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Che tempo fa: Europa-USA 1-0

E’ buffo, non avrei mai pensato di leggere un post come quello segnalato dal blog di Judith Curry. Siamo così abituati ad arrivare secondi rispetto agli Stati Uniti che leggere di essere un bel po’ davanti a loro e leggerlo proprio da loro è decisamente sorprendente. E nella nostra materia poi!

Ecco qua, Cliff Mass (della cui esistenza apprendo ora), uno degli innumerevoli meteorologi di una delle innumerevoli aziende che della meteorologia e delle previsioni hanno fatto un business molto redditizio negli States, e Judith Curry, che di sicuro non ha bisogno di presentazioni, condividono la stessa opinione: Con i modelli di previsione meteorologica (e quindi con le previsioni in generale) in Europa siamo molto più bravi che negli Stati Uniti.

Tecnologia superiore, tecnica anche, risorse dedicate idem e, inevitabilmente, prodotti numerici più affidabili. Tanto che la maggior parte di quelli che negli USA con il meteo fanno sul serio – leggi che ci spendono e ci tirano su parecchi dollari – invece di usare i prodotti nazionali usano i nostri, ovvero quelli del Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (ECMWF), consorzio di cui il nostro Paese è naturalmente membro. Sia che si tratti di output diretti, sia che si tratti di utilizzare questi output come condizioni al contorno per i modelli ad area limitata.

Tra le motivazioni che Mass identifica e che la Curry condivide, molte scelte gestionali considerate inadeguate, risultanti in scarsità di risorse di calcolo e di tecniche di assimilazione obsolete, ma anche scarsa interazione tra ricerca e attività operativa nonché ancora scarsa attitudine alla condivisione delle risorse tra i diversi (e numerosi) attori del sistema cui fanno capo la NOAA e l’NCEP. Insomma, pare che lo Zio Sam si sia seduto sugli allori e abbia consumato la sua leadership nel settore. Ma nel suo commento Judith Curry dice anche altro:

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La priorità della NOAA è stata chiaramente lo sviluppo di modelli climatici accoppiati per il problema del riscaldamento da effetto serra e non le previsioni del tempo o stagionali. Questa priorità di modellizzazzione climatica per il GFDL (che ha comunque potenzialità eccezionali) ha prosciugato le risorse che avrebbero potuto essere impiegate per lo sviluppo di migliori modelli di previsione meteorologica e stagionale, che hanno un valore socioeconomico di gran lunga superiore rispetto ai modelli di previsione climatica a scala secolare.

[/blockquote]

Alcune considerazioni. La prima. C’è da chiedersi quando il mondo tornerà in se, rivolgendo l’attenzione alle cose che contano sul serio. La seconda. Leggiamo nel post di Mass che l’impatto di una minore ualità degli output numerici a scala globale prodotti negli USA si riflette anche sull’utilizzo di modelli a scala regionale e locale, per quali questi output sono indispensabili perché forniscono le condizioni al contorno. Forse non tutti sanno che unaparte consistente – quasi la totalità – di quanti operano nel settore della meteorologia commerciale anche in Italia, utilizza proprio quegli output, che sono messi gratuitamente a disposizione sebbene con passo di riglia molto ampio, e non quelli dell’ECMWF, per ovvie ragioni di costi. In sostanza la maggior parte delle informazioni che si trovano sui media, web o carta stampata che sia, sofforno potenzialmente questo problema. La terza Questa situazione è ancora più preoccupante, perché in genere quello che succede negli Stati Uniti dopo un po’ diventa di moda anche da noi. Una previsione di quelle che si spera di sbagliare.

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Published inAttualitàMeteorologia

3 Comments

  1. Non me la sarei mai aspettata una cosa del genere. Forse viene sfatato il tabù degli “americani tecnologicamente super-avanzati in meteorologia”.
    Purtroppo in Europa la maggior parte dei modelli hanno limitazioni che non consentono gratuitamente di sfruttare questa presunta “affidabilità”.

  2. luigi Mariani

    Volendo essere equanimi occorre dire che gli USA con la gratuità dei loro prodotti (non solo i modelli previsionali ma anche le serie storiche di dati meteo) svolgono un’azione essenziale a livello globale e che speriamo sia proseguita anche in futuro.

    Per fare un esempio mi trovo periodicamente a recuperare serie storiche di dati su aree del mondo più o meno lontane dall’Italia per lavori che non hanno alcuna dotazione economica (es: tesi di un master in Cooperazione allo Sviluppo di cui sono docente).

    Tali dati sono oggi accessibili a chiunque grazie alla NOAA che li mette a disposizione gratuitamente per le stazioni sinottiche di tutto il mondo tramite il suo sistema GSOD e di questo va reso merito alla politica dei dati attuata dagli Usa.

    Per gli aspetti previsionali da quando ho abbandonato l’attività operativa non ho più a disposizione i dati ECMWF e dunque sono costretto a usare GFS.
    Personalmente trovo che la capacità di questo modello di descrivere nel breve termine fenomeni a mesoscala (es: ciclogenesi su Genova, Foehn, fonti caldi) sia molto migliorata negli ultimi anni.
    Tuttavia mi rendo conto (anche per averlo visto più volte affermato sui report WMO) del fatto che gli indici prestazionali mettono da sempre il modello ECMWF più avanti rispetto al modello GFS.

    • Luigi,
      la tua riflessione è senz’altro condivisibile. Non so quanto però questa differenza di policy possa avere a che fare con la qualità degli output delle NWP. A leggere le opinioni di Mass e della Curry, pare più un problema di dispersione delle risorse che di disponibilità delle stesse, cui si somma una scala delle priorità in termini di R&S che avrebbe penalizzato la previsione del tempo a favore di quella climatica di lungo termine.
      gg

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