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Climadivino

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Non é mia intenzione rispondere di quanto sto per scrivere. Tra breve capirete perché.

Il nostro é un Paese fantastico, pieno zeppo di posti di rara bellezza e dal sapore antico. Uno di questi é Montefalco, in Umbria, piccolo centro di un appena più grande comprensorio che da’ il nome ad uno dei prodotti made in Italy più gettonati, il Sagrantino di Montefalco, vino di grande struttura e gusto inconfondibile.

Ho avuto modo di visitare una delle tantissime piccole aziende del posto che producono questa delizia. Gente entusiasta e appassionata, gente preparata e impegnata. Gente che fa piacere conoscere.

Nell’interessantissima chiacchierata sui metodi di coltivazione, cura, produzione e vinificazione, é capitato di parlare anche di quest’ultima annata. Un anno molto siccitoso che ha ridotto molto la quantità di uva giunta a maturazione, ma per questo anche un anno molto salubre per le viti, fatto che fa ben sperare per la qualità del prodotto che ne uscirà.

Mi é venuto anche in mente di chiedere a chi ha esperienza centenaria in questa stupenda attività, se per caso avesse notato una tendenza dei tempi di vendemmia ad anticiparsi per cause climatiche. Risposta negativa. Ma ancor più interessante il fatto che invece si sia notato un progressivo aumento delle qualità zuccherine delle uve, con conseguente aumento della gradazione alcolica del vino, per effetto di un minor apporto di pioggia e di un maggiore soleggiamento.

Al che, ma ripeto non ne rispondo per ragioni che ora potrete immaginare, mi é venuto un pensiero. Ma meno pioggia e più sole non vorrà mica dire meno nuvole? Vuoi vedere che fa più caldo per questo? Ma no, sicuramente mi sbaglio. Fa più caldo perché…ditemelo voi perché.

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Published inAttualità

6 Comments

  1. Guido Botteri

    Mi rendo conto di essere OT rispetto all’argomento in tema, ma credo che sia comunque interessante, in tema di vino e vigne, l’esperienza burocratica disastrosa cui si può andare incontro quando si voglia fare attività in Italia, in particolare nel campo vinicolo. Con questo animo vi propongo l’esperienza personale di un amico, con l’amara considerazione che costa più poter produrre vino sul “proprio” terreno, che il terreno stesso. A me sembra una cosa assurda, un’invadenza burocratica che trovo, a mio personalissimo parere, ingiustificata, ingiustificabile, assurda e vergognosa.
    http://enfero.wordpress.com/2012/09/19/perche-non-lo-volevo-fare/#more-30

    • Luigi Mariani

      Caro Guido Botteri,

      nella tua analisi ti prego di considerare che la normativa UE sui diritti di reimpianto, a cui i riferisci, risponde all’esigenza di evitare la sovrapproduzione di vino.

      In proposito occorre considerare che i consumi di vino (grazie anche alle ricorrenti campagne di demonizzazione del prodotto) sono in caduta in tutta Europa e che dunque liberalizzare gli impianti significherebbe oggi esporre i produttori già attivi al rischio altissimo di produzioni eccedentarie.

      Credo che la battaglia oggi da combattere più che quella della liberalizzazione degli impianti sia quella di garantire al consumatore un prodotto di qualità minimale, eliminando dal mercato i molti prodotti di qualità scadente che per inciso rovinano l’immagine della nostra viticoltura anche all’estero.

      Luigi

  2. Luigi Mariani

    Caro Guido,

    non conosco serie storiche di date di vendemmia sufficientemente lunghe per Montefalco (ho giusto 3-4 anni di dati) e dunque debbo sospendere il giudizio su quanto tu dici.

    Tuttavia le altre serie storiche fenologiche che conosco (es: quelle frutto dei rilevamenti eseguiti a Conegliano Veneto sulla collezione varietale del CRA – Istituto Sperimentale per la Viticoltura) indicano in modo univoco che a partire dagli anni 90 del 20° secolo sussiste un anticipo nell’epoca di maturazione di raccolta delle uve di grossomodo 10 giorni rispetto al periodo precedente.

    Può essere interessante verificare da cosa dipenda tale anticipo. Dalle indagini eseguite dal mio gruppo di ricerca (e che confermano i lavori di altri studiosi del settore ad esempio quelli del prof. Leroy Ladurie in Francia e del prof. Calò in Italia) risulta che l’epoca di vendemmia è determinata dalle temperature dei mesi di aprile e maggio (soprattutto le massime), che sono poi quelle che determinano l’epoca di fioritura.

    Il tutto va letto nel seguente modo: se la vite fiorisce presto maturerà anche presto. Ciò perché è a primavera che la temperatura è fattore limitante mentre d’estate i fattori limitanti son o altri (es: disponibilità idrica), il che in sostanza è espressione della legge del minimo di Liebig (https://sites.google.com/site/storiagricoltura/definizioni/il-mastello-di-dobeneck).

