Questo e’ un post sulla sostenibilità, vocabolo di gran moda e molto spesso abusato. Lo affronteremo con calma, grattando appena la superficie, sperando che si voglia scendere più a fondo nel dibattito che seguirà.
Cominciamo con una domanda da bar. Considerato il modo in cui si sente continuamente parlare della disponibilità di risorse e della scarsità delle stesse in un contesto di insistente crescita demografica, secondo voi, le risorse alimentari disponibili su questo pianeta, sono sufficienti a sfamare tutti? In poche parole, il fatto che ci siano ancora circa un miliardo di persone in condizioni di denutrizione e’ frutto dell’assenza di cibo?
La risposta e’ semplice: no. E non sarebbe così neanche se al mondo fossimo da uno a tre miliardi in più.
Fermi sulle sedie, lo dice la FAO, che fino a prova contraria di queste cose se ne intende un pochino.
Facciamo un salto sul blog di Roger Pielke jr dove troviamo un semplice calcolo e un grafico molto eloquente. La FAO stabilisce che un individuo abbia bisogno di circa 1800 Calorie al giorno. Ovviamente c’e’ chi ne consuma molte di più, come chi, purtroppo, ha accesso a molto meno. Al riguardo calzerebbe a pennello il concetto di media introdotto dal poeta Trilussa in materia di polli, ma questa e’ un’altra storia. Quel che conta e’ che negli ultimi 40 anni, le Calorie per persona per giorno disponibili in termini di produzione di cibo siano costantemente aumentate. E lo hanno fatto con un rateo superiore a quello della crescita demografica. In sostanza, malgrado tutto e malgrado gli strepiti di quelli che misurano il pianeta a un tanto al chilo, al mondo c’è più cibo di quanto ne serva. Con i dati fermi al 2007, la parte eccedente basterebbe appunto per altri uno/tre miliardi di persone.
Sicche’, se la distribuzione delle risorse fosse perfetta, cosa che ovviamente non e’, la fame nel mondo non sarebbe un problema. E considerato il fatto che non v’e’ ragione per cui si dovrebbe smettere di migliorare e ottimizzare le tecniche di produzione del cibo, non lo sarebbe, e non lo e’, neanche la crescita demografica.
Basta un brevissimo periodo del report della FAO a sintetizzare il concetto:
Food production has not only kept pace with population growth, it has outstripped it. The world now produces more food than ever, and even countries that were once practically synonymous with famine have achieved self-sufficiency in staple foods… hunger is a problem of poverty, not scarcity.
E tutto questo e’ avvenuto in un contesto non diverso dal passato in termini di episodi che avrebbero – e forse hanno – addirittura limitato i progressi della produzione di cibo. Eventi climatici, su cui oggi si discute tantissimo spesso collegandoli proprio a problemi di disponibilità di risorse, crisi economiche come e peggio di quella attuale, guerre e chi più ne ha più ne metta.
Niente, ma proprio niente, ha fermato il progresso, anche nel settore di cruciale importanza come quello della disponibilità di risorse alimentari. Sono state semmai le policy adottate, l’attenzione per ciò che fa sentire bene ma non fa bene a chi dovrebbe a limitare le possibilità di chi ancora soffre la fame. E anche per questo basterebbero i numeri a zittire i profeti di sventura e i novelli Malthus de noantri. Malgrado la popolazione mondiale sia aumentata, il numero di quanti soffrono la fame e’ diminuito, di poco ma e’ diminuito, abbassando non di poco la percentuale in valore assoluto. E non sono state certo delle policy di “decrescita felice” a consentire questi risultati.
Senza alcuna pretesa di verità, la prossima volta che andate al bar e vi fanno la domanda con cui abbiamo iniziato, curate di avere con voi il grafico sopra, magari qualcuno vorrà dargli un’occhiata.
[…] iniziato con il post “L’insostenibile leggerezza del calcolo“, in cui senza mezzi termini si chiariva il fatto che la fame nel mondo, parola della FAO, è […]
Secondo me, il modo migliore di redistribuire le risorse è quello di permettere alla gente di andare ovunque per cercare di provvedere al proprio sostentamento e quello dei familiari.
