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Abbi dubbi. E togliteli.

Ieri abbiamo pubblicato il nostro commento al release del lavoro di Watts et al. Donato, uno dei nostri più attenti lettori, ha fatto un commento che ho deciso di elevare al livello di post. Spero di farvi cosa gradita. Ecco qua.

R. Muller ha risolto tutti i suoi dubbi e, in parte, anche i miei. Ciò che più mi ha impressionato del suo articolo sul NYT è la nettezza delle posizioni. Il riscaldamento globale, ci dice, non ha nulla a che vedere con l’intensificarsi degli eventi estremi (cicloni, uragani, tornado) o con lo sbiancamento dei coralli. I ghiacciai dell’Himalaya non si scioglieranno entro il 2035, gli orsi polari non stanno morendo per colpa del riscaldamento globale, le ondate di calore negli USA, in Russia o nel Mediterraneo non dipendono dall’AGW. Non ho, infine, nulla da obiettare alle sue considerazioni circa il mancato riscaldamento dell’ultimo decennio: potrebbe trattarsi effettivamente di un fatto statisticamente poco significativo.

Muller ammette anche che oggi stiamo sperimentando temperature globali inferiori a quelle del passato, per esempio di quelle relative al medioevo. In altre parole R. Muller fa piazza pulita di tutta la paccottiglia propagandistica, ideologica, politica, falso-ambientalista che ha inquinato, ed inquina, il dibattito scientifico serio sul clima terrestre. Mi auguro che anche i “color che tutto sanno” nostrani possano rendersi conto delle corbellerie che scrivono nei loro post, commenti ed interviste rilasciate ai media.

Egli, comunque, alla fine, si dice convinto di aver individuato nel riscaldamento globale la “firma” dell’uomo. Secondo lui, infatti, non di GW si tratta, ma di AGW. In questo noto una grande coerenza: in tempi diversi ebbe a dire (e lo ribadisce nel suo articolo) che anche lo scienziato più scettico deve arrendersi di fronte all’oggettività dei dati. Evidentemente egli ha individuato nel lavoro di R. Rohde et al. l’oggettività che cercava e che lo ha convinto. La posizione di R. Muller, in questa ottica, è limpida ed io la rispetto pur non condividendo la sua sicurezza circa l’attribuzione, esclusiva, del GW alle attività umane.

J. Curry nel suo lungo post ha ben illustrato le sue perplessità circa l’attribuzione certa del GW alle attività umane. Ella, infatti, cita ben tre studi che mettono in dubbio l’esclusiva responsabilità dell’uomo nell’aver contribuito al riscaldamento globale attribuendone una parte piuttosto consistente (per alcuni 3/4, per altri 1/3) a variabilità naturali. Ciò che ho trovato molto interessante nel suo post, però, sono le considerazioni relative alle interazioni complesse tra i vari elementi che caratterizzano il clima terrestre e che sfuggono a tutti i modelli.

Il clima terrestre, infatti, è frutto di un sistema caotico (in senso fisico-matematico) caratterizzato da stati di equilibrio determinati da attrattori. Curry individua due momenti nel 20° secolo in cui si è avuto un passaggio da uno stato di equilibrio ad un altro: 1910 e 1970. Da un punto di vista fisico il clima può essere considerato frutto di oscillazioni sincrone, NON LINEARI, del sistema Oceani-atmosfera e forzanti esterne di tipo naturale o antropico. I cambiamenti climatici, quindi, si verificherebbero quando queste oscillazioni sono tali da portare il sistema fuori del suo stato di equilibrio. In quel momento inizia il cambiamento climatico che deve essere visto come una transazione verso un nuovo stato di equilibrio del sistema. In questa ottica i processi naturali potrebbero tranquillamente coprire quelli antropici o viceversa.

