In tempi recenti ma non solo, si sono sviluppate molte discussioni sulla particolare caratteristica della climatologia di essere realmente multidisciplinare. Gli enormi progressi fatti nella capacità di calcolo hanno spalancato le porte alle simulazioni matematiche delle dinamiche del clima, e l’intreccio continuo con altri settori delle scienze della Terra fornisce informazioni irrinunciabili soprattutto in termini di paleoclimatologia. Ad esempio, la maggior parte degli studi che hanno reso possibile estendere, seppur con i dovuti distinguo, le oscillazioni di temperatura dell’ultimo millennio dal territorio europeo alla scala globale, sono di natura geologica. Sedimentazione marina e lacustre, stratigrafia del suolo, tutti ambienti che recano la firma indelebile delle variazioni climatiche del passato. Proprio su queste pagine ad esempio, è apparso qualche settimana fa un articolo che fornisce alcune possibili spiegazioni al mito del Diluvio Universale, evento di cui si trova traccia nelle cronache storiche di tutti i popoli della terra.
Ancora una volta è proprio la geologia a fornire delle interessanti novità . Nei giorni scorsi è stato pubblicato su
Science un lavoro a firma di alcuni ricercatori delle Università del Texas e dell’Arizona, nel quale si è cercato di approfondire la conoscenza sull’avvicendarsi di periodi di grave siccità e periodi relativamente più piovosi nell’Africa Occidentale. I dati di prossimità che sono stati impiegati sono le sedimentazioni del fango del lago Bosumtwi, nel Ghana, ovvero nella martoriata regione del Sahel.
Attraverso l’impiego di tecniche di analisi innovative il team di ricerca è riuscito a ricostruire le condizioni climatiche risalenti a ben tre millenni or sono con una precisione temporale quasi annuale. Dalle serie storiche estremamente fini così ottenute è scaturita un’immagine piuttosto sorprendente. Il primo autore della ricerca, T. M. Shanahan, è rimasto a suo dire sconcertato nell’apprendere che le recenti siccità degli anni ’70 e ’80, ritenute tra le più gravi mai verificatesi, siano state in effetti di entità relativamente modesta rispetto alla storia climatologica della zona. Nell’analizzare i dati ottenuti è stata inoltre riscontrata una stretta correlazione tra l’andamento della piovosità in quell’area e le temperature di superficie dell’Atlantico, a loro volta regolate da una cicilicità nota come AMO1. Il legame con queste oscillazioni ha permesso di individuare l’occorrenza di periodi di siccità di durata multidecadale, pur non mancando però dei gravissimi eventi lunghi più di un secolo. Gli stessi autori non sono stati in grado di formulare ipotesi sulle cause scatenanti di questi episodi di maggiore durata, anche perchè il più lungo tra quelli relativamente recenti sembra sia avvenuto nel corso della Piccola Era Glaciale, cioè in un periodo più freddo almeno (ma probabilmente non solo) per l’emisfero settentrionale, mentre altri analoghi eventi sono stati contemporanei a fasi relativamente calde a scala globale.
Insomma un bel puzzle di informazioni, sul quale si staglia l’immagine centrale di una dinamicità del clima di quella parte del mondo che forse si riteneva fosse prerogativa esclusiva di altre latitudini. La lunghezza ed il dettaglio di queste serie e la loro stretta correlazione con le oscillazioni oceaniche potranno sicuramente essere utili per migliorare il quadro paleoclimatico sul quale devono poggiare anche le simulazioni numeriche, tuttavia, sembra un pò forzata l’affermazione finale del secondo autore di questo studio J. T. Overpeck, il quale, dopo aver contibuito egli stesso a conoscere l’esistenza di periodi siccitosi ben più gravi di quelli recenti, avvenuti per cause naturali ed innescati da variabili le cui attuali tendenze sono di difficile interpretazione, immagina siccità ancora più devastanti innescate dal riscaldamento globale.
Ora, per quel che può valere, è noto che la recente e forse più affidabile campagna di misurazione non ha riscontrato alcun trend di aumento significativo delle SST2 nel pur breve periodo -tre anni- in cui ha avuto luogo, mentre è altrettanto noto che l’indice AMO è in fase positiva sin dal 1990 e non dovrebbe cambiare segno prima una decade o due. Se è lo stesso studio qui citato a collegare le temperature di superficie oceaniche con i periodi di siccità in quella parte del continente africano, perchè tirare per l’ennesima volta in ballo il riscaldamento globale?
- Atlantic Multidecadal Oscillation [↩]
- Sea Surface Temperatures [↩]
Ciao Max,
leggendo il primo link che hai segnalato ho pensato che non si dovrebbe scherzare sulla pelle della gente. La quantità di demagogia dispensata già nelle prime righe è disarmante.
Grazie della segnalazione.
gg
@ Max
Grazie per le interessanti segnalazioni!
