Questa domanda mi è stata rivolta dal prof. Riccardo Valentini dopo la mia critica alla doppia piramide alimentare-ambientale. Non sono un climatologo quindi posso rispondere solo citando gli autori che ho letto in questi anni.
I dati osservati indicano che la concentrazione atmosferica di metano è più che triplicata dall’inizio dell’era industriale, essendo aumentata più del 150% dal 1700 (IPCC), questa crescita è legata all’aumento della temperatura che determina un maggior rilascio di metano dalle terre ghiacciate e dalle zone umide dove aumentano le fermentazioni. L’impennata delle concentrazioni di metano è però imputata soprattutto all’aumento delle emissioni dalle fonti antropiche tra cui quelle zoogeniche.
Il confronto tra l’attuale concentrazione di metano atmosferico e quella del passato in figura 1 è possibile grazie all’analisi delle bollicine di gas intrappolate nel ghiaccio profondo (ice core), ma a differenza di quello che sostiene il climatologo A. Navarra, le bollicine di gas non son un dato diretto, sono un proxy e in quanto tale potrebbe aver subito modifiche nel corso di centinaia di anni. In particolare il metano è captato dall’acqua in una sorta di reticolo di ghiaccio che si chiama clatrato, spesso definito idrato, o clatrato idrato di metano.
Nel grafico in fig 1 a sinistra ogni puntino rappresenta la media di un millennio dei dati proxy, mentre nella colonna grigia di destra ci sono dati annuali strumentali. Non si dovrebbe confrontarli perché sono su scale molto diverse, eppure nel rapporto IPCC lo fanno. Inoltre si può notare che in periodi più caldi del nostro (Optimum Olocenico, Micenico, Romano ecc) non ci siano variazioni della concentrazione di metano il che è inverosimile.
Nella immagine in figura 2 tratta dal sito della NASA un clatrato di metano. Le attuali ipotesi suggeriscono che 5-200 miliardi di tonnellate di carbonio sia memorizzato come clatrato nel ghiaccio del permafrost e nei fondali marini, circa il doppio di quello contenuto in tutti i giacimenti di carbone, petrolio e gas naturale sulla Terra. Il carbonio presenta diversi isotopi: 12C, 13C, 14C. I clatrati di metano, presentano una concentrazione particolarmente elevata di isotopo 12C, cioè il carbonio leggero, perché viene “captato” più facilmente. Le condizioni favorevoli alla formazione dei clatrati sono le alte pressioni e le basse temperature. Secondo il glaciologo Z. Jaworowski non è corretto confrontare le misurazioni strumentali odierne della concentrazione atmosferica di metano con quelle delle bollicine contenute nel ghiaccio profondo perchè nel tempo si altera il dato della concentrazione di metano e anche quella del rapporto isotopico del carbonio.
Lo cito:
“Il continuo processo di congelamento, scongelamento e pressurizzazione della colonna di ghiaccio altera drasticamente le concentrazioni atmosferiche originali delle bolle di gas”.
Sarebbe proprio la captazione di carbonio nei clatrati a modificare le concentrazioni atmosferiche dell’aria intrappolata nel ghiaccio. Ricordo inoltre che il metano è nell’atmosfera in tracce infinitesimali, cioè in parti per miliardo (ppb) quindi è molto difficoltoso misurarlo nelle bollicine del ghiaccio.
