Leggiamo sul Corriere della Sera di qualche giorno fa: “[…] Ridurre le emissioni al livello previsto dalla direttiva europea costerebbe al nostro Paese secondo stime del governo italiano circa 180 miliardi di euro pari all’1,14% del nostro Pil. Tuttavia il costo globale del cambiamento climatico potrebbe costare fino al 5% del prodotto interno lordo mondiale entro la fine di questo secolo. Lo affermano in una nota congiunta Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Fao e Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa). Queste ultime fanno notare inoltre che Se negli ultimi 100 anni la temperatura globale si è alzata solo di 0,74 gradi centigradi, nel corso del prossimo secolo quella europea è destinata a salire di un valore compreso tra 2,3 e 6 gradi centigradi. La rapida accelerazione del riscaldamento climatico inciderà drammaticamente sulla salute degli europei. La popolazione è esposta infatti ai cambiamenti climatici attraverso le alterazioni delle stagioni e attraverso i cambiamenti nella qualità e quantità di acqua, aria e alimenti, negli ecosistemi, nell`agricoltura, nei mezzi di sostentamento e nelle infrastrutture”.
Interessante, anche la proiezione climatica fatta da chi non si occupa esattamente di clima. Possibile? Cerchiamo il famoso comunicato congiunto e lo troviamo sul sito dell’Efsa alla sezione news. Una lettura illuminante. In effetti le previsioni sono ereditate dal 4° Rapporto IPCC, non sono autografe, ma è affascinante vedere come, dopo aver reso conto di “possibili” scenari climatici, si passi rapidamente a snocciolare gli effetti degli stessi sulla nostra salute. Uno psicodramma nel quale non c’è la minima ombra di incertezza o di uso del condizionale, soltanto futuro prossimo. La più bella di tutte è la previsione di esposizione della popolazione europea agli effetti del cambiamento climatico sulle infrastrutture. Chi più ne ha più ne metta, ci cadranno i ponti in testa dal troppo caldo.
Eppure il momento è topico, forse si potrebbe provare a ragionare con un pò più di freddezza, malgrado l’aria bollente. Proprio di questi giorni si è registrata la più importante inversione di tendenza degli ultimi anni. Complice la crisi finanziaria globale, al vertice della UE si sono improvvisamente accorti che buttare miliardi di Euro dalla finestra per giocare a scambiarci le figurine del cap and trade ha ben poco a che fare con il clima. In un certo senso fa sorridere il fatto che l’evoluzione del clima sia entrata nei salotti buoni della politica grazie alla convenienza finanziaria e ne stia per uscire per la stessa mano.
Un breve promemoria. Che gli effetti delle politiche di riduzione delle emissioni sul trend della temperatura su cui tanto faticosamente si era trovato un accordo, sarebbero comunque irrisori era noto a tutti. Che, inoltre, quelle stesse politiche ci costerebbero un occhio della testa era altrettanto noto. Che, nella migliore delle ipotesi, assisteremmo ad una pesante delocalizzazione delle attività produttive verso paesi “inquinabili” era una facile previsione. Ora si aggiunge anche la scoperta che il commercio dei certificati di emissione è, a tutti gli effetti, scambio di aria fritta, serve soltanto ad arricchire chi compie la mediazione e quindi somiglia tanto ad una certa finanza che ieri era creativa, oggi è tossica.
Nel frattempo la realtà delle osservazioni ci dice che le proiezioni sui cambiamenti climatici fanno acqua da tutte le parti. Sempre sul Corriere della Sera ho letto oggi due frasi illuminanti con cui l’editorialista Giovanni Sartori sferza i guru della finanza e la loro incapacità di prevedere gli attuali disastri.  Credo che potrebbero andar bene anche per altro genere di previsioni, più attinenti al nostro campo di discussione. La prima: “Un sapere «pratico» che consiglia male e che prevede altrettanto male, produce guai o comunque ci lascia nei guai”. E la seconda: […] chi non sa prevedere, nemmeno sa prevenire. Giudicate voi.
Dove risiedono dunque le ragioni della forza con cui si sono sin qui sostenute le politiche di mitigazione? Tre le sedi. Alcuni ambienti finanziari, il fondamentalismo ambientalista e la ricerca del consenso da parte dei decisori. Dei primi che dire? Si sono rotte le ossa da soli e non sembra giusto infierire. Ai secondi rammenterei che la politica del no ad oltranza non ha mai pagato e che se non ci fosse stata la rinuncia all’impiego dell’energia nucleare, forse ora avremmo avuto la scialuppa per essere traghettati verso costi ed efficienza delle risorse rinnovabili che putroppo ancora non sono proponibili. Gli ultimi sono gli unici a preoccuparsi del clima in quanto loro simile, estremamente volubile.
[…] uno degli ultimi post abbiamo fatto un fugace tentativo di addentrarci nell’impervio territorio della valutazione […]
Sul sospetto di Guido di un interesse carbonico da parte della finanza “strutturata” qui c’è un post forse illuminante:
http://globalisation-and-the-environment.blogspot.com/2008/10/great-carbon-cash-in.html
I costi per l’economia europea, e non solo italiana, sono enormi. Devasterebbero la nostra economia in pochi anni.
Detto questo ricordo che c’era un saggio economista nel ’29 che predicava una cosa: ” Lo stato deve intervenire in questo modo nell’economia: nei momenti di benessere deve disinvestire la propria posizione e accumulare ricchezze; nei momenti di crisi lo stato deve fare quello che il privato non farebbe mai: cioè investire risorse e farsi giocatore nel sistema economico. Lo stato può anche agire in deficit, il privato no! Lo stato con i lavori pubblici assumerà manodopera e rimetterà denaro in circolazione grazie alla maggiore occupazione”. Questo signore si chiama J.M.Keynes. Le sue teorie sono alla base degli accordi di Bretton Woods ma negli anni 70 furono completamente dimenticate per lasciar strada al liberismo sfrenato.
