Donato barone, che ringrazio, ha aggiunto un commento al mio breve post sul sisma in Emilia Romagna. Ci ha spiegato cosa si intende per liquefazione delle sabbie. Esattamente quello che cercavo.
Perciò ho deciso di farne un post. Buona lettura.
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Il problema della liquefazione delle sabbie è noto a chiunque si occupi di geotecnica. Voglio affrontarlo dal punto di vista ingegneristico, di chi, cioè, progetta le strutture fondali di un manufatto edilizio, ovvero dal punto di vista geotecnico. Lascio gli aspetti geologici veri e propri a chi si occupa di geologia. A vantaggio della comprensione, inoltre, sacrificherò un po’ di rigore tecnico ben consapevole di espormi agli strali dei puristi 🙂 . Me ne scuso in anticipo.
Il mio professore di geotecnica, prima, e ancor più il mio professore di tecnica delle fondazioni, dopo, hanno sempre cercato di mettere in risalto questo fenomeno subdolo e pericolosissimo. Chi progetta un manufatto edilizio deve valutare la possibilità che il complesso terreno-fondazione possa essere soggetto a fenomeni di liquefazione delle sabbie. In Giappone ed in Cina, per esempio, non è raro osservare edifici del tutto integri che, però, si sono parzialmente immersi nel terreno dopo un evento sismico: responsabile di tutto, ovviamente, la liquefazione delle sabbie.
Da un punto di vista scientifico con il termine liquefazione si intendono tutti quei fenomeni associati “ad una perdita di resistenza al taglio o ad accumulo di deformazioni plastiche in terreni saturi, di natura prevalentemente sabbiosa, sollecitati da azioni cicliche e dinamiche che agiscono in condizioni non drenate”. Dietro l’aridità della definizione tecnica si individuano tutte le caratteristiche fisiche del fenomeno: terreni di tipo sabbioso, presenza di acqua che occupa tutti gli interstizi tra i granelli (terreni saturi), presenza di forze applicate in modo periodico e dinamico (terremoto, tanto per intenderci), impossibilità per l’acqua di abbandonare le zone interessate dalle sollecitazioni (la cosa non è proprio precisa ma rende l’idea 🙂 ). Il fenomeno, inoltre, interessa strati piuttosto profondi. Esso, infatti, preoccupa in presenza di fondazioni profonde (come i pali, per esempio) e non ha grossi effetti sulle fondazioni superficiali quando la falda freatica è piuttosto profonda (oltre 15 metri dal piano di posa delle fondazioni). I terreni interessati dalla liquefazione, inoltre, sono poco addensati. Con questo termine intendiamo dire che un corpo è in grado di penetrare con una certa facilità al loro interno. Il grado di addensamento di un terreno sabbioso dipende dal numero di colpi necessari per far avanzare di una certa lunghezza un cilindro metallico con punta conica (penetrometro) nel terreno. Semplificando molto: più il terreno è denso, maggiore è il numero di colpi necessario a far avanzare il penetrometro nel terreno. Altro aspetto che influenza la liquefacibilità delle sabbie è la granulometria delle stesse. Detto in soldoni né i limi (sabbie molto sottili), né le ghiaie si liquefano.
A liquefarsi, invece, sono le sabbie che hanno una granulometria compresa tra qualche centesimo di millimetro e qualche millimetro. In realtà la valutazione della tendenza a liquefazione di un terreno è molto complessa e richiede indagini di notevole difficoltà tecnica. Gli aspetti legati alla granulometria, per esempio, sono molto più articolati di quelli da me indicati: si determina la curva granulometrica del campione di terreno (difficile da prelevare perché incoerente), si valuta il suo coefficiente di uniformità e, alla fine, la si confronta con dei fusi standard. Se la curva così determinata ricade entro questi fusi la sabbia è soggetta a liquefazione, in caso contrario no.
Riassumendo, quando uno strato di sabbia caratterizzato da un’opportuna granulometria, da uno scarso addensamento e da un’immersione completa in acqua viene interessato da sollecitazioni dinamiche di tipo ciclico e di notevole magnitudo (le onde sismiche, per esempio) i terreni perdono la capacità di resistere a taglio. La capacità di resistere a taglio è strettamente legata all’attrito all’interno del materiale. Di ciò si tiene conto mediante il coefficiente di attrito che, nel caso dei terreni, è legato all’angolo di attrito interno influenzato, a sua volta, dalla granulometria del materiale. In presenza di acqua ed in condizioni non drenate l’angolo di attrito interno tende a zero (come nei liquidi) per cui le capacità dei terreni di resistere alle sollecitazioni dipendono solo dalla coesione (altro parametro fisico meccanico che caratterizza i terreni) che, però, per le sabbie, è molto bassa. In altri termini, in presenza di liquefazione delle sabbie, esse perdono quasi tutte le loro capacità portanti ed i fabbricati e gli altri manufatti posti al di sopra di esse sprofondano. Il motivo per cui le proprietà meccaniche di una sabbia si riducono a zero va ricercato nelle pressioni che si vengono a creare all’interno degli interstizi tra i granelli di sabbia (pressioni interstiziali). Esse sono prodotte dalle deformazioni indotte dalle onde sismiche sui terreni che confinano l’acqua impedendole di defluire. L’acqua è un liquido incomprimibile per cui tali pressioni si trasmettono in ogni punto della massa liquida. In presenza di sabbie poco compatte (sciolte) le pressioni interstiziali possono essere superiori a quelle prodotte dal peso dei materiali sovrastanti (pressioni efficaci)per cui lo scheletro solido costituito dai granelli di sabbia si scompagina completamente e l’attrito si riduce quasi a zero. Il terreno perde consistenza e non è più in grado di sostenere i carichi posti al di sopra di esso. L’acqua in pressione, infine, sfugge lungo eventuali fratture dei terreni e trascina con sè la sabbia che fuoriesce dal terreno formando piccoli vulcani o chiazze come quella visibile nella foto in testa al post.
La zona interessata dagli eventi sismici in Emilia è costituita da depositi sabbiosi di grossa potenza, normalmente consolidati, con granulometria piuttosto critica, completamente immersi in acqua. In presenza di fenomeni tellurici con magnitudo superiore a 5 della scala Richter e di accelerazioni al suolo maggiori di 0,1g (in campo libero) ci troviamo nelle condizioni ideali per assistere a fenomeni di liquefazione. Strano non è il fenomeno; strana è la “sorpresa” che molti evidenziano in questa circostanza. Si tratta, infatti, di fenomeni ben noti, ampiamente documentati nella bibliografia tecnica e consacrati nelle norme tecniche che regolano l’attività edilizia nel nostro Paese. E’ vero che non siamo in grado di elaborare modelli in grado di quantificare in modo completo ed esaustivo il fenomeno, però lo conosciamo piuttosto bene pur senza comprenderlo appieno (niente di nuovo sotto il sole dei … modelli 🙂 ).
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