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Peer to Peer

No, non abbiamo deciso di dedicare Climate Monitor allo scambio di contenuti multimediali. Ho voluto soltanto usare un artificio linguistico per introdurre un argomento che si rifà alla stessa terminologia ma riguarda tutt’altro. Molte volte nelle nostre discussioni è stato affrontato l’argomento della validazione degli elaborati scientifici attraverso il sistema di revisione paritaria, definito appunto peer-review. Un processo cui devono essere sottoposte le pubblicazioni per testarne la validità in termini tecnici, procedurali e di contenuto. Normalmente, le riviste scientifiche non accettano materiali che non abbiano superato questo processo di validazione e questo dovrebbe garantire degli standard di qualità. Non è mia intenzione discutere la validità di questo sistema che, come è ovvio che sia, è sicuramente migliorabile ma ha il pregio di essere impiegato in modo trasversale praticamente in tutto il mondo. Conoscere l’esistenza di questo sistema è però utile ad introdurre un problema più pressante.

Le riviste più autorevoli, ovvero quelle più diffuse e che si sono costruite nel tempo un’immagine di serietà, imparzialità e rigidità nell’applicazione delle regole di revisione, sono definite ad alto “impact factor”. Ottenere la pubblicazione di un lavoro su una di queste assegna materialmente un punteggio elevato in una eventuale valutazione per incarichi di tipo scientifico. Va da sè che questo aspetto finisce per essere decisamente più importante dello scopo per cui nascono questi strumenti mediatici, ovvero quello della divulgazione scientifica e dello scambio di informazioni nel mondo della conoscenza. Agli incarichi si collegano i successi professionali e, con questi, aumenta la possibilità di dar voce alla propria linea di pensiero. Il ruolo di queste riviste è dunque estremamente delicato.

Non so quanto questo sistema abbia funzionato sin qui, ma è certo che le regole sembrano essere saltate quasi completamente con l’insorgere del tema dei cambiamenti climatici e della loro possibile (presunta?) origine antropogenica. A sparigliare le carte sono intervenute delle decisioni editoriali alquanto discutibili, consistenti nel negare a priori la pubblicazione a manoscritti che mettano in dubbio il concetto di riscaldamento globale antropogenico. La mia esperienza in materia è alquanto limitata, per non dire proprio nulla, perciò mi sono permesso di chiedere ad alcuni amici miei e di questo blog di esprimere qualche valutazione in ordine a questo argomento.

Il primo di questi è Teodoro Georgiadis e quelle che seguono sono le sue riflessioni.

Questi argomenti sono stati discussi molte volte, e molte volte ci siamo sentiti dire “ma se non pubblichi su Science o Nature come invece fanno molti altri, cosa parli a fare?…”. Da tempo abbiamo inviato lavori dove si chiedeva, sulla base di ragionamenti che gli stessi referi hanno giudicato opportuni e degni di pubblicazione, che alcuni lavori citati internazionalmente rivedessero delle cosiddette “certezze”. Il risultato e’ stato che per decisioni “puramente editoriali” i lavori non sono risultati pubblicabili.

Io credevo abbastanza fermamente che l’onesta’ intellettuale pervadesse ‘comunque’ il sistema scientifico, oggi devo dire che questa mia credenza e’ stata abbastanza profondamente minata proprio alla luce della evidente capziosita’ di certi ragionamenti. All’interno del mio Ente1 si stanno facendo dei grandi ragionamenti su
come giudicare le persone (concorsi) e si elucubra su impact factor, riviste SI’ e riviste NO’, su H-index e altre baggianate. Baggianate le definisco dovendo constatare che tutto questo sistema che dovrebbe essere pulito-democratico-scientifico parte dal presupposto (vedere gli editoriali su Nature e Science) che l’AGW sia una incontrovertibile realta’ e quindi non si debba far perdere tempo al macchinista con inutili stupidaggini.