Nel grafico in figura 3 inserito nel 4° rapporto IPCC, tratto dai dati sui ghiacci antartici (1). Partendo dal basso ci sono gli andamenti negli ultimi 400 mila anni della radiazione solare, dell’isotopo dell’ossigeno 18O, del metano (CH4), della temperatura, ed infine della CO2. La linea del metano è simile a quella del diossido di carbonio (CO2). La concentrazione del CO2 e del CH4 in atmosfera è variata nel corso della storia della terra, in seguito alle eruzioni, ai fenomeni geofisici come gli spostamenti delle placche terrestri e alla variazione delle temperature. In figura 3 si osserva che i vari grafici sono correlati ai cicli solari orbitali di Milankovitch (insolation): quando la radiazione solare è alta si alzano anche gli altri parametri. Anche il flusso magnetico solare è correlato ai cambiamenti climatici del passato. E’ molto interessante la linea dell’ 18O perché è strettamente correlata a quella della radiazione dovuta ai cicli solari, infatti gli autori ne hanno unito i vertici. Dai dati sul rapporto tra 18O e 16O si ricava la linea delle medie della temperatura, che sta più in alto. La sfasatura tra i picchi della temperatura e quelli della CO2 e del metano, è di centinaia di anni. Il CO2 ed il metano aumentano in seguito all’aumento della temperatura, e mai viceversa. Per Caillon l’intervallo di tempo tra aumento di temperatura e aumento della concentrazione di CO2 e CH4 va da 600 a 1000 anni, mentre L. Stott ha dimostrato che il disgelo inizia 1300 anni prima dell’aumento della CO2.(2)
Perché questo ritardo? Prova a spiegarcelo Eric Steig.
[blockquote cite=” E. Steig “]“Ci si aspetta che le emissioni di CO2 siano in ritardo sulle temperature di circa 1000 anni, che è il tempo di scala atteso dalle variazioni nella circolazione oceanica e la forza della “pompa del carbonio” (cioè le fotosintesi biologiche marine) che trasferisce il carbonio dall’atmosfera all’oceano profondo.”[/blockquote]
Quando le temperature iniziano a calare, perché viene meno l’effetto dei cicli orbitali e di tutti i vari feedback, le concentrazioni dell’atmosfera di CO2 e CH4 continuano a salire , ancora per centinaia di anni, 200-1300. Anche se sono alle massime concentrazioni questo non influenza la curva delle temperature, che continuano a calare. Praticamente è l’opposto della teoria del riscaldamento antropogenico.
A questo proposito cito V. Ferrara:
[blockquote cite=”V. Ferrara”]“Il problema della crescita sempre maggiore della concentrazione di anidride carbonica, pone il problema di un possibile rischio di cambio di clima. Infatti sulla base, delle evidenze sperimentali ricavate dagli studi del clima del passato, si è trovato in generale che: se aumenta o diminuisce l’anidride carbonica, aumenta o diminuisce parimenti la temperatura. In altre parole i due procedimenti sono profondamente intrecciati e spesso causa ed effetto si scambiano tra loro, ma non sappiamo quando e perché.” [/blockquote]
Questa dichiarazione è molto discutibile. Causa ed effetto almeno nel passato non si sono scambiati mai tra loro, non risulta affatto dai dati del ghiaccio, e non è vero che non si sa il perché: prima cresce la temperatura e di conseguenza aumentano le concentrazioni di metano e anidride carbonica.
Il clatrato di metano è detto anche ghiaccio che brucia, perché si presenta come un solido simile al ghiaccio, ma incendiato brucia. Rilasci massicci di metano dai clatrati possono, in teoria, originare grandi esplosioni. Segnalo su Nimbus un articolo molto interessante sui massicci ed improvvisi rilasci di metano dai clatrati che potrebbero spiegare secondo alcuni scienziati, fenomeni molto strani come: l’esplosione di Tunguska, (un’altra teoria sull’esplosione riguarda un asteroide) alcune estinzioni di massa, qualche tsunami dovuto ad esplosioni sottomarine, e la sparizione delle navi alle Bermuda. A riguardo ho visto in un documentario le immagini dal satellite di enormi chiazze di schiuma bianca nel golfo di Guinea, originate dalla fusione improvvisa di grandi quantità di clatrati di metano. Si presume che se delle navi si trovassero sopra questa schiuma di acqua e metano, affonderebbero per un calo improvviso di spinta dal basso, in quanto la schiuma è più leggera dell’acqua. I fondali delle Bermuda sono ricchissimi di clatrati di metano.
I dati più recenti in figura 4 sulla concentrazione atmosferica di metano indicano che dopo un decennio caratterizzato da sostanziale stabilità, negli anni 2007 e 2008 si è assistito ad una ripresa dell’incremento del metano in atmosfera.
