Uh ho, stai a vedere che ci toccherà dar ragione ai modelli di simulazione climatica. Oppure no, visti i risultati delle ultime simulazioni, sarà il movimento dei salva-pianeta a rigettarli, cosi potremo continuare a stare comodamente sulle barricate, benché per ragioni opposte rispetto ad oggi.
Ecco qua, è uscito un nuovo articolo sul GRL:
Improved constraints on 21st-century warming derived using 160 years of temperature observations – Gillet et al., 2012
Vediamo di cosa si tratta.
Le simulazioni climatiche sin qui effettuate, si sa, non stanno andando molto bene. Le temperature sono aumentate molto meno di quanto avrebbero dovuto in risposta ad un forcing antropico invece sempre più pressante. C’è in tutta evidenza un problema di rappresentazione di molte delle dinamiche del sistema. Forse a questo forcing è stato assegnato un peso eccessivo. Sicché, gli autori di questo paper hanno provato ad adattare le prestazioni di un modello di simulazione alla risposta che il sistema ha effettivamente restituito. Tre gli ingredienti, una serie storica delle temperature medie superficiali che va dal 1850 al 2010, le simulazioni effettuate in passato sulla risposta del sistema ai forcing antropici e naturali noti, e gli scenari di emissione (che ora si chiamano Representative Concentration Pathways).
Il risultato che hanno ottenuto conferma un impatto sul sistema delle forzanti antropiche, ma riduce in modo significativo il riscaldamento che ne potrà derivare (1,3-1,8°C), restringendo al contempo la forchetta di incertezza. Inoltre, la quantità di riscaldamento diminuisce con il dataset più lungo 1850-2010, rispetto all’output cui si giunge con una serie più breve (1900-1999). Ripetendo l’analisi con un modello differente, il risultato è stato molto simile, benché sia aumentata leggermente l’incertezza.
A questo punto ci troviamo di fronte alla rottura della regola numero 1 dell’ipotesi del cambiamento climatico antropogenico, la quale prevede che, vada come vada, sarà peggio del previsto. Non pare sia questo il caso.
Ma, niente panico, c’è già chi corre in soccorso al movimento, Nature Climate Change, la rivista di prima linea dell’AGW:
Continent-wide response of mountain vegetation to climate change
Un programma di ricerca sulla vegetazione montana ha effettuato due campagne di osservazione, una nel 2001 e una nel 2008, scoprendo degli incredibili cambiamenti. Science Daily commenta così, riportando le parole di Michael Gottfried, leader del progetto di ricerca: Il cambiamento climatico sta avendo un effetto più significativo di quanto previsto sulla vegetazione alpina. “Molte specie amanti del freddo stanno letteralmente fuggendo dalle montagne. In alcune delle più basse montagne europee, potremmo veder scomparire le praterie alpine e al loro posto prevalere degli arbusti nani nelle prossime poche decadi”.
Tutto a posto, il sollievo è durato lo spazio di un post, anzi la metà. La regola numero 1 è ristabilita. E’ peggio del previsto.
Sulla flora alpina: il 6 gennaio sono salito con amici, sul monte Golem 2000 mt nel bresciano dopo 30 anni dalla prima ascesa da ragazzini e in effetti sono rimasto sorpreso da pinetti che adesso sono saliti di quota quasi fino alla vetta. Se sono saliti i pini sarà salita anche l’erba, questo si vedrà solo d’estate. Ma non è nulla di dannoso o catastrofico, anzi diciamo che è sempre successo nei periodi interglaciali.
Anche su “Le Scienze” di dicembre sono del parere che “è peggio del previsto”. Una news, infatti, riferisce che i ghiacci polari invece di scomparire nel 2100, scompariranno nel 2050! Il notista mette in evidenza il fatto che i climatologi, accusati di eccessivo pessimismo, in questo caso sono stati fin troppo ottimisti. La ragione? I ghiacci artici, a causa del GW, si assottigliano sempre di più (in estate) per cui sono facilmente fratturati dalle bufere invernali e trascinati dalle correnti in aree caratterizzate da acque a temperatura maggiore ove fondono miseramente. Mi astengo da ogni commento (per ora 🙂 ).
Ciao, Donato.