Forse e’ vero che il futuro e’ di una GREEN-ECONOMY che ormai pervade tutta la OLD-ECONOMY: una green economy che vivra’ solo se si convincera’ la massaia di Voghera che e’ giusto e bello, e che cosi’ il futuro dei figli (quelli che ormai hanno piu’ paura dell’innalzamento del livello del mare che del babbo che li porta al fast food e fuma alla sera vicino a loro) sara’ assicurato. Questa green economy ha pero’ bisogno di creare un sistema industriale che sia  stabile almeno per una ventina d’anni (perchè siano stabili i costi e si garantiscano i guadagni), bene qui le previsioni-scenari-vaticini-chiamatelecomevolete diventano lo strumento principe per garantire questa stabilita’. Le fluttuazioni quando vanno nella direzione voluta sono inequivocabili tendenze, quando vanno nella
direzione contraria sono soltanto quello che sono cioe’ fluttuazioni.

Mi sembra che il quadro sia coerente:

  1. il dissenso viene eliminato in quanto non scientifico perche’ non rientra nel sistema peer-review
  2. non avendo lavori peer-review sul tema non si e’ climatologo quindi non autorizzato a parlare
  3. non avendo lavori peer-review non fai neppure carriera cosi’ non rischi di generare piccoli sistemi di disturbo locali
  4. l’incontrovertibilita’ del problema AGW e’ dimostrata perche’ non esistono lavori che dimostrino il contrario
  5. scenari e tendenze diventano un fatto scientifico certo e ci possiamo costruire sopra una nuova economia (democratica-ambientale)
  6. fra 20 anni anche se le temperature incominceranno a calare sara’ stato tutto merito di  questo sistema virtuoso.

Ma in effetti mi domando noi cosa ci stiamo a fare? Con i nostri dubbi? Ma chi ce lo fa fare?

Il quesito posto non è banale, per rispondere mi affido alle riflessioni di Maurizio Morabito, che vi riporto integralmente ma che trovate anche sul suo blog a questo indirizzo.

Chi denuncia l’opera dell’uomo dietro i cambiamenti del clima dice di voler salvare il mondo, e la civilta’, da catastrofi inenarrabili. Il bonus sarebbe anche l’eventuale indipendenza dai combustibili fossili. Perche’ non lasciar fare i cambioclimatisti, allora? Qual’e’ il pericolo?

In realta’ uno dei motivi principali del mio scetticismo (altro che “negazionismo”!!!) riguardo il cambioclimatismo e’ proprio la continua deriva autoritaria, che ho potuto verificare per almeno un lustro sia in UK, sia in America. Blog censurati, inviti al licenziamento, chiamate al giuramento cambioclimatista pena l’allontanamento dalla comunita’, richieste di imposizione di scelte dall’alto, minacce di processi futuri “come a Norimberga”, etc etc.

Una deriva autoritaria che trovo anche assurda, visto che se c’e’ una crisi in corso ed e’ gravissima, il dialogo dovrebbe essere aperto subito e a tutti. E invece (per dire l’ultima) all’Universita’ del West of England si e’ discusso ieri 7 marzo di scetticismo climatico come malattia mentale (chissa’ cosa avrebbe detto Sakharov2 ). Speriamo prima o poi che quei segnali scompaiano.A proposito della deriva autoritaria di cui può potenzialmente rendersi protagonista un sistema autoreferenziale che assecondi la circolazione di informazioni solo su teorie “gradite”, come avviene di fatto anche all’interno di molte organizzazioni sovrannazionali peraltro non sottoposte al giudizio diretto dei cittadini, alcuni giorni fa abbiamo dedicato un post ad uno scienziato tutt’altro che scettico, il Prof. Michael Hulme. Pur dichiarandosi convinto della necessità di affrontare il problema dei cambiamenti climatici, Hulme ha espresso proprio dei timori per un certo genere di approccio che non lasci spazio al confronto, favorendo decisioni appunto autoritarie su inutili grandi progetti di mitigazione degli effetti antropici a scala globale, quando, a suo dire, la soluzione sarebbe molto più prossima alla scala locale, ove risiede effettivamente il problema.