La concentrazione di metano in atmosfera in effetti sta crescendo, ma molto meno di quanto previsto e in modo inspiegabile, perché dal 1999 al 2007 la concentrazione è rimasta più o meno stabile mentre le fonti antropiche continuavano a salire. I ricercatori (3-4), in base ai dati sul rapporto isotopico 13C/12C del metano, attribuiscono l’aumento della sua concentrazione atmosferica per il 2007 ad una anomalia termica positiva in area artica ( nel 2007 ci fu un marcato disgelo artico) e per il 2008 all’eccessiva piovosità nella fascia tropicale, con conseguente sviluppo di metano da terreni saturi d’acqua. In entrambi i casi gli scienziati non chiamano in causa la zootecnia come responsabile degli incrementi. Infatti nell’atmosfera il metano ha avuto un piccolo incremento, ma simultaneamente e omogeneamente in tutto il pianeta senza differenza alcuna tra emisfero nord e emisfero sud(5).
La stima delle fonti antropogeniche di metano però è enormemente più alta nell’emisfero nord. Questo è incompatibile con l’ipotesi per cui le emissioni antropogeniche di metano, tra cui quelle zoogeniche, siano rilevanti nella concentrazione atmosferica di metano, che invece si suppone dipenda dalle temperature globali e dall’equilibrio con le fonti geologiche e marine. Se nell’emisfero nord si ipotizza come possibile fonte di metano la torba e il permafrost, nell’emisfero sud si suppone una fonte marina dal gas dei clatrati e dai microrganismi: tutt’altro che fonti antropiche!
Una nuova ricerca (6) indica che il rilascio di gas metano dalle paludi d’acqua dolce è stato molto sottostimato e questo cambia il bilancio del metano atmosferico. Alle stesse conclusioni sono venuti degli scienziati russi (7) i quali affermano che la sostanza organica liberata dai ghiacci in fase di riscaldamento, fermenta. Questo comporta una emissione di CO2 e CH4; lo stesso vale per i rilascio di carbonio abiotico dai clatrati, quindi i bilanci globali del carbonio sono da rivedere completamente. Molti scienziati (8) ritengono che le emissioni di CO2 e CH4 alle alte latitudini nord e sud, sono ancora non comprese e non stimate correttamente. Ci sono infatti enormi stock di carbonio che potrebbero essere rilasciati all’aumento delle temperature sia dal permafrost che dalle zone umide. Tutto il carbonio stoccato nei clatrati ha una percentuale alta di C12, quindi se questo isotopo cresce in atmosfera probabilmente proviene da queste fonti. Le ricerche dei russi furono citate dal prof A. Zichichi in un articolo criticato con molto sarcasmo da chi probabilmente nulla aveva capito dell’argomento.
Come vedete in figura 5 la concentrazione di metano sembra seguire più le temperature che le stime del terzo rapporto IPCC, che risultano errate dal 30 al 40%. In tutti gli scenari SRES utilizzati nell’AR4 dell’IPCC (tranne in uno), le concentrazioni di metano dovrebbero raggiungere le 2300 ppb entro il 2050 (alcuni scenari addirittura 2600 ppb). Dal momento che le concentrazioni nel 2000 erano meno di 1800 ppb , per raggiungere 2300 ppb entro il 2050 servirebbe un aumento medio di circa 10 ppb/anno da qui al 2050, invece negli ultimi 10 anni la concentrazione di metano è cresciuta meno della metà anche se negli ultimi anni sta crescendo un pò di più cioè 5,9 ppb/anno dal 2007.
