Del doman non v’è certezza, recitava il poeta, riscuotendo oggi il plauso del meteorologo che ci aggiunge volentieri anche il dopodomani. E per dopodomani l’altro? Beh, per quello è diverso, per quello ci sono i modelli climatici, che notoriamente tutto sanno.
Ecco qua, dal blog di Roger Pielke sr., un paio di post nei quali si parla proprio di performance modellistiche su due aspetti delle dinamiche del clima tutt’altro che secondari, la risposta del sistema alle eruzioni vulcaniche e gli eventi precipitativi.
Nel primo caso l’attenzione è posta sulla sovrastima dell’effetto “mitigante” delle eruzioni vulcaniche rispetto al riscaldamento indotto dall’accrescimento dell’effetto serra. Un mix di forcing che, inevitabilmente, dato per eccessivamente ampio il primo, non può che assegnare un ruolo ancor più significativo al secondo.
Nel secondo caso, si parla di qualcosa di molto più attuale nell’immaginario collettivo, ossia le precipitazioni convettive indotte dal riscaldamento diurno. Uno studio recente ha dimostrato come i temporali pomeridiani si sviluppino più facilmente su terreno con suolo arido piuttosto che su suolo ricco di umidità. Questo è sotto certi aspetti alquanto controintuitivo, perché ci si aspetterebbe che queste piogge potessero essere facilitate da un’evaporazione più consistente. Nella fattispecie, questo sarebbe un feedback positivo, qualcosa che giustificherebbe la frase “Wet gets wetter, dry gets dryer” che si sente spesso ripetere nel commentare la presunta tendenza all’estremizzazione degli eventi climatici.
Così non è, in effetti, stando almeno alla campagna osservativa condotta nello studio, che non solo ha il pregio di essere stata condotta a scala globale, ma ha evidentemente trovato dei risultati opposti a quelli nella cui direzione vanno generalmente i sistemi di simulazione della convezione, specie con riferimento ai modelli ad ampia risoluzione spaziale. L’implicazione di tutto questo è chiarita con efficacia in uno dei periodo più salienti del paper…
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[…] Abbiamo trovato che in sei modelli meteorologi e climatici globali allo stato dell’arte, domina un feedback positivo dell’umidità proveniente dal suolo – una differenza che potrebbe contribuire alla simulazione sovrastimata delle siccità nei modelli ad ampia risoluzione spaziale. […]
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…e nelle loro conclusioni…
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[…] L’errore nella rappresentazione degli schemi convettivi qui dimostrato è probabile che contribuisca alla tendenza dei modelli ad ampia rislozione spaziale a ‘bloccarsi’ in condizioni secche, estendondo irrealisticamente le siccità e potenzialmente esagerando il ruolo dei feedback dell’umidità del suolo nel sistema climatico.
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Un modello di qualsiasi natura che si prefigga lo scopo di simulare efficacemente il futuro deve necessariamente dimostrare abilità nel ricostruire il passato, sebbene questa condizione sia necessaria ma non sufficiente. Nella prima parte di questo post abbiamo visto che questa riscostruzione stenta non poco.
Nella seconda invece abbiamo parlato di un meccanismo contenuto in queste simulazioni che va nella direzione opposta a quello osservato. Al riguardo Pielke conclude così:
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Il messaggio da portare a casa nel paper di taylor et al., del 2012 è un’ulteriore dimostrazione del fallimento dei modelli climatici come strumento per riprodurre efficacemente il sistema climatico. Il loro utilizzo da parte dell’IPCC ed altri per prevedere siccità con decadi di anticipo per l’impatto sulle comunità è ingannevole ed è un abuso dell’attuale stato dell’arte della scienza del clima.
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Non mi pare che il dopodomani sia così certo tutto sommato.
PS: Non ho fatto a tempo a finire di scrivere questo post, che sempre sul blog di Pielke sr., è comparso un altro post, con un altro paper che eamina lo skill dei modelli climatici impiegati per l’AR4 e il redigendo AR5 alla scala temporale decadale ed a quella spaziale regionale sul comportamento della temperatura media globale. Inutile dire com’è andata.
[…] e temporale limitate, quelle a cui si palesano gli eventi estremi per intenderci. Chi lo desidera torni a leggerlo, per tutti gli altri lo riassumo: zero via […]
Mi domandavo: esite una previsione AGW al di là dei modelli, che sia verificabile anno dopo anno? Mi spiego meglio. Prendiamo lo schema del bilancio dei flussi di Trenberth-Kiehl. Esiste una previsione quantitativa di come varieranno questi flussi nel corso degli anni con un aumento CO2 b.a.u.? Una simile previsione sarebbe più facilmente verificabile rispetto ai modelli che debbono e possono essere verificati solo rispetto a previsioni multidecadali mediate per aree e per tempo. Sottolineo che non è una domanda retorica, nel senso che proprio non so la risposta.
A proposito di clima prossimo venturo, mi piacerebbe leggere un vostro articolo sul servizio del TG3 di ieri sera (replicato pure su RaiNotizie24), che diceva che il polo nord è come il “condizionatore della Terra”, quindi sciogliendosi il polo è come se si rompesse il condizionatore, con conseguenze devastanti. Sia chiaro, io non mi intendo di clima, però di poli ce ne sono due, quindi i “condizionatori” sono almeno due, e ho letto che il polo sud (a parte la penisola antartica) dai dati satellitari risulta sempre più ricco di ghiaccio. Cosa c’è quindi di vero e cosa di esagerato nel servizio del TG3? Potreste dedicare un vostro articolo a spiegare all’uomo comune queste cose? Grazie dell’udienza e complimenti per il vostro blog.
Paolo, una spiegazione, sebbene parziale, è già programmata per domani.
gg