Perche’ come ha detto qualcuno prima di me, “il più grande pericolo per la libertà si nasconde nell’insidioso accerchiamento da parte di uomini zelanti, e dalle buone intenzioni, ma che non sanno quello che fanno.”

Ma non è tutto, per chiudere almeno temporaneamente l’argomento e lasciare la parola alle vostre opinioni, faccio ancora ricorso al pensiero di un altro amico di questo blog, il Prof. Luigi Mariani. Un’altra opinione “dall’interno” che, a mio parere, svela l’aspetto più negativo di quel genere di divulgazione a senso unico cui è dedicato questo post. Ecco le sue parole.

L’analisi di Teodoro Georgiadis non fa una grinza e pone in evidenza il fatto (per me quantomai sconcertante e avvilente) che in tal modo si erige a sistema il fatto che gli allievi più intelligenti, intellettualmente più vivaci e più dotati di senso critico (e dunque meno inclini ad aderire a dogmi in campo scientifico) fatichino molto più di altri ad intraprendere una carriera nel mondo della ricerca.

Chiudo quindi così come avevo iniziato. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di un sistema che in nome della correttezza dell’informazione deroghi alle sue stesse regole per limitare la circolazione delle opinioni, impedendo a quanti sentono di doversi esprimere fuori dal coro di partecipare al processo di accrescimento della conoscenza.

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  1. IBIMET  CNR – Bologna []
  2. Andrej Sakharov, fisico sovietico famoso per il suo contributo alla realizzazione della bomba H e, successivamente, per il suo impegno nei diritti civili, che gli valse il Nobel per la pace nel 1975 – Fonte Wikipedia []
Published inAmbienteAttualitàClimatologia

21 Comments

  1. […] sulla correttezza del sistema di revisione paritaria in materia di pubblicazioni scientifiche (qui  un intervento di Teodoro Georgiadis). Gli stessi Rapporti IPCC sono ovviamente soggetti a tale […]

  2. teodoro georgiadis

    @ Luca Galati
    “Ma che vi frega del peer-review, se pensate di avere ragione il tempo vi darà ragione.”

    Apprezzo tantissimo l’incoraggiamento e gli auguri impliciti…certo che altri 91 per arrivare al 2100 forse forse saro’ un po’ stanchino, e bisognera’ dirmelo forte alla cornetta acustica che avevo ragione!

  3. teodoro georgiadis

    Con l’amico Mariani e gli altri autori stiamo pensando di organizzare tutta la corrispondenza relativa al nostro lavoro (che erano ‘arising questions’, cioe’ elaborazioni ulteriori su lavori pubblicati che indicavano come i risultati precedentemente ottenuti non fossero da considerarsi conclusivi) e di trovare un modo (chiaramente, scientificamente corretto)per dimostrare da cosa traggono origine le nostre perplessita’ sul sistema peer-review attuale nel comparto climatico (e non sul sistema peer-review in generale).
    Teo

  4. giordano monti

    … questa scivolata Guidi proprio non me l’aspettavo!
    il fatto che a metà maggio lei stia già pensando di andare al mare è un’inequivocabile segno del GW galoppante. Si guardi intorno: le montagne sono ancora piene di neve! 🙂

    (sto scherzando: ok?)

  5. Meno male Giordano, ora sono più tranquillo anch’io. Certo però che questa blogosfera ne fa di danni, per fortuna è in arrivo la buona stagione e possiamo andarcene tutti al mare. 🙂
    gg

  6. giordano monti

    grazie anche da parte mia a Giovanni Pellegrini…mi sento rassicurato!
    Per quanto riguarda il dibattito sul clima, è vero, la scienza del clina non si fa solo su Nature e Science, ma sopratutto sulle riviste del settore.
    Beh, forse molti di voi non lo sanno questo, ma, credetemi, io questo dibattito, su quelle riviste, a proposito del GW non l’ho mai visto! E comuque non certo nei modi e termini in cui emerge nella blogosfera.
    Buona giornata a tutti.

