Ho pensato di calcolare gli spettri di potenza dei dati NOAA (GHCN-M 3.1.0) variabili di mese in mese ( qui e qui) per vedere se le (piccole, ma sistematiche) variazioni dei dati potessero modificare il valore o la presenza di periodi già trovati da Scafetta (2010) di cui riporto la Tabella 1, pag.958, con i periodi su 9 dataset.
Ho calcolato gli spettri con MEM (Metodo della Massima Entropia, da Press et al., 1986), utilizzando un numero di poli pari alla metà del numero dei dati (Scafetta, 2011, Supplement file, Sect.3) e ho rappresentato i risultati per i dati NOAA relativi a novembre 2011 e marzo 2012(*) su intervalli di periodi 0-300, 0-100 e 0-40 anni.
Il confronto tra questi due mesi mostra che le modifiche apportate ogni mese al dataset non cambiano la forma generale degli spettri e cambiano a volte i valori dei periodi di uno o due decimali, cioè praticamente di nulla. Cambia, invece, la potenza dei picchi (l’altezza) e parzialmente la loro forma, anche se i cambiamenti potrebbero dipendere dal diverso numero di dati (e quindi di poli) tra novembre e marzo.
Si nota immediatamente la mancanza di un picco di periodo 28-32 anni, che corrisponde al numero 9 nella tabella precedente. Questa mancanza è messa in evidenza anche dalla figura successiva
che mostra lo spettro tra ~2 e 33 anni dei dati noaa di marzo 2012, confrontato con le bande (in colore rosa) dei periodi principali riportati da Scafetta (2010), pag.954 ed elencati a lato. A pag. 967 dello stesso lavoro di Scafetta si legge (traduzione mia): “Cicli con periodi di 10-11,12,15,20-22,30 e 60 anni sono presenti in tutte le maggiori registrazioni di temperatura superficiale dal 1850 e possono essere facilmente connesse alle orbite di Giove e Saturno. I cicli di 11 e 22 anni sono i ben noti cicli solari di Schwabe e di Hale. Altri cicli più rapidi, con periodo tra 5 e 10 anni, sono comuni a record di temperature e a cicli astronomici. Cicli lunari a lungo termine inducono un ciclo di 9.1 anni nei record di temperatura e probabilmente altri cicli, incluso il ciclo di 18.6 anni in alcune regioni.” Dalla figura si nota anche la mancanza dei cicli di 10-11, 12 e 8-8.5 anni e questo fatto, non essendo io particolarmente esperto di spettri di potenza, mi ha in pratica obbligato a validare gli spettri ottenuti, confrontando i miei risultati, derivati da altri dataset, con quelli ottenenuti da Scafetta e in un caso con quelli mostrati da Dean.
In questo ultimo caso i miei periodi (in verde), calcolati dall’analisi dei dati dell’irraggiamento solare (Steinhilber, 2009) in un intervallo temporale che copre praticamente tutto l’Olocene (dall’anno -7362 al 2007) sono confrontati con quelli pubblicati da Dean (in nero e in rosso), derivati dal record delle variazioni del 14C calibrate con gli anelli di accrescimento degli alberi.
Il risultato di questo primo confronto mi è sembrato incoraggiante e ho proseguito con
- le temperature medie mondiali HadCRUT3vgl e il confronto con Scafetta (2011), in scala logaritmica.
- il numero medio annuale delle macchie solari e il confronto con la fig.3 di Scafetta (2012).
Nella mia analisi (grafico centrale di fig.6) ho sovrapposto anche lo spettro calcolato con 60 poli (riga rossa), invece dei 156 (metà dei dati) usati per il grafico tracciato in nero, per mostrare come un numero basso di poli non permette di evidenziare periodi interessanti.