Noi, come europa, oggi avremmo la possibilità di fare il restyling di autostrade, ferrovie, metropolitane, porti, centrali eoliche e solari…insomma! avremmo la possibilità di rimettere a nuovo il vecchio continente e l’Italia ma ci sono due freni per fare questo:
1) l’impossibilità di sforare quel maledetto 3% di rapporto deficit/pil (anche se ho sentito che si potrebbe fare delle eccezioni)
2)questo maledetto altissimo costo del denaro. Con cosa dovrebbero finanziare la propria attività le imprese se il denaro a prestito non viene dato oppure viene dato a tassi assurdi?!
Insomma, ancora una volta siamo nelle mani dell’europa: ma il problema non è ridurre la CO2! Il problema è rimettere in moto l’economia, ricreare il benessere e allo stesso tempo riuscire a creare tutte quelle infrastrutture che dimezzano anche le emissioni di CO2 (se proprio la si deve prendere in considerazione). Partire dalla CO2 in un momento in cui l’occidente rischia di finire in ginocchio mi sembra la peggior stupidità che si possa fare. Come dire: in un momento di crisi non ho chiesto al babbo di comprare il completo griffato ma solo i pantaloni e la camicia!
Sì assolutamente, in Italia abbiamo bisogno di professioni nuove. A patto di saperle occupare. Ah, sì, creiamo la nuova industria. Ottimo, nella speranza di non seguire le sorti della New Economy…
Perfetto, ora abbiamo schiere di persone (figlie della New Economy) che tutto fanno, tranne il loro lavoro. In quel caso, però, si trattava di libero mercato. In questo caso, invece, il mercato è meno libero…
Tante belle parole, ma provenienti da persone estremamente lontane dalla realtà produttiva di tutti i giorni. In passato ho lavorato su 13 direttive tecniche europee: principi sacrosanti, migliorie apportate un po’ meno evidenti, costi sostenuti… enormi. That’s all folk!
senza contare che, in una situazione lavorativa di stallo come la nostra, un deciso cambiamento di rotta del mondo industriale e tecnologico aprirebbe la strada a nuove professioni e nuovi sbocchi lavorativi…..
ah, già ,che stupido, per fare questo bisogna investire in formazione e ricerca…….come non detto, siamo in Italia……
riporto comunque la frase del commissario Dimas:
Se il presidente del Consiglio italiano ieri calcolava che il prezzo per ridurre l’emissione di CO2 sarà di 18 miliardi all’anno (mercoledì erano 25 miliardi), per il commissario Ue all’ambiente Stavros Dimas, i costi sarebbero tra i 9,5 e i 12,3 miliardi. Anzi, per la Ue, “l’Italia è uno dei Paesi che probabilmente farà l’affare migliore” sul clima, anzichè subire uno svantaggio insopportabile. I numeri forniti da Roma “sono completamente al di fuori di ogni proporzione”, ha detto il commissario Ue. “Non so da dove vengono, ma non sono quelli che noi chiediamo”.
“non c’è alcun attacco all’Italia”, anzi, “puntiamo alla massima cooperazione. Forse – ha detto tentando ai ammorbidire le precedenti dichiarazioni sui dati italiani “sproporzionati” – può esserci stato qualche malinteso; forse non abbiamo bene spiegato le nostre misure”. E poi ha spiegato: il pacchetto per contenere l’effetto serra, “permetterà all’Italia di fare l’affare migliore. Gli interventi per contenere le emissioni faranno crescere l’occupazione dello 0,3%, e il costo per lo Stato italiano non sarà l’1,4% del Pil entro il 2020, ma sarà contenuto tra lo 0,51% e lo 0,66% del Pil. Non capisco perché l’Italia sia così pessimista”.
ricordo anche che il piano ideato all’epoca dai leader Ue richiede, entro il 2020, il taglio del 20% delle emissioni di CO2, ma anche l’aumento delle fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica.
E non mi sembra che l’Italia, su questi due ultimi punti, abbia proposte e intenzioni serie…..
X max:
è ovviamente condivisibile tutto il prologo che fai ( storico, politico, sociale ed economico) ma sono dierse le conseguenze che io ne traggo.
Per me la persona è sempre al primo posto ( anche se so bene che è utopia il vedere i “miserabili” sfamati e curati) e la Co2 rimane solamente uno spauracchio.
Io attenderò con felicità il giorno in cui il mondo sarà pulito e l’uomo vivrà eco-compatibilmente, ma credo che intanto si potrebbe partire da piccoli passi: tipo affettuare il riciclaggio al 90%.
Oggi apriamo i cassonetti del vetro e ci troviamo dentro di tutto, nel biologico ci troviamo plastica e sacchi, nella carta ci troviamo la plastica…insomma! forse sarebbe bene che si insegnasse alla gente a riciclare al 90% e avremmo già risolto una bella fetta dei nostri problemi. Sarebbe interessante che sulle nuove costruzioni fosse obbligatorio installare pannelli fotovoltaici e solari; sarebbe interessante che i trasporti su rotaia fossero intensificati e migliorati anzhiché sistematicamente bloccati. A siviglia, una meravigliosa città storicamente e culturalmente molto importante, la tranvia passa a non più di 5 metri dalla più grande cattedrale gotica del mondo e nessuno dice nulla: silenziosa, con scarso impatto ma soprattutto ha cancellato il traffico laddove prima c’era. A Firenze si preferisce che accanto al battistero ci passino migliaia di autovetture, autobus, camion ecc.. anzichè una silenziosissima tranvia. In italia questi esempi potrebbero esserci a migliaia. Io consiglio di guardare alla spagna non solo per il fotovoltaico e le energie pulite ma anche per tutto il resto. Da una dittatura nel giro di 30 anni hanno messo la freccia e ci hanno salutato. Ci compprtiamo come se solamente in Italia ci fossero bellezze artistiche e bei paesaggi: dalle altre parti fa tutto schifo!
L’ analisi di Lord Monkton è dettagliatissima e quasi inattaccabile andrebbe tradotta a spedita ai nostri partiti politici.
Sono certo che in molti casi i politici parlino di riscaldamento globale solo per aumentare i propri consensi tra quegli elettori, e sono la grande maggioranza, che conoscono il GW solo attraverso i servizi divulgativi delle nostre tv e gli articoli della stampa generalista.
