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Il Pianeta perde calore, ma non la CO2

Ma quanto manca alla conferenza di Rio? Due mesi? Per la miseria, sarà una fatica arrivarci. Ogni giorno ne esce una nuova a causa dei lavori preparatori all’ennesimo annuncio di disastro imminente. Nature, (ex)autorevole rivista scientifica (ex almeno in termini climatici), è in prima linea.

Alcuni giorni fa è uscito un articolo di quelli destinati a far saltare il banco.

Global warming preceded by increasing carbon dioxide concentrations during the last deglaciation – Shakun 2012

Che cosa? L’aumento della CO2 ha preceduto l’aumento delle temperature alla fine dell’ultima glaciazione? Questa sì che è una notizia, dai proxy delle carote di ghiaccio antartiche si era sempre visto il contrario, prima la temperatura e poi, solo poi la CO2, anche con un ritardo di centinaia d’anni. E invece, collezionando ben 80 serie di dati proxy di vario genere, gli autori di questo articolo giurano di aver scoperto esattamente il contrario, sovvertendo una delle più solide critiche mai fatte all’ipotesi delle origini totalmente umane del riscaldamento globale. Se infatti la CO2 ha preceduto le temperature vuol dire che ne ha più probabilmente causato l’aumento.Vale la pena investigare.

Questa sotto è la chiave dell’articolo. La didascalia evidenzia la differenza tra le temperature antartiche e quelle globali, le prime a precedere la CO2, le seconde a seguirla.

Si notano nella figura anche i margini di errore della misura. Un lavoro completo.

Davvero?

Nella figura sotto ci sono tutti i proxy utilizzati plottati insieme. Il comportamento nel tempo è similare, dall’addensamento dei dati si nota una generale tendenza a brusco aumento seguita da temperature stabili o in lieve diminuzione, ma questo è veramente tutto quello che si può dire. Ci sono alcune serie che indicano l’inizio del riscaldamento migliaia di anni prima di altre, alcune che lo proseguono fino al giorno d’oggi e altre che mostrano – in buon numero – un evidente raffreddamento iniziato circa 8.000 anni fa. Così, quella che viene fuori è di fatto una nuvola che riempie tutto il grafico, chi crede può cimentarsi a capire se la CO2 sia aumentata prima o dopo rispetto a questa collezione di dati di prossimità di temperatura, cioè può divertirsi a dare un senso compiuto al titolo dell’articolo uscito su Nature.

Quello applicato a questa nuvola di dati per tirar fuori un trend e delle barre di errore che seguissero anziché precedere o andare di pari passo con la CO2 deve essere un filtro magico.

Ma non è tutto. In questo paper – così come nella sensazionale scoperta annunciata – gioca ovviamente un ruolo chiave anche la ricostruzione dell’andamento della CO2. In questo caso i dati sono molto più ‘simili’ a quelli che siamo abituati a vedere, ma c’è qualcosa che evidentemente gli autori non volevano che si vedesse. E’ nella figura sotto, dove insieme alla serie da loro impiegata (che viene dai dati di EPICA) ce n’é una collezione di altre, tutte in buon accordo tra loro.

Bella immagine vero? Che ci sia o no un lag temporale tra CO2 e temperature, comunque i trend sono in buon accordo. Ma, un momento, c’è accordo anche tra i proxy di temperatura nel mostrare che negli ultimi 8.000 anni o giù di lì le temperature sono diminuite leggermente (a parte oscillazioni ad alta frequenza ovviamente, perché queste serie hanno una risoluzione secolare). E la CO2, secondo tutti i proxy, è aumentata! Ma questo gli autori del paper non ce lo hanno detto, perché la loro serie è stata troncata proprio all’inizio di quell’aumento.

Sicché, non solo trovare supporto al titolo ed alla presunta scoperta del paper è impossibile con gli stessi dati da loro impiegati, ma per non confondere ulteriormente il povero lettore, si sono guardati bene dal mostrare che nelle ultime migliaia di anni l’accordo tra CO2 e temperature si è alquanto indebolito. Sarà vero? Non lo sarà? Meglio non saperlo no? Torniamo quindi da dove abbiamo iniziato. Il Pianeta, secondo questa collezione di proxy ha perso calore ma non CO2 e il lupo ricercatore perde il pelo ma non il vizio di di omettere informazioni sconvenienti.

Addendum

Ho notato questo articolo su greenreport.it dopo aver completato la stesura del post.

L’anidride carbonica guida il clima

Purtroppo il sito in questione non consente l’inserimento di commenti, almeno non su questo articolo, perciò confido nell’attenzione ai link in ingresso della loro redazione. Magari Pietro Greco (che ha firmato il pezzo), leggendo non tanto questo post, quanto la più dettagliata analisi di Willlis Eschenbach linkata qui sotto e, perché no, dando un’occhiata anche ai dati scaricabili, vorrà rivedere il titolo dell’articolo e il contenuto dello stesso. Scrivere infatti “non pare che ci siano più dubbi” è alla luce dei fatti alquanto ottimistico, per non dire proprio sbagliato. Grrenreport, che è una testata seria e puntuale, vorrà certamente correggere il tiro.