- I dati dell’irraggiamento solare dell’Olocene (Steinhilber,2009) i cui periodi ho confrontato sopra con la Fig.4 di Dean, confrontati con l’analisi spettrale di Scafetta (2011), Fig.4
I dati di Chen et al. (2011)
L’analisi della stratigrafia di un pozzo nel Salento sud-occidentale (Golfo di Taranto) di cui sono venuto a conoscenza da un post su Climate Monitor (qui), merita un discorso a parte.
Nella fig.6C (riprodotta sotto) dell’articolo di Chen et al. (2011), lo spettro MEM mostra un picco evidente di periodo 11 anni, mentre lo spettro calcolato con Redfit (linea blu) sembrerebbe mostrare, in corrispondenza, una struttura a tre picchi forse di periodi confrontabili con quelli trovati da Scafetta per il numero di macchie solari (Fig.6). Purtoppo la bassa risoluzione della figura non permette di aggiungere altro.
Dato che l’articolo contiene materiale supplementare – essenzialmente un file excel per gli anni che vanno da -62 a 196 – avevo pensato di calcolare dalla tabella l’indice W/C (nel testo è riportata la formula per il calcolo) della figura e di farne lo spettro ad una risoluzione migliore, ma non è stato possibile perché non sono in grado di comprendere i simboli e le abbreviazioni (credo) biologici che identificano le colonne della tabella.
Mi sono limitato ad applicare MEM alla colonna della concentrazione di “dinoflagellate cyst” (Fig.8) e alla colonna dei “kt”, l’indice di degrado dei dinoflagellati (Fig.9), ma il risultato non è molto significativo.
Il 4 maggio ho scritto al dott. Chen chiedendo chiarimenti e sono in attesa di risposta.
In conclusione, credo di aver dimostrato che gli spettri dei dati NOAA calcolati da me sono attendibili e che quindi in questo dataset mancano i periodi di 28-32, 12, 10-11 e 8-8.5 anni, a differenza di quanto avviene in altri record di temperatura e di altre grandezze caratteristiche.
(*)Tutti i dati e, in particolare, gli output numerici dell’analisi spettrale e i grafici dei dati NOAA dei mesi non mostrati nel post sono disponibili qui.
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Bibliografia
- Chen, L., Zonneveld,A.F., Versteegh,G.J.M. (2011) Short term climate variability during “Roman Classical Period” in the eastern Mediterraean, Quaternary Science Review , 30, 3880-3891, 2011
- Dean W.E.(2000) The Sun and Climate, pdf (v. fig.4 con mie aggiunte)
Press,W.H., Flannery,B.P., Teukolsky,S.A., Vetterling,W.T. (1986) Numerical Recipes, Cambridge University Press, Cambridge, 1986. - Scafetta, N. (2010)Empirical evidence for a celestial origin of the climate oscillations and its implications, J. Atm. & Sol-Terr. Phys.,72,951-970, 2010, pdf
- Scafetta, N. (2011)Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models, J. Atm. & Sol-Terr. Phys., in press. DOI: 10.1016/j.jastp.2011.12.005, 2011, pdf
- Scafetta, N. (2012) Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter-Saturn tidal…, J. Atm. & Sol-Terr. Phys., doi:10.1016/j.jastp.2012.02.016, 2012, pdf
- Steinhilber, F., J. Beer, and C. Frölich. 2009. Total solar irradiance during the Holocene. Geophys. Res. Lett., 36, L19704, doi:10.1029/2009GL040142.
[…] in tre sottoperiodi di circa 10, 11 e 13 (12 nel caso delle macchie solari) anni. Vedere anche qui, […]
Questo e’ un articolo interessante. Purtroppo il problema della manipolazione dei dati e’ serio. E’ 10 anni che c’e’ una tendanza a “correggere” i dati in modo da renderli piu’ “smooth” (=eliminare le ciclicita’) e, nel caso della temperatura, ad accrescere il “warming”.
Questo grafico mostra gli “adjustments” da parte di GISS alle temperature degli US!
http://www.energytribune.com/live_images/ET_012811Graphic5.jpg
Ma la storia e’ lunga.
