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Roy Spencer e la dissonanza cognitiva di massa

Dal blog di Roy Spencer:

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Dopotutto, se un modello climatico non riesce nemmeno a soddisfare il Primo Principio della Termodinamica, e il riscaldamento globale è sostanzialmente un processo di conservazione dell’energia (l’accumulo netto di energia genera riscaldamento), come possono i modelli 3D essere utilizzati per spiegare o prevedere i cambiamenti climatici? Non capisco come la comunità scientifica dell’IPCC possa continuare a dribblare questa dissonanza cognitiva di massa.

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A questa significativa e piuttosto forte affermazione Spencer arriva esponendo i tratti salienti di una nuova pubblicazione che lui e il suo team hanno appena proposto al Journal o Geophisycal Research. Si tratta di uno studio che utilizza un modello monodimensionale (1D) di forcing-feedback- diffusione delle variazioni delle temperature oceaniche a 2000 metri di profondità per spiegare le variazioni delle temperature oceaniche registrate dal 1955.

Secondo quanto riportato da Spencer, questo modello ha il pregio di conservare l’energia, cosa che, come abbiamo letto (ma se volete sincerarvi potete andare a leggere qui) i modelli impiegati dall’IPCC pare non riescano a fare. La domanda a cui hanno cercato di rispondere nel loro lavoro è centrale: “Quale combinazione di (1) forcing, (2) feedback (sensibilità climatica) e (3) diffusione oceanica (rimescolamento verticale) spiega meglio le temperature di superficie globali di Levitus et al. dal 1955?”. Questi sono i tre processi che controllano le temperature medie superficiali globali alle scale temporali più lunghe.

Utilizzando gli stessi forcing del progetto di modellazione del clima CMIP5 Spencer dice di aver ‘trovato’ valori di sensibilità climatica (risposta delle temperature in relazione ad un raddoppio della CO2) simili a quelle dell’IPCC, ma con una differenza importante. Avendo introdotto le serie storiche dell’ENSO nel ruolo di pseudo-forcing ricavandone un risultato che definisce “non proprio consistente” con quello dell’IPCC. Nessun dettaglio in più almeno per ora, purtroppo, salvo una mera indicazione che l’introduzione di queste serie sembra riportare un segnale di disturbo alla comprensione della sensibilità climatica e delle origini del cambiamento climatico.

Ciò significa che per sapere di cosa si tratta in termini di risultati dovremo aspettare l’eventuale pubblicazione sul JGR. Per inciso Spencer riporta anche di un rifiuto da parte del GRL di una versione più breve del loro paper in quanto giudicato inadatto alla rivista, quindi non in relazione ad un processo di revisione ma per ragioni di linea editoriale.

Vedremo, può anche darsi che il paper appaia sul web, come pare andar di moda recentemente.

 

 

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