Negli anni ormai lontani dei miei studi universitari imparai due lezioni molto importanti di cui ancora oggi sono grato ai miei vecchi professori. La prima riguarda le misurazioni e gli errori nelle misurazioni. Mi fu insegnato che la misurazione non è mai precisa, ma sempre affetta da errori (sistematici e/o accidentali). A meno che, come amava dire il compianto prof. E. Vitelli, l’Arcangelo Gabriele, mosso a compassione, non venisse a suggerirci il valore esatto della misura.
L’altra lezione riguardava lo scopo stesso dell’istruzione universitaria ad indirizzo scientifico. Il prof. M. Pagano, in proposito, amava dire che il suo compito era quello di creare, nella nostra mente, una rete a maglie quadre costituita da fili all’incrocio dei quali vi era un campanellino il cui scopo era quello di tintinnare quando qualcosa non quadrava. Uno di questi campanelli tintinnò nell’aprile del 2009 durante la lettura di un articolo pubblicato sul n° 488 di “Le Scienze”:
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La discontinuità del 1945
La curva delle temperature globali degli ultimi 150 anni presentava un picco inspiegabile intorno al 1940. Analizzando i dati si è scoperto che era dovuto a una discontinuità nei rilevamenti delle temperature marine.
Di Antonio Zecca e Luca Chiari
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In quel momento il tarlo del dubbio si insinuò nella mia mente e, da allora, cominciai ad interessarmi al global warming e a tutto il dibattito che lo accompagna. Girovagando sul web mi sono imbattuto nei vari siti che si occupano della questione e, nel 2010, in Climate Monitor. Da allora ho messo le tende qui.
Riporto, per introdurre l’argomento, l’abstract dell’articolo di “Le Scienze”:
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Tra 1940 e 1945, la serie delle temperature medie globali superficiali mostra un periodo caldo che non è riconducibile alle emissioni antropogeniche di gas serra. In passato sono state proposte diverse spiegazioni ma nessuna ha soddisfatto i climatologi. Ora si è scoperto che all’origine dell’improvvisa riduzione termica del 1945 c’è una transizione nelle tecniche strumentali di misura delle temperature oceaniche avvenuta al termine del secondo conflitto mondiale. Questa transizione spiega l’anomalia e dopo le necessarie correzioni, le conoscenze relative all’entità, rapidità e origine del riscaldamento globale non dovranno essere riviste.
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L’articolo di “Le Scienze” riprendeva, tra gli altri, un articolo di David W. J. Thompson et al. pubblicato su Nature nel 2008:
A large discontinuity in the mid-twentieth century in observed global-mean surface temperature
In questo articolo Thompson et al. sviluppano una serie di considerazioni che, in linea di principio, sono piuttosto logiche. Le serie storiche delle temperature della superficie del mare dimostrano che, a partire dal 1910, si è verificato un aumento delle temperature superficiali degli oceani. Ciò che stona, in questo periodo, riguarda il brusco calo delle temperature verificatosi nel 1945. Esso è stato pari a 0,3°C in soli sei mesi, cioè il 40% dell’incremento di temperatura registrato fino a quel momento. A questa conclusione Thompson et al. giunsero dopo aver depurato i dati grezzi della variabilità naturale, costituita essenzialmente da ENSO e COWL (avvezione di aria fredda nell’Oceano Atlantico settentrionale conosciuta anche come Cold Ocean Warm Land), mediante opportuni algoritmi di filtraggio.
