Rio+20 sta per iniziare e tutto sommato ci sembra che stia ricevendo una copertura mediatica superiore al fallimentare summit di Durban. Ovviamente ciò non esclude l’eventuale fallimento anche di questi colloqui di Rio. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad ogni tipo di intervento volto a convicere l’opinione pubblica e soprattutto i politici ad intraprendere scelte mirate a salvaguardare la salute del nostro pianeta. Mettetela come volete: possiamo parlare di orsi polari, galline prataiole, desertificazione, alluvioni, meno neve ma anche più neve, tuttavia dietro queste altissime aspirazioni, ce n’è una ancora più alta. Sempre la stessa. Riporto dal Guardian:
Rich countries need to reduce or radically transform unsustainable lifestyles, while greater efforts should be made to provide contraception to those who want it in the developing world
Traduzione: “Le nazioni ricche devono ridurre o radicalmente trasformare i propri stili di vita insostenibili, mentre sforzi maggiori andrebbero compiuti per offrire metodi contraccettivi a chi ne fa richiesta nei paesi in via di sviluppo”.
Esatto, siamo sempre alle solite. Con la scusa di dover salvare il mondo e con il paravento della sostenibilità, ecco che riescono sempre ad infilarci in mezzo il vero obiettivo: la decrescita, ottenuta tramite due strade: le masse occidentali vanno impoverite (mi pare che ci stiano riuscendo bene). Le masse terzomondiali vanno private del diritto di generare una prole. Siamo 6 miliardi, siamo troppi e i potenti non ci vogliono. E quindi o utilizzate i contraccettivi, oppure dovete rientrare in un programma di contenimento della popolazione.
Se da un lato il contenimento dei consumi, inteso come riduzione degli sprechi, trova assolutamente favorevole lo scrivente, non altrettanto (e l’abbiamo ribadito più volte su queste pagine) circa il contenimento delle nascite. Se l’uomo nasce libero, deve poter decidere per se stesso. Se non ce la fa a sopravvivere dignitosamente, è in quel momento che interviene la comunità. Se sbandieriamo i principi del diritto naturale, allora non possiamo invertire questa sequenza logica, ovvero la comunità interviene a monte, limitando la libertà individuale alla riproduzione.
Come sapete, tuttavia, esistono poteri molto, molto forti a cui questo discorso non piace. Piace invece l’impostazione che preveda una elite che scelga per noi quali e quante libertà offrirci. Lo spauracchio che agitano è sempre quello: la scarsità di risorse. Eppure non passa giorno che non si scopra nuovo petrolio (che era già dato per morto da anni) o che qualcuno non inventi un modo per aumentare la produttività dei terreni agricoli.
E nell’articolo del Guardian si citano la Royal Society (come mai non mi stupisce questo fatto?) e l’International Council for Science. Reale di qua, scienza di là ed ecco che ammantano la decrescita di un’aura sacra. E meno male che sottolineano che la pianificazione familiare deve essere volontaria. Le famiglie devono poter accedere a sistemi di contraccezione e di sanità migliore. Ove per sanità migliore, vado a interpretazione, si intende un sistema ospedaliero migliore per interrompere le gravidanze. Ma tutto questo è volontario, giusto quel tanto per dissociarsi dall’altro pazzoide che voleva sottoporre a sterilizzazione coatta le donne del terzo mondo.
E sentite questa, Lori Hunter, demografa che ha partecipato ad un evento preparatorio a Rio+20 sostiene che oggi non si parli così tanto di ridurre la popolazione umana semplicemente per timore di essere additati come allarmisti o politicamente scorretti. Ehi, wait a moment. Conosciamo un paio di maestri laureati in Allarmismo e sicuramente non sono seduti agli antipodi di questa Lori Hunter. Le faremo avere i recapiti.
E così, non volendo sembrare politicamente scorretti, questa gente si limita ad avallare pubblicità dove le persone vengono fatte saltare in aria perchè non sono d’accordo con le teorie del global warming, oppure, sempre in ossequio alla correttezza, ci vengono a dire che siamo troppi e bisognerebbe sterilizzare tre quarti della popolazione umana. Mi chiedo, me lo chiedo seriamente, cosa potrebbero dire o fare se non si sentissero, bontà loro, limitati nella libertà di parola.
E visto che ci siamo, vi riporto il pensiero conclusivo di Lori Hunter, la demografa che non vuole procurare allarmi sociali:
You need to push the levers that are shaping family size. Basically, you can’t save the environment without reproductive health policies and programmes
Traduzione: “Si devono tirare le leve che controllano la dimensione della famiglia. Fondamentalmente, non puoi salvare l’ambiente senza politiche per la riproduzione (umana, ndr)”.
Se non erro, tempo fa ci fu qualche ambientalista che se ne uscì dicendo che il modo più economico per salvare la Terra fosse lanciare milioni di preservativi sui paesi del Terzo Mondo.
A scanso di equivoci: noi non sosteniamo che tutto vada bene su questo pianeta. Ma è solo un caso secondo voi che la più grande crisi economica globale (da quando è nata la parola “finanza”) è stata causata dalla voracità degli speculatori occidentali e non dalla Sig.ra Maria che ha messo al mondo 2 figli, o da Amina che invece di figli ne ha messi al mondo 7 per vederne morire 3 di malaria (che combattiamo a parole, noi occidentali)? Alla faccia del politically correct.