Infatti le stime delle forzanti radiative del 3° rapporto IPCC erano totalmente sbagliate tanto che J. Hansen fu costretto a dimezzarne i valori (Hansen et al., 2005), inseriti poi nel 4° rapporto IPCC; ma anche le stime del 4°rapporto IPCC sono completamente sbagliate perchè manca il 40%del riscaldamento stimato (Schwartz 2010). Eppure i due rapporti IPCC sono bastati a far buttare milioni di euro nella mitigazione climatica basata sulla riduzione delle emissioni, anche con le aberrazioni delle bioenergie con il mais buttato nel liquame per produrre biogas. Mitigazione che invece è assolutamente inefficace. Purtroppo che la mitigazione sia inefficace non è chiaro a tutti: se l’Europa rinunciasse totalmente al comparto zootecnico, le emissioni calerebbero solo del 10%,(dati della commissione europea) quindi ci sarebbe, calcolando che i prodotti zootecnici sono da sostituire in equipollenza con dei prodotti vegetali, una riduzione delle emissioni globali inferiore a quella che si dovrebbero ottenere con il protocollo di Kyoto. Secondo le stime dell’IPCC, (che però sono sbagliate) il protocollo di Kyoto dovrebbe determinare una mitigazione in un secolo di 12 centesimi di grado: praticamente nulla!!(dati Hadley center sull’efficacia del protocollo di Kyoto) come già spiegato qui.
Eliminando tutto il comparto zootecnico europeo si otterrebbe una mitigazione irrisoria inferiore al range di errore sulla stima delle temperature stesse.
Tornando al metano, nel 7° capitolo del rapporto IPCC 2007 (AR4) si afferma inequivocabilmente che la conoscenza sulle fonti di metano e su cosa regoli la concentrazione di metano atmosferico è molto bassa. Del resto questo è confermato dalle pubblicazioni che ho citato in questo articolo, dove però appare evidente che le fonti naturali di metano siano enormemente sottostimate. Malgrado questo, nel capitolo 2 dello stesso rapporto IPCC la forzante radiativa del metano viene imputata interamente all’uomo ( quindi anche alle emissioni zoogeniche) con una conoscenza alta. Una contraddizione clamorosa!
La concentrazione di metano però non è correlata alla crescita della popolazione di bovini che in questi ultimi 10 anni ha avuto un rateo di crescita di 17 milioni di capi/anno (dati FAO) , quindi una crescita molto alta e costante e che diverge dalla curva del metano già dal 1998 come si vede in figura 6. Sia per l’andamento degli isotopi del metano, sia per le curve che divergono tra il metano e la popolazione di bovini, la zootecnia sembra che incida davvero poco sulla crescita del metano atmosferico.
CONCLUSIONI
Il metano zoogenico si può dividere in due quote: sostitutiva e aggiuntiva, se il numero di animali non cambia in atmosfera giunge solo la quota sostitutiva, cioè la quantità di metano emesso oggi sostituisce quella emessa 8-12 anni fa dallo stesso numero di animali. Siccome la lifetime del metano è 8-12 anni in questo periodo di tempo il metano viene ossidato a CO2. Se invece in numero di animali cresce, in teoria dovrebbe aumentare anche la quota di metano aggiuntiva.
Quindi la risposta più corretta da dare al Valentini, è che il metano cresce perché aumentano le emissioni antropiche lorde, tra cui quelle zoogeniche dovute SOLO all’aumento del patrimonio zootecnico mondiale, non a tutte le emissioni degli animali zootecnici considerate invece dal Valentini. Però il metano aggiuntivo in atmosfera è SOLO quello delle emissioni nette, non quello delle emissioni lorde erroneamente conteggiate dal Valentini che quindi somma due errori gonfiando a dismisura le emissioni zoogeniche!
Ma, soprattutto, il metano cresce perché aumentano le emissioni naturali.
[blockquote cite=”Tito Plauto “]“Anche una vacca bianca di notte sembra nera” [/blockquote]
Riferimenti: In questo articolo sono citate 12 pubblicazioni peer review sulle riviste più autorevoli e questa è scienza ufficiale.- Petit J.R., Jouzel J., Raynaud D., Barkov N.I.,Barnola J.M., Basile I., Bender M., Chappellaz J., Davis J., Delaygue G., Delmotte M., Kotlyakov V.M., Legrand M., Lipenkov V., Lorius C., Pépin L., Ritz C., Saltzman E., Stievenard M. (1999). , Nature, 399: 429-436.