Le figure allegate al PDF e, purtroppo, non riproducibili sono estremamente eloquenti in merito ai risultati del lavoro effettuato dagli studiosi e sarebbe consigliabile dar loro un’occhiata. E’ evidente, in particolare, il brusco gradino in corrispondenza del 1945. Tale gradino, ovviamente, non trova alcuna giustificazione “antropica” nel senso che è del tutto incompatibile con l’ipotesi dell’aumento antropogenico delle temperature globali. Esso, inoltre, non è giustificato da cause naturali (eruzioni vulcaniche, per esempio) o artificiali (bombe nucleari sganciate in Giappone nell’agosto del 1945). L’unica spiegazione, a giudizio degli autori, deve essere ricercata in errori di tipo sistematico nella esecuzione delle misure. Confrontando le fonti delle misurazioni, essi hanno scoperto che, fino al 1910, le misurazioni delle temperature della superficie del mare erano effettuate quasi esclusivamente dalla marina inglese mediante l’uso di secchi (in legno e tela), non isolati. Successivamente le misurazioni cominciarono ad essere eseguite anche dalla marina statunitense. Durante il periodo bellico le misure furono eseguite quasi esclusivamente dalle navi battenti bandiera degli USA. I metodi di misura delle temperature utilizzati su queste navi, però, erano diversi da quelli utilizzati dagli inglesi. Almeno così si presume. Chi si è occupato della questione sostiene che, durante il periodo bellico, l’utilizzo dei secchi fu evitato in quanto, di notte, le misurazioni avrebbero avuto bisogno di illuminazione per la lettura dei dati. Ciò, in guerra, poteva costituire un grave pericolo per evitare il quale si fece ricorso al prelievo di campioni d’acqua sulle condotte di aspirazione dell’acqua di raffreddamento dei motori direttamente nelle sale macchine delle navi. Le misure effettuate in sala macchine erano, secondo Thompson ed al., affette da un errore sistematico che sopravvalutava le temperature, mentre quelle effettuate con i secchi non isolati, da un errore sistematico di segno opposto e, quindi, sottovalutavano le temperature. Nel periodo pre-bellico i due tipi di errori grossomodo si compensavano, durante la guerra, invece, la nettissima prevalenza delle misurazioni statunitensi (80% circa del totale) determinò una netta sopravvalutazione delle SST a causa degli errori sistematici insiti nella metodologia di misura. Dopo il conflitto le navi inglesi ricominciarono ad effettuare le misurazioni, anzi, esse divennero prevalenti rispetto a quelle eseguite dalle navi nord-americane. A questo punto prese il sopravvento il bias opposto: le misure affette da un errore sistematico che sottovalutava le temperature determinarono un artificioso raffreddamento delle acque marine superficiali addirittura maggiore di quello determinato dall’eruzione del Pinatubo nel 1991. Apportando le opportune correzioni alle misurazioni grezze, pertanto, questo vulnus poteva essere risolto. Ciò è stato fatto dai gestori dei vari data-set (Hadley Center per HadSST e NOAA per ICOADS). I risultati, in termini di temperature globali, sono consegnati nel grafico seguente.
Il problema della misura delle SST mediante secchi, in realtà, non era nuovo. Fin dal 1984, infatti, Folland ed altri ricercatori si erano resi conto che la misura delle SST con secchi non isolati era affetta da un errore sistematico che sottovalutava le temperature. Essi individuarono, per le misurazioni eseguite con i secchi, un fattore correttivo (positivo) pari a 0,3°C. Tale coefficiente correttivo fu applicato a tutte le misurazioni eseguite fino al 1940. Dal 1940 al 31/12/1941 il coefficiente fu di 0,25°C. Dopo il 1941 non fu applicata alcuna correzione (cfr. Folland, C. K. & Parker, D. E.: Correction of instrumental biases in historical sea surface temperature data. Q. J. R. Meteorol. Soc. 121, 319–367 (1995)).
Questo metodo di compensazione dell’errore sistematico elaborato da Folland et al. non è esente da critiche. S.McIntyre, in particolare, ne esprime alcune che, personalmente, mi sento di condividere.
La prima riguarda la brusca interruzione delle correzioni al 31/12/1941 che equivale a dire che, nel giro di una notte, tutte le misurazioni con i secchi furono abbandonate e tutte le misurazioni cominciarono ad essere eseguite aspirando l’acqua marina dai condensatori nelle sale macchine. In realtà, sottolinea McIntyre, i secchi furono utilizzati anche dopo il 31/12/1941 e fino agli anni ’60/’70 del 20° secolo. Anzi fino al 1970 i secchi coprivano il 90% di tutte le misurazioni (cfr. Kent et al. 2007). Secondo McIntyre, pertanto, la correzione doveva essere apportata anche ai valori delle misurazioni eseguite dopo il 31/12/1941 e fino al 1970. Per McIntyre, perciò, il metodo di correzione utilizzato non è fondato su basi statistiche valide, ma su assunzioni a priori non condivisibili.
McIntyre, in ultima analisi, sostiene che la correzione doveva riguardare tutte le temperature fino al 1970 (nella percentuale del 90%) e solo a partire dal 1970 il coefficiente di correzione doveva essere gradualmente diminuito fino ad azzerarsi intorno al 1990. In tal modo il grafico di tali temperature non presenterebbe discontinuità intorno al 1940/1945. Egli sostiene che, in tali ipotesi, il grafico delle SST nel corso del 1900 dovrebbe essere quello indicato in rosso nella figura seguente.