In ogni caso, nella mia figura 3B in basso in
http://www.fel.duke.edu/~scafetta/pdf/Scafetta_models_comparison_ATP.pdf
e’ evidente che il power spectrum of GISSTEM (blue) e’ un po’ piu’ “smooth” (=i picchi sono un po’ piu’ bassi) che negli altri due records della temperatura.
Mi ha fatto piacere che abbia trovato interessante il mio post.
Il grafico degli aggiustamenti di GISS è impressionante, ma il confronto tra il 2007 e il 2010 è molto simile a quello che trovo nei dati NOAA, anzi forse un po’ minore (3-4 centesimi di grado in 3 anni, mentre in NOAA c’è circa un centesimo di grado al mese). Ho trovato giustificazioni – che però faccio fatica a giudicare – nei dati HadCrut3 ma niente in NOAA e non credo che lo scopo sia unicamente quello di di giustificare i modelli IPCC. Sarebbe troppo! Ma non conosco le motivazioni di questo generale “aggiornamento” dei dataset.
Per lo smussamento dello spettro di GISSTEM, l’ho notato. Ho notato però che se uso la definizione di Numerical Recipes per la MEM per cui, una volta trovati i coefficienti, posso usare il passo che voglio per rappresentare i dati e lo faccio, i risultati sono diversi rispetto a quando uso il passo riginale. Ad esempio, nel confronto tra il suo spettro dei dati di Steinhilber 2009 e il mio, ho dovuto usare un passo due volte superiore al normale (in altro a sinistra nel grafico c’è scritto k=2xn il che vuol dire che rappresento i picchi con un passo doppio rispetto ai dati originali). L’uso di un passo diverso cambia l’altezza dello spettro e non so bene come interpretare questo fatto. Pensavo di normalizzare tutto all’integrale dello spettro e dare la potenza (l’altezza) in percentuale, ma questo è un passaggio che ho visto usare molto poco per cui devo pensarci ancora e chiedere a chi è più esperto di me nell’analisi spettrale (come sto facendo in questo momento con lei…).
In attesa di leggere altri suoi lavori, per me particolarmente interessanti, la saluto cordialmente
Franco Zavatti
Innanzitutto complimenti per il lavoro veramente interessante che F. Zavatti sta portando avanti da diversi mesi e che in questo post comincia a dare dei frutti molto concreti e, passatemi il termine, piuttosto inquietanti (almeno per me). Ho letto il post tutto d’un fiato e non ho approfondito le questioni più propriamente tecniche dell’articolo. Mi riservo di rileggerlo e studiarlo con calma in quanto, non essendo uno statistico di professione, non è facile “digerire” tutta la materia con una semplice lettura. Mi preme, però, sottolineare la seguente conclusione: “… in questo dataset mancano i periodi di 28-32, 12, 10-11 e 8-8.5 anni, a differenza di quanto avviene in altri record di temperatura e di altre grandezze caratteristiche.”.
