E sono salvi anche i lettori di CM. Neanche questa volta trasformeremo le nostre pagine in un’arena politica. Si tratta di ben altra partigianeria, che però rimanda curiosamente alla sempiterna opposizione di fase tra destra e sinistra.
La faccenda rientra nella categoria “studio quello che mi piace ma lo posso fare solo se mi finanziano e perciò ci metto comunque di mezzo il clima e i suoi derivati“. Più che i risultati di questo studio però, che fioriscono in un campo di cui sono assolutamente ignorante, direi che un plauso debba andare al colpo di genio con cui si è materializzato il volo pindarico tra la CO2, cioè il clima e i suoi derivati, e lo specifico settore di applicazione oggetto di questa ricerca.
Si parla di biologia marina, la notizia arriva da un comunicato stampa del CNR.
Aumento della CO2, pesci a rischio. (CNR, com. stampa 5/2012)
I paper di cui si parla nel comunicato sono invece i seguenti:
- Near-future carbon dioxide levels alter fish behaviour by interfering with neurotransmitter function – Nature Climate Change
- Elevated carbon dioxide affects behavioural lateralization in a coral reef fish – Biology Letters
Ci crediate o no, l’elevatissima concentrazione di CO2 prospettata per il 2100 potrà avere effetti sulle capacità sensoriali dei pesci, condizionandone la lateralizzazione, l’olfatto e l’udito. Tutto questo, potrebbe compromettere la loro capacità di sfuggire alla predazione e quindi alterare l’ecosistema marino. Non avete scelta, vendete il SUV.
Sembra infatti che dopo aver osservato sperimentalmente che le alte concentrazioni di CO2 incidono sul sistema neurologico di alcuni pesci (Nature Climate Change), i ricercatori si siano concentrati sui loro movimenti. Ne hanno catturati un po’, li hanno messi in una vasca tenuta ad alte concentrazioni di CO2 e ne hanno osservato la ‘lateralizzazione’, cioè la predisposizione a girare a destra o a sinistra di fronte a un ostacolo. I pesci di controllo, diversamente dagli altri, sembra abbiano aumentato la predisposizione a prediligere un lato piuttosto che l’altro, senza però buttarsi più a destra o più a sinistra (di qui l’aspetto bipartisan).
Una modifica del comportamento istintivo che dovrebbe arrivare, naturalmente, intorno al 2100, cioè quando secondo alcuni degli scenari di emissione è previsto che si arrivi alla concentrazione di CO2 di 800 ppmv.
Fatti gravi, certamente, ma è pur vero che sempre per quella data una buona parte del mondo dovrebbe essere sommerso dai flutti, cioè ci sarà molto più spazio per nuotare per questi poveri pesciolini, che non rischieranno così di andare a sbattere a destra e a manca. D’altra parte, quel che resterà sarà indifferentemente molto più caldo o molto più freddo, molto più arido o molto più piovoso, insomma, sarà una schifezza, magari avremo problemi più seri dell’orientamento ittico, chi lo sa.
C’è un aspetto che non mi quadra. Visto che il soggetto sono i pesci, immagino che la CO2 di cui si parla sia quella contenuta negli oceani e non quella atmosferica. E’ noto dagli anni ’70 del 1700, grazie al chimico svedese Torbern Olof Bergman, che a 10°C la CO2 diviene quasi completamente solubile in acqua e che la sua solubilità decresce con l’incremento delle temperature. Quindi, l’aumento prospettato delle temperature dovrebbe ridurre la solubilità della CO2 in acqua, favorirne l’emissione in atmosfera e quindi sottrarla ai pesci. Se potete, aiutatemi a comprendere meglio questo aspetto. Grazie.
Reply
Gianni, nei paper si parla di concentrazione atmosferica. Immagino che quella ‘recepita’ dall’oceano sia calcolata tenendo conto di quello che dici.
gg
Grazie per la risposta. E’ un’ambiguità che resta da chiarire. Buon lavoro,
Gianni
Neppure io m’intendo di orientamento dei pesci ed anzi l’allarme sollevato mi pare degno di attenzione vista la rilevanza degli ecosistemi acquatici. In tal senso lascio ben volentieri la parola a chi opera in questo settore ed nel frattempo inizio a tremare per il destino del mio pesciolino rosso.
Da parte mia solo una puntualizzazione: il mantra giusto per andar lontani nella scienza (Guido, quando imparerai) non è:
“studio quello che mi piace ma lo posso fare solo se mi finanziano e perciò ci metto comunque di mezzo il clima e i suoi derivati“.
ma piuttosto
“studio quello che mi piace ma lo posso fare solo se mi finanziano e perciò devo assolutamente citare cambiamento climatico, catastrofe prossima ventura e Ipcc“.
Queste keywords (cambiamento climatico, catastrofe, Ipcc), mi raccomando, devono far bella mostra di sè nelle prime 10 righe di ogni articolo che si scrive, di ogni progetto di ricerca che si redige e di ogni report scientifico intermedio e finale che si compilanel’ambito di progetti, perchè se già cadessero alla ventesima potrebbero ingenerare il sospetto di un’adesione tiepida alla verità scientifica (stavo per scrivere “teoria dominante” ma mi sono corretto per tempo; come vedi pian piano sto imparando anch’io).
Inltre le conclusioni devono riportare fedelmente quanto scritto in premessa (bisogna infatti evitare nel modo più assoluto che qualche dato osservativo possa insinuare nei lettori il dubbio che la verità iniziale non sia veramente tale).
Hai ragione Luigi, devo applicarmi di più.
gg