Dall’esame di tale grafico (ovviamente non soggetto a revisione paritaria e tratto da un post su Climate Audit) si può facilmente intuire che la maggior parte del riscaldamento globale che oggi lamentiamo si è avuto nel periodo 1910-1950 quando la concentrazione di CO2 era minore di quella attuale. In tale ottica, pertanto, l’affermazione di Zecca e Chiari: “Questa transizione spiega l’anomalia e dopo le necessarie correzioni, le conoscenze relative all’entità, rapidità e origine del riscaldamento globale non dovranno essere riviste” appare piuttosto debole. Ciò che emerge in modo lampante da tutto quanto scritto fino ad ora, infatti, è una forte incertezza nei valori relativi alle SST e, in ultima analisi, nei valori delle temperature globali.
La conferma di queste incertezze possiamo trovarla in un recente lavoro a firma di V. Gouretski et al. pubblicato su G.R.L. Vol. 39.
Consistent near-surface ocean warming since 1900 in two largely independent observing networks
Gli autori, sulla base dei risultati ottenuti da due reti di misurazioni indipendenti, hanno potuto accertare che l’andamento delle temperature oceaniche (di superficie e nello strato compreso tra 0 e 400 m), nel corso del 20° secolo, è stato caratterizzato da tre periodi: un aumento piuttosto pronunciato tra il 1900 ed il 1940/45; una leggerissima diminuzione tra il 1945 ed il 1970 e, infine, un aumento dal 1970 al 2000 (circa). Come si può vedere anche dai grafici seguenti tratti dallo studio di Gouretski et al.:
A proposito del grafico si consiglia a chi è interessato di visionarlo alla fonte citata in quanto nel trasporlo nel testo di questo post si verificano delle deformazioni che ne pregiudicano la leggibilità.
Altro aspetto piuttosto interessante del lavoro di Gouretski et al. è rappresentato da alcune considerazioni sui coefficienti correttivi delle SST applicati alle misurazioni eseguite con i secchi ed a quelle effettuate nelle sale motori. Il coefficiente correttivo ha un margine di incertezza che gli autori stimano in 0,1°C. Si tratta di un margine enorme, pari alla variabilità naturale della temperatura. Altra fonte di incertezza riguarda la disomogeneità ed irregolarità dei record di dati relativi alle SST. Queste distorsioni nelle misurazioni delle SST rappresentano, infine, le maggiori incertezze nella stima del cambiamento delle temperature medie globali (Jones e Wigley, 2010).
Altro dato piuttosto sorprendente che emerge dalla lettura delle conclusioni del paper, riguarda l’andamento delle SST nell’ultimo secolo: è vero che sono aumentate, ma grandi regioni degli oceani si sono raffreddate a partire dal 1990. Nel Pacifico tropicale orientale il raffreddamento è associato ai frequenti episodi de “La Niña” succedutisi negli ultimi dieci anni. La causa del raffreddamento dell’Oceano Antartico, invece, rimane sconosciuta.
Tutto ciò continua a far tintinnare i maledetti campanellini che affollano la mia mente ed il tintinnio è tale da non farmi dormire sonni tranquilli. In altre parole ancora oggi, dopo oltre tre anni da quel fatidico aprile del 2009, i dubbi e le incertezze che mi assalirono circa la correttezza delle procedure di compensazione dei dati delle SST, permangono immutati. Posso dire che, a distanza di oltre tre anni, ho accettato l’idea che il famigerato “panettone” nel grafico delle SST nel periodo 1940-1945 sia stato, con molta probabilità, un fatto artificioso connesso alle metodiche di misurazione. Nell’approfondire le questioni, però, sono emersi dubbi ancora più forti che riguardano l’intero sistema di misurazione delle SST e che trovano conferma anche in lavori scientifici soggetti a revisione paritaria.
Sono completamente d’accordo con te.
Ciao, Donato.
p.s.: La risposta è riferita al commento di F. Giudici, solo che mi è “scappata” in forma di commento. 🙂
Ciao, Donato.
“E’ proprio questa la forza del metodo scientifico: riesce prima o poi a correggere gli errori fatti precedentemente. ”
Attenzione a non usare questa frase, che è vera, in forma di sofisma. A volte la correzione è semplicemente un raffinamento, come la meccanica relativistica o quantistica per la classica, la quale però non è contraddetta nel contesto in cui era stata formulata. Oggi non diremmo che la meccanica classica è “sbagliata”, perché le sue equazioni sono ancora validissime in molti casi pratici. Altre volte la correzione mostra un vero e proprio errore e la vecchia teoria viene considerata proprio sbagliata. Ad oggi nessun modello AGW è stato in grado di fare previsioni efficaci, tant’è che è una corsa alle correzioni ex post man mano che escono nuovi dati. Può darsi che tra qualche decennio ci sarà un modello che spiega i dati, prevede correttamente il futuro e dimostra l’AGW. Oppure può essere che dimostri che l’AGW è una frottola. A meno che qualcuno non abbia la palla di cristallo, ad oggi non si può prevedere nessuno dei due esiti.