- http://icebubbles.ucsd.edu/Publications/CaillonTermIII.pdf Nicolas Caillon, Jeffrey P. Severinghaus, Jean Jouzel,Jean-Marc Barnola, Jiancheng Kang, Volodya Y. Lipenkov “Timing of Atmospheric CO2 and Antarctic Temperature Changes Across Termination III” 14 MARCH 2003 VOL 299 SCIENCE http://www.eurekalert.org/pub_releases/2007-09/uosc-cdd092507.php# Lowell Stott: “Carbon dioxide did not end the last Ice Age” Public release date: 27-Sep-2007 eurekalert
- Rinsland C.R., Chiou L., Boone C., Bernath P., Mahieu E., Zander R., 2009. Trend of lower stratospheric methane (CH4) from atmospheric chemistry experiment (ACE) and atmospheric trace molecule spectroscopy (ATMOS) measurements, Journal of Quantitative Spectroscopy & Radiative Transfert, 110 (2009), 1066–1071
- http://www.mit.edu/~mrigby/publications/2008GL036037.pdf Rigby, M., Prinn et al. (2008), Renewed growth of atmospheric methane, Geophys. Res. Lett., 35, L22805,doi:10.1029/2008GL036037
- http://biodav.atmos.colostate.edu/kraus/Papers/Methane/methane/CH4%20trend/2009_CH4trend.pdf Dlugokencky, E. J., et al. (2009), Observational constraints on recent increases in the atmospheric CH4 burden, Geophys. Res. Lett., 36, L18803, doi:10.1029/2009GL039780
- http://www.sciencemag.org/content/331/6013/50/reply Freshwater Methane Emissions Offset the Continental Carbon Sink David Bastviken, Lars J. Tranvik, John A. Downing, Patrick M. Crill, and Alex Enrich-Prast Science 7 January 2011
-
http://www.nature.com/ngeo/journal/v1/n9/abs/ngeo284.html
Chien-Lu Ping1, Gary J. Michaelson1, Mark T. Jorgenson2, John M. Kimble3, Howard Epstein4, Vladimir E. Romanovsky5 & Donald A. Walker6 “High stocks of soil organic carbon in the North American Arctic region” – Nature Geoscience 1, 615 – 619 (2008)
http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=arctic-soil-thaw-may-unleash-runaway-global-warming
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http://cat.inist.fr/?aModele=afficheN&cpsidt=14598937
ELBERLING Bo Uncoupling of microbial CO2 production and release in frozen soil and its implications for field studies of arctic C cycling Soil Biology and Biochemistry 2003 -
http://www.nature.com/ngeo/journal/v1/n11/full/ngeo331.html
Takeshi Ise1, Allison L. Dunn2, Steven C. Wofsy3 & Paul R. Moorcroft4 High sensitivity of peat decomposition to climate change through water-table feedback Nature Geoscience 1, 763 – 766 (2008) – http://www.nature.com/nature/journal/v440/n7081/abs/nature04514.html
Eric A. Davidson1 and Ivan A. Janssens2 Temperature sensitivity of soil carbon decomposition and feedbacks to climate change Nature 440, 165-173 (9 March 2006) | doi:10.1038/nature04514 – http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0038071708001004 Pekka Vanhala ristiina Karhua, Mikko Tuomia, Katarina Björklöfa, Hannu Fritzeb, Jari Liskia Temperature sensitivity of soil organic matter decomposition in southern and northern areas of the boreal forest zone Soil Biology and Biochemistry Volume 40, Issue 7, July 2008, Pages 1758-1764 – http://www.sciencedaily.com/releases/2011/03/110315130108.htmFine modulo
A. V. Reyes, C. A. Cooke. Northern peatland initiation lagged abrupt increases in deglacial atmospheric CH4. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2011; DOI: 10.1073/pnas.1013270108
Si gli oceani contengono grandissime quantità di carbonio organico, e inorganico, disciolto come gas o ione. In particolare CO2 ma anche CH4 come gas, sono queste bollicine di gas che vengono captate dai clatrati in profondità. L’equilibrio con l’atmosfera è dato ovviamente dalle T ma sembra che un ruolo molto importante lo abbia la corrente termoalina del nastro trasportatore oceanico che ne determina i famosi flussi millenari.
In questo equilibrio interferiscono le emissioni antropiche, che però sono poca cosa rispetto ai flussi naturali.
