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Ipocriclima

La blogosfera climatica (marò com’è antipatico questo modo di dire…) continua ad essere in subbuglio. Nel giro di una settimana si è passati da quella che sembrava dovesse essere un’autentica resa dei conti – sia nel senso figurato che in quello letterale del termine – tra credenti e scettici, con i primi a segnare finalmente il golden gol, al più clamoroso autogol della storia, con il re dei credenti che avendo già perso i vestiti con il climategate, ora più che essere nudo è trasparente.

Di tutte queste polemiche, che con il clima non hanno veramente nulla a che fare, quel che più disturba è la sfrontatezza con cui si riconosce a se stessi l’umana debolezza di lasciarsi condizionare dalla propria ideologia nel compiere attività che dovrebbero essere prive di qualsiasi condizionamento, leggi ricerca scientifica, dichiarando al contempo di farlo per cercare un confronto che si è invece ideologicamente evitato da sempre.

Peter Gleick, nel pubblicare le sue non-scuse all’Heartland Institute per il danno provocato, ha dichiarato di averlo fatto in quanto frustrato dai continui sforzi di quella organizzazione per evitare un dibattito di cui invece si avrebbe “disperatamente bisogno“.

Bene, Donna Laframboise, giornalista con la mania delle fonti (preziosa specie in estinzione), ha fatto una ricerchina, beccando il buon Gleick che nel 2001 dichiarava:

[blockquote]Il dibattito è finito.[/blockquote]

E così ha continuato per i dieci e più anni che ci separano dalla sua genialata di questi giorni, preceduta paradossalmente dal suo declino ad un invito al dibattito ricevuto da quelli che aveva già deciso di provare a fregare. Scherziamo? Io a dibattere sul clima con voi? Non se ne parla neanche, sono troppo impegnato a raccogliere informazioni sul vostro conto per poter perdere tempo con queste quisquilie.

Sicché l’ottimo Gleick ha forse anche falsificato un documento per migliorare l’appeal del suo presunto scoop media-climatico, o quanto meno non si è curato di appurarne i contenuti, sempre perché la sua bomba facesse più rumore, con il risultato di far fare ai suoi compagni di AGW la figura da cioccolatai che si meritano.

Per capire quanta distanza ci sia tra chi ha veramente voglia di capire cosa succede nel sistema clima e chi ha voglia solo di dare soddisfazione alle proprie fobie catastrofiche, che incidentalmente passano per una vita da scienziato di fama con annessi e connessi, prendiamo l’opinione di una non scettica, Judith Curry, che tenta con successo di trovare delle analogie tra il climategate e l’Earthlandgate, cioè la genialata di cui sopra.

[blockquote]Non appena è esploso l’Heartlandgate, non ho visto analogie con il climategate. Ora, con il coinvolgimento di Gleick, ce ne sono di sicuro. C’è il comune denominatore di scienziati del clima che compromettono la loro etica personale e professionale, la loro integrità e responsabilità, tutto nell’interesse di una ‘causa’. [/blockquote]

Siccome siamo buoni e aspiriamo anche a diventare bravi (come quelli veri), al fine di trovare altre e più significative analogie tra questi episodi di ‘puro progresso della scienza’, abbiamo deciso di pubblicare per esteso l’elenco di tutte le falsificazioni presenti nel corposo database delle mail del climategate (atti I° e II°), ecco qua:

[blockquote]… Inizio …

… Fine …[/blockquote]

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