Una futuribile amena località tropicale, questo ci dicono potrebbero diventare le isole Svalbard, il cui territorio va ‘appena’ da 74 a 81°N. Il consiglio in questione è quello di affrettarsi con le prenotazioni, anche se adesso ci sono un certo numero di gradi sotto zero.
Già, perché nei prossimi 8-10 anni, le temperature medie invernali potrebbero crollare di ben 6°C. Lo apprendiamo da questo post su WUWT, dove si da’ conto di una ricerca appena pubblicata da un gruppo di scienziati norvegesi. Un lavoro che si può leggere liberamente su arxiv:
Solar activity and Svalbard temperatures (pdf)
Ahi, non è una faccenda di global warming, almeno non antropico. E’ un’altro lavoro che va a cercare le ragioni delle evoluzioni delle temperature nell’attività solare, e da queste tira fuori anche delle previsioni.
L’approccio è interessante, le capacità diagnostiche e prognostiche verrebbero dall’analisi della lunghezza dei cicli solari. Come abbiamo già detto molte volte e ripetuto anche molto recentemente, i cicli solari con attività bassa sono solitamente più lunghi, anche molto più lunghi sia della norma che dei cicli con elevata attività magnetica. Da questa ultima magica parolina avrete già capito che la radiazione solare totale nella fattispecie c’entra poco o nulla, una considerazione non banale se si pensa che la stagione per la quale i ricercatori hanno trovato la confidenza statistica più elevata e la migliore correlazione dell’andamento delle temperature con la lunghezza dei cicli solari è l’inverno, cioè il periodo in cui il Sole alle Svalbard è sotto l’orizzonte.
Come fanno giustamente notare gli autori, un segnale di correlazione così evidente, in assenza di un forcing diretto, può venire soltanto da lontano, cioè dagli effetti che la variazione della lunghezza dei cicli solari, ovvero dell’attività magnetica del Sole, possono avere alle latitudini più basse, quelle che ricevono il calore in eccesso che la circolazione atmosferica tenta incessantemente di redistribuire sul Pianeta.
In effetti questo approccio non è nuovo, ma l’elemento di novità che si introduce in questo studio è l’individuazione di un lag temporale di 10-12 anni (quindi circa un ciclo solare) perché si possa leggere il segnale solare nelle dinamiche delle temperature. Nell’immagine sotto sono ben spiegate le raigoni di questa scelta.
Sicché, l’amplificazione polare agirebbe in entrambi i sensi. Quando le temperature medie globali salgono quelle delle alte latitudini salgono di più. Se scendono quelle delle alte latitudini allora forse quelle globali devono scendere, di meno ma devono scendere.
Naturalmente si vedrà, c’è di buono che non sarà necessario attendere cent’anni per verificare questa ardita previsione. Direi però valga la pena di dare un’occhiata anche ad un’altra figura inserita nel testo di questo articolo.
Il Ciclo Solare numero 20 è durato 11,6 anni ed è finito nel settembre del 1964, uno tra i più lunghi della serie. Nella decade successiva le temperature sono crollate, per poi tornare a crescere per fine secolo. Messo così sembra che per le Svalbard il discorso fili, con la lunghezza esasperante del ciclo solare 23, c’è da attendersi una forte diminuzione delle temperature, in questo e, se l’attività solare resta bassa, anche nel prossimo. Speriamo che gli orsi polari non muoiano di freddo.
[…] sui cambiamenti climatici. In un articolo firmato proprio da Guidi il 20 dicembre e intitolato Consigli per le vacanze (a breve), viene riportato uno studio pubblicato da scienziati norvegesi dal quale risulta che le […]
Nel caso di eccesso di freddo, aspettati il ritorno delle paure dello “ice surge”, la mitica glaciazione dovuta all’accumulo di ghiaccio in Antartide che ne farebbe crollare parte della calotta nell’oceano, raffreddando milioni e milioni di kmq di superficie e l’atmosfera con essa.
Come faccio a saperlo? Basta leggere i giornali degli anni ’70…