La gran parte degli scienziati dice che per la CO2 anche se l’uomo ne aggiunge poca, questo crea squilibrio, e quindi il CO2 si accumula per secoli malgrado abbia una lifetime di 4-5 anni. Questa tesi sarebbe dimostrata dai rapporti isotopici nei confronti dei proxy delle ice core, ma c’è chi contesta la tesi intera ( Segastaldt Jaworowski ecc,)
Per il metano, almeno negli ultimi 20 anni non si può certo dire che il peso antropico sia stato dominante visto le evidenze dei rapporti isotopici tipici delle fonti naturali.
Ho letto il post di Steph e la risposta di Paolo C.. E’ quest’ultima, più che il post, che mi ha offerto degli spunti di riflessione. Paolo C. cita Stephen Wofsy, ricercatore del programma HIPPO. S. Wofsy, secondo quanto riferisce Paolo C, avrebbe scritto che gli oceanografi da tempo sanno che nelle acque superficiali dell’artico vi è produzione di metano che, però, non hanno mai rilevato in atmosfera. [“Oceanographers have known for some time that there is production of methane in surface waters of the Arctic,” he says, but “it’s never been observed in the atmosphere.”] La cosa mi suona alquanto strana in quanto il metano, normalmente, dall’acqua dovrebbe passare nell’atmosfera (superato il limite di solubilità). Proseguendo si legge che questo metano non ha origine dai sedimenti o dagli idrati di metano (clatrati) [Those oceanographic data, he says, suggest a source for this methane other than sediments or the melting of icy gas hydrates.]. In altre parole il metano che troviamo nelle acque superficiali del mare artico non lo troviamo in atmosfera e non è prodotto dai sedimenti o dalla fusione dei clatrati. Da dove diavolo viene? Forse dall’atmosfera passa nelle acque dell’oceano Artico? Questa spiegazione sarebbe valida se la frase iniziale dicesse che gli oceanografi sanno che nelle acque superficiali dell’artico NON vi è produzione di metano (traduzione resa in automatico da Google).
In questo caso, però, sarebbe in contrasto con il resto della citazione:
[“We observed that the ocean surface releases methane to the atmosphere all over the whole of the Arctic Ocean,”] che, se ho tradotto bene, dovrebbe significare che il metano è rilasciato in modo uniforme da tutta la superficie dell’oceano Artico.
Delle due l’una. O il metano proviene dai fondali oceanici (come sostengono i russi) e poi dalle acque superficiali passa nell’atmosfera o dall’atmosfera passa nelle acque dell’oceano (si solubilizza). Nel primo caso l’aumento di metano nell’atmosfera sarebbe di origine naturale (nel senso che non sarebbe prodotto da fonti antropiche o di tipo biologico), nel secondo caso, invece, la sua origine sarebbe di tipo biologico. Io propendo per la prima soluzione. Il problema, adesso, è capire se queste emissioni di metano dai fondali oceanici sono colpa dell’uomo o no.
E qui credo che cominceranno i problemi.
p.s. se ho tradotto o interpretato male gradirei essere corretto (meglio fare una brutta figura che restare con dei concetti sbagliati!)
Ciao, Donato.
http://eprints.soton.ac.uk/204337/
Fisher, R.E., Sriskantharajah, S., Lowry, D., Lanoisellé, M., Fowler, C.M.R., James, R.H., Hermansen, O., Lund Myhre, C., Stohl, A., Greinert, J., Nisbet-Jones, P.B.R., Mienert, J. and Nisbet, E.G. (2011) Arctic methane sources: Isotopic evidence for atmospheric inputs. Geophysical Research Letters, 2011 38, (21), L21803.
Qua ci dicono che le fonti di metano artico ( norvegese) in estate sono in maggioranza provenienti dalla sostanza organica in decomposizione. Questo grazie alle analisi del rapporto tra isotopi C13 C14.
Ancora una volta fonti sottostimate e naturali e non antropiche.
Chissà se il Valentini, il WWF, Il forum Barilla, la redazione di “e se fosse domani” e tutti gli altri, hanno letto questo articolo, visto che sono muti, come i pesci..o come i complici.