Per fortuna qualcuno dei nostri governanti non ha paura a parlare fouri dal coro. Ma le parole non bastano, per i fatti penso che dovremo attendere ancora un pò.
Mi permetto di segnalarvi un’approfondita analisi pubblicata da Lord Monkton of Brenchley in forma di lettera aperta al candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, come risposta alle recenti affermazioni di quest’ultimo in merito all’urgenza di agire nella lotta al GW. Curiosamente -ma non troppo- questa posizione è condivisa anche dal suo antagonista. A noi vecchi europei di tutte le loro beghe elettorali importa poco, ma, la lettera in questione, pur essendo di una lunghezza disarmante, riassume in pratica tutto quanto c’è di vero, falso, sottostimato ed esagerato nell’incrocio scienza del clima-media-politica economica. Se ne avete voglia, armatevi di santa pazienza ed andate a questo link.
http://www.americanthinker.com/2008/10/an_open_letter_from_the_viscou_1.html
gg
Mi permetto di aggiungere una considerazione. Il piano di intervento, così come prospettato dall’UE, avrebbe un doppio costo. Il primo, e più immediato, è il costo legato alle iniziative da intraprendere per la mitigazione (se vogliamo, questo costo è quello meno preoccupante). Il secondo, più subdolo per l’economia, è il maggior costo industriale che porterà ulteriormente fuori mercato l’industria europea. Attualmente annoveriamo già un grande elenco di direttive europee, alcune giuste, altre un po’ machiavelliche, volte alla regolamentazione di questo o quell’aspetto produttivo e lavorativo. Nella lingua di tutti i giorni, significa che la nostra produzione è appesantita da costi che, in moltissimi casi, sosteniamo solo noi europei. Io credo che su questo si debba riflettere in modo onesto. Non è un problema di climatologia o di scienza della Terra: questo è un problema di politica economica. O ci si muove tutti insieme, e questo garantisce un mercato equo, senza posizioni dominanti (per minori costi, o dumping) oppure è un suicidio annunciato. L’ennesimo.
per tutto il resto, condivido pienamente la posizione di Beppe….
caro Marcus:
ti cito: “….ma al primo posto ci deve sempre essere la persona….”
beh, personalmente non sono d’accordo ma le mie opinioni personali nulla contano;
il punto è un altro:
la persona, come la intendi tu, non è un organismo avulso dal contesto ambientale in cui vive, non è un compartimento stagno isolato da tutto il resto;
scelte serie di pianificazione, sviluppo, DEVONO necessariamente considerare tutte le interrelazioni tra uomo e territorio, inteso quest’ultimo sia nelle sue componenti chimico-fisiche che biotiche;
continuare a considerarsi al di sopra e privilegiati “solo” perché abbiamo saputo inventare la civiltà tecnologica, a mio modesto parere, non ci rende “superiori” a nessuno, sia perché questo modo di ragionare porta spesso anche a ritenere superiori certi umani rispetto ad altri (e questi ultimi 20 secoli di storia umana ne testimoniano centinaia di episodi),
sia perché, per le condivisibili preoccupazioni che tu avanzi sulla sopravvivenza di alcune popolazioni del Terzo Mondo, forse approfondendo il discorso scopriresti che è stata proprio la mentalità del modello “il mondo mi appartiene e ne faccio quello che voglio, per il mio tornaconto e per i miei interessi economici, politici e commerciali”, che ha prodotto enormi disparità di condizioni di vita, aggravate dopo la fine del colonialismo, dalla volontà di speculare sulla povera gente e di sfruttare indiscriminatamente risorse naturali ovunque ce ne fossero in abbondanza, distruggeno ecosistemi sia “naturali e incontaminati”, che “antropico-sociali e culurali”….
il link postato da Beppe qui sopra, riporta una notizia che io 2-3 mesi fa avevo già riportato su queste pagine, e la dice lunga sulla mentalità imperante, e credimi, se l’Italia riuscirà a svincolarsi dal rispetto dei trattati sulle emissioni CO2, non lo farà certo perché si preoccupa di chi sopravvive a malapena nel Darfur, o nell’Africa sub-sahariana….
E se infine questa è la scusa italiota per tornare indietro…
http://www.rinnovabili.it/taglio-agli-incentivi-del-55-per-rinnovabili-in-edilizia-505281
Cerchiamo di trasformare la “dilazione” in un cambiamento sostanziale di rotta, evitandoci di andare a spendere, in fretta e sotto pressione, somme enormi su evidenti assurdità . Piuttosto che seppellire la Co2 io la userei come fertilizzante per alghe, o persino (con appropriati batteri) per arricchire il terreno agricolo, oggi devastato dall’agricoltura basata su chimica. Ma qui ci vogliono seri investimenti in ricerca e sperimentazione, cosa che la direttiva 20-20-20 non prevede…
Se la corsa è a seppellire Co2 e a fare antieconomiche centrali nucleari francamente è una fregatura, e non solo per l’Italia.
@ Matteo
Mettiamola così. Io sono un meteorologo, non certo uno scienziato. Se qualcuno mi contraddice non mi arrabbio, cerco di capire. Dato che questa faccenda non mi convinceva ho deciso da qualche anno di documentarmi e, leggi oggi, leggi domani, le mie perplessità sono aumentate invece di diminuire. le prove dell’AGW sono tutte nelle simulazioni, le ragioni dello scetticismo sono nelle osservazioni e nella confutazione delle teorie che spiegherebbero le dinamiche interne al sistema sulle quali si fondano le predette simulazioni. Ogni giorno qualcuno aggiunge un tassello di conoscenza alla comprensione della complessità di questo sistema. Nonostante ciò so di essere lontano anni luce dall’aver capito. E’ probabile che sia duro di comprendonio, perchè in tutta evidenza quelli che hanno capito tutto sono veramente in tanti. Possibile?
gg
Pero, mi chedo,senza fare nomi, perche numerosi meteorologi professionisti,della quale buonafede non si puo dubitare a priori, sono sicurisssimi che la terra si stia scaldando e che sia colpa della co2 ,anzi,si arrabbiano moltissimo se se qualcuno prova a contaddirli!!..saranno tutti piu interesati alla professione che al clima?