C.Gravina
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Le_cause_della_siccit%C3%A0_africana/1288929
questa può essere una interessante integrazione……
in più, non credo che la semplificazione “dove fà caldo farà più caldo, dove fa freddo farà meno freddo…” sia corretta, l’alterazione di parametri quali umidità , temperatura media e altri provocano più efficacemente spostamenti delle fascie di zonazione climatica e variazioni nella distribuzione e nella quantità di precipitazioni e della copertura nuvolosa, e questo non necessariamente vuol dire “aumento generalizzato della T”, o “del caldo”….
d’altronde, il Sahara, 6000 anni fa era una savana costellata di laghi poco profondi, dove fiorivano gli insediamenti umani.
altro abstract interessante:
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Le_tre_grandi_siccit%C3%A0_africane/1288420
http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Il_Sahara_si_sarebbe_formato_4000_anni_fa/1292069
E’ appena uscita la notizia di uno studio dell’NCAR sulla portata dei maggiori fiumi nel periodo 1948-2004.
Nella mappa che viene mostrata si nota come in tutta la regione di cui si parla qui c’è stata una sotanziale riduzione.
@Guidi
Io ho detto che esiste evidentemente una ‘variabilità interna’ al sistema dovuta anche ai ‘cicli oceanici’, che agiranno anch’essi come forzanti, (e fin qui niente di nuovo…) e una ‘variabilità forzata’ dovuta alla forzante dei gas-serra…
interessantissimo! Un altro tassello che conferma che troppo spesso si pensa di poter effettuare previsioni climatiche di sicuro effetto mediatico ma di dubbio riscontro…
Non posso che essere concorde, succede sempre tutto per caso, del resto è un sistema caotico no? L’unica correlazione che regge nel campo del clima è quella tra l’aumento dei gas serra e le temperature, unica fondamentale regola di funzionamento di tutti i meccanismi.
Comunque, i pattern NON sono in diminuzione, nell’abstract si legge che, in analogia con quanto riscontrato nella ricerca citata nel post, le gravi siccità degli anni ’70 e ’80 hanno subito una seppur parziale attenuazione. Certamente per caso, questo è avvenuto con il cambio di segno dell’AMO; la diminuzione è nelle proiezioni, bontà loro, staremo a vedere.
gg
@ Guidi
Scusi, ma seguendo la logica(discutibile) degli ‘studi di correlazione’ se i pattern di precipitazione sono in anticorrelazione con le SST come fanno queste ad essere la ‘causa diretta’ dei periodi di siccità nel Sahel, al massimo potranno essere la ‘causa prima’ nel sistema: più verosimilmente e direttamente si tratterà di pattern di circolazione atmosferica a causare le siccità dovute a dinamica complessa non-linerare della circolazione atmosferica accoppiata con quella oceanica…
Inoltre io sapevo che i modelli di simulazione del AGW proponevano come output siccità in alcune zone dell’Africa tra cui l’Africa centro-occidentale evidentemente dovute ai motivi suddetti e al di là delle ‘oscillazioni naturali’ paleoclimatiche.
In fondo sia l’una che l’altra causa (antropica e naturale) possono essere viste ugualmente come ‘forzanti’ che agiscono sullo stesso sistema fisico dunque con effetti simili e, se vogliamo, anche indipendenti.
Inoltre nel senso più generale possiamo vedere il Gw come un’incremento costante della temperatura globale ovunque, dunque: dove fà caldo farà più caldo, dove fa freddo farà meno freddo…
Nella realtà è molto probabile però che tale GW non si manifesti allo stesso modo in ogni punto del pianeta, ma ci siano zone soggette a maggior riscaldamento di altre e zone addirittura anche con lievi raffreddamenti, con accentuata probabilità che il ‘forcing globale’ produca un riscaldamento più accentuato in zone dove fa effettivamente già caldo, sempre a mezzo di alterazioni della circolazione atmosferica stessa.
D’accordo: ci sono ricercatori che possono sembrare a caccia di protagonismo e pubblicità citando sempre e comnque l’AGW, ma certe conclusioni non inficiano certamente tanti altri studi pro AGW…
Come già altre volte ho detto, vado sempre cauto con le correlazioni in quanto se da un lato mettono in luce importanti aspetti di un fenomeno, dall’altro a volte nascondono trend significativi.
Questo potrebbe essere il caso delle siccità del Sahel in cui si sono alternati periodi secchi e periodi umidi in anticorrelazione con l’AMO, ma il trend è comunque in diminuzione.
In ogni caso, la vera brutta notizia a me sembra che la parte centro-meridionale del Ghana dove si trova il lago Bosumtwi è più a sud del Sahel, già in zona tropicale. I dati, sia paleoclimatici che strumentali, mostrano che la regione siccitosa può, e sembra che tenda a, estendersi fin li.
@ Lorenzo
Dalle mie parti si dice che ci sei caduto con tutte le scarpe. Quello di cui parli non è buon senso ma la traduzione della mirabolante affermazione della Solomon. Dove è caldo sarà più caldo e dove è secco sarà più secco. I pattern di precipitazione sembra siano in anticoprelazione con le sst. Non solo come avrai letto le siccità arrivano sia nei periodi caldi che in quelli freddi. Inoltre nelle proiezioni non c’è accordo sull’evoluzione regionale delle piogge. L’affermazione dell’autore serve ad andare sui giornali e forse è tornata buona anche per andare su science. Parlare di Agw in questo contesto è la solita retorica solomonica.
Gg
Perchè il buon senso dice che due cause potrebbero tranquillamente sommarsi e produrre un’effetto maggiore…