Segnalo a riguardo l’ottimo post di Steph
http://climafluttuante.blogspot.com/2011/12/la-scottante-mano-del-metano.html#comment-form
Che dice più o meno le stesse cose (ci sono anche i link ai russi) ma con conclusioni assai diverse (quella di Paolo C su tutte)
Sempre sul tema la Coyaud del blog oca sapiens di repubblica anzichè sdegnarsi degli scandolosi comportamenti emersi dal climategate li minimizza, anzi fa la solita propaganda di menzogne sbeffeggiando un articolo di Zichichi sul bilancio del carbonio di cui però non ha capito nulla.
Presto mi metterò al lavoro sui cocci del database per cercare di recuperare i commenti.
Erano interessanti, però, non indispensabili :-). Se il “recupero” è semplice, ne vale la pena, in caso di eccessiva complicazione, non muore nessuno se non vengono recuperati!
Ciao, Donato.
Tutti questi problemi a CM (e mai agli altri)iniziano ad essere sospetti
Speravo che tornassero i commenti perchè erano molto interessanti purtroppo non li ho salvati.
@ Donato
non so se hai letto la mia risposta sulle contraddizioni dell’andamneto reale del metano atmosferico te ne faccio una sisntesi:
L’andamento del metano atmosferico dagli anni 90 è inspiegabile:
– Aslam Khan Khalil http://www.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar4/wg1/ar4-wg1-chapter7.pdf
ci dice che il rateo del metano atmosferico è inspiegabilmente in calo negli ultimi 20 anni, ed è cresciuto molto meno del previsto
– Rigby e Prinn http://www.mit.edu/~mrigby/publications/2008GL036037.pdf
non sanno spiegare i dati del 2006 e del 2007. Infatti nell’atmosfera il metano ha avuto un piccolo incremento, ma simultaneamente e omogeneamente in tutto il pianeta senza differenza alcuna tra emisfero nord e emisfero sud. Si suppone che le emissioni dai fondali marini del sud pareggino quelle del nord dal permafrost. Tra l’altro il rateo del 2007 è uguale a quello del 1998 che gli studiosi attribuiscono al NINO ( e non all’uomo) ma che non può essere nel 2007
-Cito un articolo su Nature di Bousquet e E Dlugokencky che è della NASA ed è considerato il maggior esperto mondiale del metano atmosferico
http://faculty.jsd.claremont.edu/emorhardt/159/pdfs/2007/3_22_07.pdf:
“Il metano è un gas ad effetto serra, e la sua concentrazione atmosferica è quasi triplicato dal periodo industriale ad ora. Il tasso di crescita del metano in atmosfera è determinata dal saldo tra le emissioni di superficie e la distruzione fotochimica e per il radicale idrossile (OH-), il principale agente ossidante dell’atmosfera. Incredibilmente, questo tasso di crescita è nettamente in decrescita dai primi anni 1990, e il livello di metano è rimasto relativamente costante dal 1999. Questo comporta una revisione al ribasso delle proiezioni sulla sua influenza sulle temperature globali”
– Sempre su nature ci dicono che è cresciuto l’isotopo C12 quindi il metano dei clatrati, anche se ancora non si vede il tanto temuto rilascio massiccio.
-I russi ci dicono che c’è un reale rilascio di metano dal permafrost e dal mare artico, che è in netta contraddizone con i dati delle ice core, perchè ricordo che nel periodo interglaciale Eemiano precedente il nostro ci fu un picco di alte T ai circoli polari sia sud che nord più alte di quelle odierne di 6°C. E’ improbabile che non ci siano stati picchi di metano rilasciato dai clatrati nel picco dell’Eemiano, e più verosimile che queste picchi di metano atmosferico non siano stati registrati nelle ice core, oppure che non siano più visibili.
Questi dati reali sono spiegabili solo ammettendo una scarsa conoscenza sia delle fonti di metano sia e soprattutto dei meccanismi ossidativi che ne regolano la concentrazione atmosferica, che sembra siano legati alle T, al flusso di uv, al flusso magnetico solare, alla copertura nuvolosa, e quindi agli aerosol.