Questa considerazione è estremamente importante in quanto mette in evidenza una caratteristica che accomuna molte delle revisioni cui, ultimamente, vengono assoggettati i vari dataset: spariscono le periodicità che caratterizzano i dati “grezzi” ed i vecchi dataset. Questo fatto è stato messo in evidenza anche da G. Goodmann in un post pubblicato sul blog di J. Curry qualche mese fa:
http://judithcurry.com/2012/03/15/on-the-adjustments-to-the-hadsst3-data-set-2/
In questo caso, dopo la revisione del dataset delle SST operato dall’Hadley Center, sono sparite buona parte delle ciclicità presenti nel record ICOADS. Il lavoro di Goodman, infatti, dimostra che le correzioni apportate ai dati mentre hanno conservato le ciclicità di breve periodo, hanno completamente eliminato le ciclicità di lungo periodo. Il post di F. Zavatti dimostra che anche il dataset NOAA, dopo la revisione, evidenzia problemi similari. In entrambi i casi (quello esaminato da Goodman e quello esaminato da Zavatti) vengono alterati i dati “storici” in modo da eliminare delle periodicità in precedenza presenti. Sorge spontanea una domanda: con quali criteri si modificano i dati del passato? Se essi sono affetti da un errore è giusto correggerli, ma dovremmo conoscere questo errore. Non mi sembra, però, che possediamo queste conoscenze. E’ di pochi giorni fa la notizia di uno studio che individuava nei dati UAH un “bias” che, una volta eliminato, rendeva più aderenti questi dati a quelli del dataset RSS. Recentissimo è stato il rebuttal dell’articolo: i gestori del dataset UAH (Roy Spencer e John Christy) con un post affidato alla blogosfera, individuano nell’articolo delle grosse imprecisioni ed evidenziano l’ignoranza da parte degli autori del lavoro, delle procedure di gestione del loro dataset. In buona sostanza, però, essi contestano agli autori della revisione del loro dataset degli algoritmi di revisione poco accurati e calibrati su periodi eccessivamente brevi per poter dare risultati accettabili. Potremmo parlare anche dei dati proxi di Yemal, però, perderemmo il filo del discorso. Tornando al focus del commento, ho l’impressione che l’andazzo cominci a destare qualche sospetto perché, in tutti i casi esaminati, il processo di revisione altera in modo piuttosto arbitrario dati vecchi di decenni se non secoli. In altri termini vengono modificati i dati del passato sulla base di algoritmi particolari che “operano” in modo tale che, dopo la revisione spariscono, le ciclicità. Quando F. Zavatti, diversi mesi orsono, ci mise al corrente delle “anomalie” notate negli archivi NOAA, lo confesso, pensai ad un eccesso di zelo da parte sua: che vuoi che siano pochi centesimi di grado, mi dissi. Riflettendo sulla questione, però, in un commento, usai un’espressione un po’ forte: “L’ipotesi di un algoritmo che “ricostruisce” i dati delle misurazioni, spero con tutto il cuore, resti solo tale (per il bene della scienza, ovviamente)”.
Con il senno di poi mi sembra che, probabilmente, avevo ragione a preoccuparmi.
Lungi da me ogni ipotesi “complottista”, però, questo modo di procedere da parte dei revisori dei dataset mi lascia molto perplesso. Mi auguro che chi legge queste pagine (e non la pensa come me) possa portare qualche elemento di discussione che sgomberi il campo da queste perplessità e mi permetta di riavere fiducia nell’operato dei revisori.
A F. Zavatti un grazie ed un incoraggiamento a proseguire nel suo faticoso, ma prezioso lavoro.
Ciao, Donato.
Donato,
Grazie per i complimenti. Purtroppo in tutta questa storia di dataset modificati esiste un bias più forte di tutti gli altri: il mio. Ho sempre fatto un altro mestiere e non so nulla di come sono presi i dati e di quali siano i problemi creati dal mettere insieme misure diverse per strumentazione, periodo di tempo, località, densità di vita cosiddetta civilizzata, ecc.
L’unica cosa che mi sento di fare è mettere in evidenza alcuni aspetti che mi sembrano strani (e non so dire se lo sono davvero) e non mi permetto giudizi “tagliati con l’accetta”. Certo è che sempre più spesso si leggono analisi che fanno riferimento a correzioni apportate con molta (troppa?) leggerezza e quasi sempre in una sola direzione.
Per tornare ai dati NOAA da nov 2011, mi piacerebbe recuperare un dataset precedente ( tipo marzo o aprile 2011) per vedere se cambia qualcosa.
Non ho ricevuto risposta da Chen e,se non è a qualche congresso, non credo che la riceverò. Pazienza.
Volevo far notare che nella figura 6c di Chen c’è un bel picco di periodo 33 anni, che non ho sottolineato nel post, proprio il periodo giusto che manca nei dati noaa e che c’è invece nei dati HadCrut3 e anche,debolissimo, nei dati dell’irraggiamento solare nell’Olocene.
Franco