Condivido in pieno e rincalzo nuovamente con la solita domanda:
cosa accadrebbe se le previsioni sui cui si basano questi faraonici e costosissimi progetti di riduzione della CO2 si rivelassero sbagliate? se il clima andasse verso un rapido raffreddamento e la Co2 avesse tutta questa importanza sulle sorti climatiche, l’aver speso tutti questi soldi per eliminarla equivarrebbe ad aprire la tavoletta del water, buttarci soldi dentro e tirare lo sciacquone ( passatemi la caduta di stile).
@ Lorenzo
“I benefici climatici-economici in termini di catastrofi evitate”… Ma quali catastrofi? Quelle delle proiezioni socio-meteorologiche? Ma come è possibile stimare il rapporto costi benefici di una cosa che non si conosce, si fonda sul virtuale e non sta superando la prova del confronto con la realtà ?
Mi sento di condividere in pieno le parole di Beppe Caravita. Una cosa è inseguire la falena della CO2, altra cosa è occuparsi di ambiente. La logica dalla quale si deve uscire è proprio questa. Al riguardo però sono certamente scettico. Gli interessi in gioco sono già troppo alti perchè ci possa essere un ripensamento, più probabile una “temporanea” dilazione.
gg.
Mi sembra strano che gli ‘economisti’ propriamente detti non abbiano fatto un’accurata ‘analisi costi-benefici’ dell’intera questione della ‘mitigazione’ che possa giustificare una decisione definitiva e inappellabile:
i benefici climatici-economici, in termini di catastrofi evitate, superano realmente o eguagliano i costi sostenuti, ovvero la riduzione del PIL?
Se si sicuramente i provvedimenti verranno certamente attuati, se invece ci sono dubbi in merito, come pare esserci, rimarrà una politica sulla carta, ma senza recriminazioni…
In realtà il problema dela mitigazione sembra essere più complesso: non è vero infatti che si tratta di un ‘problema comune’ ovvero che coinvolge tutti con lo stesso peso: ci sono Stati, come la Russia, che ben accolgono il Cambiamento Climatico (Putin diceva “2°C in più in Russia in inverno non possono fare che bene in termini di spesa energetica per il riscaldamento”): i paesi più colpiti sono sensza dubbio quelli all’interno delle fasce tropicali e quelli alle medie latitudini…
Se non tutti percepiscono lo stesso ‘rischio ambientale’ come si può trovare una soluzione comune tanto più se ne risulta coinvolta la ricchezza di ciascuna nazione in maniera variabile…?
Dopo un paio d’anni di esplorazione della questione climatica, e innumeri paure infertemi da ponderosi rapporti, grandi simulazioni, inverni eccezionalmente miti, sono approdato, passo dopo passo a un moderato scetticismo.
Ciò che mi ha fatto progressivamente cambiare idea è stata una costatazione ripetuta. Praticamente tutti i fautori del cambiamento climatico antropogenico più o meno accelerato ragionano e argomentano sulla base di previsioni, di sottostanti modelli computerizzati simulati, gli scettici invece sulla base di dati esistenti, storici e rilevati.
Quella che mi ha colpito di più è stata questa semplice figura (http://blogs.it/0100206/images/co22.jpg, tratta da: http://icecap.us/images/uploads/Correlation_Last_Decade.pdf ), in essa si percepisce chiaramente una quantomeno dubbia, se non inesistente, correlazione tra aumento di concentrazione della Co2 nell’atmosfera e andamento delle temperature medie.
Anche da altre analisi (per esempio dalla confutazione del famigerato grafico Hockey Stick) emerge un dubbio pesante: è davvero l’aumento di concentrazione atmosferica della Co2 la causa del (supposto) riscaldamento antropogenico? Come mai in altre ere geologiche si arrivò anche a 7mila parti per milione senza che il Pianeta divenisse come Venere?
Se la risposta è no, ovvero la Co2 non c’entra (o c’entra molto poco) con i cicli climatici, allora tutto il castello costruito (magari anche in buona fede) attorno al grandioso trattato di Kyoto (nel 1995-98, ormai dieci anni fa) crolla, e crolla la necessità impellente di “prezzare” il carbonio emesso, crollano i costosissimi e dubbi (anche sul piano della sicurezza pubblica) progetti per seppellire la Co2 emessa dalle centrali a carbone in acquiferi profondi, sperando che poi non riemerga e magari faccia qualche strage. Crolla soprattutto la velleità di governare il riequilibrio ambientale e civile dell’umanità attraverso lo strumento di comunicazione, di paura e di allerta chiamato global climate change antropogenico.
E’ un dubbio, ovviamente, come giornalista non posso avere certezze. Ma cosa resta, al di là di questo dubbio piuttosto pesante? Resta molto, per un ambientalista critico. Resta il fatto che al 2050 vi sarà un progressivamente insostenibile squilibrio tra fonti energetiche e crescita della popolazione globale (nove miliardi a quella data, e quanti poveri?). Resta il fatto che il footprint umano sullo stesso pianeta appare ormai eccessivo, per le sue capacità auto-rigenerative (basti pensare alle estinzioni delle specie e alla riduzione di biodiversità , all’erosione dei suoli, alle deforestazioni massicce….). Resta un enorme problema di sostenibilità globale.
Questa mi pare la cosa vera, non la dubbia Co2. E l’altrettanto dubbio comitato Ipcc ( si veda: http://blogs.it/0100206/2008/07/08.html#a8103). E ne traggo alcune conseguenze, in parte diverse da quelle argomentate da Guido.
Primo: pagare una tassa Co2 esorbitante per l’Italia non ha senso. Ha senso invece procedere, con determinazione, allo sviluppo di fonti rinnovabili meno costose della meno costosa fonte fossile, ovvero il carbone. Personalmente sono un fautore della geotermia di terza generazione ( http://blogs.it/0100206/stories/2007/07/12/laSettimaMossa.html )ma anche il fotovoltaico avanzato, il solare a concentrazione, l’eolico di alta quota paiono offrire interessanti e perseguibili prospettive (almeno secondo i due matematici fondatori di Google). Invece di pagare 180 miliardi dietro alla falena Co2 investirei queste risorse sul futuro energetico italiano (e europeo) se non altro per toglierci dalla dipendenza dal gas russo, dai fumi di carbone, e forse anche riequilibrare il nostro debito pubblico (e le nostre bollette).