In tutti i casi non è accettabile la stima fatta da Hansen che incolpa solo l’uomo della forzante radiativa dovuta al metano…. a meno che accettare il peccato originale che l’uomo è sempre e comunque colpevole, perchè le emissioni antropiche hanno fatto aumentare le T con ratei senza precedenti ( che però è falso) e quindi sempre l’uomo è responsabile del feedback positivo dovuto al rilascio del metano dai clatrati in seguito all’aumento delle T . Rilascio senza precedenti nell’ultimo milione di anni (che però è inverosimile)
Grazie per la risposta (non avevo avuto modo di leggere quella “originaria”). Ricapitolando: la percentuale di metano in atmosfera è più o meno costante nei due emisferi in quanto esistono delle emissioni che riguardano tanto i fondali oceanici meridionali che quelli settentrionali. La firma isotopica, infine, è quella del metano “geologico” e questo scagionerebbe gli esseri viventi (secondo alcune ipotesi sarebbero state addirittura le termiti ad incrementare il contenuto di metano nell’atmosfera!)
Concludi dicendo: “Questi dati reali sono spiegabili solo ammettendo una scarsa conoscenza sia delle fonti di metano sia e soprattutto dei meccanismi ossidativi che ne regolano la concentrazione atmosferica, che sembra siano legati alle T, al flusso di uv, al flusso magnetico solare, alla copertura nuvolosa, e quindi agli aerosol.” Che dire, ancora una volta ci picchiamo di voler risolvere un problema senza conoscerne in modo preciso i dati e le relazioni tra essi. In matematica si direbbe che la cosa è impossibile. Da quello che si sente in giro sembra che non sia così per la climatologia e la fisica dell’atmosfera. Adesso vado a vedere che dice Steph. Probabilmente ci risentiremo nei prossimi giorni.
Ciao, Donato.
Purtroppo gli altri commenti sono andati persi, credo, a causa dell’incidente occorso ai server di CM nella scorsa settimana. Oggi, ad ogni buon conto, vorrei segnalare una notizia che avvalorerebbe le tesi esposte da C. Costa nel suo post. Riporto testualmente dalle news di tiscali.it comprese le evidenti imprecisioni (non è certamente una peer-review, ma ugualmente interessante).
Bolle di metano dai fondali del Polo Nord: il permafrost lo sta liberando sempre più velocemente.
Un team di ricercatori russi ha raccontato all’Independent del proprio stupore nel trovare gigantesche fuoriuscite di metano dal fondo del mare artico. Secondo gli esperti, sotto il permafrost artico, che si estende dalla terraferma al poco profondo mare al largo della Siberia orientale, ci sarebbero centinaia di migliaia(!) di tonnellate di metano, un gas 20 volte più inquinante dell’anidride carbonica.Il timore è che con il surriscaldamento globale il permafrost ne liberi sempre di più, accelerando l’effetto serra. In un’intervista esclusiva con il quotidiano, Igor Semiletov, dell’accademia delle scienze russa, che quest’estate a bordo di una nave ha scandagliato 25 chilometri quadrati di fondale al largo della Siberia, ha raccontato.”Prima trovavamo strutture simili a torce del diametro di qualche decina di metri. Questa è la prima volta che abbiamo trovato strutture continue e potenti di oltre un chilometro di diametro. Sono rimasto colpito dalle dimensioni e dalla densità dei pennacchi di gas. In un’area relativamente piccola ne abbiamo trovato oltre 100, ma in un’area più ampia ce ne devono essere a migliaia”.Una ricerca pubblicata nel 2010 – Semiletov stimava che le emissioni di metano da questa regione ammontassero a otto milioni di tonnellate l’anno, ma alla luce della nuova ricerca i dati vanno rivisti in maniera sostanziale.
(http://notizie.tiscali.it/articoli/scienza/11/12/bolle-metano-polo-nord.html)
Come premesso la news è molto approssimativa ma conferma che il metano in atmosfera ha origini diverse da quello zoogenico. Resta tutta da dimostrare l’influenza del GW sulle emissioni di metano dai fondali del mare artico, ma questo è un altro discorso!
Ciao, Donato.