  7. @ Giovanni
    Grazie di averci resi partecipi della tua esperienza che sicuramente aggiunge informazioni utili al nostro piccolo dibattito. Molte delle cose che dici sono largamente condivisibili. Certo che però veder pubblicata su Science una ricerca sul fidanzamento dei gamberetti, riportata dalla BBC in salsa rosa (con annessa intervista agli autori), il tutto condito di riscaldamento globale stride un pò con il tuo ultimo (ripeto condivisibile) concetto. Ci ho scherzato un pò su proprio qui (http://www.climatemonitor.it/?p=2460) 🙂
    gg

  8. MeteoGeek

    Giusto, che ci frega? 😀

  9. Luca Galati

    Ma che vi frega del peer-review, se pensate di avere ragione il tempo vi darà ragione.

  10. Giovanni Pellegrini

    Sono molto sorpreso nel leggere questo articolo nonché i commenti. Per quel che riguarda la mia esperienza personale, non mi è mai accaduto nulla del genere. Pur lavorando nell’ambito della fisica dello stato solido e delle nanotecnologie (un campo molto diverso), non mi ricordo di aver visto mai un mio articolo, o un articolo di qualche mio conoscente, respinto nonostante i commenti positivi dei referee. L’unico caso che potrei citare, riguarda un articolo che, pur approvato da entrambi i referee, ma con “major revisions”, è stato rifiutato dall’editore che probabilmente non se la sentiva di rischiare. Comunque l’articolo è finito su un altra rivista altrettanto buona, questo per dire che se i risultati ci sono il lavoro alla fine esce.
    Altro discorso è il prescreening effettuato dagli editori nel caso di grosse riviste, immagino esista anche per nature e science…ma mi sorprende che un articolo, passata questa barriera (editoriale) e poi quella del peer review, venga poi respinto proprio dall’editore. Di certo esiste un bias nell’accettazione degli articoli, e appartenendo ad un gruppo di ricerca affermato è più facile veder accettati i propri articoli. Ma un lavoro veramente valido non viene MAI respinto, e se capita che non passi al primo colpo, verrà senz’altro accettato da un’altra rivista di ottimo livello.
    La scienza poi non si fa solo su nature e science. Nel mio campo riviste di ottimo livello sono physical review letters, nanoletters, applied physics letters, etc… sono sicuro che sia lo stesso nel campo della climatologia, articoli pubblicati al di fuori dei colossi possono comunque fare la storia…
    Infine, ma questa è una mia opinione, penso occorra essere veramente certi di essere in possesso di risultati straordinari, per mandare un articolo a nature o science, ed a me non è mai capitato di sentirmi in grado di mandare articoli a tali riviste. Invidio chi ha prodotto dei risultati di così alto livello da poterli inviare a queste pubblicazioni. Sono certo che dopo il primo rifiuto, altre riveste di grande prestigio saranno felici di pubblicarli.

    Cordiali Saluti.

    Giovanni Pellegrini

  11. Non voglio entrare nella questione della peer review e nel merito dell’AGW perchè non sono un esperto.
    A leggere quello che succede, però, mi viene in mente il libro di Michael Crichton “Stato di paura”. Non tanto per la trama (verisimile, ma in ogni caso un romanzo di fantasia), quanto per come ben descrive i meccanismi mentali del consenso ed il “sottile” lavaggio del cervello che quotidianamente i cittadini ricevono…

  12. giordano monti

    @georgiadis (e un po’ tutti)

    grazie a tutti per le risposte, la mia domanda, in effetti, resta uno stimolo anche per discussioni future. Sarò, anzi sono senz’altro, un po’ ingenuo e semplicistico, ma io fatico davvero a credere a ipotesi troppo contorte, quando c’è una spiegazione semplice e lineare a disposizione.
    D’altra parte il parere di Georgiadis viene da un addetto ai lavori, e dunque, certo, ci sono senz’altro le mode, gli opportunismi, insomma, abbiamo tutti le nostre debolezze e le nostre pigrizie!
    continuerò a leggere il vostro blog… e anche a sentire quello che dicono l’IPCC, Nature, ed il 99 per cento degli scienziati del clima, ma giusto per stare alla moda!

