Anto’ fa caldo! In questi giorni di scirocco settembrino che spinge verso l’alto la temperatura e l’umidità viene da chiedersi come resistevano al caldo quando non c’era l’aria condizionata e, nonostante la concentrazione di CO2 fosse inferiore all’attuale, le temperature salivano. Jules Verne nel suo romanzo “Parigi nel XX secolo (Paris au XXe siècle)”, pubblicato il 1863, già prevede l’uso a Parigi dell’aria condizionata negli edifici. Nel sud Italia si faceva quel che si poteva, spesso nelle abitazioni dei nobili signori siciliani della zona occidentale era prevista una stanza fresca dove difendersi dallo scirocco. La denominazione suggestiva di “camera dello scirocco” per indicare questi singolari ambienti freschi si ritrova per la prima volta in un atto notarile del 5 agosto 1691 dove si legge: “Scendesi più in basso a man destra vi è una grotta seu camera di scirocco con fontana in mezzo e tutto in giro con mattoni di Valenza” . Una riproduzione di questa camera rifugio la offre il film “La stanza dello scirocco” del 1998 diretto dal regista Maurizio Sciarra con protagonista Giancarlo Giannini. La pellicola è tratta dall’omonimo romanzo di Domenico Campana del 1986, potete vederne uno spezzone qui.
Se qualcuno volesse approfondire, notizie su alcune camere dello scirocco storiche potete leggerle ad esempio qui oppure qui oppure ancor in questo video.
Per far riemergere le sensazioni/emozioni di una giornata di scirocco, si può anche ascoltare due canzoni con hanno uno stile molto diverso tra loro anche se entrambe, secondo me, sono molto belle:
- “Aria siciliana” di Franco Battiato che potete ascoltare proprio nel video “La Stanza dello Scirocco” oppure la stessa la potetet trovare in una versione più breve di Giuni Russo;
- “Scirocco” di Francesco Guccini, in cui è descritta poeticamente la storia di una coppia intrecciandola con ciò che meteorologicamente accade loro intorno (determinato dal vento del sud). (*)
- Più allegra “Scirocco d’Africa” di Pino Daniele
Buon ascolto rinfrescante e per chi si lamenta per qualche giorno di caldo e bel tempo, lo invitiamo ad ascoltare “Basta ‘na jurnata ‘e sole”, sempre di Pino Daniele.
NOTA:
(*) La canzone è inserita nell’Album Sig.ra Bovary, e parla appunto della storia di questa donna:
Scirocco è una storia prima che una canzone, presa da un avvenimento realmente accaduto all’amico Adriano Spatola quando si lasciò da Giulia Niccolai. La canzone parla di due persone, due amanti, uno che non sa cosa fare poichè è legato irrimediabilmente a un’altra e non ha il coraggio di lasciare la certezza per un’avventura, l’altra che di certezza ne propone una nuova al di fuori della di lui morale, è stanca di questa situazione e disperata per la sua indecisione. Un episodio triste che non raggiunge mai un apice poiché sorretto da quel tiepido scirocco che non permette alcuna ascesa o decadenza del dettame. Il momento metereologico si fonde con quello cronologico, le persone non sono altro che nubi spazzate dal vento che non risentono del loro mutamento, come i pensieri e le emozioni di quei due mesti uomini che non trovono pace e rimangono in un indefinita noia patologica.
È il mutamento non del tutto avvenuto a lasciare, sopratutto nell’uomo, un languore, un senso di speranza vaga che come quel vento, a tratti riaffiora nella sua mente riproponendo quel doloroso rimpianto, quella possibilità che mai tornerà per lui. (qui)
***************************
NB: Tanto per chiarire di cosa si parla, basti sapere che ieri l’altro Palermo ha ‘staccato un ticket’ di 33°C di massima e ieri ‘solo’ 36°C. Tra questi due picchi una rinfrescnte notte trascorsa a 32°C 😉
gg
Maurizio, mi hai fatto incuriosire e ho fatto anch’io qualche piccola ricerca in rete. Piuttosto interessante mi è sembrato ciò che ho letto in questo sito
http://bioarch.tv/risorse/la-zisa-di-palermo-un-manuale-di-bioarchitettura-vecchio-di-8-secoli.php?continua
anche se i miei ricordi, in qualche punto, differiscono dalle parole di chi ha scritto il testo.
