Parliamo di ghiacci artici, non nel senso della frequenza ma dello spessore. In effetti da qualche tempo l’accento su questo argomento è stato spostato dall’estensione del ghiaccio marino al suo spessore, perchè, pur continuando ad essere inferiore alla media di riferimento, il ghiaccio artico si è tolto quest’inverno qualche soddisfazione, recuperando una buona parte di quanto aveva perso, soprattutto con il minimo raggiunto nel 2007.
Ma questo, ci dicono, è ghiaccio nuovo, cioè non più vecchio di uno o due anni e quindi sarebbe in gran parte destinato a sciogliersi rapidamente con la calura estiva. Date le premesse stagionali, direi che non è detto che si tratti di calura, però è giusto fidarsi di chi dice di conoscere bene questi meccanismi, anche se a spanne mi verrebbe da pensare che trattandosi comunque di acqua ghiacciata, questa torna allo stato liquido se le temperature sono favorevoli al processo, non se ha numeri diversi sulla carta d’identità .
Per approfondire l’argomento già qualche mese fa avevamo fatto un pò di ricerca sullo stato dell’arte, scoprendo che misurare lo spessore del ghiaccio artico è impresa non facile. Cioè, le misure sono in effetti fattibili, ma ottenere delle serie di dati omogenee che rendano l’idea del trend di lungo periodo è complesso, perchè la banchisa si muove in continuazione e dunque le boe flottanti si spostano con essa, restituendo misure diverse per luoghi diversi che finiscono per essere poco rappresentative.
E’ per questo che è stata organizzata una spedizione aerea che effettuasse misure dall’alto per mezzo di tecnologia laser, in grado di dare informazioni sia sullo spessore che sulla composizione dello strato ghiacciato. Quella dell’immagine è la rotta seguita dall’aereo. Sorpresa! Al ritorno dalla loro spedizione gli scienziati americani, canadesi, tedeschi ed italiani che componevano il team hanno dichiarato di aver misurato spessori doppi di quelli che immaginavano di trovare. Un risultato che sembrerebbe in contraddizione con il riscaldamento delle acque artiche. Sul sito dell’Alfred Wegener Institute for Polar and Marine Research di Bremerhaven è ancora disponibile soltanto il comunicato stampa dell’apertura della campagna di misura. Queste anticipazioni le abbiamo tratte dal network on line CCNet moderato da Benny Peiser.
[…] http://www.climatemonitor.it/?p=2338 […]
Per la miseria, cominciavo già a preoccuparmi. Poi ho capito che anche stavolta nn può che essere colpa del cambiamento climatico. Meno male, temevo che la musica potesse cambiare. Un bell’articolo, dal quale traspare il disappunto per questi dannati pattern regionali che si ostinano a cambiare ed evolvere invece di restere “congelati” nello statu quo. Naturalmente se avessero diminuito la loro massa invece di accrescerla sarebbe stato tutto più semplice, ma anche così la spiegazione fa la sua figura. Imperdibile la conclusione: “As temperatures continue increasing, they will overtake additional mass provided by snow,” Fountain said. “The freezing level will keep rising, and glaciers will melt”. Poteva mancare una previsione? Attenzione, è una certezza, se le mie cognizioni della lingua inglese non mi tradiscono. Quanto vorrei avere la loro efficacia comunicativa.
Grazie Max.
gg
a margine, sui ghiacciai montani dell’Himalaya….
http://dsc.discovery.com/news/2009/05/05/himalayas-glaciers.html
@Lorenzo
I dati di Cryosphere Today e quelli dell’NSIDC sono sempr andati in ragionevole accordo. Qualche mese fa ci fu un problema con un sensore e la NASA decise di riutilizzare quello vecchio. Vista la nuova discrepanza non vorrei che anche il vecchio sensore abbia deciso di fare uno scherzetto alla NASA 😀
L’analisi del problema la trovi qui:
http://nsidc.org/arcticseaicenews/2009/022609.html
@ Achab
cosa sospetti per la precisione? 🙂
da qualche parte ho letto che le differenze potrebbero spiegarsi col fatto che alcuni istituti considerano il ghiaccio dello stretto di Bering ed altri no.
A proposito di strumenti dell’nsidc, si nota in questi giorni una discrepanza fra i dati pubblicati da Cryosphere Today e quelli di nsdic. Forse sono condizionato dal precedente di due mesi fa, ma la cosa insospettisce.
Direi che si può anche dire che il notevole recupero dopo l’estate del 2007 ha fatto sì che il ghiaccio non segnasse ulteriori record. E’ lo stesso concetto, ma suona diversamente e soprattutto indica quello che è successo dopo, cioè un inverno con estensione in ripresa. Ad ogni modo, quale sia il processo, se è più spesso di quanto si pensasse durerà di più. Vedremo, magari per allora gli strumenti di misura dell’NSIDC avranno ricominciato a funzionare….
gg
Che gran parte del ghiccio sia “giovane” non deve sorprendere. Nell’estate del 2007 ne era rimasto solo il 30%, il restante 70% non può quindi essere di età superiore ai due anni.
Sul recupero di questo inverno non farei molto affidamento; dopo l’estate 2007 il recupero è stato quasi altrettato notevole ma non ha impedito all’estate 2008 di segnare il secondo record negativo.
Infine, riguardo alla maggiore tendenza allo scioglimento del ghiacico giovane, non ricordo con precisione il meccanismo ma ricordo di aver letto che dipende dalla compattezza che il ghiaccio acquisisce con gli anni sotto il peso del ghiaccio e della neve che si forma sulla sua superficie. Non che cambi la sua temperatura di fusione ma cambia lo scambio termico con l’ambiente circostante. Altro non ricordo.
Scusa Achab, ma vorrei sapere se quel che dici per l’artico, valga anche per l’antartico.
Hai presente lo spessore del ghiaccio in Antartide ?
Hai idea di che peso gravi sugli strati più bassi ?
…e allora, stando alla tua competenza or ora dimostrata, in quanto tempo prevedi che si possa sciogliere il ghiaccio dell’Antartide ?
E, tenendo conto delle temperature attuali dell’Antartide (intendo le medie annuali) quanto ghiaccio, secondo te, si sta sciogliendo nel continente antartico ?
(parlo di quello sulla terraferma, naturalmente, perché quello che galleggia non aumenta il livello dei mari).
Guido Botteri