Ho aspettato qualche giorno a pubblicare questo post. I fatti che raccontiamo sono meteorologici, quindi essendo accaduti nei primissimi giorni del mese, sono praticamente morti e sepolti. Ma come sanno tutti quelli che si occupano di meteorologia più o meno professionalmente, non esiste un campo dello scibile umano dove l’esperienza conti di più. Esperienza nel valutare l’evoluzione di ogni singola situazione in relazione al nostro territorio certamente, ma anche e ultimamente soprattutto, esperienza nel valutare gli strumenti a propria disposizione.
Si parla della prima vera perturbazione scesa nel Mediterraneo a guastare l’estate appena dieci giorni fa. In gergo molto poco tecnico una bella “botta” tuffatasi nel Mare Nostrum direttamente da nord e alimentata da un mix di aria polare e aria delle medie latitudini di tipo marittimo a sostituire l’aria subtropicale marittima continentalizzata che ci stava regalando l’ennesima (ma per fortuna ultima) onda di calore della stagione.
Più che la perturbazione in generale, ha destato particolare interesse, concorrendo non poco alla persistenza dei fenomeni, l’evoluzione in cut-off della saccatura, cioè la formazione di un minimo in quota staccato dal flusso perturbato principale e quindi stazionario. Risultato: pioggia, temporali forti, parecchio vento e caduta delle temperature. La personale impressione di chi scrive è che le previsioni numeriche abbiano fatto in questa occasione un ottimo lavoro, con gli output numerici a media scadenza che hanno individuato con buon anticipo l’evoluzione generale e con quelli a breve scadenza e più alta risoluzione spaziale che hanno fornito indicazioni molto valide sullo sviluppo degli eventi a mesoscala tipici di questo genere di sistemi perturbati.
Tutto bene, tutto bello, compreso il fatto, se vogliamo, che nonostante gli anatemi di sventura lanciati con qualche giorno di anticipo di troppo circa la possibilità di eventi atmosferici particolarmente distruttivi a causa dell’elevata temperatura raggiunta mediamente dai nostri mari in questa calda estate, in realtà non è accaduto nulla di particolarmente rilevante. Al riguardo è giusto far notare che la temperatura del mare è una variabile importante, ma non è una condizione sufficiente perché gli eventi siano particolarmente intensi, se ne ricordino i soliti noti profeti alla prossima occasione.
Ma non è tutto. Tra una pioggia e l’altra, c’è stato anche tempo per sollevare delle polemiche piuttosto accese, soprattutto in quel vastissimo sottobosco – che ormai è un autentico movimento – di appassionati di meteorologia che popolano le discussioni tecniche sul web. Attenzione però, non mi riferisco affatto all’incauto “presagio” di sconquassi in quel di Genova e dintorni, con tanto di giusta presa di posizione del Centro Funzionale della Protezione Civile Regionale e successive scuse dell’esperto di turno, quella è una storia che semmai ci aiuterà a capire il seguito ma che sinceramente mi interessa poco. L’oggetto di questo post è invece la previsione con ben quattro giorni di anticipo, cioè il giorno 1 per il giorno 4, della formazione di un TLC (Tropical Like Cyclone) nel Mediterraneo, più precisamente nel Mar di Sardegna prima e nel Tirreno poi.
Avendo seguito personalmente la faccenda ve la posso raccontare. Praticamente, a peggioramento già avvenuto, ovvero con il sistema freddo principale già passato, il vento di caduta in uscita dalle Alpi Marittime assumeva una decisa rotazione antioraria ad ovest della Corsica, originando un minimo nei bassi strati piuttosto circoscritto e profondo. A far suonare il campanello di allarme circa l’eventualità che si potesse trattare di un TLC, la totale assenza di forcing in quota, anzi, la quota, intesa dalla media troposfera in su, reagiva a posteriori con un lag temporale di circa 6 ore, mostrando la caduta del geopotenziale e la discesa di aria più fredda e più secca proveniente dall’alto. Se così fosse stato, ricordiamo che parliamo di output numerici, la convezione, il vento e le precipitazioni associate sarebbero state davvero notevoli. Ma tutto ciò non è accaduto, almeno non nella forma prevista. Infatti il minimo c’è stato sul serio, ha compiuto come da previsioni il suo giro attorno alla Sardegna ed è giunto sul Tirreno, ma la pressione atmosferica non è scesa quanto si prevedeva il giorno 1 e di conseguenza i fenomeni sono stati molto più attenuati.