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NB: questa analisi è di Willis Eschenbach. Qui e qui, trovate grafici, serie e spiegazioni più approfondite.

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Published inAttualitàClimatologia

6 Comments

  1. Avevo letto nei giorni scorsi i post di Willis Eschenbach su WUWT e direi che non ci sono commenti da fare: parlano da soli, in particolare l’ultimo grafico pubblicato qui sopra da Guido. L’unica cosa che mi chiedo è se queste riunioni tipo Rio fanno più danni prima, per la produzione di “rusco” (a Bologna si chiama così l’immondizia), o dopo, per le scelte politiche che seguono. E non so proprio la risposta.

    • @ Franco e Donato
      Su nature ci sarà dell’altro a breve.
      gg

  2. Il problema è un altro, ed è ben più complesso di quanto non si pensi.
    Posto che sia vero che una variazione della CO2 preceda quello della temperatura la vera questione ora diventa: chi e che cosa determina la variazione della CO2 in atmosfera? Gli autori della ricerca, o i sostenitori dell’AGW, sono chiamati a spiegare questo fenomeno determinante per l’economia termica del pianeta altrimenti l’enigma clima diventa una matassa inestricabile. Se si insinua che il termostato climatico del pianeta è la CO2 bisogna che si dimostri come tale fenomeno si è prodotto naturalmente nel passato al fine di attribuire all’aumento del gas nel tempo recente l’aumento della temperatura che fu visto tra l’altro ha smesso di aumentare, mentre la CO2 no. Inoltre, indirettamente, si mette in discussione tutta la letturatura sulle componenti astronomiche delle grandi variazioni climatiche. In parole povere se la CO2 fino a ieri era considerata il sasso che cade nello stagno e perturba lo stato dell’acqua ora con questo lavoro di ricerca diventa anche la mano che lo ha tirato. Conseguentemente chi, che cosa e perchè muove quella mano? Credo che questo lavoro più che illumiare aumenta le zone d’ombra e gli interrogativi sulla comprensione del sistema clima e sopratutto sulla ricerca estenuante nel trovare la prova che riesca a dare nuovo smalto alla teoria dell’AGW, minata non da una ricerca o studio che riesca pienamente a domostrare il contrario ma dall’evolvere del diretto interresato ovvero la natura che sotto gli occhi di noi tutti va per la sua strada ed il suo attuale ritratto non assomiglia neppure un po’ a quello previsto dai vari modelli climatici.
    Carlo CT

    • donato

      [….ma dall’evolvere del diretto interresato ovvero la natura che sotto gli occhi di noi tutti va per la sua strada ed il suo attuale ritratto non assomiglia neppure un po’ a quello previsto dai vari modelli climatici.]

      Questa considerazione mi trova completamente d’accordo e rappresenta efficacemente lo stato dell’arte della scienza climatica.
      Ciao, Donato.

  3. donato

    Qualche giorno fa avevo già notato questo articolo su WUWT. Ne parlai a proposito di “coincidenze” in un commento ad un post di L. Mariani.
    Jeremy Shakun et al. studiano la correlazione tra variazioni di CO2 e temperature negli ultimi 22.000 anni. Secondo le analisi dei dati proxy, negli ultimi 800.000 anni, le variazioni delle temperature antartiche hanno sempre preceduto le variazioni della CO2. In base allo studio di Jeremy Shakun et al. (relativo agli ultimi 22.000 anni), invece, la variazione della concentrazione atmosferica di CO2 ha preceduto le variazioni di temperatura. Il motivo di questa inversione di tendenza deve essere ricercato nella variazione del “tipo di temperatura” che essi hanno preso in considerazione: la temperatura globale invece che quella antartica. Secondo questo studio, infatti, la temperatura antartica deve essere considerata “regionale” e, quindi, non rappresentativa di quella globale che, invece, era più alta (lo stesso discorso si fece a proposito del periodo caldo medioevale considerato un fatto regionale e non globale). Grazie a questa “innovazione”, con mirabile precisione, è stata ripristinata la correlazione “più CO2, più caldo”.
    Nello studio è spiegato anche il meccanismo globale che ha portato a questa inversione di tendenza. La cosa che non ero riuscito a capire è il modo in cui essi avevano calcolato la temperatura globale. Grazie ai grafici postati da G. Guidi, penso di aver capito: in modo “fantasioso”. 🙂
    Ciao, Donato.

  4. Alex

    La mia impressione e’ che abbiano fatto il solito gioco dei bussolotti. Cioe’ hanno paragonato dati certi (ma locali) come i carotaggi antartici, con dati proxy che si prestano a interpretazioni e “cherry picking” spacciandoli per dati generali, quindi di maggior peso.

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