Per quel che mi riguarda, se fossimo 1,5 miliardi, sarei felice e contento. Sarei felicissimo anche se fossimo cinquecento milioni. Il guaio è che siamo 7 miliardi e, se i demografi non hanno preso una cantonata, saremo 10 miliardi. Sono numeri, non c’è niente da fare. In India, per limitare le nascite, hanno fatto ricorso alla vasectomia di massa: l’esito è stato fallimentare. In Cina si è imposto, per legge, il figlio unico: le femmine vengono uccise alla nascita perché le coppie, per ragioni culturali, vogliono figli maschi. Alla fine si sono accorti che c’erano troppi maschi e poche femmine e, ora, si temono crisi sociali enormi dovute al fatto che tutti questi maschi non riescono a trovare compagne con cui crearsi una famiglia. Nè io, nè altri che hanno commentato su queste pagine (presumo, ma conoscendoli ne sono abbastanza sicuro 🙂 ), pretendiamo che la popolazione terrestre arrivi per forza a 10 miliardi di individui. Il problema è che, volenti o nolenti, ci arriveremo a meno che qualcuno non decida di sterminare qualche miliardo di persone. Io, più che ipotizzare campagne di controllo delle nascite costose e destinate ad un fallimento sicuro (come ci insegna la storia), cercherei di trovare strumenti per poter fronteggiare il problema. Malthus nel 1700 ed il Club di Roma nel 1972, fecero delle previsioni che, alla luce dei fatti, si sono rivelate sbagliate. Possiamo dire, in altre parole, che il collasso per fame, fino ad oggi non vi è stato. Niente impedisce che, domani, a causa di un crollo imprevedibile delle tecnologie, potremmo trovarci di fronte ad una situazione tale che la metà della popolazione mondiale o forse più, soccomberà (per fame, pestilenze, o quant’altro). Non potremo farci niente, allo stesso modo in cui non poterono sopravvivere i dinosauri o le ammoniti o i trilobiti. Ci estingueremo o raggiungeremo un nuovo equilibrio? Non lo so. Così come non lo sa nessuno sulla faccia della Terra. Io sono molto (forse troppo) pragmatico: il mondo in cui viviamo si è evoluto in questo modo perché la Natura ha consentito l’evoluzione di una specie, homo sapiens, che è stata capace di modificare l’ambiente in cui vive per meglio adattarlo alle sue esigenze. In questo ambiente possono vivere 7 miliardi di persone. Probabilmente potranno viverci 10 miliardi di persone. Nè io, nè “commosso”, né G. Botteri o F. McGee (non ho citato gli altri per brevità 🙂 ), possiamo stabilire se ciò sarà possibile o meno. L’unica cosa certa è che nessuno e sottolineo nessuno, ha il potere di impedire che la popolazione mondiale aumenti. Almeno in un mondo governato nel modo che conosciamo oggi. In un mondo diverso forse si. Sarebbe, però, un mondo alla Matrix, oppure un mondo in cui qualcuno dovrà avere il potere di decidere se io posso avere figli oppure no, un mondo rigidamente controllato in cui non avrà diritto di cittadinanza la dissidenza o la libertà. Un mondo che a me, personalmente, non piacerebbe ed in cui lotterei per cambiarne le regole. Noi occidentali, ormai, abbiamo raggiunto l’equilibrio demografico. Non lo hanno raggiunto le Nazioni in via di sviluppo. Che vogliamo fare? Impedire ai paesi in via di sviluppo di procreare o suicidarci noi altri? Qualcuno mi dirà che non bisogna essere così “estremisti”, che con delle buone politiche di “moral suasion”, di istruzione, di educazione sanitaria, ecc., ecc., potremmo risolvere il problema. A costui, in modo scorretto, probabilmente, rispondo che alle favole non credo più: mi dimostri una e dico una, situazione in cui tutte queste belle cose hanno risolto qualche problema nel terzo mondo (o nel primo mondo).
Il discorso, pertanto, non è tra chi vuole “una popolazione umana allevata in batteria” e chi vuole “salvaguardare foreste, spiagge, aree selvagge”. Nessuno gode a vedere la popolazione mondiale che cresce senza controllo. Il problema è che la popolazione mondiale, nonostante noi cerchiamo di tenerla sotto controllo, cresce senza controllo. E, checché ne diciamo, è umanamente impossibile impedirlo. Quindi, cerchiamo di attrezzarci per risolvere il problema invece di strapparci le vesti. In questo modo, probabilmente, riusciremo ad evitare la catastrofe. In caso contrario, la catastrofe è assicurata.
Ciao, Donato.
Sono commosso due volte (infatti vedo che qualcuno si è perfino sentito di commentare il mio breve appunto sarcastico).
Non è la prima volte che mi imbatto in articoli del genere.
Resto sempre sorpreso e meravigliato, più che commosso, per la verità.
Ammesso (e per nulla concesso) che vi sia spazio su questo pianeta ancora per tanta gente (non entro nel merito, mi basta accennare al solo problema della disponibilità di acqua dolce).