Quando le industrie fuggono da Paesi troppo cari, e si rifugiano in Paesi meno cari, questa è di fatto una forma di ridistribuzione della ricchezza, che impoverisce i ricchi e aiuta i poveri.
Non tutto il male viene per nuocere.
non è che il vero problema sia l’accesso alle fonti di sostentamento, acqua compresa? chiedete un pò al manegement della Nestlè o di qualche altra multinazionale del cibo se sono disposti a rivedere le loro politiche per aiutare chi si sveglia ogni mattina sapendo che la serà avrà ancora più fame del giorno precedente.
Valery, se davvero ti stesse a cuore la sorte di “chi si sveglia ogni mattina sapendo che la serà avrà ancora più fame del giorno precedente”, allora ti batteresti per il progresso e contro la decrescita felice, perché quello può sfamare gli affamati, mentre quella li fa aumentare. O forse pensi che producendo di meno (magari con attenzione alla qualità, che fa tanto chic nei salotti buoni…) e con tecnologie vecchie, sfameresti più persone ? Sbagliato, Valery, sbagliato. Guardati l’evoluzione della popolazione e della produzione agraria, e quella delle tecnologie, che c’è tanto da imparare.
Sarebbe ora di finirla con queste politiche delle brioche, tanto care alle principesse francesi. Nel negozietto biologico ci può andare regolarmente il figlio di papà,. ma non quello del popolo che stenta ad arrivare alla fine del mese, ed ha bisogno di trovare cibo abbondante e di poco costo. Questo non si riesce a capire ? Perché ?
Se proprio non vi riesce, provate a fare un esperimento. cercate di vivere con 500 euro al mese (senza barare) e poi fatemi sapere quante volte siete andati a comprare i costosi (ma sani) cibi del negozietto biologico, e quante volte siete andati al mercatino, girando per le bancarelle in cerca di quella più economica…
Secondo me.
Secondo me prima di parlare di politica delle brioche dovresti eliminare un po’ di luoghi comuni dalla testa. Decrescita non vuol dire tornare ai tempi delle caverne. Faccio un esempio. Se si calcola l’acqua necessaria per allevare e nutrire il bestiame, per il trasporto, per l’imballaggio e per tutto ciò che è necessario a portare 1 hamburger bell’e pronto sul nostro piatto, potremmo essere sorpresi di sapere che dietro a quella forma di carne trita e pressata ci sono ben 2.400 litri di acqua. Calcolando che ci sono popolazioni ricche e OBESE che mangiano tonnellate di hamburger (vedi McDonald’s), quanta acqua togliamo al miliardo di persone assetate che si trovano sul globo? Lo sfruttamento intensivo degli allevamenti di bestiame inoltre, sottrae ingenti quantità di cibo e contribuisce notevolmente ad incrementare l’effetto serra. Basterebbe mangiare MENO carne (eliminarla sarebbe meglio) per risolvere una moltitudine di problemi. Ti suggerisco di leggere un articolo illuminante sulla decrescita che spiega in modo lampante perché è necessario e intelligente smettere di crescere: http://www.unmondopossibile.net/articolo/art0076.htm
Maurizio, immagino che Guido e Claudio ti risponderanno, ma per ora ti consiglierei di cominciare tu per primo a eliminare luoghi comuni. Quella di cui hai parlato è acqua che rientra nel ciclo, non sparisce. E vendere l’idea che l’acqua risparmiata in Italia possa essere utile in Africa è il più assurdo dei luoghi comuni. Che si debbano e si possano avere livelli di consumo più sostenibile è sacrosanto, ma forse ti sfugge il particolare che al mondo esiste la fame perché in tanti non hanno soldi per comprare il cibo, anche nazioni intere, non perché non ci sia cibo per loro. Leggi i post più recenti che abbiamo pubblicato proprio a questo riguardo.
gg
@ Maurizio
ti ritengo in buona fede però purtroppo fai un asomma di errori mostruosa.