  13. Claudio Costa

    Due professori americani Khilyuk e G. V. Chilingar nel 2006 hanno affermato che:

    – la radiazione solare è il fattore esterno dominante nella fornitura di energia alla terra.
    – le posizioni dominanti nel determinare la concentrazione della CO2 sono la temperatura degli oceani e dall’attività microbica nell’interfaccia tra la litosfera e l’atmosfera.
    – Concludono dicendo che l’attività dell’uomo è trascurabile nei cambiamenti climatici e che il riscaldamento antropogenico è solo un mito.

    Khilyuk, L.F., and G. V. Chilingar. 2006. On global forces of nature driving the Earth’s climate. Are humans involved? Environmental Geology, 50, 899–910

    A queste affermazioni gli scienziati Aeschbach e Hertig hanno risposto con un rebuttal, cioè con un rifiuto scientifico di tutte le teorie di Khilyuk e G. V. Chilingar e a sostegno delle teorie dell’IPCC

    Infamia indelebile perché li accusano di aver preso cantonate enormi e di aver utilizzato bibliografia in russo, illeggibile.
    Teoria rifiutata completamente!
    Immediatamente è partita la gogna web, hanno istituito addirittura un premio “Khilyuk, Chilingar” per il peggior articolo scientifico del mondo, il rebuttal colpiva pesantemente anche la rivista considerata fino allora molto autorevole, e cito Aeschbach e Hertig :

    “E’ stupefacente che il lavoro di Khilyuk, Chilingar abbia potuto passare il processo di revisione di una rivista che sembrerebbe seria. Il fallimento di questo processo, che dovrebbe garantire la qualità dei lavori pubblicati nella letteratura scientifica, probabilmente danneggerà la reputazione della rivista stessa.”

    W. 2006. Rebuttal of “On global forces of nature driving the Earth’s climate. Are humans involved?” by L.F. Khilyuk and G.V. Chilingar. Environmental Geology 50: DOI 10.1007/s00254-006-0519-3.

    La cosa è di un’importanza fondamentale perché raramente gli scienziati esporranno tesi contrarie all’IPCC (ci si espone troppo) ma soprattutto le riviste più quotate rifiuteranno gli articoli degli scettici, perché il rischio è di essere additati come rivista d’intrattenimento per parrucchiere e non scientifica e la cosa potrebbe essere amplificata su tutti i media dagli ambientalisti come successo alla rivista Environment and Energy rea di aver pubblicato McIntyre, Barrett, Lohele, Lindzen ecc.

    Un Lord inglese Viscount Monckton of Brenchley, ha pubblicato, su science and public policy, un rebuttal al rebuttal di Aeschbach e Hertig, in difesa delle teorie di Khilyuk e G. V. Chilingar.

    Viscount Monckton of Brenchley “Rebuttal of Rebuttal of ‘On global forces of nature driving the Earth’s Climate” science and public policy papers Thursday, 19 July 2007

    Non è una pubblicazione scientifica sottoposta a revisione, come le altre citate (del resto nemmeno il rapporto Stern lo è), ma data la notorietà del conservatore inglese, l’articolo ha avuto un forte impatto politico. Viscount Monckton of Brenchley si appresta a produrre un film, in risposta al documentario di Al Gore, del quale rappresenta l’antagonista politico.