Registro con stupore (c’e’ posto per 10, 20, 30 miliardi… chi offre di più?) questo approccio al problema da “polli allevati in batteria”: tutti alla mangiatoia, e quando non si mangia, via a riprodursi e moltiplicarsi. Ora, come si dice: de gustibus… non sta a me giudicare le scelte del genere umano. A vedere lo sviluppo delle megalopoli pare che questa prospettiva da pollo in gabbia sia allettante per molti. Mi stupisce però l’entusiasmo da parte delle elite intellettuali. Davvero non capisco questo “valore aggiunto” delle essere in tanti sulla terra. Già con i numeri attuali non mi pare che a nessuno di noi manchino le occasioni relazionali, tra 7 miliardi di individui, alla fine quanti ne frequentiamo? Davvero non ci interessa che sul pianeta restino degli spazi liberi da città e coltivazioni, penso a foreste, coste, aree selvagge?
Quando poi, questa prospettiva viene evocata in forme dogmatico-confessionale, (vedi link sopra) ecco allora che il mio stupore si trasforma in brividi. Ma questa è un altra orrenda storia, purtroppo.
Commosso, non si tratta di voler megalopoli di “uomini allevati in batteria: tutti alla mangiatoia, e quando non si mangia, via a riprodursi e moltiplicarsi.”, certamente no.
La gente ama la vita di città, visto che ci vive, invece di abbandonarle per le campagne. Perché di campagne, alcune abbandonate, ce ne sono quante ne vuoi.
Ora, con internet, diventerà possibile vivere in campagna mantenendo il contatto col mondo, e questo è un bene.
Io non ho detto “tutti in mangiatoia, di corsa, e l’ultimo che arriva, rimane senza granone!” 🙂
Già adesso è possibile, per chi lo vuole, farsi una vita in campagna…perché pochissimi lo fanno ? E’ una domanda interessante, a cui ti lascio pensare una tua risposta.
Comunque io non sogno un mondo di 36 miliardi di persone, spero di non aver dato questa impressione. Semplicemente non sono d’accordo sulle politiche di massac…ehm, volevo dire di “sterilizzazione forzata” e altre amenità.
Non sono d’accordo con “Rientro dolce” (a due miliardi soltanto). Perché non ci vedo niente di dolce. Forse perché sono diabetico 🙂
(una battutina per rilassarci)
Ma io so che l’Italia aveva qualche anno fa una crescita demografica “negativa”. Rifletti su questo fatto.
Perché ora stiamo aumentando ?
La mia personale risposta è perché sono arrivate persone con altre storie passate, con altre culture, con altre esigenze, con altri timori e sensi di (in)sicurezza. Sono loro che fanno figli, non le madri italiane, che, se fosse per le nostre, staremmo a decrescere demograficamente che è un piacere.
E’ quindi il discorso della sovrappopolazione è un discorso di benessere e di sicurezza.
Non hai notato quanti figli fanno i conigli, i topi, gli insetti ? Ti sei chiesto perché ? Ti sei chiesto quanti di questi tanti figli sopravvivano ?
Dai sicurezza alla prole, e il numero di figli diminuisce, senza bisogno di Rientri Dolci, o sterilizzazioni forzate.
Ma se ti opponi agli OGM, al progresso, e proponi il cibo biologico (come a dire fai la politica delle brioche, di nobile tradizione francese…) che sarà pure buono e genuino, ma è adatto ai figli di papà, NON ai figli del popolo, che non hanno tanti danari per sfamarsi,
allora
ci sarà fame, insicurezza, e la gente si metterà a sfornar figli, perché così funziona in natura, le specie che si sentono in pericolo reagiscono con una maggiore prolificità, e al contrario quelle che si sentono (troppo) tranquille perdono l’attenzione e l’amore per i figli.
Le risorse ci sono e ci saranno. Chi lancia allarmi sulle risorse è perché ha una visione statica, come Malthus, le cui previsioni catastrofiche NON si sono avverate, eppure continua a raccogliere sempre più consensi.
Pensa quanti di più siamo, rispetto a quando ha vissuto lui, pastore anglicano evidentemente passato in segreto alla “concorrenza” 🙂
Lui ha vissuto a cavallo del 1800, in un’epoca in cui la popolazione mondiale si aggirava intorno al miliardo di persone (sette volte di meno di adesso) e la fame dilagava. Quanti pianeti gli sarebbero serviti per sfamare la popolazione attuale ? Almeno sette.
Ma se andiamo in epoca più antica, arriviamo che per sfamare questa stessa popolazione attuale, di pianeti ce ne sarebbero voluti circa sette mila.
Infatti le risorse non sono una torta da dividere. Le risorse si creano, si aumentano, con l’attività e con le tecnologie e il progresso.
Avere più risorse non farà crescere la popolazione a dismisura, ma la farà stabilizzare e forse perfino regredire.
I ricchi fanno pochi figli, i poveri tanti. Ecco la soluzione.
Combattere la povertà, e questo lo si può fare solo puntando sul progresso, NON su decrescite (in)felici.
Secondo me.
Ringrazio di cuore tutti i commentatori: avete dato vita ad un proficuo dibattito! Torneremo presto su questo argomento.