Secondo: perseguirei politiche di efficienza energetica e sostenibilità in tutti i prodotti e settori dell’economia italiana. Dai motori e sistemi elettrici fino all’agricoltura biologica (sono diventato un fan di quel mistero detto Terra preta de Indio : http://blogs.it/0100206/2008/10/04.html ). Sono invece pesantemente critico su questo supposto rinascimento nucleare, che non pare proprio, all’atto pratico si stia verificando (si veda: http://www.rmi.org/sitepages/pid467.php ).
Terzo: l’economia mondiale sta andando verso una recessione, che appare ai più (esperti) piuttosto pesante (e pericolosa, anche per la tenuta dell’Europa). In tali casi si agisce con programmi e progetti pubblici di stimolo delle attività . E invece di scavare buche (magari per seppellire Co2) per poi ricoprirle, come insegnava il buon Keynes, mi pare sensato agire su investimenti di effettivo riequilibrio, energetico, ambientale, di footprint, di lavoro e di redditi.
Quindi: io butterei a mare l’ormai (quantomeno) obsoleto e controproducente trattato di Kyoto, chiederei un Ipcc effettivamente aperto a un dibattito (serio) tra scettici e non, avvierei un negoziato globale (con Usa, Cina, India, Brasile….) non sulla paranoia della Co2 ma sugli investimenti in sostenibilità . E uscirei così da questo ciclo recessivo. Senza imporre tasse assurde, e senza reale ritorno a paesi, come l’Italia, già gravati da un debito pesante.
Privilegerei, invece della mera riduzione di emissioni (un tanto al chilo) di Co2, incentivi puntati sull’efficienza energetica nei prodotti e processi, e nella sostenibilità delle case, degli stili di vita, dell’agricoltura e dell’alimentazione. Su questi obbiettivi migrerei anche il mercato mondiale dei certificati, ma bianchi (di risparmio e di efficienza) e non verdi (mere tonnellate di Co2 emesse).
Risultato: otterremo gli stessi effetti ultimi del trattato di Kyoto (ovvero la messa in sicurezza anche da eventuali rischi climatici antropogenici) ma agendo sui problemi di fondo (più generali) e non su quelli superficiali, propagandati e dubbi. E su questi fattori di fondo, ci scommetto, sarà più facile arrivare un accordo mondiale (oggi precluso dalla rigidità e obsolescenza di Kyoto) in grado di attaccare, e forse risolvere, questo frangente chiave della storia della civiltà umana.
Non c’è bisogno, quindi, di demonizzare l’ambientalismo, se questo prende atto della realtà , e non si limita ciecamente a seguire verità ideologiche (e le lobbies che stanno sfruttandole).
Il mio, come vedete, è uno scetticismo moderato. Ma molto, molto ambientalista.
Devo anche a questo blog molti fecondi dubbi instillatemi negli ultimi nove mesi.
Beppe Caravita
@Marcus
Anche per me è un enigma il fatto che l’ambientalismo italiano sia di parte.
Io ho maturato un’idea e chiederei a Max un suo parere.
Vi sono almeno le seguenti caratteristiche che danno un connotato “di parte”:
-l’odio profondo verso l’attuale “società dei consumi” e la conseguente distruzione di tutte le sue cause,
-il pessimismo radicale nei confronti dell’uomo,
-l’esigenza di un “potere” che guidi l’uomo verso la “propria realizzazione” in quanto autonomamente non è in grado di farlo
-Non ultimo per importanza, la svolta degli anni ’60, dove da movimento “romantico” come era da inizi/metà ‘900, additò la cultura giudaico-cristiana come causa della perversione uomo/ambiente raccogliendo, in qualche maniera, i fermenti sessantottini.
Mi raccomando Max non prenderla come “provocazione”, vorrei solo un tuo parere…
Ciao
Max, con il dovuto rispetto: se tu come 15 milioni di italiani avessi difficoltà ad arrivare in fondo alla fine del mese, se come 1 miliardo di persone del mondo tu avessi difficoltà a sfamarti, probabilmente considereresti molto meno importante il problema “riduzione CO2” rispetto a quello “stipendio, pensione”.
Gli italiani sono attenti allo stomaco che nell’ultima decade del mese brontola e sono attenti ai 1200 morti sul lavoro all’anno per cui non viene speso un euro per controlli e formazione; gli italiani sono attenti anche al fatto che occorra comprare combustibili all’estero mentre potremmo avere grandi risorse energetiche con il solare e l’eolico. Ma non lo mettono al primo posto: l’eolico, l’energetico e il clima sono meno importanti per quelle 15 milioni di persone che fanno fatica a tirare avanti.
Ti ripeto: rabbrividisco al pensare che nel biafra si muoia di fame e in europa e in occidente si spendano miliardi e miliardi di euro per ridurre Co2 senza sapere se sia veramente la responsabile del mutamento climatico.
Ben vengano le centrali solari ed eoliche, ben vengano le riduzioni di emissioni inquinanti: ma al primo posto ci deve sempre essere la persona. Se adesso ci sono 10 miliardi da spendere, non mi sembra che spenderli per ridurre la CO2 sia il modo migliore.
Io non vorrei che si arrivi tra qualche decennio ( dopo aver speso centinaia di miliardi di euro per ridurre i livelli di CO2) ad una situazione in cui per mantenere il livello termico globale attuale occorra immettere nell’aria Co2. Immaginatevi cosa accadrebbe se ad esempio, come alcuni scienziati sostengono, l’attuale fase di minimo solare si prolunghi di molti anni e il pianeta si trovi ad affrontare un suo brusco raffreddamento anzichè il pubblicizzato riscaldamento.
Infine, concludo,con la questione politica: il problema italiano non è se il centrodestra fa o non fa politiche ambientaliste. Il problema è invece capire quale sia la ragione per cui gli ambientalisti stiano a sinistra e non si propongono invece (come avviene in molti paesi europei) quale componente bipartisan che trova accordi di volta in volta con coloro che sono al governo. Questo è il vero enigma, tutto italiano.
