Prima un breve disclaimer. Quando le condizioni atmosferiche sono disagevoli deve esserci un’informazione capillare. Di conseguenza si devono prendere le giuste precauzioni. Nessuna intenzione quindi di sottovalutare un problema.
Ma, sinceramente, non se ne poteva (e non se ne potrà) veramente più. Dopo gli epici condottieri e i personaggi danteschi ora pare si debba scendere addirittura all’inferno. Come già detto su queste pagine, nomi diversi e spaventosi per cose sempre uguali. Ognuno si diverte come può, ma non è detto che in questo rientri la tortura mediatica.
Sicché ci voleva proprio il pungente articolo di Maria Laura Rodotà uscito su corriere.it ieri l’altro:
Consigli pratici di sopravvivenza contro il caldo percepito (dagli altri).
Un vero spasso.
Grazie.
Molti commenti all’articolo della Rodotà citano la “temperatura percepita”, di cui lamentano, e mi associo al lamento, la strumentalità mediatica visto che consente di sparare numeri maggiorati di 3,4,5,X gradi in più.
Uno dei commenti segnala che anche il sito meteo dell’ A.M. ne ha abbracciato la moda.
Escluso il bisogno di sensazionalismo, proprio dell’arte giornalistica e di quanti non possono rinunciare ad un dramma quotidiano, può lei, signor Guidi, che ci lavora dentro, illuminarci sulle motivazioni di una simile scelta?
Accetterò volentieri un suo no comment, indubbiamente giustificabile per “ragioni di servizio”.
Non e’ affatto un problema. Quella temperatura non dovrebbe essere definita percepita, perché si tratta di qualcosa di evidentemente riferito a sensazioni soggettive e quindi non quantificabili. I valori riportati sono riferiti allo Heat stress index, parametro invece quantificabile e impiegato per valutare il livello di rischio per le attività condotte in situazioni di tot elevata temperatura e tot elevata umidità. Solo che se si scrive Heat stress index nessuno capisce, così si deroga un po’ alla correttezza tecnica ma si fornisce un’informazione compiuta.
Spero di aver chiarito.
gg