FMcGee
Conferenza Rio+20: “Asse del male Vaticano-islam contro diritti riproduttivi delle donne”
Si conclude oggi la conferenza Rio+20, lanciata dall’Assemblea delle Nazioni Unite per discutere di sviluppo sostenibile e dei problemi ambientali che colpiscono il pianeta. Un evento a Rio de Janeiro, dopo quello del 1992, che vede la presenza di moltissimi rappresentanti di stati, esperti, ong e attivisti.
A spegnere le speranze per prese di posizione davvero innovative, ha contribuito anche il Vaticano. Scrive Roberto Giovannini ieri su La Stampa che la Santa Sede ha operato un vero e proprio “blitz” per stravolgere il testo del documento finale, già concordato. In particolare, preso di mira il paragrafo 244, che parlava dei diritti riproduttivi delle donne. Come l’accesso a mezzi sicuri e poco costosi per la pianificazione familiare, per l’aborto e la contraccezione e in generale il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, inquadrati nel contesto di una lotta per alleviare la pressione dell’uomo sull’ambiente.
Il reverendo Philip J. Bene, uno dei membri della delegazione vaticana che siede come osservatore permanente presso l’Onu, ha dato vita ad una ’santa’ alleanza per impedire ancora una volta l’affermazione dell’autonomia delle donne, come nella tradizione della Chiesa. Il Vaticano non poteva votare, ma ha fatto in modo che convergessero sulla modifica del testo infatti paesi arabi e islamici (come Egitto e Siria), nonché altri del Sud America con una forte impronta cattolica (come il Cile), ma anche la Polonia.
Rachel Harris, esponente della Ong Women Environment and Development Organization, che sostiene i diritti delle donne nei paesi in via di sviluppo, parla di un vero e proprio “asse del male contro le donne” che ha spaccato in maniera trasversale paesi in via di sviluppo e quelli più avanzati per una presa di posizione all’insegna dell’arretratezza e del confessionalismo. Come accade nei singoli anche in ambito internazionale. Ancora una volta, un’alleanza tra religioni sulla pelle delle donne.
http://www.uaar.it/news/2012/06/22/conferenza-rio-20-asse-male-vaticano-islam-contro-diritti-riproduttivi-donne/
news dell’Unione Atei ed agnostici razionalisti
o, nella migliore delle ipotesi, TUTTI A DIETA !!!
…sto ancora ridendo…..
http://www.lescienze.it/news/2012/06/20/news/biomassa_popolazione_mondiale-1099473/
Insomma, sbaglierò ma, a naso, credo che questi siano riusciti a sostituire un metro scientifico, la popolazione, con un metro di cui non si capisce con quali metodi (stime ?) si siano tirati fuori risultati di comodo (la biomassa…. ma cos’è ? la cosa mi puzza e molto)
Ricordate il metodo delle emissioni pro-capite ? Come se in cielo la CO2 di ognuno di noi restasse rigorosamente separate…cioè un metodo per dar ragione a Cina e India, che hanno popolazioni numericamente miliardarie.
Anche qui, un’altra furbata, a mio parere, con questa biomassa, che vorrei proprio vedere com’è calcolata.
Ma una volta per biomassa non si intendeva qualcosa di analogo alla legna ?
Ma ora serve dare addosso all’occidente, sempre e in qualsiasi modo, e ci scommetto che i più accaniti in questo gioco al massacro siano proprio elementi occidentali, specialisti di masochismo ed autolesionismo.
Secondo me.
Max, tu stai ridendo, io no! Forse il tuo fisico ti consente di ridere, il mio NOOOO! Per la miseria, mi sa che sono messo male, molto male! Se dovessero decidere di “normalizzare” la situazione del pianeta, io sarei tra i primi ad essere tolto di mezzo: uomo, occidentale, scettico, sovrappeso/obeso (dipende dal momento storico: prima o dopo la dieta 🙂 ), abitante in un piccolo centro ed in una casa isolata piuttosto “ampia”, residente in un luogo diverso da quello dove lavoro (che raggiungo in una macchina dotata di aria condizionata e diesel, per giunta), amante della buona tavola, delle comodità della vita moderna e forte fruitore delle risorse tecnologiche (non tutte, però).
Mi sa che non ho proprio scampo! Sono uno dei peggiori abitatori del globo terrestre, un pericolo mortale per Gaia, vista la mia “impronta biologica” imponente. Se non mi sentirete più credo che capirete al volo quello che mi è capitato! 🙂 , 🙂 , 🙂 .
P.S. alla fine è venuto da ridere anche a me. Nessuno è perfetto!
Ciao, Donato.
Donato, vieni con me a fare trekking tutte le domeniche, garantisco 2 kg al mese in meno ….
AHAHAHAAH 🙂
“…”Chiunque è disposto ad accettare l’idea che la crescita della popolazione mondiale possa minacciare la sostenibilità ambientale”, ha concluso Ian Roberts, che ha guidato lo studio. “I nostri risultati mettono all’attenzione di tutti che anche il peso eccessivo degli individui rappresenta una minaccia per la sostenibilità”…..”
questa frase è veramente oltre ogni limite dell’assurdo…..
