban heat islands and cool communities.
Un po’ datato ma sempre utile.
Per oggi basta davvero
teo
Sono riuscito a ritrovare in una tesi del Politecnico di Milano (Armani, Comi, Farina,VI Fac. Ing. Edile, 2007) il riferimento alla normativa tetti freddi ASHRAE standard 90.1
Inoltre, in Simpson e McPherson (1997, Energy and Buildings)viene riportato che la differenza in carico di raffreddamento tra un tetto ‘silver’ ed uno bianco riduce il peak electrical use del 5%.
Che mi sembrano numerini un po’ piu’ attraenti 🙂
I 0,000000000001 °C di Gravina immagino siano riferiti al fattore di raffreddamento complessivo sulla temperatura interna dell’edificio (che comunque mi sembrano pochini, confesso).
Questo e’ dovuto al fatto che oggi le moderne tecniche edilizie permettono con camere, doppie camere, ecc. di ridurre gli scambi a veramente poca cosa nei due sensi (Gravina dimmi se sbaglio nel ragionamento).
I “white roofs”, cosi’ come i “green”, avrebbero pero’ il vantaggio di giocare sul bilancio radiativo retroriflettendo l’onda corta e se si fa una ipotesi di 800 W in ingresso un bel bianco da tetto 600 W me li rispara indietro. Insomma un bel taglio al bilancio di radiazione e non averli piu’ proprio li’, a giocarmi sull’onda lunga, l’ambiente locale me lo migliorano non poco.
Per le autovetture c’e’ un articolo recente molto interessante di Grundstein et al (Int J Biometeorol, 2009) che fa il percorso inverso ovvero valuta le temperature in cabina per diverse condizioni meteorologiche. Del 2005 uno studio di come moderate condizioni meteo possano produrre crescite significative in cabina e’ di McLaren et al. su Pediatrics.
Gia’ sono quasi tutti lavori nel settore medico-pediatrico perche’ il problema maggiore e’ generato dal dimenticarsi i figli in auto quando si va al lavoro, e malelingue dicono chi i fisici sono i piu’ soggetti a questo effetto (purtroppo qualche anno fa si verifico’ proprio uno di questi casi).
Molto meglio il fotovoltaico a silicio amorfo su tetto ventilato, in estate in pianura padana si dice che abbassi la T nell’edificio di 5°C, questo si che è un notevole risparmio anche nella climatizzazione se presente.
E’ veramente così basso? :-O
Ricordo di vecchi esperimenti (di certo poco rigorosi) fatti sulle automobili (che ovviamente, lo dico prima ;-), non sono paragonabili agli edifici) e tra una vettura “bianca” e una “nera” (ovvero gli estremi della scala cromatica) si parlava di gradi di differenza: 2-3 tipicamente nel pieno sole estivo a seconda del modello.