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Per questi qui ci vuole uno bravo!

Ci vuole uno strizzacervelli, ma di quelli bravi. Questo l’ironico commento di Judith Curry all’ultima perla pubblicata su Nature Climate Change:

Promoting pro-environmental action in climate change deniers

In realtà la Curry ha scritto che ci vorrebbe qualcuno che studi chi scrive certe cose, ma il senso e’ quello.

Vediamo un po’. A parte l’uso smodato del termine ‘negazionisti’, intesi come tutti – ma proprio tutti – quelli che mostrano scetticismo circa le origini antropiche del cambiamento climatico, che fa di ogni erba un fascio e di per se chiude la porta ad ogni genere di confronto, la parte più gustosa è quella che divide l’allegra brigata di inconsapevoli sfascia-pianeta in due categorie:

  1. Quelli che possono essere convinti che dall’azione di contrasto al sedicente pericolo di disfacimento climatico si possa ricavare del tornaconto
  2. Quelli che possono essere blanditi con promesse di maggiore calore umano e speranze in una società migliore

Se non si trattasse di una rivista che nasce da una costola della più quotata rivista scientifica del mondo e che si prefigge l’unico scopo di approfondire con rigore scientifico (basta ridere!) tutti i temi climatici e ambientali si potrebbe pensare che stiano scherzando.

Ma non è così. C’è invece gente che campa e spesso fa anche fortuna scrivendo queste stupidaggini. Che costruisce carriere e partecipa a convegni semplicemente dando del profittatore o del cretino al prossimo. Già, perché dal momento che si asserisce nel paper che parlare di scienza – la loro ovviamente – non serve o serve a poco perché dicono che lo scetticismo (loro scrivono negazionismo ovviamente) nasce da presupposti ideologici, per portarti dalla mia parte, per convertirti (sic!) o ti pago o ti coccolo.

E mentre insultano il prossimo parlano di coesione sociale, di una società migliore. Questo è nella migliore delle ipotesi un autogol, nella peggiore quello che in effetti è: una ipocrita finzione di apertura al dialogo che cela la volontà, una volta di più, di affermare le proprie ragioni per vie traverse dal momento che ciò con l’ortodossia scientifica non è possibile.

E, presi dall’entusiasmo del loro arguto ragionamento, non si accorgono di riuscire a darsi torto da soli scrivendo:

[error]

A sizeable (and growing) proportion of the public in Western democracies deny the existence of anthropogenic climate change.

Una considerevole (e crescente) porzione del pubblico delle democrazie occidentali nega l’esistenza del cambiamento climatico antropogenico.

[/error]

Ma se è considerevole e crescente e viene dalle democrazie occidentali, quelle stesse che consentono per fortuna anche l’esistenza di chiacchiere inutili come le loro, una ragione ci sarà. Vuoi vedere che è perché è vero? Del resto, seguendo alla lettera la filosofia del consenso, tanto cara soprattutto a chi sostiene l’AGW, sarà sufficiente aspettare che lo scetticismo diventi maggioranza (e non è detto che non sia già così) e come d’incanto i negazionisti diventeranno loro. Sono sicuro che non gli piacerà, specialmente perché Nature Climate Change e affini smetteranno di pubblicare le loro elucubrazioni sociologiche.