A Rio+20, sembra proprio che i promotori dello sviluppo sostenibile attraverso il diritto internazionale all’aborto e il controllo della popolazione (Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite, Norvegia, Islanda, Cattolici per la libera scelta e Federazione internazionale per la paternità/maternità pianificata) siano stati ricacciati indietro da una santa alleanza di Stati che ha messo insieme Santa Sede, Nicaragua, Cile, Russia, Honduras, Siria, Repubblica Dominicana, Costa Rica e Egitto: http://www.c-fam.org/fridayfax/volume-15/abortion-proponents-admit-defeat-at-rio-conference.html
Sette miliardi di abitanti del pianeta, concentrati nei soli Stati Uniti, farebbero una densità di circa 750 abitanti per km2. Non sembra niente di drammatico rispetto alle densità attuali di certi stati (http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_stati_per_densit%C3%A0_di_popolazione). Pare che nel pianeta ci sia ancora sufficiente spazio per tutti e per molti altri.
Questo tema è piuttosto dibattuto sul web (e non solo). Come scrive G. Botteri l’argomento può essere affrontato solo nell’ottica “est modus in rebus” ovvero abbandonando gli “opposti estremi” e senza preclusioni ideologiche. Con questo non voglio dire che il mio modo di inquadrare la questione sia corretto, mentre quello degli altri non lo è: lungi da me! Ho il massimo rispetto per le opinioni altrui e il mio è solo un punto di vista che, almeno a me, sembra equilibrato (salvo smentite, ovviamente 🙂 ).
Da qualche anno ho superato il mezzo secolo di vita (sono nato nel 1959, tanto per la precisione) e sono vissuto in una zona piuttosto arretrata economicamente e socialmente (il Sannio beneventano settentrionale, tanto per intenderci). Le mie origini sono molto modeste: mio nonno paterno emigrò negli USA agli inizi del secolo scorso, mio padre è stato emigrante prima in Australia e poi in Svizzera, i miei nonni materni erano dei mezzadri e mia madre, prima di sposare mio padre era una bracciante agricola. Queste note biografiche servono a capire il contesto in cui sono cresciuto e vissuto e vogliono rappresentare le ipotesi su cui baso la discussione che cercherò di affrontare. Quando ero bambino i campi si aravano con l’aratro in metallo trainato da una coppia di buoi; il grano si mieteva con la falce, si raccoglieva, a mano, in covoni; si trasportava, con ausilio di asini o carri trainati da buoi, sull’aia e si trebbiava con trebbie meccaniche. La vita dei contadini era durissima: si lavorava dal sorgere del sole (le cinque circa, in estate) al calar del sole (le ventuno circa, sempre in estate). Con il passare del tempo l’agricoltura si è meccanizzata e, oggi, le cose che ho raccontato sembrano tratte da un racconto di De Amicis. La produttività dei campi, grazie all’utilizzo di concimi, anticrittogamici ed antiparassitari, sementi selezionate ed energia a basso costo per l’alimentazione delle macchine agricole, è aumentata moltissimo (rivoluzine verde si chiama, se non erro). Ciò che non è aumentato, però, è stato il reddito dei contadini che, come posso constatare di persona, hanno un tenore di vita che, dopo i massimi livelli raggiunti negli anni novanta del secolo scorso, sta lentamente, ma inesorabilmente, calando. La ragione deve ricercarsi nei prezzi particolarmente bassi dei prodotti agricoli. Al consumatore finale sentir parlare di prezzi bassi dei prodotti agricoli appare un controsenso: visti i prezzi di tali prodotti al supermercato non so dargli torto. Questi prezzi, però, sono il frutto della lunga filiera che i prodotti percorrono per passare dal produttore al consumatore. Se noi da un lato manteniamo bassi i prezzi dei prodotti agricoli e dall’altro aumentiamo i costi dell’energia, dei concimi, degli antiparassitari e degli anticrittogamici, eliminiamo i presupposti su cui si basa la rivoluzione verde: ritorneremo ad un’economia di sussistenza che renderà impossibile sfamare le persone. A questo punto, veramente la popolazione mondiale verrà decimata da fame, pestilenze e guerre. Se, invece, noi riusciremo a tenere bassi i prezzi dei concimi, dell’energia e dei prodotti per i trattamenti delle colture (senza i quali, checché se ne dica, non c’e spazio per le abbondanti produzioni cui siamo abituati) la produzione può addirittura aumentare. Il problema di fondo, come si vede, resta quello dell’energia e delle materie prime. Oggi come oggi non è possibile utilizzare i reflui degli allevamenti per concimare i campi (lo prevedono le norme anti inquinamento), le stoppie ed i residui delle coltivazioni non vengono utilizzati per arricchire di humus i terreni perché destinati alla produzione di energia da biomasse (biocarburanti, energia elettrica, ecc., ecc.) incentivata dagli Stati. L’energia costa sempre di più grazie alle accise e grazie alle politiche di contenimento della produzione per mantenere alti i costi. I movimenti ambientalisti sono contrari ad ogni iniziativa tesa ad aumentare la produzione di energia (da qualsiasi fonte, escluso il solare e l’eolico). In questo quadro non ho motivo di dubitare che sfamare 10 miliardi di persone sarà impossibile. Sì, perchè 10 miliardi è, secondo i demografi, il numero asintotico cui tende la popolazione mondiale ed oltre il quale non andrà (molto lontano dai 38 miliardi di cui parla commosso). Se, però, riuscissimo a tenere basso il costo dell’energia facendo ricorso a tutte le fonti disponibili (fossili, nucleari, rinnovabili e via cantando) potremmo anche farcela. Ciò sarà possibile, inoltre, aumentando i fondi destinati alle ricerche tese ad aumentare il rendimento del solare convenzionale e dell’eolico, a compensare le discontinuità tipiche di queste forme di produzione energetica ed a svilupparne di nuove. Allo stesso modo è necessario individuare varietà vegetali e razze animali in grado di produrre di più e più resistenti ai patogeni in modo da ridurre o stabilizzare l’uso di concimi e pesticidi. In altre parole è necessaria ricerca ed innovazione. Oggi, invece, prosperano e fanno proseliti organizzazioni che fanno dell’opposizione alla scienza, alla tecnologia ed all’innovazione la loro ragion d’essere. Secondo qualcuno dovremmo ridurre il numero degli abitanti della Terra a 1,5 miliardi di persone perché solo in questo modo riusciremo a far fronte ad uno stress improvviso come una crisi energetica o un crollo della tecnologia. A questo qualcuno chiedo (metaforicamente, ovviamente) di spiegarci come fare. Sterilizzeremo tutti i maschi dopo il primo figlio? Obbligheremo ogni coppia a non procreare più di un figlio? Sono tutte politiche che hanno prodotto risultati fallimentari. L’unico modo è quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dell’intero genere umano: solo questo ha consentito di ridurre drasticamente il numero medio di figli per ogni coppia, come insegna la storia.
