In questi giorni stanno riaprendo le scuole. Tornano sui banchi gli alunni, tornano ad avere a che fare con i compiti anche genitori, nonni et similia. Per aiutare tutti a rimettere in moto i neuroni e le sinapsi dopo la pausa estiva propongo un piccolo quesito.
C’è da fare qualche premessa:
- Quella che sta finendo è stata un’estate particolare, per il caldo senz’altro, ma anche per la persistente assenza di nubi e quindi più che abbondante soleggiamento.
- Tutto questo Sole ha massimizzato il rendimento degli impianti fotovoltaici giunti ormai ad una potenza installata di 15GW, tanto che tra luglio ed agosto il solo FV avrebbe assicurato il 6,3% del fabbisogno nazionale.
- Qualche giorno fa sono usciti i risultati di un’indagine condotta da Nus Consulting (pdf), in cui si analizzano le dinamiche del mercato dell’energia. Pare che l’Italia sia il paese che paga i più alti costi energetici di tutto il Pianeta.
Sicché, alla luce della fantastica performance del fotovoltaico che però divide con tutte le altre fonti rinnovabili (idro esclusa, vento e geotermia inclusi) la costosissima torta degli incentivi, mi chiedo e vi chiedo:
Quanto abbiamo risparmiato o eventualmente speso in più come sistema paese sfruttando le risorse rinnovabili ma pagando gli incentivi rispetto a ad un ipotetico sistema di generazione senza queste nuove tecnologie?
C’è qualcuno tra i lettori che si sente in grado di rispondere alla domanda?
Premetto che non sono assolutamente in grado di dare numeri per rispondere alla domanda di G. Guidi. Il mio commento, però, intende fornire una risposta qualitativa al quesito. Ho la netta impressione, comunque, che i conteggi che consentirebbero di rispondere a questa domanda in termini oggettivi non li conosceremo mai. Fatte queste premesse veniamo al punto.
Oggi ho ascoltato su radiouno Rai, tra le dodici e trenta e le tredici, un’intervista al presidente di GSE e ad un rappresentante di Nomisma energia. Il programma era in diretta e, quindi, le risposte non potevano essere “trattate” a posteriori: le ritengo, pertanto, piuttosto affidabili. Partiamo dal GSE. Il quinto conto energia, credo, che sia l’ultimo per due ordini di motivi. In primo luogo vi sono dei problemi tecnici in quanto la rete non mi sembra sia in grado di consentire un ulteriore forte incremento di allacci di centrali fotovoltaiche. La rete attuale, infatti, è obsoleta in quanto non prevista per una immissione diffusa di corrente elettrica (da pochi a molti e non viceversa). La rete di distribuzione attuale deve essere completamente rivista. Bisogna prevedere dispositivi di accumulo dell’energia eccedente prodotta da fonte solare e/o eolica da poter utilizzare nei momenti in cui l’utenza la richiede. Dispositivi di accumulo che, allo stato, sono in via di sviluppo e la cui tecnologia non è affatto matura per il mercato. Gli investimenti da fare, inoltre, sarebbero enormi e, come si sa in momenti di vacche magre ….. A questo bisogna aggiungere i costi degli incentivi alle rinnovabili che stanno diventando insostenibili oltre che per le aziende anche per i privati. In parole povere tutti stanno cominciando a rendersi conto che l’era degli incentivi deve finire e, parola di GSE, ciò accadrà nel 2014 se non addirittura nella seconda metà del 2013: tra più o meno un anno. Il futuro del fotovoltaico sarà nella realizzazione di impianti che dovranno produrre energia da consumare in loco e da non immettere in rete, senza incentivi, in quanto, almeno nel Sud dell’Italia, la grid-parity è stata quasi raggiunta. Il rappresentante di Nomisma, da parte sua, ha confermato quasi tutto ciò che ha detto il GSE ed ha aggiunto un fatto molto importante che mi ha lasciato molto perplesso e che sottopongo alla riflessione di tutti gli altri lettori. Noi non produciamo l’energia da rinnovabili perchè è più bella o più conveniente o, come dice qualcuno, più democratica. Lo facciamo solo perché siamo vincolati da impegni politici presi con la comunità internazionale. Meditate, gente. Meditate.
Ciao, Donato.
Sulla questione della grid parity si sta giocando da qualche mese il gioco delle parti.
Premetto che non esiste una definizione precisa univoca di GP ma che la definizione originariamente condivisa era di equivalenza tra il costo di produzione dell’energia di un impianto FV (LCOE) ed il costo di acquisto dell’energia elettrica dalla rete (il prezzo del kWh che si paga in bolletta).
Da un po’ di tempo la definizione di GP è diventata più nebulosa e non basta più che un impianto FV si ripaghi da solo ma con le nuove release di definizioni di GP questa deve garantire anche una buona remunerazione a chi ha acquistato l’impianto.
Con la definizione primordiale di GP e l’attuale costo dei pannelli si può dire che questa sia abbondantemente raggiunta almeno al sud e centro Italia dove l’irraggiamento è più elevato sempre che si possa consumare tutta l’energia prodotta direttamente od indirettamente mediante lo Scambio Sul Posto (una convenzione che in sostanza permette di utilizzare la rete come ‘accumulatore virtuale’).
Oggi in sostanza un impianto FV domestico o piccolo industriale si ripaga da solo, questo non vale per i grandi impianti che immettono l’energia in rete senza autoconsumarla per cui la competitività con le fonti fossili è ben lontana.
Chi osasse far presente che il re è nudo (GP raggiunta, impianto che si ripaga da solo) verrebbe impalato all’istante in quanto anche il decreto relativo al V conto energia riporta nero su bianco che la competitività e ancora da venire… e di conseguenza ci sono ancora generosissimi incentivi ma con un limite alle installazioni (ancora circa 1.5-2 GWp installabili).
Quindi è ben comprensibile che sia il presidente del GSE che il rappresentante di Nomisma si siano ben guardati dal far osservare le regali nudità del fotovoltaico.
Nel documento dell’indagine hanno fatto un po’ di confusione con le unità di misura ed a me sembra che il caso di una particolare fornitura energetica (Potenza disponibile 1000 kW e consumo 450.000 kWh al mese) non permetta di ricostruire il quadro generale. Ad esempio in Germania il prezzo del kWh domestico è più elevato che in Italia mentre quello industriale più basso anche perchè in Germania le aziende medie e grandi praticamente non pagano gli incentivi alle rinnovabili che vengono caricati sulle altre utenze. Anche in Italia per grandissimi consumi c’è un limite alla quota di componte A3 (incentivi rinnovabili) che si deve pagare. Non ho verificato con precisione ma ho l’impressione che in questo documento si sia andati a cercare con il lumicino il worst-case per l’Italia.
Per quanto riguarda il discorso costi/benefici delle rinnovabili ed in particolare del FV non è semplice dare una risposta con dei numeri seri. Ciò che però va notato è che sui tentativi di analisi volti a dimostrare che dall’energia verde i benefici sopravanzano i costi c’è da stendere un velo pietoso.