L’acqua in agricoltura e in zootecnica si utilizza, il consumo non è l’utilizzo ,è dato da utilizzo meno ripristino : nelle zone ad alta densità zootecnica non c’è nessun consumo di acqua, che comunquue non potrebbe mai giungere al miliardo di persone assetate. http://www.climatemonitor.it/?p=12945#footnote_0_12945
la zooecnia intensiva produce molto più cibo di quella estensiva a parità di foraggio, la zootecnia dei ruminanti produce cibo in zone improduttive (estensiva) o sfruttando le enormi produzioni foraggere Ha in quella intensiva, ed è noto che il foraggio l’uomo non lo digerisce
la zootecnia dei non ruminanti produce cibo con razioni che hanno dal 20 al 40% delle razioni composte da scarti: il più grande ricircolo della storia dell’umanità
eliminare la zootecnia non cambierebbe di un cent il costo dei cereali perchè sono già minimi e non possono scendere oltre il costo di produzione
eliminare la zootecnia non fa diventerare ricchi gli affamati
la carne non ha nulla a che fare con l’obesità anzi c’è tantissima carne in tutte le diete dimagranti e sportive
che la zootecnia sia causa imporatante dei cambiamenti climatici è una delle bufale del millennio
http://www.climatemonitor.it/?p=12283
filiera zootecnica ha una certa influenza, secondo l’ipotesi AGW, come tutte le attività produttive, ma senz’altro di molto minore rispetto a tutte le altre.
L’accusa del rapporto FAO 2006 allafiliera zootecnica di essere la terza causa di riscaldamento, prima addirittura dei trasporti, è pesantemente minata da una somma di errori macroscopici.
1) il confronto è stato fatto tra le emissioni di tutta la filiera zootecnica con l’emissioni dei mezzi di trasporto non con la filiera dei trasporti (che ha emissioni molto più alte) questo ammesso dagli stessi autori del report 2006
2) il confronto è stato fatto solo sui prodotti zootecnici edibili per l’uomo, ed è un altro errore macroscopico, perchè il conteggiop delle emissioni rigiarda anche la produzione di cibo per animali, pellami lane e piumini e letami polline e liquami. Nel rapporto FAO 2010 infatti si dice si dovrebbero conteggiare tutti i prodotti zootecnici anche quelli non edibili (MA VA!)
3) ma l’errore macroscopico più evidente riguarda le emissioni di metano zoogeniche che vengono considerate come lorde e trasformate in CO2 eq come se la forzante riscaldante fosse pari al quella del CO2 eq Niente di più sbagliato perchè la forzante del metano non si calcola sulle emisssioni lorde, ma su quelle nette che sono 10 volte meno
4) ci sono errori nella valutazione dei cicli zootecnici perchè calcolano le emissioni di latte e uova da animali già adulti, in realtà bisogna sommare tutte le emissioni dovute all’accrescimento di questi animali da quando nascono fino alla produzione di latte uova e dividerle anche per la produzione di carne Non esistono al mondo allevamenti che producano solo latte o solo uova.
si arriva ad un grosso errore sommando piccoli errori pensi alle scemenze a cui si arriva sommando errori macroscopici.
Maurizio, sei tu quel Maurizio Pallante che ha scritto quel manifesto ?
Se sì, ne sarei ben contento.
Vedi, le idee sbagliate dell’ambientalismo attecchiscono perché hanno una base di verità, ma vengono poi usate in maniera assurda, per cui diventano delle assurdità, secondo me. Ma per capirlo bisogna essere capaci di inquadrare ogni cosa nei loro campi di applicazione.
Da ingegnere di vecchio stampo, quelli che hanno usato il regolo sono abituato a valutare l’ordine di grandezza delle cose, perché il regolo restituisce le cifre significative ma non ti dà l’ordine di grandezza. Quello devi dedurlo tu. E questo ti abitua a valutare le cose e inquadrarle; un’ottima cosa per evitare di dire sciocchezze.
Incominciamo quindi dal pezzo forte del manifesto, l’autoproduzione.