@ Max
Hai ragione, avrei dovuto scrivere “E’ la policy che cambia, non il clima”. Però la policy la fanno i politici e saremmo tornati al punto di partenza. Mi rendo conto di quanto sia difficile mantenere le distanze, ma ci tengo che questo avvenga perchè si rischia di scadere sul serio nelle conversazioni da bar.
Quanto alla possibilità che si inneschi un dietrofront generale, è reale e non deve accadere, ma abbiamo una pallida idea di quanto tempo si è perso e quanto altro se ne perderà ancora, perchè la faccenda è tutt’altro che chiusa, inseguendo la CO2, ed i suoi effetti sul clima? Quante risorse sono andate nella direzione sbagliata? Quanta ricerca si sarebbe potuta fare senza necessariamente dover inserire l’argomento GW in ogni lavoro solo per averne la pubblicazione?
Ti racconto anche io un episodio. Una decina di anni fa sono stato in Antartide, e tra gli altri c’erano anche alcuni geologi che lavoravano su di un un sistema gps sul vulcano Melbourn. Uno di loro mi confessò che se avesse presentato quel progetto dedicandolo ad uno dei nostri vulcani non lo avrebbero accettato e finanziato. Invece in Antartide sì, anche se costava ovviamente uno sproposito in più.
In questi giorni, sulle nostre pagine, sui giornali, nelle piazze, si sta parlando tantissimo di ricerca. Persino sull’ultimo numero di Nature c’è un “elegantissimo” editoriale che affronta il problema (http://www.nature.com/nature/journal/v455/n7215/full/455835b.html). Io onestamente ne so poco, ma credo che è da questo genere di inutili condizionamenti che sanno tanto di rapporti clientelari che ci si dovrebbe guardare. Anche Richard Lindzen, in un recente lavoro (http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/0809/0809.3762.pdf) ha affrontato la questione fornendo molti spunti interessanti. Però tutti protestano per i recenti accadimenti e nessuno ha mai protestato per la deriva che il settore ha preso negli ultimi decenni, danneggiando gli stessi che ritengono di essere danneggiati anche ora.
Una cosa è certa, ci sarà sempre qualcuno più colpevole degli altri, ma finchè si continua a ritenere che sia sempre qualcun altro, difficilmente si potranno migliorare le cose.
A presto, gg.
chiedo scusa per le venature politiche del mio intervento, purtroppo nello specifico del post iniziale non sono riuscito a farne a meno, anche perche’ il titolo stesso mi ci ha portato….
ma chiedo di nuovo scusa;
sulla “pizzicata” riguardante le generalizzazioni sul fondamentalismo ambientalista, mi riferivo anche a commenti di recente pubblicati nella sezione VOCE DEI LETTORI….
Guido, sai benissimo che condivido molti dei tuoi scetticismi sulla vicenda Global Warming, anche se magari a volte parto da un’ottica leggermente diversa, e so perfettamente, e riconosco, che, come tu stesso fai e metti in pratica, una cosa sono le chiacchiere e le correnti di pensiero anche emotive, un’altra cosa e’ la scienza, che non sara’ esatta perche’ parliamo di sistemi naturali complessi, ma e’ comunque il miglior punto di partenza che possiamo avere, almeno su queste questioni….
….un anno fa, in un piccolo incontro in abruzzo con alcuni collaboratori volontari del wwf, che si riempivano la bocca di proclami e previsioni terrificanti sul futuro del pianeta senza avere la benche’ minima preparazione e conoscenza di quello di cui parlavano, mi premurai sia di metterli al corrente di alcuni basilari concetti di ecologia e pianificazione territoriale, e anche di informarli che sulle questioni di scienza, e’ bene essere competenti in materia, prima di andarne a parlare in pubblico….
Angelo, condivido tutto quello che dici…
mi premeva pero’ sottolineare con il mio primo post, una cosa:
non vorrei che passasse il concetto che, siccome il contenimento delle emissioni di CO2 e’ troppo costoso e fondamentalmente inutile, allora le politiche di tutela ambientale tutte, di innovazione e risparmio energetico, fossero cose “meno importanti” delle pensioni, della busta paga, delle partite di calcio, del nuovo modello di elicottero da guerra super equipaggiato di armi, etc etc;
e questo e’ un rischio che, in Italia, e’ molto concreto, data la facilita’ del pensiero comune italiano a preoccuparsi solo del proprio giardino….
bisogna che prima o poi si inizi a pensare anche allo sviluppo della societa’ umana come ad un sistema complesso in cui tutte le componenti hanno interrelazioni reciproche e imprescindibili, e da questo deve prendere spunto la pianificazione…..componenti ambientali, territoriali ed ecologiche comprese…..
ciao
@Max
Mi piace l’approccio “onesto” ai problemi, ma la cosa fondamentale è non partire sparando su una sola parte politica. Se l’ambientalismo è un vero problema non può che essere un problema assoluto, ma se solo una parte politica è in grado di difendere l’ambiente allora l’ambientalismo non è un problema assoluto, ma solo soggettivo e di parte riducendo così l’ambientalismo ad una scelta elettorale. (E poi, i precedenti ministri dell’ambiente erano tutti all’altezza della situazione?).
Circa le centrali nucleari, ero studente di ingegneria elettrotecnica mentre ci fu il referendum. Ricordo benissimo che la stampa di allora ci fece una testa così circa la fusione nucleare con annunci di ogni tipo dichiarando attraverso Carlo Rubbia (nobel fresco)che era questione di pochi anni: molti ambientalisti dicevano di aspettare la fusione, “meglio quella fredda!”(ditemi voi che fine ha fatto la fusione!).
Che sia Destra o Sinistra, un governante serio (e di persone “oneste” ne abbiamo in ogni parte politica) e la buona pratica di ingegneria dice che la programmazione strutturale si può fare solo sulla tecnologia “consolidata”. Le attese sperimentali è meglio lasciarle ai progetti pilota al CNR-ENEA ecc…, poi comunque attendere qualche anno che siano rodate; poi si vedrà .