Caro Antonio Zecca, la ringrazio per l’attenzione e, soprattutto, per aver suscitato, con il suo articolo pubblicato da “Le Scienze” nel 2009, quella curiosità che mi ha portato a indagare su di un mondo che, fino a quel momento, mi era indifferente o, per essere più precisi, mi interessava molto relativamente.
Ciò che nel suo commento mi ha un po’ meravigliato, però, è stato il riferimento alla “scienza ufficiale”. Il tono, potrei sbagliarmi e se mi sbaglio me ne scuso in anticipo, sembrerebbe adombrare una contrapposizione che, per quel che mi riguarda, non esiste. Io cerco, attraverso la scienza, di comprendere dei problemi che ancora non ho compreso. La suddivisione tra scienza “ufficiale” e “non ufficiale” non mi interessa. Anche perché, secondo il mio modesto parere, si tratta di una suddivisione artificiosa in quanto la scienza è una sola. Per fare un esempio io non condivido la suddivisione tra medicina “ufficiale” ed “alternativa”: la medicina è una sola, quella che si definisce alternativa, per quel che mi riguarda, non è medicina. Il mio scetticismo si riferisce ad alcune conclusioni cui sono giunti gli scienziati e non a tutto il loro lavoro. Convengo con lei che il fatto che la scienza corregga i suoi errori è positivo, anzi rappresenta il “core” del metodo scientifico e, per quel che mi riguarda, distingue la scienza dalla stregoneria. Se vi è un errore, ben venga la correzione.
Fatta questa doverosa premessa, passo ad analizzare alcuni dei suoi spunti di riflessione.
In merito alle temperature terrestri su questo blog se ne discute da sempre. Personalmente ho seguito, ed apprezzato, il progetto BEST di Muller et al.. Contemporaneamente, però, non sono indifferente alle critiche che altri scienziati, non ciarlatani, rivolgono alle conclusioni del progetto. In altri termini io sono convinto che le temperature terrestri siano aumentate nell’ultimo secolo. Ciò che mi convince meno è la causa. Questo, però, ne converrà, è un altro discorso.
Uno dei motivi che mi rendono poco convinto in merito alle cause ESCLUSIVAMENTE antropiche del riscaldamento globale, per esempio, è la circostanza che gran parte dell’incremento delle temperature del 20° secolo si è verificato nel periodo 1900-1940. Successivamente si è verificata una stasi o una variazione del trend o un raffreddamento, chiamiamola come vogliamo, ma qualcosa è successo nel sistema.
Come lei giustamente nota, nel grafico di McIntyre il raffreddamento delle SST nel periodo 1940-1975, addirittura sparisce. La sparizione del raffreddamento, però, trova giustificazione, secondo McIntyre, in un errore nell’omogeneizzazione delle SST. Potrebbe trattarsi di un ulteriore errore da correggere. Se è così ben venga la correzione.
Anche questa correzione, però, lascerebbe insoluto il problema di fondo: perchè il trend di aumento delle temperature nel periodo 1900-1940 sia maggiore di quello nei periodi successivi. Nei primi quarant’anni del 20° secolo, infatti, abbiamo avuto un aumento delle temperature di 0,5°C circa, nei successivi 70 anni (considerando anche il primo decennio del 21° secolo) di soli 0,4°C circa (fig. 1). La figura 3/a, in merito, è ancora più impietosa. Io mi chiedo perchè vi sia stata questa variazione del trend di aumento delle temperature globali e delle SST pur in presenza di un trend di aumento della concentrazione di CO2 atmosferico. Lei mi suggerisce l’ipotesi dei solfati e del meccanismo antagonista solfati->CO2. La ringrazio, ma nella risposta al commento di F. Zavatti al mio articolo, già ho avuto modo di esporre le mie idee in proposito: potrebbe essere una spiegazione per il raffreddamento immediato (se realmente c’è stato), ma spiegherebbe poco il trend di lungo periodo e non spiegherebbe affatto quello del periodo precedente. Anche in precedenza, infatti, esistevano gli scarichi industriali e le emissioni di SOx, però, le temperature salivano. Se poi teniamo conto dell’incertezza nelle misurazioni delle SST di 0,1°C, come suggeriscono Gouretski et al. 2012, la questione si complica ulteriormente.