    Nel 2008 Khilyuk, Chilingar hanno risposto al rebuttal confermando le loro affermazioni con ulteriori riferimenti bibliografici e sulla trasmissione del calore all’interno dell’atmosfera affermano:

    “Secondo le nostre stime, la convezione conta per il 67%, il vapore acqueo per il 25%, e la radianza incide per circa l’8% del trasferimento di calore totale dalla superficie terrestre alla troposfera. Così, la convezione è il processo dominante per di trasferimento di calore in troposfera …quando la radiazione infrarossa viene assorbita dalle molecole di gas a effetto serra, la sua energia si trasforma in dilatazione termica dell’aria, che provoca flussi convettivi delle masse d’aria per ripristinare la distribuzione adiabatico della temperatura nella troposfera. Le nostre stime mostrano che il rilascio di piccole quantità di biossido di carbonio (diverse centinaia di ppm), che sono tipiche per la portata delle emissioni di origine antropica, non influenza la temperatura globale del clima della Terra.”

    G. V. Chilingar O. G. Sorokhtin and L. F. Khilyuk “Response to W. Aeschbach-Hertig rebuttal of “On global forces of nature driving the Earth’s climate. Are humans involved?” by L. F. Khilyuk and G. V. Chilingar” Environ Geol (2008) 54:1567–1572 DOI 10.1007/s00254-007-0925-1

  14. Claudio Costa

    E’ venuto il pempo di iniziare a screditare Science e Nature per la loro evidente parzialità sulla questione.

    Del resto Nature ha pubblicato Mann …una delle più grandi cantonate del millennio.

    Concordo con Achab, ma c’è u fatto incontrovertibile, quando si tratta di teorie (senza prove o riscontri come le teorie sui cambiamenti climatici) giudica la teoria chi è già affermato, e che siè affermato prprio per l’adesione ad una teoria.
    E’ inevitabile che nuove teorie o teorie alternative rivisitate o rivalutate siano cassate.

    E’ il limite della revisione peer review oltre a quello della linea editoriale.

    C’è anche un altro limite, mi è stato fatto notare che alcune riviste non potrebbero accettare un mio lavoro sul metano zoogenico, perchè in quanto allevatore sono in conflitto di interesse.

    Quindi ci tocca ascoltare i climatologi dire vaccate proprio sulle vacche!

  15. @ Monti
    Lei pone un bel dilemma. Forse dovremmo provare a chiederlo alla BP, che, attraverso la controllata Paramount Pictures ha finanziato la clima-fiction della verità sconveniente. Oppure alla fu Lehman Brothers che per difendere gli enormi investimenti che aveva nel carbon trading ha commissionato uno studio climatico-finanziario al quale ha dato un grosso contributo il mitico Hansen. Oppure potremmo chiederlo al top management della Goldman Sachs, che siede anche nel CDA della GIM (la compagnia di trading verde di Al Gore). Oppure, se non dovessero risponderci potremmo provare con la fondazione Rockfeller che finanzia le associazioni ambientaliste da decenni. Mi sa che il mondo è un po’ più complesso di come lo vede lei.
    gg