Ciao, Donato.
Tempo fa lessi un articolo di uno scienziato che valutava in 36 miliardi di persone la capacità della Terra di sfamare una popolazione umana. Valore molto vicino a quello di “commosso”.
Personalmente penso però che la questione vada vista in senso dinamico, e che la popolazione, e la possibilità di sfamarla, dipendano fortemente dalle tecnologie.
Ragionare senza tener conto dell’evoluzione delle tecnologie è come fare i conti senza l’oste. Manca un protagonista importante.
Se certe organizzazioni riuscissero a far precipitare il mondo nell’arretratezza, come vorrebbero, allora ci sarebbe un decadimento delle tecnologie, e davvero il mondo non potrebbe produrre cibo nemmeno per un miliardo di persone.
Quante persone possono vivere in Italia ? Dicendo NO a tutto ciò che è progresso, mobilità, industria…accanendoci contro industriali e imprenditori, colpevoli di pretendere un guadagno, (come se gli operai lavorassero gratis e per amore del lavoro in sé), dicendo no agli OGM, inseguendo la chimera biologica, buona per i figli di papà, ma non certo per chi deve arrivare (a stento) alla fine del mese…dove vorremmo arrivare ? Alla fame, senza dubbio.
Andare a comprare quel che costa meno alla bancherella migliore del mercatino ? No, c’è il negozietto biologico, dove tutto costa molto di più, ma, per i figli di papà, questo non è un problema, vero ?
Per gente come Donato e me, però, che hanno conosciuto la povertà, e non se la sono dimenticata, questi conti non tornano.
Secondo me.
un articolo commovente, caro Fergus Mc Gee
distribuire preservativi nel terzo mondo sarebbe veramente da cattivoni, già fanno una vita di m., e si sa che con quel coso anche trombare non è la stessa cosa.
En passant: ho fatto un calcolo e posso dimostrare che sulla Terra c’è spazio per almeno altri 38 miliardi di persone, un sogno!
Unico inconveniente, bisogna dormire a turno, perchè sdraiati tutti insieme non ci si sta.
Commosso, un errore hai commesso?
Ho rifatto il tuo calcolo prendendo per buoni i 38 miliardi di persone e posso dimostrare che dedicando un millesimo della superficie terrestre, pari a 5,1*10^14 mq, a camere da letto singole in casette a un solo piano, ogni essere umano avrebbe a disposizione 13,4 mq per dormire. Io abito in un palazzo di nove piani…
Poi scusa, che c’è di nuovo, già oggi succede che un terzo del mondo dorme mentre due terzi vegliano… se non sono turni questi.
Senti, io ho un’idea alternativa. Cioè non posso dimostrala come fai tu a ogni piè sospinto ma… pare che esista una forte correlazione inversa tra sviluppo socioeconomico e aumento demografico.
Poi vatti a vedere quanti facevano la fame 50 anni fa e quanti la fanno adesso, scoprirai che quel numero non cambia mentre la popolazione totale è quasi triplicata. Indovina il perchè!
E, infine, sono d’accordo con te, trombare col gommino… bah 😉
Forse i più giovani non lo sanno, o lo sanno ma non ci pensano, che la popolazione è infatti molto aumentata, e nonostante questo c’è più cibo e più benessere
da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale
“Numerosi ricercatori sostengono, in accordo con la teoria della catastrofe di Toba, che attorno al 70.000 a.C. l’intera specie umana fu decimata da un terribile cataclisma naturale, che la ridusse a poche migliaia di individui.[4] Dal disastro (fino al consolidarsi delle prime scoperte nel campo dell’agricoltura) la popolazione tornò ad aumentare sino a stabilizzarsi su circa 1 milione di abitanti, il cui stile di vita (basato su caccia e raccolta di viveri) non permise una crescita costante e mantenne la densità demografica nelle zone abitate su valori molto bassi in confronto all’epoca attuale.