Come vede le curiosità esistono già, indipendentemente dalle sue sollecitazioni che, comunque, sono le benvenute. E’ nel tentativo di rispondere a queste domande in un modo per me logicamente accettabile (senza che i campanelli continuino a suonare) e non nel desiderio di contestare gli scienziati, che io passo molte ore della notte a spulciare pubblicazioni scientifiche, comunicazioni stampa e via cantando.
Ed, infine, vorrei farle una confidenza: se ora, in questo istante, riuscissi a trovare una spiegazione convincente a tutti i mie dubbi in campo climatologico, ne sarei felice in quanto smetterei di consumarmi su questi temi e potrei rivolgere altrove i miei interessi.
Sperando di essere riuscito a chiarire il mio punto di vista, la saluto con cordialità e stima.
Donato Barone
Caro Donato Barone,
Leggo ora la sua replica e mi farebbe piacere mandarle un ulteriore commento: ma dato che si tratterebbe di un confronto di idee a due distrarrebbe tutti gli altri lettori del sito. Se la cosa non la disturba, mi mandi un suo inidrizzo mail diretto: le ruberò pochissimo tempo.
Antonio Zecca
Antonio, ci ho pensato io. E’ meglio non mettere indirizzi mail personali nei commenti, lo spam è sempre in agguato.
gg
Caro donato barone, è utile che lei porti all’ attenzione del suo pubblico un ulteriore caso in cui la “scienza ufficiale” si è corretta (il processo di correzione è ancora in corso). E’ proprio questa la forza del metodo scientifico: riesce prima o poi a correggere gli errori fatti precedentemente. In questo consiste anche la potenza della “scienza ufficiale”: è così che la scienza è utile a tutti, quelli di oggi, quelli di ieri e quelli di domani; e anche a tutti i regimi politici. Le malversazioni di Stalin per esempio, sono state piallate dal tempo.
Vorremmo che nel prossimo futuro lei proponesse qualcosa che includa nel discorso anche le temperature misurate dagli osservatori terrestri – che contribuiscono alle nostre conoscenze in maniera maggioritaria.
Sarebbe utile anche che lei attivasse ancora un paio di “campanelli”. Tutti i lettori possono riguardare la fig 1, dove la curva nera rappresenta i dati globali dopo la correzione. La decrescita delle temperature negli anni 1945-1975 è un po’ più piccola di quella nei dati non corretti e l’ impressione che tutti possono trarre è che la tendenza al riscaldamento negli ultimi 100 o 150 anni è ancora più evidente. Anche la curva di McIntire (rossa in fig. 2) mette in migliore evidenza la tendenza al riscaldamento. Riguardatevi ora la terza figura che è di difficile lettura; ma limitatevi al pannello superiore e anche da quello vi convincerete che nell’ ultimo secolo la tendenza della temperatura è stata a salire: questo lo possiamo affermare anche se la figura a) si riferisce alle sole temperature marine. A distanza di tre anni, viene confermata quindi la stima che noi avevamo fatto per Le Scienze nel 2009: dopo le necessarie correzioni, le conoscenze relative all’entità, rapidità e origine del riscaldamento globale non dovranno essere riviste.
Ma le figure 1 e 3 dovrebbero far suonare altri campanelli: diciamo meglio che dovrebbero stimolare la curiosità dei lettori. Dunque sembra confermato il fatto che nel periodo dal 1945 al 1975 le temperature medie globali sono state in (leggera) discesa. E allora la domanda è: cosa è successo? Nel mondo scientifico c’ è la convinzione che questo periodo di raffreddamento (o di rallentato riscaldamento) sia collegato solo in maniera indiretta alle attività umane. Vi lasciamo solo un indizio. Le combustioni (tutte) producono CO2 e simultaneamente SO2 . Ma questa ultima (anidride solforosa) produce aerosols e questi hanno un effetto raffreddante sul pianeta ….. Incuriositi? Il seguito a un’ altra puntata.
@ Zecca
ma per cortesia Zecca vuol venire a raccontare a noi la favoletta dei solfati raffreddanti.www.climatemonitor.it/?p=26991
E’ evidente che non ci legge!
Scrive A. Zecca
“Dunque sembra confermato il fatto che nel periodo dal 1945 al 1975 le temperature medie globali sono state in (leggera) discesa. E allora la domanda è: cosa è successo?”