Il LaMMA, laboratorio di meteorologia il cui modello numerico ad area limitata aveva “previsto” il TLC ha pubblicato un articolo piuttosto interessante cercando di spiegare le ragioni di questo insuccesso.
In primo luogo la fonte dei dati. Come molti di quanti operano nel settore delle previsioni a latere delle istituzioni, anche il LaMMA impiega come condizioni a contorno per l’annidamento del modello a più alta risolzione spaziale il modello americano WRF, il cui passo di griglia si aggira intorno ai 50km. Il modello ad area limitata invece scende a 12 km. Nell’articolo linkato leggiamo che la corsa del modello globale del Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (ECMWF) non “formava alcun TLC nei nostri mari. Aggiungo inoltre che non lo facevano neanche i modelli a mesoscala inizializzati con questo modello. Per due ragioni. La prima è che il modello di ECMWF ha una risoluzione spaziale molto più accurata, circa 15km. La seconda è che i modelli a mesoscala che girano con le condizioni a contorno fornite da questo modello non vanno oltre le 72 ore di previsione, cioè tre giorni. E non è un problema di capacità di calcolo o di convenienza. E’ semplicemente noto che oltre quella scadenza (ma in realtà anche un po’ prima), l’attendibilità dei modelli ad area limitata crolla drasticamente, per cui non ha senso farli girare. A meno di non andare a cercare colpi a sensazione spesso puntualmente smentiti.
Gli eventi che fanno i danni veri, almeno alle nostre latitudini, sono nella grande maggioranza dei casi generati da soggetti a mesoscala. Celle rotanti, V-Shaped Storm, minimi depressionari molto limitati nello spazio etc etc. Tutti modelli concettuali attualmente prevedibili, con riferimento alla loro formazione, localizzazione e intensità, esclusivamente in sede di Nowcasting, cioè di previsione a brevissima scadenza. Parliamo al massimo di qualche ora. Andarli a cercare con 3/4 giorni di anticipo è del tutto inutile. Tanto è vero che, sempre nell’articolo linkato, leggiamo anche che le corse del modello nei giorni seguenti, quando cioè si sono accorciati i tempi ed è migliorata molto l’affidabilità del modello, hanno abbandonato quasi del tutto l’opzione TLC, restituendo al soggetto il suo ruolo di minimo formatosi nel curling del fronte occluso (il ricciolo che si forma quando l’occlusione rientra nel minimo) e privandolo di quelle caratteristiche specifiche che lo avrebbero altrimenti reso pericoloso: un cuore caldo – e qui avrebbe sì avuto un ruolo determinante la temperatura del mare – e una vita propria. Aggiungo anche che con la Sardegna di mezzo, ossia con la terraferma che ha inevitabilmente condizionato la forma del minimo, le probabilità che questo potesse accadere erano minime se non nulle.
Ma, parlavamo di esperienza, sicché è giusto cercare di far tesoro di questo evento. Bastano pochi punti:
- I modelli globali liberamente disponibili come il WRF sono una risorsa preziosa ma hanno performance previsionistiche spesso deludenti, specie se impiegati ben oltre le loro possibilità; e qui mi riferisco anche agli annunci a sensazione circa improbabili evoluzioni del tempo individuate con 10/15 giorni di anticipo.
- I modelli a mesoscala NON possono essere utilizzati per previsioni oltre le 72 ore, meglio se 48, ancora meglio se 24; e comunque si tratta di segnali altamente incerti in ordine alla localizzazione spaziale e temporale degli eventi; è un limite accertato, bisogna farsene una ragione.
- La previsione numerica – e questo lo dicono anche al LaMMA, deve essere sempre affiancata da una valutazione soggettiva, ossia da chi è in grado di valutare innanzi tutto l’attendibilità di quell’output e poi di trasporre in una realtà che non siamo ancora in grado di replicare l’evoluzione degli eventi.
Per corroborare quanto sopra è bene ad esempio far notare che, pur con tutto l’apparato previsionistico di cui dispone la NOAA, il punto esatto dove ha toccato terra il ciclone Isaac è stato colto soltanto poche ore prima dell’evento, salvo poi, contrariamente alle previsioni, vedere l’occhio del ciclone che è andato a farsi un altro giretto in mare prima di “atterrare” in un altro punto ancora.