    In sostanza dunque dagli anni ’90 la vite nell’area italiana fiorisce in media 10 giorni prima e tale anticipo si mantiene poi fino alla vendemmia.

    Circa poi l’annata 2012 debbo convenire con te sul fatto che dal punto di vista fito-sanitario la situazione è stata spesso buona (poca pioggia=poche malattie fungine).

    Occorre tuttavia anche dire che la limitazione idrica l’ha fatta da padrona causando problemi localmente anche gravi.

    La ragione di ciò risiede nel fatto che l’inverno 2011-2012 è stato molto arido per cui in vaste aree del Paese non si è riusciti a ricostituire le riserve idriche dei suoli e dunque a primavera si è partiti con riserve già scarse, parzialmente riempite dalle piogge primaverili e poi rapidamente svuotate in estate.

    Occorre altresì dire che la situazione è stata tutt’altro che omogenea sul territorio nazionale (ad es. vaste aree del meridione sono state meno interessate dal fenomeno rispetto al centro-nord), per cui parlare di disastro generalizzato come hanno fatto alcune organizzazioni professionali agricole a perenne caccia di quattrini pubblici mi pare francamente eccessivo.
    Debbo infine dirti che da sempre diffido delle “esperienze centenarie” quando queste non si traducono in rilevamenti sistematici e conseguenti serie storiche. Purtroppo i nostri agricoltori hanno rarissimamente l’abitudine di registrare date di germogliamento, fioritura, vendemmia, ecc. e da ciò possono derivare inconvenienti considerevoli, in quanto la memoria è traditora….
    Sarebbe bello se si riuscisse a fare assumere a chi come gli agricoltori lavora con il tempo atmosferico un atteggiamento quantitativo basato su misure fisiche e biologiche di buona qualità e condotte con regolarità. Su questo occorre insistere il più possibile!

    Ciao.

    Luigi Mariani

    • Gianni

      Caro Luigi, è da tempo che l’INRA francese fa passare il messaggio dell’anticipo delle date di vendemmia dovuto ai cambiamenti climatici. Chiedo a te se ritieni attendibile (tenendo conto della memoria che puo’ tradire) il trend mostrato nella figura di pagina 4 del seguente report: http://www.eaurmc.fr/fileadmin/grands-dossiers/documents/Seminaire_eau_et_changement_climatique_19_septembre_2012/Chanzy_AERMC_19092012.pdf. Grazie del tempo che vorrai dedicare a questa richiesta.

    • Luigi Mariani

      Caro Gianni,

      ti ringrazio per avermi segnalato queste recentissime slides.

      Credo che per inquadrarne in modo corretto il signficato occorra considerare che la transizione di fase da NAO basso a NAO alto avvenuta negli anni 80 del 20° secolo ha segnato un sensibile spostamento verso Nord dell’area a dominio anticiclonico subtropicale.

      Questo significa che il centro-sud della Francia presenta rispetto alla fase climatica precedente:
      – circa 1°C in più di temperatura media annua
      – precipitazioni un po’ meno abbondanti specie al sud.
      – meno nuvolosità e più radiazione solare.
      – più evapotraspirazione.

      Da ciò discende che l’area in questione sia oggi più esposta alla siccità estiva di quanto lo fosse negli anni 60-70.

      Se tale fase climatica si manterrà (come pare intenzioanta a fare) penso che saremo costretti a ripensare le varietà di molte piante erbacee coltivate per l’areale francese (penso ai frumenti o al mais stesso; la vite mi preoccupa un po’ meno…).

      Circa il grafico in figura 4 ho qualche perplessità circa il fatto che la serie storica utilizzata per le date di vendemmia non si spinga oltre il 2000. In tal modo sfuggono alcune caratteristiche della serie stessa che si sarebbero con ogni probabilità evidenziate aggiungendo il periodo 2001-2011, periodo che mi aspetto relativamente stazionario come date di vendemmia. L’aggiunta di tale periodo permetterebbe di inquadrare la serie secondo una logica di tipo discontinuistico.

      Rilevo infine che per interpretare una serie storica recente di date di vendemmia occorre considerare che gli obiettivi enologici sono cambiati profondamente (con le mode, i gusti del consumatore, ecc.). Ciò ha spinto a scelte di date di vendemmia che non sono solo funzione dell’andamento meteorologico. Pertanto occorre considerare che la serie proposta ha sicuramente al suo interno del rumore che maschera almeno in parte il segnale climatico.

      Spero di esser stato sufficientemente chiaro e circostanziato.

      Ciao.

      Luigi

    • Gianni

      Grazie Luigi, sei sempre prezioso!

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