Già, cosa è successo? E’ successo che “la scienza ufficiale” (ovvero: “le opinioni del mainstream scientifico”) quando se n’è accorta, ha prima lanciato un accorato allarme sull’imminente arrivo dell’era glaciale, immancabilmente antropica e catastrofica. Poi, stante la ripresa del trend, magari con l’aiutino, ha lanciato un nuovo e disperato: “contrordine compagni! Farà sempre più caldo e siccome le cose spesso non evolvono come i modelli predicono, farà anche più freddo, più secco e più bagnato…” (AKA: Climate disruption) Del resto è sotto gli occhi di tutti che non ci sono più le mezzestagioni!
Sono d’accordo che “E’ proprio questa la forza del metodo scientifico che riesce prima o poi a correggere gli errori fatti precedentemente” . Già ma… Errori fatti da chi se non proprio da questa scienza (con la Esse minuscola) ufficiale?
Maurizio, credo che sbagliare sia umano. L’importante è che ci si accorga dell’errore e lo si corregga. Gli scienziati, secondo me, sono portati più di altri a sbagliare per il semplice fatto che operano al confine tra il noto e l’ignoto. Per me è normale che sbaglino, mi preoccuperei se succedesse il contrario, cioè se non sbagliassero mai: l’uomo non è infallibile. La scienza, del resto, ha sempre progredito per tentativi ed errori. Criminalizzare il ricercatore che sbaglia, perciò, non è utile alla scienza e contribuisce a creare quelle divisioni tra i membri della comunità scientifica e il resto della società di cui ci lamentiamo sempre. Del resto non è detto che, nel caso del GW, siano gli scienziati a sbagliare, potrebbe anche darsi che siamo noi a interpretare male i risultati delle varie ricerche. Rientra nel novero delle probabilità. Nessuno è depositario della verità. 🙂
Una delle giustificazioni che ho sentito a proposito della nettezza di certe posizioni in merito all’AGW è che il pubblico non capirebbe il concetto di incertezza e ne dedurrebbe che la cosa non è certa per cui non bisogna preoccuparsi. Noi, invece, dobbiamo lottare per far capire che le teorie scientifiche sono vere fino a prova contraria (io lo faccio tutti i giorni per professione e, posso assicurarti, che è estremamente difficile far capire a degli adolescenti che la scienza non è depositaria della verità assoluta, ma di verità fino a prova contraria). Personalmente preferisco che qualcuno mi dica che è più probabile che succeda qesta cosa piuttosto che quell’altra cosa. Sta a me, infine, decidere ciò che accadrà sulla base di una valutazione oggetiva. Se, invece, si fa strada l’idea che una cosa è vera solo perché è stata detta dallo scienziato pinco pallino, torniamo all’ipse dixit che tanto aborriamo. Con questo, però, torniamo all’annoso discorso della divulgazione scientifica che tante volte abbiamo affrontato.
Ciao, Donato.
Donato, quello che scrivi mi andrebbe bene se in questo mondo di ladri e voltagabbana non facessero la loro parte anche gli scienziati, tra i quali si distinguono particolarmente quelli del clima.
Ma così non è, dato che, la politica, la finanza, l’arroganza e la prepotenza fanno “selezione” anche nelle linee guida della climatologia.
L’atteggiamento di costoro (molto umano e poco scientifico) è di ricorrere alla revisione dei dati, ai trucchi statistici e al consenso, per mantenere in vita lucrose teorie che perdono colpi o falliscono alla prova dei fatti e del tempo.
Costoro, o i loro divulgatori di riferimento spesso citano i Grandi della Scienza come se ne fossero guidati ed illuminati. Ecco che anch’io nel mio piccolo voglio citarne uno bello grosso.
Nella misura in cui le proposizioni matematiche si riferiscono alla realtà, esse non sono certe.
Nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà.
Albert Einstein
Qui non si tratta di criminalizzare il ricercatore che sbaglia, si tratta di contrastare uomini di potere che non solo non non ammettono i propri errori ma gettano discredito e calunniano (woodoo-science, negazionisti, sostenitori della terra piatta, al soldo di big-oil…) chi ha scoperto il loro gioco, e, peggio, fanno selezione tra i ricercatori.
Non sono gli errori della scienza che preoccupano, è la “cricca”.
Ciao e grazie della risposta.
Perdonami, Antonio Zecca, ma sono solo in parte d’accordo con te, quando scrivi:
“E’ proprio questa la forza del metodo scientifico: riesce prima o poi a correggere gli errori fatti precedentemente. In questo consiste anche la potenza della “scienza ufficiale”: è così che la scienza è utile a tutti, quelli di oggi, quelli di ieri e quelli di domani;”
Sarei perfettamente d’accordo se si trattasse di “interpretazioni”, e quindi di “teorie”.