Si stima invece che nell’Impero Romano, tra il 300 ed il 400 d.C., vivessero tra 55 milioni e 120 milioni di abitanti;[5] tale popolazione fu duramente colpita dalla cosiddetta Peste di Giustiniano, che secondo le stime più quotate portò a circa 25 milioni di decessi, fino alla sua estinzione attorno al 750.
Nel 1340 la popolazione Europea si attesta attorno ai settanta milioni di individui, mentre alla nascita della dinastia Ming (1368) quella Cinese conta circa sessanta milioni di abitanti.
La pandemia della Morte Nera, che colpì nel corso del XIV secolo il mondo allora conosciuto, ridusse presumibilmente la popolazione umana da 450 a 350-375 milioni di abitanti; questa piaga rappresenta l’ultimo periodo in cui la popolazione mondiale ebbe un decremento tanto evidente, che fu recuperato solo dopo circa quasi due secoli (in effetti dopo il 1500 si raggiunse un numero di abitanti superiore a quello del 1347).
La colonizzazione europea delle Americhe contribuì fortemente al futuro sviluppo della popolazione mondiale, nonostante l’ingente perdita di vite umane tra le popolazioni indigene del nuovo mondo; l’apertura di nuovi spazi da abitare e la scoperta di specie vegetali quali il mais, la patata, il cotone ed il pomodoro fornì nuove prospettive per la diffusione spaziale e quantitativa della popolazione europea.
Durante la rivoluzione industriale, i progressi della medicina e l’aumento della qualità della vita nei paesi sviluppati portarono alla cosiddetta rivoluzione demografica; il tasso di mortalità scese vertiginosamente e un contemporaneo tasso di natalità elevato portò ad un raddoppio della popolazione mondiale in solo due secoli.[6] La popolazione Europea in particolare passò da 100 milioni a quasi 200 milioni di individui e nel corso del XIX secolo raddoppiò. Il subcontinente indiano, ad oggi secondo solo alla Cina per popolamento, passò dai 125 milioni di abitanti del 1750 a circa 390 milioni nel 1941.
Nel 1975 la popolazione mondiale raggiunge i 4 miliardi di individui, raddoppiando in 35 anni e toccando la propria velocità di crescita più elevata”
Ora, quei numeri, tanto più bassi degli attuali sette miliardi circa, non hanno impedito che quelle popolazioni soffrissero la fame, molto di più di quanto ne soffra l’attuale popolazione.
Questo dimostra come la fame NON sia (solo) funzione del numero di persone, ma dipenda anche dall’evoluzione delle tecnologie.
Per corollario, possiamo notare come fare passi indietro nella strada del progresso (la decrescita “felice”) porterebbe a produrre MOLTO MENO CIBO, e quindi aumenterebbe a dismisura i morti per fame.
Niger Innis, valente parlamentare Americano di colore, chiama queste politiche verdi “ecocolonialismo” (per questo gli ho chiesto ed ottenuto l’amicizia su facebook).
Si moriva di fame anche (e maggiormente, in percentuale) quando la popolazione umana ammontava ad un solo milione di individui.
Non ci deve dunque tanto spaventare il numero, quanto le tecnologie. Fermare il progresso sarebbe una follia imperdonabile. Vorrebbe dire condannare a morte milioni (forse miliardi) di povera gente.
Viceversa è evidente che al crescere del benessere diminuisce la prolificità umana. La Natura (per chi ci crede) vede e provvede. Alta mortalità infantile ? Nascono più bambini. Bassa mortalità infantile ? Ne nascono meno.
Ricordate che in Italia c’è stato un periodo in cui la crescita demografica è stata NEGATIVA. Poi le donne non si sono messe a fare più figli (forse ancora meno), ma sono arrivate donne da altri contesti sociali e culturali. Donne che, quando si inseriscono nel nostro contesto, e cioè quando acquisiscono sicurezza per la loro vita e quella della loro prole, fanno però meno figli, senza bisogno di forzare la sterilità, come richiesto dal zar della scienza Americano, il collaboratore di Obama John Holdren:
da:
http://en.wikipedia.org/wiki/John_Holdren
“In 1977, Paul R. Ehrlich, Anne H. Ehrlich, and Holdren co-authored the textbook Ecoscience: Population, Resources, Environment; they discussed the possible role of a wide variety of solutions to overpopulation, from voluntary family planning to enforced population controls, including forced sterilization for women after they gave birth to a designated number of children, and discussed “the use of milder methods of influencing family size preferences” such as access to birth control and abortion.”
La sovrappopolazione non ci deve dunque spaventare, perché essa “è” un problema, ma “minore” di quel che vogliono farci credere, con (forse) ben altri scopi.
La via maestra è il progresso, non la decrescita, ed è significativo che si oppongano a questo proprio molti ricercatori, che, in quanto operatori di un progresso in cui non credono, mi domando che ci stiano a fare nel campo della ricerca… e mi domando come siano arrivati nei posti in cui operano. Ma qui mi fermo, per non sollevare un putiferio.
Secondo me.