E’ uno schema molto interessante che ben si addice ad un sistema complesso come quello climatico. Alla sua base, infatti, non vi sono solo considerazioni statistico-matematiche, ma anche la fisica: cosa molto più importante e ben diversa dalle semplici correlazioni. Il punto debole di tutta la costruzione AGW, infatti, resta sempre e, credo lo resterà ancora per molto, la differenza tra correlazione e causalità. BEST, con l’articolo di Rohde et al., ha messo in evidenza che l’andamento delle temperature negli ultimi 150 anni è fortemente correlata all’aumento della concentrazione di CO2 mentre non è affatto correlata all’aumento della concentrazione di metano o all’irradianza solare o ai cicli solari. Alla stessa conclusione erano arrivati A. Pasini et al. applicando l’analisi econometrica alle variazioni di temperatura e determinando la causalità alla Granger tra variazione della concentrazione di CO2 e temperatura terrestre. In tutti i casi, però, ciò che manca è la causalità fisica. Manca, in altre parole, l’evidenza dei dati osservativi.

Se, poi, come credono di aver dimostrato A. Watts et al. nelle loro anticipazioni sul web, i dati su cui si basano tutte queste correlazioni sono fortemente condizionati da bias strumentali (legati alla posizione delle stazioni di rilevamento) e/o statistico-matematici (legati alle omogeneizzazioni dei dati grezzi), ci si rende conto che è ancora molta la strada da percorrere, prima di arrivare all’attribuzione definitiva delle responsabilità del GW. Anzi potremmo scoprire che questo benedetto GW è molto meno intenso di quanto si credeva fino ad ora. Una cosa vorrei, comunque, mettere in evidenza. Due studi indipendenti, D. Koutsoyiannis et al. prima, ed ora questo di Watts ed al., hanno individuato grossi problemi nei metodi di omogeneizzazione dei dati che sembrerebbero ridurre della metà il riscaldamento registrato nell’ultimo secolo. In questo senso verrebbero confermate le conclusioni desunte dall’analisi dei dati di prossimità relative agli anelli degli alberi della Scandinavia settentrionale che non evidenziavano alcuna impennata delle temperature nell’ultimo secolo. Certo che è piuttosto ridicolo dover constatare che i dati proxy sono più attendibili dei dati reali di temperatura dopo l’omogeneizzazione.

A volte la statistica non rende un gran servigio alla conoscenza. 🙂

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Published inAttualità

9 Comments

  1. donato

    A. Watts si mostra molto soddisfatto della riuscita del suo esperimento! Migliaia sono stati i commenti pervenuti alla pagina di WUWT su cui è stata pubblicata l’anteprima del lavoro. Tra questi molti, stando a quanto scrive oggi lo stesso A. Watts, sono stati piuttosto efficaci nell’individuare punti problematici del lavoro. In particolare hanno dato suggerimenti e individuato imprecisioni e/o errori ricercatori del calibro di L. Svalgaard, Z. Hausfather e S. Mosher. Gli autori del lavoro stanno già provvedendo ad una revisione e tra qualche giorno verrà rilasciata una nuova versione dell’articolo pronta per essere pubblicata attraverso i canali “ufficiali”.
    Molto interessante il commento di un lettore di WUWT. Secondo lui l’esperimento di “revisione allargata e palese” è riuscito grazie all’enorme numero di lettori del blog di Watts ed all’interesse che suscitano le tematiche climatiche. Se si fosse trattato di un argomento diverso (con meno appeal presso il pubblico) o di un altro blog, le cose sarebbero andate molto peggio e, forse, non vi sarebbe stata “revisione”. L’opinione di questo lettore mi sembra molto acuta e mi soffermerò a rifletterci sopra. La revisione paritaria tradizionale, effettivamente, consente di rimuovere questo limite.
    Ciao, Donato.

    • Alex

      Leggendo fra le righe il post di A. Watts, mi sembra di capire che la necessita’ di ricomputare e’ proprio dovuta alla mancata inclusione dei TOBs nel testo originale. Ora, se ho capito bene il link precedente postato da gg, la correzione dei dati, applicando la correzione per i TOBs, sara’ necessariamente in senso positivo, quindi la differenza tra le temperature ufficiali (aggiustate) e quella del paper di Watts et al. sara’ ridimensionata e non cosi’ eclatante.

      Spero di aver capito male, ma mi sto facendo la convinzione che questi rilevamenti di temperature fatti inizialmente per motivi meteorologici immediati, siano troppo grossolani per estrapolarne implicazioni climatiche, soprattutto future. Si puo’ sperare nelle rilevazioni satellitari, ma se anche quelle necessitano di aggiustamenti, la possibilita’ di manipolazioni indebite e’ sempre presente.