Insomma, più passano gli anni e più diventiamo bravi, su questo non c’è dubbio, e bisogna ringraziare lo sviluppo tecnologico dei sistemi di prognosi e il lavoro di ricerca di quanti si dedicano ai modelli di previsione numerica delle condizioni atmosferiche. Se visto in questa ottica, il lavoro fatto nei primi giorni di questo mese è stato egregio. Ma non bisogna pensare di essere più bravi di quel che si è, magari soltanto per far fronte ad un eccesso di domanda. Di TLC nei nostri mar ne abbiamo visti e altri ne vedremo, ma non era proprio questo il caso semplicemente perché…era troppo presto per dirlo.
[…] mi sono imbattuto nel post della Curry subito dopo aver pubblicato qualche riflessione sulle performance delle previsioni numeriche nel recente passato e sulla […]
Attenzione però a dare sempre la colpa a GFS: il nostro WRF pur inizializzato GFS non ha mai mostrato una depressione così profonda o TLC come prospettato dal WRF del Lamma.
Le cause quindi non sono da ricercarsi nell’inizializzazione, ma nella configurazione dei parametri fisici e dinamici del WRF Lamma.
Saluti
Giuseppe, non é un problema di colpa. Domani pubblicherò un post sull’incertezza e sulla validazione degli strumenti di cui si dispone. In questo contesto, se adeguatamente ‘noti’ in termini di skill, tutti i modelli hanno pregi e difetti. É chiaro che i primi aumentano e i secondi calano con la risoluzione spaziale che aumenta a parità di parametrizzaziome dei processi. Ma questa in realtà differisce da modello a modello, per cui bisogna fare attenzione. Ad ogni modo, i soggetti a mesoscala non si possono individuare con 96 l’anticipo di cui si parla nel post.
gg
non volevo porre l’attenzione sulla colpa. Il fatto è che il WRF lamma 12z del 2 settembre mostrava quella depressione per il 4 settembre, quindi entro le 72ore, appena oltre le 48ore di forecast: siccome in internet c’è chi prende l’articolo del lamma e questo da Lei scritto, Ten. Col. Guidi, come pretesto per imputare le colpe ai dati del modello globale GFS, forse per incomprensione nella lettura degli stessi, volevo solo puntualizzare che le cause sono da ricercarsi nel WRF stesso.
Per il resto, mi trova pienamente d’accordo che un modello ad area limitata non va guardato oltre le 72ore, meglio se 48
Con stima
Buona serata
Giuseppe,
non ho dubbi (anche se non verifico mai di persona partecipando alle discussioni) che si sia scatenata la battaglia sul tema ‘questo é meglio di quello e quello é peggio di quell’altro etc etc. Ma non é questo il punto. Il punto lo hai giustamente ribadito tu in fondo al tuo commento.
gg
Sagge parole caro Guido… ti chiedo solo quando verrà messo un freno a tutto questo proliferare di meteocavolate che si leggono in rete ?
Mario,
quelle che giustamente definisci meteocavolate sono parte della comunicazione. Non si possono – e non si devono! – porre freni alla comunicazione. Quello che si deve perseguire è la cultura e il senso critico di chi legge, perché possa discernere tra le fesserie e le cose serie. Io penso che un certo genere di meteoimbonitori parta erroneamente dal presupposto di avere a che fare con degli stolti. Mi pare invece che i boomerang sui denti a ripetizione che hanno preso di recente, spcie negli ultimi mesi, dimostrino esattamente il contrario! Spero serva da lezione.
gg
E’ la stessa cosa che mi ha detto un amico…non bisogna impegnarsi ad attaccare quella persona o quello che fa, ma semplicemente proporre un altro metodo di informazione professionale e serio. Poi la gente alla fine decide chi scegliere: tra chi spara boiate e chi invece fa vera informazione.
Difatti i wrf e lamma non si vedono se non 24-48H prima…oltre è veramente una cavolata seguirli. Vorrei ricordare che il lamma l’anno scorso vide per due volte la formazione di un TLC nella medesima stagione e sempre 3-4 giorni prima, per poi toglierlo del tutto (in quel caso era previsto dalle parti della Sicilia). Le persone che credono di fare le previsioni vedendo modelli a scala locale 3-4 giorni prima o sono in mala fede oppure sono ignoranti dal punto di vista Meteo.
Non a caso un noto modello a scala locale Moloch mette carte fino a 48H prima con una sola uscita giornaliera e parliamo del CRN non un istituzione qualunque…
P.s. Vorrei inoltre aggiungere l’ultima uscita di un noto sito meteo:
— Previsioni al “kilometro” (sottolineo il k iniziale :D) per i quartieri delle città italiane a 5 giorni —
Questa è la meteo in Italia non mi meraviglio più di nulla!