  16. Teo Georgiadis

    @ Giordano Monti

    Caro Monti, non per captatio benevolentia, le devo dire apprezzo sempre i suoi interventi improntati ad una chiara ricerca della ‘verita”, se mi permette il termine.
    La sua domanda “dov’e’ che questo ragionamento non funziona?” ovviamente stimola al ragionamento ed al dibattito.
    Premetto: non ho mai ricevuto soldi da Exxon, pero’ spesso ho ricevuto soldi per le mie proposte di ricerca (anche molti) ma mai su questioni dichiaratamente climatiche (anche se io continuo a considerare le mie ricerche sui bilanci energetici superficiali cose squisitamente climatiche).
    Con il caro amico Mariani abbiamo 2 precisi lavori inviati a queste famose riviste dove il NO e’ arrivato nonostante una ottima inclinazione dei revisori a fare pubblicare i risultati. Perche’ quindi il NO? Quel No che per sempre ti rovina (per ricitare Kavafis).
    Le posso raccontare un aneddoto? purtroppo questo e’ un web-blog e la sua necessaria risposta e’ si’!
    Anni di buco dell’ozono, quale premessa. Da poco scoperto che il Farmer (nostro sfortunato collega) si e’ accorto che per colpa di una procedura automatica certe variazioni nel contenuto colonnare dell’ozono non vengono registrate. Lui guarda i dati, e cosi nasce il “buco dell’ozono”.
    Da quel momento grande fermento nella comunita’ scientifica, ed io con lei.
    Progetto italiano Airborne Polar Experiment e appena dopo la caduta del muro si va in Russia (non piu’ CCCP) a fare un accordo per un aereo stratosferico (Geophysica M55), ex aereo spia tipo U2, io parte del gruppo di studio e della delegazione ufficiale (tanto, troppo caviale e champagne russo…non c’era altro!).
    Ritorno a pianificazione delle missioni: circolo polare, equatore…un po’ come dagli Appenni alle Ande.
    Organizzazione di un primo convegno ESF e io domando pubblicamente “perche’ non chiamiamo Crutzen?” (gia’ allora molto famoso) e tutti “bravo e perche’ non ci provi tu?”.
    Detto fatto: telefono, e il Paul mi dice non so di che progetto parli ma perche’ non vieni qui a Mainz, ci fai un seminario e poi vedo?
    Luftwaf…hem…Lufthansa…seminario e Crutzen entra nel progetto.
    Poi: numeri speciali di riviste peeeeeerrrr-review, io guest editor di Atmospheric and Oceanic Technologies, PI dell’ormai famoso strumento FOZAN (bsata digitare in google).
    OK lo so l’ho fatto troppo lunga e si vuole sapere la conclusione.
    La conclusione e’ che i modelli prevedevano che “comunque” anche stoppando le emissioni di CFC si sarebbe andati avanti con la deplezione almeno 100 anni. Vulgata popolare del tempo voleva tutte le pecore neo-zelandesi cieche.
    Invece, ‘sto buco continua a non essere compreso…forse un oggetto che stava li da non si sa quanto e che puo’ essere piu’ funzione della circolazione globale che altro (un po’ “alla Mariani” diciamo).
    Fui anche revisore EC di progetti sul buco.

    Me ne andai da tutto quando mi resi conto che piu’ che altro era una “moda”. Lo so, lo so, molti diranno “ma e’ stato proprio perche’ abbiamo fermato le emissioni di CFC che il buco….”, ma non prendiamoci in giro!

    Caro Monti ( non conosco la sua eta’) ma si ricorda del monopolo magnetico? Di quella incredibile estate nella quale noi fisici si era scoperto il tutto? Baggianate!

    Perche’ questa cosa del riscaldamento dura di piu’? La parola magica e’ “energia”. Pro-AGW? Anti-AGW? Ma scherza? I gruppi industriali non sono pro o anti nulla! Sono solo il loro interesse! Guardi, le confesso, io preferivo il piombo al benzene…ma un bel gruzzoletto di incentivi e cambiai una meravigliosa e perfettamente funzionante Uno CS (brasiliana) con un’altra vetturetta verde.
    A fare una analisi tipo “a chi e’ in mano oggi la Green-economy?” mi sa che la risposta sta dentro una standard deviation a questo “a quelli a cui era in mano la old!”.
    Perche’ non hanno vinto gli anti? lei compero’ una 127? aveva il contagiri nella prima versione? nell’ultima? L’ultima era quasi quasi una macchinetta da corsa! Se la ricorda? Nera! con le fascette rosse sui lati! Un po’ da maragli ma un sacco di cavalli a disposizione.
    Lei ha ragione, ho ondi-vagato nel mio passato, ma appunto sono “passato” per piogge acide che non hanno distrutto l’85% della biodiversita’, per buchi dell’ozono che non hanno accecato le pecore neo-zelandesi, per irreversibili riscaldamenti di 0.6 °C/100 anni che, nonostante tutto, mi fanno dormire la notte. Non sono neppure un esempio di grande democratico ma sono preoccupato per chi lo e’.
    Non ho risposto direttamente alla sua domanda, ma chissa’ forse anche questa e’ una risposta.
    Con vera stima
    teo