Quello che scrivi, Maurizio (sempre se sei tu, ma la cosa è inessenziale, in fondo) va tutto bene, a livello del singolo. Pensa tu che è talmente vero che io, Guido Botteri, mi sono autoprodotto, con grande soddisfazione, proprio lo yoghurt, per un certo tempo, e posso darti ragione su tutto (o quasi). Era buonissimo, faceva tanto bene ecc. ecc.
Però era una schiavitù, e, se ne avevi voglia o no, ogni giorno dovevi metterti ad autoprodurti lo yoghurt. Tant’è che ad un certo punto mi sono stufato di questa schiavitù, e preferisco comprare lo yoghurt ai supermercati, perquanto il mio fosse più buono. Se tu continui a farlo, ti sarei ben grato se me ne fornissi un po’, lo mangerei volentieri. Ma farlo io, questo mai più, per carità. Perché, vedi, caro Maurizio, questa faccenda dell’autoproduzione può anche funzionare PARZIALMENTE e solo per ALCUNI prodotti e per alcune persone che ne abbiano la voglia e la capacità. E’ l’estensione a livello di sistema che NON FUNZIONA, ed è assurdo, come per quasi tutte le chimere ambientaliste, e da ottima cosa a livello del singolo si trasformano in vere tragedie.
Vedi, a me piace la musica, che faccio, me la autoproduco ? Non sono capace. L’unica volta che, per lavoro, dovetti comporre musica, me la cavai attribuendo ad ogni mattone una nota musicale (dovevo aggiungere la musica ad un videogioco da bar) e quando il giocatore colpiva il mattone, suonava quella nota. Feci anche in modo da facilitare il percorso della pallina in modo che potesse colpire più mattoni e quindi creare un piccolo motivetto. Fu un successo mondiale. Avrei dovuto anche produrre dei personaggi. Me la cavai col muro (disegnare un mattone è facilissimo), ma sarei stato in difficoltà se avessi dovuto autoprodurre dei personaggi umani.
Se guardo alle cose a cui ci tengo di più, vedo che non ho quasi nulla che potrei autoprodurmi, computer, i-Pod (che uso per studiare le lingue), vestiti (non sono un sarto), libri (oltre a scriverne mi piace leggere quelli degli altri), mobili (sono negato), elettrodomestici (una disgrazia). Ho autoprodotto, per due distinti periodi della mia vita, delle fiabe, e non erano male. I miei figli le apprezzavano tanto che le chiedevano con insistenza, e quel che è troppo è troppo, come lo yoghurt.
Autoprodursi il cibo, coltivando il proprio orto ? Splendida idea, ma che funziona solo con qualche persona che ha voglia e capacità e possibilità di farlo. Non sfamerai la popolazione con questa ennesima chimera ambientalista. Ciò non toglie che ci sia qualcuno che, con grande sua soddisfazione, si è fatto l’orto. Ce l’ho anchio. Mi ci hanno buttato fuori, dopo avermi visto all’opera (disastrosa) con le patate, ed ora mi limito a godere dei saporiti frutti e ortaggi del mio orto. Roba squisita ecc. ecc. ma per sfamare la mia famiglia devo continuare a comprare il cibo a negozio…
Insomma, se stai nel tuo orticello limitato e non pretendi di essere la soluzione di problemi più grandi di te, va benissimo anche l’autoproduzione, ma da qui a propagandare la decrescita (in)felice come una soluzione di sistema ce ne corre.
Anche le brioche possono essere una soluzione (in casi eccezionali). finito il pane, chiusi i negozi, in casi eccezionali una brioche è meglio di niente,
ma
questo non vuol dire che puoi nutrire una popolazione con le brioche, o con il suo equivalente moderno, il cib o biologico.
Perché un’altra delle cose che mancano a voi sognatori è il confronto brutale con la realtà, e cioè un poco di analisi di costi/benfici, fatta seriamente, e non su basi ideologiche.
Secondo me.
tutto vero, peccato che l’accesso al cibo in buona parte del globo non è proprio così semplice come dovrebbe. idem per l’acqua. tranquilli ci pensano le varie multinazionali del cibo a risolvere il problema senza far crollare i prezzi. Le policy di decrescita non c’entrano nulla, l’unico problema è il fatturato.