Piuttosto interessante, inoltre, questa tesi di dottorato
http://www.fedoa.unina.it/8367/1/Musotto_Lorena_23.pdf
La Zisa è descritta a pag. 28.
In quest’ultimo lavoro, in particolare, viene ribadito il concetto che ho cercato di esporre anche nel mio commento: i lavori seicenteschi hanno del tutto rovinato il “congegno” originario per cui la “macchina bioclimatica” costituita dalla Zisa è, ormai, persa per sempre.
Per quel che mi riguarda, non ricordo bene la fonte delle notizie che ho fornito nel mio precedente commento: potrebbe essere la guida del Touring Club così come notizie attinte in loco dai pannelli esplicativi esposti. Sono passati parecchi anni e con il tempo (e, ahimé, l’età) i ricordi si affievoliscono.
Ciao, Donato.
Sempre con riferimento al palazzo della Zisa citato da M. Rovati, durante un mio soggiorno a Palermo, in cui ebbi modo di visitarlo ed apprezzarne gli aspetti architettonici veramente fuori dell’usuale, ho potuto approfondirne il sistema di condizionamento. Di vero e proprio condizionamento, infatti, si trattava. Sulle pareti esterne dell’edificio, risalente al 1100 periodo in cui nella città era ancora forte l’influsso della civiltà araba, si aprivano delle bocche esposte a sud est (direzione da cui proviene lo scirocco). L’aria calda penetrava attraverso queste bocche e, mediante delle canalizzazioni ricavate nella muratura, veniva convogliata in condotte sotterranee posizionate nelle cantine del palazzo. Qui, a contatto con le pareti fresche delle condutture si rinfrescava e, soprattutto, si deumidificava. L’aria dopo questo trattamento completo, del tutto simile a quello dei nostri sistemi di climatizzazione (come principio, ovviamente), veniva convogliata verso le torri che fiancheggiavano l’edificio vero e proprio e che ospitavano le scale (furono abbattute nel 1600 per far posto a quelle attuali). Le torri, vere e proprie torri del vento sul modello medio orientale, erano realizzate in modo tale da distribuire l’aria fresca e deumidificata nei vari ambienti del palazzo. Il palazzo, raccontano le cronache, fu realizzato in poco tempo e con ingente spesa. All’entità della spesa contribuirono anche le infrastrutture utilizzate per condizionare l’edificio. Simili strutture (complesse e costose) non sarebbero state realizzate se le ondate di calore fossero state un’eccezione.
Nel periodo in cui fu costruito il palazzo, probabilmente, le temperature e le ondate di calore dovevano essere simili se non superiori a quelle di oggi. Le fonti narrano che l’edificio fu costruito verso la fine del 1100. In quel periodo ci trovavamo nel cuore del periodo caldo medievale (950-1250 circa) e questo spiega la necessità di mitigare le condizioni termo-igrometriche dell’edificio. Nel 1600, invece, ci trovavamo il piena PEG per cui, probabilmente, non si sentiva più il bisogno di avere ambienti freschi per cui, durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio, tutte le opere dedicate al raffrescamento furono demolite o trascurate per cui divennero inutilizzabili. Non per puro spirito autolesionista, ma perchè non più necessarie.
Ancora una volta la storia ci consente di gettare uno squardo “indiscreto” alle condizioni climatiche del passato.
Ciao, Donato.
Ho cercato un po’ in rete ma le spiegazioni tecniche sul condizionamento originale della Zisa mi sembrano alquanto incerte e fumose.
Di sicuro si cercava una ventilazione per evitare l’afa e probabilmente attraverso l’uso dell’acqua (piovana o di sorgente) si tentava anche di abbassare la temperatura, attraverso l’evaporazione o solo per scambio termico.
Comunque il tentativo è stato fatto e le tue considerazioni sulle diverse epoche climatiche appaiono plausibili.
Sono stato a palermo a fine giugno, ho visitato la villa cattolica a bagheria e il castello della zisa.
Del castello (ampiamente restaurato dopo il crollo) si diceva possedesse un impianto di “climatizzazione” che sfruttava le acque di una sorgente sotterranea per rinfrescare l’aria che veniva fatta circolare in alcuni ambienti.