A fronte di “fatti” si elabora una teoria che dovrebbe spiegare questi fatti. In seguito, altri ulteriori dati possono offrire diverse interpretazioni e stimolare una diversa teoria, o un’evoluzione della teoria.
Ma non mi pare che sia rituale correggere i “dati” dopo decine di anni !
Pur non potendolo escludere, trovo che non sia cosa di cui la scienza si possa vantare.
Nelle mie esperienze lavorative mi è anche capitato di dover sostituire una raccolta di dati fatta con metodi manuali, con una raccolta dati automatizzata a computer. Naturalmente abbiamo confrontato i dati per mesi e non abbiamo rilasciato il nuovo metodo finché non ne siamo stati più che sicuri.
Questo correggere dopo decine di anni mi inquieta, e mi fa pensare tante cose.
Se osservo il grafico riportato su wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Instrumental_Temperature_Record.png
si nota che la diminuzione delle temperature non riguarda gli anni della guerra, con l’eccezione dell’ultimo anno di guerra, il 1945. Almeno ad occhio, a meno di verifiche più precise. Quindi il mio cervello scettico, orientato alla diffidenza, deduce che questo cambiamento di metodologia, se è stato tale da influenzare così tanto i dati misurati da stravolgerli, deve essere avvenuto a guerra finita o quasi finita, visto che già a gennaio ’45 gli Americani erano arrivati sul Reno, e a febbraio erano sbarcati ad Iwo Jima, immortalati dalla leggendaria foto.
Tutto questo mal si concilia con la seguente frase:
“Chi si è occupato della questione sostiene che, durante il periodo bellico, l’utilizzo dei secchi fu evitato in quanto, di notte, le misurazioni avrebbero avuto bisogno di illuminazione per la lettura dei dati. Ciò, in guerra, poteva costituire un grave pericolo per evitare il quale si fece ricorso al prelievo di campioni d’acqua sulle condotte di aspirazione dell’acqua di raffreddamento dei motori direttamente nelle sale macchine delle navi.”
Questo con Tedeschi e Giapponesi ridotti al lumicino o quasi, e comunque in aree limitate…
Qualcosa non torna.
Inoltre, un errore del genere non mi sembra di tipo “oscillatorio” tale cioè da dare un trend negativo. Anche con una metodologia affetta da errore, se il mondo si sta scaldando, dovremmo vedere un trend comunque in salita, NON in discesa, per quanto a partire da valori più bassi di quelli reali.
Ma quel che mi sorprende maggiormente è che questo tipo di errore non sia stato evidenziato da nessuno per decenni. Nessun scienziato si è preso la briga (dobbiamo immaginare, se quanto ci raccontano è vero) di fare delle misure comparative coi due metodi e calcolare il bias.
Per decenni.
Poi sotto la spinta degli scettici (se non ci fossero bisognerebbe inventarli) ecco che qualcuno si accorge finalmente che quel trend negativo dà fastidio, e allora ecco la soluzione: correggere i dati !
Certo che se è vero che la ragione è questa (ne dubito), altro che “merito” della scienza. Saprei io cosa dire e cosa fare, ma è meglio che mi sto zitto ! 🙂
Ma qualcuno ha forse, almeno recentemente, provato a confrontare i due metodi, per calcolare un bias “misurato” e non quello che fa comodo per far tornare i conti ?
Guido, credo che la tua domanda conclusiva sia retorica in quanto conosci già la risposta. 🙂
In merito alla spiegazione circa il motivo per cui si decise di abbandonare il metodo dei secchi a vantaggio di quello del prelievo dei campioni direttamente in sala macchine, voglio precisare che è solo un’ipotesi avanzata da ricercatori che cercano di spiegare l’improvviso passaggio da un metodo di campionamento all’altro. Secondo altri studiosi, invece, la cosa non è andata così, ma la spiegazione, molto più prosaica, va ricercata nella comodità e negli scopi della misurazione. Un testimone oculare, in un commento su WUWT, riferiva che le misurazioni venivano effettuate non per determinare le temperature superficiali (che in quel periodo interessavano tanto poco quanto niente per ragioni molto evidenti), ma per individuare tracce di sottomarini nemici mediante la realizzazione di profili termici (si utilizzavano anche dei batitermografi). Con la fine della guerra, non essendo più necessario cercare i sottomarini nemici, si tornò ai secchi e, quindi, le temperature diminuirono o, per essere più precisi, venne meno l’errore sistematico “riscaldante” che caratterizzava le misurazioni in sala macchine. Ad ogni buon conto si tratta di una testimonianza aneddotica che lascia il tempo che trova: non mi risulta, infatti, che siano state eseguite indagini per accertare le reali cause e la reale entità del fenomeno. Tutte le correzioni e tutte le ipotesi di base, per quello che ne so, sono di natura statistico-matematica.