  17. Achab

    Anche io trovo inconcepibili le scelte editoriali di Nature e Science. Come Morabito penso che il problema sia più degli editori che del sistema di peer review che spero continui a garantire la qualità, sia pur monotematica, degli articoli che pubblicano.
    Non ho esperienza diretta oviamente e di certo l’intervento di Georgiadis mi smentisce, ma vedo diversi articoli pubblicati su altre prestigiose riviste fortemente critici di questo o quell’aspetto dell’attuale “standard” interpretativo dei fenomeni climatici; e questo è confortante.

    Fra l’altro il problema del potere delle “grandi scuole” accademiche e scientifiche che tendono ad azzerare il dissenso di cui parla Georgiadis esiste al di la del sistema di peer review e anche dei vari indici. Lo strumento principale è la distribuzione dei fondi per la ricerca (dove solo parzialmente entra l’impact factor o l’H-index che sia) che premia i grossi raggruppamenti omogenei marginalizzando così i “dissenzienti”.

    Parlare di deriva autoritaria è forse eccessivo, ma resta una iattura, un grave pregiudizio al corretto funzionamento dei meccanismi del progresso scientifico.

  18. @giordano monti: le recenti rivelazioni delle pressioni esercitate dalla Enron perche’ si stabilisse negli USA un mercato cap-and-trade ai tempi di Clinton, e i miliardi di utili piovuti nelle tasche dei colossi energetici europei dopo che e’ stato messo in piedi l’ETS, suggeriscono che l’idea delle multinazionali cattivone che vanno contro i paladini dell’AGW e’ un po’ semplicistica.

    Non dimentichiamo poi che l’IPCC e’ vecchio di quasi venti anni, e in cosi’ tanto tempo sia Nature, che Science, che la BBC, che la CNN etc etc hanno avuto tutto il tempo di “blindare il consenso” a livello scientifico e di opinione pubblica.

    Riguardo il problema del bias pro-AGW degli Editors, e’ appena successo su Science, proprio nell’ultimissimo numero, e’ un caso chiaro come il sole e lo descrivo in inglese a questo link

  19. giordano monti

    ben vengano gli scettici e viva il libero pensiero!
    il rischio che anche nel mondo scientifico (che è composto pur sempre da esseri umani, con le loro debolezze) sia contaminato da tentazioni opportunistiche è sicuramente reale.
    Ma qui mi sembra che si esageri un po’ nel dividere in modo manicheo il mondo in pro-AGW e anti-AGW. Voglio dire: si parla anche d’altro nelle riviste di scienza.
    Detto questo voglio ricordare un fatto incontrovertibile:
    il pensiero pro-AGW, scrivo così per semplificare al massimo, si è affermato in un epoca, gli ultimi decenni, dove il potere economico era certamente nelle mani degli anti-AGW. Mi spiego meglio: il mondo era, ed ancora è, in ostaggio di chi estrae, vende e consuma combubistibili fossili, tutti ugualmente interessati a negare o almeno a minimizzarne l’impatto. E allora perchè nonostante questo hanno vinto i pro? Perchè nonostante le enormi disponibilità economiche dei petrolieri non sono stati finanziati studi seri per far vincere gli anti? Per anni gli USA, il paese più influente del mondo, è stato governato da persone vicine al mondo degli idrocarburi, dunque in quella nazione la scienza anti-AGW non è certo stata ostacolata. Dov’è che questo ragionamento non funziona?

  20. Si potrebbe anche dire che la peer-review andrebbe anche bene, se non fosse che c’e’ di mezzo l’Editor della rivista, che “pari” non lo e’ di nessuno visto che ha diritto di vita e di morte sull’articolo. Se i pareri dei revisori fossero vincolanti sarebbe tutta un’altra musica.

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