Ad alcuni lettori di CM potrà sembrare strano e forse eccessivo che si continui ad insistere sull’argomento delle differenze di temperatura tra zone rurali e zone ad alta densità urbana. In realtà , pur nel nostro piccolo e con gli scarsi mezzi di cui disponiamo, stiamo cercando di far luce suna delle zone d’ombra più complesse di tutti i meccanismi di cui si formano le dinamiche del clima. Di più, stiamo affrontando un aspetto che è entrato a far parte del sistema clima in tempi relativamente recenti, ed ancora da minor tempo ha assunto proporzioni molto consistenti.
Nel post con cui abbiamo aperto questa serie di approfondimenti ed in quelli che lo hanno seguito, abbiamo accennato ai fattori di correzione che vengono normalmente impiegati per “normalizzare” le osservazioni provenienti da aree con caratteristiche ambientali decisamente diverse e fortemente condizionate dall’impronta antropogenica.
La letteratura disponibile sull’argomento è molto vasta (Landsberg 1981 – Oke 1987), ma, in effetti, non sono stati fatti molti progressi sul trattamento di questi dati. L’archivio storico del National Climatic Data Center della NOAA (NCDC 2002a) è basato essenzialmente sulla popolazione delle città , mentre ai dati del database globale (GHCN – NCDC 2002b) non viene applicata alcuna correzione. L’impatto dell’urbanizzazione sulle temperature è valutato identificando le stazioni a rischio di bias e correggendone i dati basandosi su quanto osservato presso le stazioni circostanti (Hanson et al 2001).
In un lavoro che risale al 1999 Kevin P. Gallo e Tim Owen, entrambi della NOAA, hanno osservato che le differenze di vegetazione sulla superficie terrestre, osservate da satellite ed espresse attraverso un apposito indice (NDVI – Normalized Difference Vegetation Index), sono un buon indicatore delle variazioni di alcune proprietà del suolo, in termini di evaporazione ed immagazzinamento del calore. Sfruttando questo indice hanno successivamente sviluppato una metodologia per la stima del bias indotto dal fenomeno delle isole di calore urbano (2002). Le specifiche metodologiche e le considerazioni tratte da questo studio che ora proveremo a riassumere, sono disponibili per intero a questo link.
Il fulcro del problema risiede nella classificazione delle stazioni, ovvero nella definizione del tipo di ambiente in cui si trovano. Tra le scelte di classificazione operate, spicca quella in cui si è tenuto conto dell’altitudine del territorio circostante una stazione. Sono state infatti escluse dall’analisi tutte le stazioni per cui il territorio circostante presentasse una differenza di altitudine superiore a 500mt rispetto al punto di osservazione, considerando un quadrato con lato di 41km con al centro la stazione stessa. In tutto ben 2900 delle oltre 7200 stazioni del GHCN. I punti di osservazione rimasti, sono stati succesivamente classificati in urbani o rurali.
Le differenze stagionali e la conseguente diversa correlazione tra i valori assunti dall’indice NDVI e le temperature dell’aria, hanno suggerito di eseguire delle analisi separate per i due emisferi.
Nell’emisfero nord, sono stati analizzati i dati provenienti da 3500 stazioni; la percentuale di queste che ha incontrato i criteri di classificazione per aree urbane, è stata soggetta a variazioni su scala temporale mensile, per la variazione dell’indice NDVI conseguente al ciclo vegetativo, ed ha oscillato tra il 9% ed il 28% del totale. Questo ha portato ad una stima delle differenze di temperatura tra le stazioni urbane e le zone rurali circostanti con valori medi tra 0.69°C e 0.89°C, con picchi di differenza massima compresi tra 2.03°C e 3.2°C.
Nell’emisfero sud, sono state sottoposte a verifica 900 stazioni. Ancora una volta la percentuale di queste che è stata classificabile come urbana è stata soggetta a variazioni significative, oscillando dall’11% al 20%. Analogamente, la stima delle differenze di temperatura è stata in media tra 0.8°C e 0.97°C, con valori massimi compresi tra 1.82°C e 2.53°C.
In conclusione, i range di differenza osservati, pur diversi tra diversi emisferi, sottolineano il fatto che una maggiore analisi delle condizioni ambientali delle stazioni del GHCN, classificate come rurali e quindi non da sottoporre a correzione, potrebbe essere necessaria al fine di avere la certezza che il bias da UHI, o l’effetto isola di calore, non induca un’alterazione dei trend di temperatura rappresentati nei database, diminuendone la rappresentatività .
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