Circa le scorie hai sicuramente ragione e non metto becco, ma mi permetto di ricordare che abbiamo molti rifiuti nucleari in Italia con tempo di decadimento da qualche decennio a qualche centinaio di anni in depositi neanche troppo isolati (trattasi di tutto il materiale ospedaliero, raggi X e compagnia bella). O si butta anche la medicina nucleare (avete notato che stanno cambiando nome ed ora è “non invasiva”?) oppure prima o poi bisognerà comunque risolverlo! Certo i rifiuti radiattivi che abbiamo non sono pericolosi quanto le barre di uranio o di plutonio (che oggi abbiamo comunque in italia per le vecchie centrali nucleari ferme, ma non dismesse, stoccate in depositi “temporanei”).
Circa la lobby CONFINDUSTRIA, ce ne sono anche molte altre poco note o poco cavalcate dalla stampa e dalla politica, ma non meno “potenti”.
@ Max
Grazie a te per la ricchezza dei tuoi contributi.
Mi premono alcune precisazioni. Preferirei che su queste pagine non si sviluppassero temi che riguardino la specifica attività di questa o quella compagine politica, quanto piuttosto, come abbiamo sempre cercato di fare, temi di più ampio respiro, che pur comprendendo certamente anche i fatti di casa nostra, evitino di avventurarci nei terreni paludosi della contrapposizione di schieramenti. Scrivo questo a te Max, perchè altri lettori di CM non si sentano autorizzati a fomentare la suddetta polemica.
Credo che se soltanto pochi mesi fa gli obbiettivi di spesa del piano di riduzione europeo potevano essere giudicati ambiziosi, ora sono semplicemente irragiungibili, a prescindere da quale sia la volontà che anima questo cambiamento di tendenza.
Continuo a pensare che utilizzare, quando l’avevamo, la tecnologia nucleare, sarebbe stato meglio che sperperare tutte le nostre risorse nell’acquisto di combustibili fossili che non abbiamo. Quanto al presente ed al futuro, oltre ad aver apprezzato e compreso le tue edotte valutazioni sull’argomento (in poche parole mi hai convinto), dal basso della mia scarsa conoscenza in materia, penso anche che il treno del nucleare lo abbiamo perso da un pezzo e tentare di salirci di nuovo sopra rischia di farci sbattere il muso sul predellino. Sulla faccenda dei costi però sarei più cauto, perchè quelli spesi per mitigare qualcosa che non ha bisogno di essere mitigato ed è inoltre non mitigabile, sono soldi buttati, quelli spesi per costruire centrali, anche se sarebbero tantissimi, finirebbero per produrre energia. Le due cose, ed ho già detto cosa penso al riguardo, mi sembrano un tantino diverse.
Quanto a quelle che difinisci “frequenti generalizzazioni” sul mondo ambientalista, mi preme far notare che, forse in modo un pò stucchevole, quando voglio dare alle mie parole un senso negativo, lo definisco sempre anche fondamentalista, proprio come hai fatto tu volendoti giustamente distinguere. Chi non lo è, e sono anche convinto che si tratti della maggior parte della popolazione delle varie associazioni, non subisce alcuna generalizzazione, almeno qui. Sono inoltre felice di poter contare sulla tua vicinanza a molte di queste associazioni, perché, da affezionato lettore di CM, le rappresenti più che degnamente nelle nostre discussioni.
A presto, gg.
partendo dal presupposto che non prendo posizione né su un versante né sull’altro, malgrado la mia personale “fede” ambientalista (che non ha nulla di fondamentalismo), come Guido, che mi conosce, sa benissimo, mi preme però sottolineare che se “le proiezioni sui cambiamenti climatici fanno acqua da tutte le parti”, ciò non vuol dire che cambiamenti in atto non ci siano, né che non siano osservabili;
tralascio i commenti su frasi tipo “Cosa credete che faranno i nostri governanti quando dovranno scegliere se rispettare un patto internazionale o salvare la vita di due bambini del biafra?â€
i nostri governanti non si sono mai occupati realmente nemmeno dei bambini del biafra, anzi….. quindi queste sono solo contrapposizioni ideologiche da bar….
Concordo sul fatto, come da tempo Guido sostiene, che i problemi e l’evoluzione del nostro clima, e più in generale dell’Ecosistema Terra nel quale viviamo, necessitano di studi molto più approfonditi, e di tempi di analisi e verifica molto lunghi, e anche e soprattutto di mezzi (finanziari e non) di cui la ricerca nel suo complesso necessita, ma che da chi ci governa evidentemente, pur di fare cassa, sono ritenuti superflui e non necessari;
condivido anche le perplessità , su questo blog spesso esposte, dell’attribuzione totale, all’attività antropica di questi ultimi 150 anni, degli evidenti incrementi di temperatura media;
ciò non toglie che una cultura improntata a criteri di sviluppo industriale e tecnologico innovativi, meno assetati di fonti energetiche, e meno impattanti sul territorio (da tutti i punti di vista), dovrebbero essere punto fermo nella pianificazione di sviluppo nazionale e internazionale;
mi preme farvi notare, perdonatemelo, che l’attuale rappresentanza governativa italiana, storicamente ha dimostrato una totale e pressoché costante incultura e disinteresse nelle questioni di gestione del territorio, ambiente etc etc;
vi ricordo solo i disastri nel territorio italiano (non parlo solo di clima) prodotti dall’accoppiata Matteoli-Lunardi nel precedente mandato Berlusconi 2001-2006;
se ci fosse un reale progetto alternativo, quale appunto puntare fortemente sulla ricerca, sull’innovazione, finanziare la sperimentazione, diffondere (come si diceva anche in altri post recenti) una cultura del risparmio energetico anche a livello urbanistico e architettonico, si potrebbe anche accettare una deroga dei trattati internazionali;
tutto questo però in Italia non c’è;
è storia di questi giorni la vergognosa ri-proposta di aprire la caccia anche nelle aree protette, e, permettetemi, se questa è l’alba dell’attività e delle proposte del neo ministro dell’Ambiente, la cui incompetenza totale in materia di scienze naturali, ambiente, ecologia è cosa nota, Dio ci scampi dall’arrivare a fine giornata….