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Published inAttualità

8 Comments

  1. donato

    Torno sull’argomento dopo aver letto la risposta del dr. Paul Bain alle mails di protesta per l’utilizzo del termine “negazionista” su Nature Climate Change. Il dr. Bain si rammarica per il polverone che si è alzato sulla questione e si ripromette, in futuro, di prestare maggior attenzione affinché la cosa non si verifichi più. Veramente una cosa mi ha colpito, negativamente, nella sua risposta. Se non ho interpretato male il suo pensiero egli reputa che il termine “negazionista” non sia offensivo in quanto negli ambienti scientifici, formali ed informali, l’uso del termine è normale per indicare chi non crede nell’AGW. Egli pertanto si “stupisce” per il disappunto che molti gli hanno manifestato. Altro aspetto della risposta che mi lascia perplesso è il significato che il dott. Bain attribuisce alla parola “scettico”. Sempre se non ho interpretato male il suo pensiero, Bain reputa che “scettico” poco si addice a chi nega l’AWG, a chi è contro l’ambiente e via cantando, perchè ha una connotazione “troppo poco negativa” che il target cui si rivolge la rivista non avrebbe apprezzato. Ad uno che se ne esce con questi discorsi verrebbe voglia di rispondere per le rime e … mandarlo a quel paese 🙂 .
    Siccome, però, ci consideriamo persone civili (checché ne pensino quelli che tutto sanno) ci asteniamo da ogni ulteriore commento (l’uso del plurale per indicare un mio modo di vedere non mi è molto congeniale, ma questa volta mi arrogo il diritto di usarlo perché ho la presunzione di interpretare anche il pensiero di qualche altro scettico).
    Più interessante, invece, è il seguito della risposta. Il dr. Bain invita gli scettici a non sottovalutare il messaggio che è insito nell’articolo “incriminato”. Visto che, nonostante i più svariati tentativi posti in atto, è risultato quasi impossibile convincere gli scettici circa la bontà dell’ipotesi AGW, tra le fila degli scienziati che si occupano di climatologia e di cambiamenti climatici, si sta facendo strada una nuova linea di pensiero. Secondo costoro sarebbe utile trovare con gli scettici un terreno di condivisione e, quindi, sviluppare dei progetti che riescano a soddisfare contemporaneamente le posizioni scettiche e quelle pro AGW. Azzardo un esempio. Per chi crede nell’AGW è importante ridurre le emissioni di CO2. Molti scettici non hanno nulla in contrario a caldeggiare iniziative tese alla salvaguardia dell’ambiente. Se si riuscisse a individuare un progetto che da un lato riduce le emissioni di CO2 e dall’altro migliora l’ambiente il gioco è fatto. Il dr. Bain, a titolo di esempio, fa riferimento alla riduzione della dipendenza dalle forniture di petrolio dai paesi produttori. Secondo me questa seconda ipotesi non è tanto campata per aria. Voglio rifletterci un poco su.
    Voglio segnalare, infine, la splendita replica del dr. Robert G. Brown della Duke University alla mail del dr. Bain.

    http://wattsupwiththat.com/2012/06/22/a-response-to-dr-paul-bains-use-of-denier-in-scientific-literature/

    Vale la pena di leggerla per intero. Almeno secondo me.
    Ciao, Donato.

    • donato

      errata corrige: ovviamente è “splendida” e non “splendita”. Capita a certe ore della notte! 🙂
      Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Non avendo letto la risposta del dr Bain in originale, prendo per buona questa:
      – Bain reputa che “scettico” poco si addice a chi nega l’AWG, a chi è contro l’ambiente e via cantando, perchè ha una connotazione “troppo poco negativa” che il target cui si rivolge la rivista non avrebbe apprezzato.” –
      Se questo è vero, allora mi domando cos’abbia da stupirsi questo signore, quando è evidente la sua precisa volontà di offendere, ed anche per uno scopo spregevole, il suo interesse ad ottenere la pubblicazione sulla rivista.
      Dunque, per ottenere la pubblicazione (e ditemi se non è una sporca questione di interesse privato) questo signore avrebbe deciso di insultare chi non la pensa come lui, questo deduco… sempre nell’ipotesi che quel che ho letto sia una corretta traduzione.

    • Guido Botteri

      Ho trovato quel che cercavo. Da:
      http://wattsupwiththat.com/2012/06/20/dr-paul-bain-responds-to-critics-of-use-of-denier-term/
      Il dr Bain manda questa lettera a WUWT:
      “So we were using a term that is known, used, and understood in the target audience, but which we thought involved a stronger negative stereotype (e.g. being anti-environmental, contrarian) than skeptic.”
      “But because we were focused on our target audience, it is true that I naively didn’t pay enough attention to the effect the label would have on other audiences, notably skeptics. Although I hope this helps explain our rationale for using the term, I regret the negative effects it has had and I intend to use alternative labels in the future.”
      ok, promette di non farlo più.