Ciao, Donato.
“Tra 1940 e 1945, la serie delle temperature medie globali superficiali mostra un periodo caldo che non è riconducibile alle emissioni antropogeniche di gas serra. In passato sono state proposte diverse spiegazioni ma nessuna ha soddisfatto i climatologi. Ora si è scoperto che all’origine dell’improvvisa riduzione termica del 1945 c’è una transizione nelle tecniche strumentali di misura delle temperature oceaniche avvenuta al termine del secondo conflitto mondiale. Questa transizione spiega l’anomalia e dopo le necessarie correzioni, le conoscenze relative all’entità, rapidità e origine del riscaldamento globale non dovranno essere riviste”
Questa frase non ha alcun senso. L’anomalia dei prelievi marini riguarda il picco di raffreddamento non quello del riscaldamento dei primi 40 anni del 900 che nessuno tuttora sa spiegare.
eh Zecca zecca t’attacchi proprio come una zecca!
“L’anomalia dei prelievi marini riguarda il picco di raffreddamento non quello del riscaldamento dei primi 40 anni del 900 che nessuno tuttora sa spiegare.”
Claudio, concordo con te. Il rateo di riscaldamento del primo quarantennio del 1900 è impressionante e rappresenta oltre il 50% del riscaldamento dell’intero ventesimo secolo e di questa prima decade del 21° secolo. Se consideriamo le SST, secondo Gouretski et al., la cosa è ancora più impressionante: Quasi tutto il riscaldamento del 20° secolo si verificò tra il 1900 ed il 1940.
La causa, come giustamente scrivi, ancora non è stata individuata.
Ciao, Donato.
Donato,
articolo molto interessante. Vale la pena di tenere sotto controllo l’evolversi della situazione perché non credo che la faccenda sia chiusa, soprattutto per quanto riguarda gli errori di misura (sistematici e casuali) e gli errori delle/sulle correzioni per il periodo ’40-’45.
Tu scrivi “una leggerissima diminuzione tra il 1945 ed il 1970”. Io misurerei la diminuzione dal ’45 al ’75 (i soliti 30 anni) e, ad occhio, trovo una diminuzione di 0.55°C (cioè -0.18°C/decade) sia nei dati superficiali che in quelli “near surface”, diminuzione che non mi sembra tanto piccola: è appena inferiore alla crescita tra 1975 e il 2005 quando, per restare in tema di AGW, la quantità di CO2 era un po’ diversa. Per fare un confronto, nei dati noaa terra+oceano la crescita delle temperature nel periodo 1910-40 è 0.15°C/decade e nel periodo 1970-2000 0.17°C/decade.
Franco,
innanzitutto grazie per l’apprezzamento e per la precisazione relativa al raffreddamento post ’45. Quando ho scritto “leggerissima diminuzione” mi sono fatto ingannare dalla pendenza della curva. In effetti O,55°C non è una bazzecola, anzi. In merito a questa diminuzione di temperatura io continuo ad avere delle perplessità. Nei vari articoli che ho letto la diminuzione delle temperature superficiali viene attribuita alla presenza di solfati in atmosfera. Essi avrebbero schermato la radiazione solare e “annullato” l’effetto riscaldante della CO2. Con la lotta all’inquinamento iniziata negli anni ’70 i solfati diminuirono e le temperature ricominciarono a salire. Questa spiegazione, però, potrebbe non essere soddisfacente proprio alla luce degli errori sistematici ed accidentali cui facevi cenno nel tuo commento. Secondo McIntyre, infatti, la discesa delle temperature potrebbe derivare da un errore nell’omogeneizzazione delle SST. Se fosse vero il raffreddametno potrebbe addirittura sparire. Secondo Gouretski et al. questo raffreddamento potrebbe aumentare o diminuire notevolmente visto che l’incertezza delle omogeneizzazioni delle misurazioni della temperatura con i secchi è di circa 0,1°C (circa 1/5 del raffreddamento totale). Come giustamente fai notare bisogna tenere sotto controllo l’evoluzione della situazione: l’ultima parola ancora non è stata detta.
Ciao, Donato.