A proposito di Rio+20, leggo sul sito del nostro Ministero dell’Ambiente:
La Conferenza si concentrerà su due temi principali:
1.”A Green Economy in the context of sustainable development and poverty eradication”: da intendersi come transizione verso un’economia verde (adattata al contesto nazionale), che non sia solo un miglioramento ambientale, ma un nuovo paradigma che cerchi di alleviare minacce globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali e al tempo stesso promuovere un benessere sociale ed economico.
2.”Institutional framework for sustainable development”: da intendersi come riferimento al sistema di governance globale per lo sviluppo sostenibile, includendo le istituzioni incaricate di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile attraverso i suoi tre pilastri: sociale, ambientale ed economico. [……]
Avrei due domande da proporle: riguardo il punto 1, tutto bellissimo e auspicabile (utopico?) ma siamo sicuri che non sarà l’ennesima occasione per sprecare milioni di dollari senza aiutare (e invece sfruttarle) effettivamente le popolazioni povere del pianeta?
E riguardo il punto 2, cosa intendono precisamente per “governance globale”? Forse i “poteri molto forti” che Lei cita nell’articolo? A me questa parola mette un po’ i brividi….non so bene il perché 🙂
Condivido il tuo timore, Mauro. La “governance” globale è un modo furbo di indicare comandi che vengono dall’alto, da organizzazioni NON elette, e che si autonominano salvifiche, nella loro visione maltusiana in cui l’uomo sarebbe colpevole di questo e di quello, e dovrebbe fare passi indietro.
La governance globale è, a mio parere, semplicemente INACCETTABILE, perché presuppone l’abbandono di quei criteri di democrazia che hanno contraddistinto il cammino della Civiltà.
Sono d’accordo sul risparmio, quando utile, ma non come meta prioritaria, non come obiettivo prioritario di una scelta economica.
Noi ingegneri siamo quelli del regolo, uno strumento meravigliosamente bastardo, perché ti dà le cifre del risultato, ma non ti dice se sono unità, centinaia, migliaia, milioni o chissà cosa. Questo (inquadrare il valore) è un tuo compito, e così noi ingegneri siamo abituati, per formazione, ad aspettarci sempre che un risultato rientri in un certo campo di valori. Questa abitudine ad inquadrare le cose nella loro portata mi spinge a storcere il naso quando mi si parla di baratto, autoproduzione, fonti rinnovabili e così via. Perché tutte queste (ed altre) cose sono belle e buone, MA SOLO IN UNA CERTA DIMENSIONE, e spinte oltre quella, da buone che erano diventano una vera sciagura.
La stessa cosa vale, secondo me, per il risparmio.
Non confondiamo il parsimonioso con l’avaro.
C’è, appunto, come noterebbe un ingegnere, una differenza di livello, a partire da una qualità (o difetto) comune. Ma i risultati sono molto, ma molto diversi.
Non confondiamo chi ama l’ambiente con certi ambientalisti estremi.
Est modus in rebus.
La virtù sta nel mezzo, e gli estremi sono degenerazioni da non seguire.
Pensate ad una famiglia di disoccupati. Il loro “principale” problema è forse il risparmio ? Certamente il risparmio è “un” problema, ma non è “il” problema. Il problema è trovare lavoro. Quello è il problema. E non sempre si trova lavoro risparmiando fino all’osso. Magari c’è un’attività da iniziare, ci sono soldi da investire…”investire” è il contrario di “risparmiare”, ma chi investe, se gli va bene, si può ritrovare molto, ma molto più ricco di chi semplicemente risparmia.
Ed una Nazione decente avrebbe il dovere di “investire” in attività produttive (quindi NON nelle fonti rinnovabili, almeno allo stato attuale delle cose, semmai nella ricerca che le riguarda), NON di risparmiare fino all’osso, strozzando magari gli imprenditori fino al loro suicidio, che trascina con sé anche tante famiglie di operai sulla strada.
Se non si crea ricchezza, non si risolverà il problema risparmiando, o dando soldi alle banche (magari spagnole).
I posti di lavoro sono creati dalla ricchezza, e la ricchezza è creata dalle attività produttive VERE.
Qui si chiude il cerchio con le risorse e la loro presunta limitatezza. Le risorse sono funzione dell’attività, e delle tecnologie, e non solo qualcosa di statico, fisso, che andrebbe solo a perdere, com’è nella visione deviata dei maltusiani. Le risorse si creano, si aumentano.
Chi pone freni alle attività, invocando decrescite o usa la dizione che spaventa meno, ma che fa lo stesso, in pratica, di “progresso sostenibile”, sta mettendo un freno alla produzione di ricchezza, e quindi ai posti di lavoro, ai diritti (che non si alimentano di povertà), alla salute pubblica e quindi alla durata della vita, e il tutto a beneficio di un ristretto club di miliardari che sono spaventati da una possibile concorrenza che possa indebolire il loro potere.
Vorrebbero portare la popolazione mondiale a 500 milioni di persone, e gli altri sei miliardi “non fortunati” ?
Io sarei sicuramente tra quelli, perché sono Italiano (etnia poco gradita) e per giunta scettico. Sento quindi il dovere e il diritto di oppormi con tutte le mie forze a questa politica che giudico economicamente disastrosa, e umanamente sciagurata.
Secondo me.