    • E’ il senso della diffusione del draft. Se ci sarà bisogno di modifiche – alcune sono già arrivate – saranno applicate. Quanto poi alla rappresentatività climatica delle osservazioni, quello che fai è un discorso ragionevole, il problema esiste. Da qui all’indebita manipolazione però ce ne corre.
      gg

    • Alex

      Forse manipolazione e’ eccessivo, pero’ e’ sconcertante che il trend di un set oggettivo di rilevazioni cambi in funzione di chi lo calcola “omogenizzando” i dati. Io per quanto riguarda i processi statitistici, sono profondamente ignorante e devo per forza fidarmi degli esperti, pero’ ho un sufficiente background scientifico per giudicare di quali esperti fidarmi.

      Per quanto riguarda la correzione per il TOBs, mi sembra che nella blogosfera si stiano levando molte voci critiche sull’ algoritmo che viene comunemente usato. Speriamo che esperti affidabili ci mettano le mani.

    • donato

      Io sono d’accordo con te. Omogeneizzare dovrebbe significare, secondo il mio modesto parere, eliminare gli errori sistematici dovuti ai cambiamenti di strumentazione o alle variazioni delle condizioni al contorno della strumentazione. Tale omogeneizzazione dovrebbe avvenire sulla base di misurazioni in parallelo (eseguite contemporaneamente con la vecchia e la nuova strumentazione, nel caso di cambiamento di strumenti di misura). Secondo i ricercatori, però, non si possono prevedere con anni di anticipo le modifiche della strumentazione, per cui si rende necessario provvedere con metodologie statistiche (V. Venema, per esempio, nel suo blog). E a questo punto, come giustamente sottolineavi, cominciano i problemi. Uno di questi problemi, per esempio, riguarda la “linearizzazione” dei dati. In altre parole, dopo l’omogeneizzazione, si perdono le ciclicità presenti nei dati grezzi. Probabilmente si tratta di “aberrazioni” matematiche insite nell’algoritmo e non volute da chi ha implementato il sistema, che dovrebbero essere corrette e, forse, lo saranno. Il fatto è che ci sono e, piano piano, stanno venendo alla luce. Meglio tardi che mai!
      Ciao, Donato.

    • Max,
      il punto é il seguente. Nell’ottica con cui é stato portato avanti, il lavoro di BEST é uno studio ‘più accurato’, sebbene si sia anche saputo che all’epoca del primo fragoroso press release, c’erano dei problemi non da poco in corso con il referaggio. Ma tanto i primi paper, quanto questo, poggiano la loro analisi sul metodo di valutazione qualitativa dei dati del GHCN, la versione globale del dataset USA che Watts e soci hanno pesantemente messo in dubbio in termini di bias riscaldante. Ora, se ne vorranno tener conto (se Watts et al., si rivela solido), il loro studio sarà talmente ‘più accurato’ da ridurre drasticamente il trend del GW. Se non ne terranno conto continueremo a leggere queste puttanate sui giornali. A giudicare dal recente passato sarei per la seconda possibilità, vedremo.
      gg

    • Alex

      Mi sembra che l’attacco a Watts et al. si sia gia’ scatenato, a parte la gia’ prevista e scontata accusa che si rifericsce solo a 2% della superfice terrestre, ora viene fuori che non hanno tenuto conto dell’ ora d’ osservazione.

      Mi pare pero’ che che lo studio volesse dimostrare che i dati grezzi mostrano un riscaldamento inferiore a quello mostrato dopo le varie manipolazioni e cherry-picking delle stazioni che costituiscono il campione, quindi sembra ovvio che abbiano utilizzato dati grezzi.

      Pero’ da semiprofano mi pongo due domande:

      – visto che i vari aggiustamenti producono sempre un aumento della temperatura, non sarebbe il caso di analizzare con occhio critico (e scettico) la metodologia usata?

      – Se la lettura dei dati viene fatta sempre alla stessa ora, che importanza ha sapere a che ora viene fatta per inserire una correzione? E se qualche volta viene fatta ad un orario diverso (ammesso che l’ operatore lo ammetta) a lungo andare gli errori indotti, non si compensano?

      gg, si potrebbe avere una piccola spiegazione su questo TOBs (Time of Observation Bias) e sulla sua importanza? Grazie anticipato.

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