Vi piace andare a teatro? Personalmente, no. Tuttavia questa volta, qualche risata me la vorrei fare. Sia chiaro, non una risata liberatoria, tutt’altro… riderei probabilmente per non piangere. Lo spunto me lo fornirebbe una nuova rappresentazione teatrale intitolata “Ten Billion”. In realtà si tratta di un monologo che descrive uno scenario altamente plausibile: dieci miliardi di persone su questo
pianeta. Uno degli autori, Stephen Emmott spiega a Deutsche Welle che il brano rappresenta lo stato della nostra Terra in un momento non precisato verso la fine di questo secolo.
Insomma, siamo nel 2100 e siamo 10 miliardi di persone. Ma no, accidenti, no, l’autore ci fa sapere che non è un testo contro la sovrappopolazione. In fondo, Emmott suggerisce che 10 miliardi di
esseri umani potrebbero tranquillamente stare fianco a fianco, tutti quanti, in Cornovaglia. Conoscendo i luoghi, mi prenoto un posto vista mare. Soffro di claustrofobia e non vorrei trovarmi, che so, come 5 miliardesimo essere umano, fianco a fianco con i miei colleghi di viaggio, infossato chissà dove.
Spero che Emmott perdonerà la mia ironia, in effetti il testo teatrale è serio: il problema non è il numero di persone, bensì la quantità di risorse che queste persone consumano. E ci chiede di credergli ciecamente: non è il sovrannumero, ma è il modo di vivere di queste
persone, il vero problema.
E giusto per spaventarci un po’ di più, visto che l’ultimo spauracchio planetario risale addirittura a ben 24 ore fa (non sia mai che perdiamo l’abitudine a vedere nero il nostro futuro), ci fa sapere che
paesi come USA e Europa potrebbero soffrire la fame verso la fine del secolo (ma non subito). Non gli credete? Accidenti, di nuovo, no. Dati alla mano, Emmott comunica che un esempio di quanto accadrà tra 100 anni, sta già accadendo adesso. La siccità ha distrutto i raccolti di
mezzo mondo, soprattutto quelli americani. Sarà l’apocalisse (Emmott in effetti usa, testuali parole, il termine “pandemonio”). E questo pandemonio porterà a nuove “Primavere arabe” in tutto il pianeta. Ma questo è un assaggio. Il peggio del peggio arriverà tra 100 anni.
E come potremmo ancora sopravvivere ad un Pianeta che da una parte ci brucia i raccolti e dall’altra manda sott’acqua Manila? E siccome Emmot deve immaginare che il suo intervistatore medio sia anche un po’ rintronato, sottolinea: “Potete immaginare Londra sott’acqua? O
Washington DC?”. E siccome non basta, chiede anche di immaginare il blackout che ha lasciato 600 milioni di indiani senza corrente. Pensate se accaddesse, tra 100 anni, a tutto il pianeta. E poi,
indignato, si chiede che razza di risposta abbia dato il governo indiano a questo problema: costruire altre centrali elettriche. Davvero, non riesco nemmeno io a capacitarmi di una tale
irresponsabilità.
A questo punto mi sorge tremendo, un dubbio: non ci ha appena detto che il problema è lo stile di vita, non i dieci miliardi di persone? Perfetto, ma che gli diciamo noi a queste persone (nell’ipotesi i 600 milioni di indiani senza corrente)? Forse gli dovremmo dire di continuare a vivere illuminandosi con i legnetti? O vuoi vedere che alla fin fine, il messaggio di fondo è: con la scusa che gli stili di
vita vanno ridimensionati, diamo anche una ridimensionatina alla popolazione mondiale Personalmente questo dubbio mi sta trapanando il cervello.
La conclusione dell’articolo di Deutsche Welle è magistrale: “Ten Billion” ci offre una visione netta del futuro che ci attende, una visione basata sulla scienza.
La scienza! E allora va bene, non ci rimane che chiudere. Di fronte alla scienza è impossibile aggiungere altro. Però, preso dalla curiosità, sono andato a vedere chi fosse Stephen Emmott e ho scoperto che è il Direttore di Scienza Computazionale presso i centri di ricerca Microsoft, nonchè Professore di Scienza Computazionale all’Università di Oxford. Temo che questa scienza, altro non sia che modelli previsionali.
Come dicono a Roma? Ambè, allora…
[…] E ancora recentemente, come segnalato su Climate Monitor, da uno studio riconducibile alla Microsoft giunge ancora un allarme nientemeno che per il 2100: “Pandemonium“ […]
Wanna Marchi 2.0
La lista dei paperi pubblicati dal Dr. Emmot è qui: http://research.microsoft.com/en-us/people/semmott/ . Non mi sembra di vederne neanche uno legato alla dinamica della popolazione umana e al rapporto con le risorse. Insomma, questa parte di scienza lui preferisce “pubblicarla” a teatro. E’ una cosa preoccupante e temo che sia semplicemente lo step successivo a quelli che “pubblicano” solo su blog. Meno male che c’è un limite superiore al numero di autori teatrali.
Se questa persona lavora per la Microsoft, vediamo cosa pensa di questi problemi il numero uno di Microsoft, Bill Gates, ascoltando queste incredibili, e per me allarmanti, affermazioni dalla sua stessa voce:
http://www.youtube.com/watch?v=7YMqIC1xKmY&feature=related
C’è una cosa comunque che contesto a Bill Gates, ed è quella sua equazione
CO2=PSEC
quando l’uomo non c’era (P=0) la CO2 è stata anche sette mila ppm, altro che le attuali meno di 400.
Nel suo ragionamento – su cui preferisco non aggiungere aggettivi – Bill Gates dimentica le cause naturali, e parla come se la CO2 dipendesse interamente e solo dall’uomo.
Ricordo inoltre che la CO2 è un gas altamente benefico, essenziale alla vita, e senza il quale su questo pianeta non ci sarebbe alcuna forma di vita evoluta (a partire dalle piante).
Secondo me.