    • donato

      E tu ci credi?
      Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      No.
      Ma io sono uno scettico blu 🙂

  2. donato

    Ieri leggevo l’articolo di B. Lomborg pubblicato su CM e, condividendone un buon 98%, pensavo proprio a questo articolo di Nature Climate Change (che avevo avuto occasione di conoscere su WUWT). Mi chiedevo, e mi chiedo, perché è così diffusa questa intolleranza verso chi pensa in modo diverso dalla maggioranza (che, poi, tanto maggioranza non è per i motivi che vedremo nel seguito). Questo, però, è un discorso che ci porta molto fuori dal seminato. Ciò che conta, infatti, non è il numero di persone che sostengono un’idea, ma la bontà delle idee. E, in questo caso, ciò che lascia perplessi (molto perplessi) è la debolezza estrema delle idee esposte su Nature Climate Change dagli autori del paper. Altra questione censurabile dell’articolo in questione è l’uso “disinvolto” del termine “negazionista” che ha suscitato non poche proteste nella galassia scettica. Molti scettici “di rango”, infatti hanno scritto al direttore di Nature Climate Change rivendicando il diritto alla parità di trattamento: se dana81, infatti, si risente per il fatto che il blog su cui scrive sia definito con le iniziali delle famigerate camicie brune naziste (SS) e lo considera offensivo, allo stesso modo deve essere reputato offensivo il termine negazionismo per le note connotazioni che assume con riferimento a chi nega l’Olocausto.
    Il direttore di Nature C. C. ha risposto, ma io non ho avuto il tempo di leggere la risposta. Eventualmente ci risentiremo in seguito.
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Oltre ad essere offensivo per i ben noti connotati dispregiativi, il termine “negazionista” presuppone (ed è davvero “presunzione”) che l’altro abbia ragione, e il “negazionista” abbia torto, a prescindere, e prima ancora di mettersi a discutere.
      Questo è un metodo fascista, e inaccettabile.
      Finché riusciremo a conservare questa imperfetta democrazia, pessimo sistema di governo (ma tutti gli altri sono molto peggio, per cui TENIAMOCELO BEN STRETTO), bisognerebbe rispettare le altre persone e le loro opinioni. Lo prevederebbe la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
      Ma se questo è vero in tutti i campi, lo dovrebbe essere a maggior ragione nel campo della scienza, dove non dovrebbe contare l’argumentum ad populum (e cioè l’appello al consenso) né l’argumentum ad verecundiam (cioè l’appello all’autorità del parlante), ma dovrebbero contare i dati, gli esperimenti, gli argomenti per sé stessi.
      La filosofia ha dimostrato la fallacità degli argumenta ad populum et ad verecundiam, ma essi sono lo stesso continuamente rinfacciati. Ma come volete che accetti un appello alla fiducia incondizionata uno come me che si è interessato alla climatologia proprio perché ha sentito puzza di bruciato ? E questa puzza di bruciato parte proprio dal termine “negazionista”, e cioè dalla pretesa di una parte di essere infallibile, salvo poi, quando escono gli errori, ad autorizzarsi a sbagliare, perché la scienza è un continuo divenire e perfezionarsi…vero, ma allora non ci venite a dire che sarebbe “settled” e non usate quel termine “negazionista” che presuppone che abbiate ragione. Chi “ha ragione” NON può sbagliare.
      Insomma non si può essere contemporaneamente infallibili, condannare ogni benché minimo dubbio (ricordate che nel filmato “no pressure” saltavano in aria tutti quelli che non aderivano entusiasticamente alle loro idee… penso a persone che comunque credono nel GW, come Lomborg e la Curry, e sono odiate come “eretiche”), e poi pretendere che i propri errori e le proprie previsioni sbagliate siano perdonate.
      Il termine “negazionista” presuppone quindi l’arroganza di darsi ragione a priori, e se ci si è dati ragione a priori, non si possono accampare scuse dopo, quando questa ragione si dimostra falsa.
      Secondo me.

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