“…nella migliore delle ipotesi, assisteremmo ad una pesante delocalizzazione delle attività produttive verso paesi “inquinabili .”
concordo; questa però, se mi permettete, non è una decisione o una conseguenza dell’attivismo ambientale (a qualunque livello lo si voglia intendere), ma solo ed esclusivamente di uno “stile” di vita e sviluppo improntato al profitto nudo e crudo, del tutto disinteressato a problemi sociali, disinteressato al rispetto dei diritti dei lavoratori, improntato alla volontà (RIPETO: VOLONTA’ !!) di gestire lo sviluppo delle attività produttive senza voler spendere per la sicurezza dei lavoratori, né per investimenti che razionalizzino la produzione sul piano energetico e dei consumi etc etc….
Di nucleare già parlammo abbondantemente in uno dei primi post di questo blog, mi sembra inutile ritirar fuori questa storia alla luce di quanto anche io dissi su enormi problematiche ambientali e di sicurezza (dei depositi di stoccaggio, non degli impianti) tuttora non risolti;
e mi sorprende vedere che la spesa (enorme, si) per rispettare accordi relativi alle emissioni CO2 suscita scalpore tra molti di voi, ma l’altrettanto enorme spesa prevista per costruire e mettere in funzione almeno 12 (diceva Scajola, altro genio della scienza, della pianificazione territoriale e dell’ecologia) nuove centrali di III generazione non suscita altrettanto scalpore e clamore;
se pensaste solo per un attimo che queste centrali, oltre a costare MILIARDI e MILIARDI di euro (nel costo va contata la costruzione, la messa in opera, la gestione, la messa in sicurezza, la inevitabile dismissione dell’impianto a fine ciclo di vita, la sorveglianza, lo smaltimento e il trasporto delle scorie), se e quando entreranno a pieno regime in funzione, sarà non prima di 15-18 anni, saranno già vecchie (il resto del mondo sta lavorando e studiando un nucleare di IV generazione), e produrranno comunque scorie che in Italia non sappiamo dove mettere, perché la vitalità geologica del nostro paese impedisce di trovare situazioni territoriali (profonde e non) paragonabili a quelle del nord europa e della parte centrale del Nord America, che non a caso geologicamente parlando si chiamano CRATONI, o scudi cratonici, cioè, per farla breve, porzioni di litosfera terrestre continentale dove non vi è segno di attività tettonica e sismogenetica da almeno 300 milioni di anni, e dove il basamento roccioso è costituito da rocce di tipo granitico derivate dalle trasformazioni e fenomeni orogenetici appunto di circa 300 milioni di anni fa, e non da chilometri e chilometri di spessori di calcari fratturati, fagliati e disgregati, e argille sabbiose come abbiamo invece nel 85% del nostro territorio….
in sostanza, non discuto (entro certi limiti) sul fatto “…….Che gli effetti delle politiche di riduzione delle emissioni sul trend della temperatura su cui tanto faticosamente si era trovato un accordo, sarebbero comunque irrisori era noto a tutti. Che, inoltre, quelle stesse politiche ci costerebbero un occhio della testa era altrettanto noto…..”
discuto il fatto che la presa di posizione del nostro paese, ha come unico punto di partenza e di scelta, continuare a curare solo gli interessi – perdonatemi anche questa – del mondo rappresentato da CONFINDUSTRIA, senza che ci sia un progetto alternativo, senza che ci sia una volontà e una coscienza dirette verso un cambiamento drastico (e la crisi finanziaria di ora dovrebbe far capire che invece è il momento ) di modello di crescita (che non si misura solo con la crescita del PIL!!!) e sviluppo un po’ più a misura di uomo e ambiente, e un po’ meno ad uso e consumo di finanza, politica e corporazioni…..
ultima cosa: gradirei leggere su questo blog, un po’ più di cautela sulle frequenti generalizzazioni sul mondo ambientalista e sul suo presunto fondamentalismo diffuso a macchia d’olio, fatte spesso e volentieri da chi le associazioni in questione non le frequenta, non le conosce se non da fuori, e non ci si interfaccia in maniera diretta (come invece talvolta ho la volontà e la possibilità di fare io);
ciao e grazie per i continui spunti di riflessione e confronto che queste pagine offrono.
Max
Ma che fantastico lavoro! Giusto oggi, da altre parti, scrivevo:
“…Nel mentre a tutto ciò e nel mentre che il mondo vive la peggior crisi economica mai esistita, i grandi del mondo sono ancora attorno ad un tavolo a decidere quanto spendere per ridurre una miseria di CO2!!! Decine di miliardi di euro saranno spesi (centinaia tra qualche anno) per diminuire una maledetta miseria di CO2 in 150 anni!
Gente che non arriva alla fine del mese e gente che ci arriva coi debiti alti, gente che muore di fame e gente che non sa se in fondo alla giornata la propria figlia sarà ancora viva! Nei mesi scorsi assistemmo anche all’impennata dei prezzi dei cereali che affamarono ancor di più, per quanto possibile, coloro che già non hanno niente! e questo perchè? perchè noi dobbiamo ridurre la CO2!
Signori, è un gran brutto giorno quello di oggi. E un giorno in cui il mondo che conta ci sta dicendo che vale di più una ppm in meno di CO2 che la vita di milioni di persone.
Sono due problemi diversi per qualcuno. Ma per coloro che dovrebbero tirare fuori i soldi, ossia i nostri governanti, i soldi vengono dallo stesso borsello. Cosa credete che faranno i nostri governanti quando dovranno scegliere se rispettare un patto internazionale o salvare la vita di due bambini del biafra?”
Io desidero più di ogni altro un mondo pulito portato avanti solo e grazie alle energie rinnovabili. Ma la strada che fino ad adesso è stata intrapresa è davvero fallimentare sia da parte di certi scienziati sia da parte della politica. E non sarà un caso che i nostri guai sono cominciati proprio da quando gli scienziati sono entrati in quel luogo che sopravvive grazie alla politica: l’ONU.
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