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Ci credereste? E’ peggio del previsto.

Da Science Daily:

Il Cambiamento climatico potrebbe essere più rapido del previsto.

La fonte è un lavoro in pubblicazione su Nature:

Cambiamenti climatici: Rischio elevato di scioglimento del permafrost.

Chi segue le vicende climatiche avrà già capito di cosa si parla. Con le temperature che aumentano – e lo fanno in modo più deciso alle alte latitudini- lo scioglimento del Permafrost, ovvero di quello spessore di suolo perennemente congelato, potrebbe essere rilasciata in atmosfera una gran quantità di carbonio altrimenti imprigionata da chissà quanto.

Primo problema, l’incipit su SD:

[blockquote]“Mentre le temperature globali continuano a salire ad un rateo accelerato a causa della deforestazione e del consumo di combustibili fossili, i magazzini naturali di carbonio nell’Artico divengono causa di seria preoccupazione, riportano i ricercatori.”[/blockquote]

Le temperature medie superficiali globali sono salite, questo è indubbio. Ma è anche altrettanto indubbio che negli ultimi 15 anni non abbiano subito oscillazioni statisticamente significative. Se questo non può essere definito uno stop del riscaldamento globale perché il periodo è troppo breve, ancor meno può essere un segno di accelerazione del rateo di aumento.

Ma, in un mondo più caldo, è logico che il Permafrost salga di latitudine, perciò il problema esiste, a prescindere dalle origini del riscaldamento. E infatti, armati di un fiammante modello climatico, gli autori inseriscono una eventuale improvvisa crisi di scioglimento del Permafrost nei loro calcoli e ne tirano fuori uno scenario da incubo: effetti sul cambiamento climatico due volte e mezza più accentuati. Questo naturalmente negli scenari di emissione peggiori.

Ma, molto opportunamente, gli stessi autori ammoniscono di sapere di non avere ancora ottenuto le risposte giuste dai modelli. Il loro, dicono, è un interessante esercizio per testare la capacità di fare ipotesi circa il futuro che ci attende. I numeri d’altronde sono significativi, perché un 20/30% in più di climate change potrebbe essere fonte di reale preoccupazione.

Bene, forse vale la pena ricordare che quello scenario peggiore in effetti lo stiamo vivendo, nel senso che malgrado tutto (e su questo tutto si potrebbe discutere qualche annetto), le emissioni antropiche procedono stabilmente il loro corso. Business As Usual è la definizione più adatta per l’attualità.

A fronte di questo forcing, applicando diligentemente l’ipotesi AGW, ovvero assegnando alle attività umane l’intera o quasi responsabilità del riscaldamento occorso soprattutto nelle ultime decadi del secolo scorso, manca all’appello circa il 60% del riscaldamento. Cioè, le temperature sono salite meno della metà di quanto avrebbero dovuto se l’ipotesi fosse corretta.

Perché la Terra non si è scaldata tanto quanto previsto? Schwartz et al., 2010

Sicché, in attesa che diventi peggio, consoliamoci col fatto che sin qui è andata molto meglio del previsto, magari confidando nel fatto che la realtà supera sempre l’immaginazione. 🙂

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Published inAttualitàClimatologia

5 Comments

  1. gbettanini

    Scusatemi se sono un po’ fuori tema.
    Io ho sempre pensato che tra i politici siano effettivamente in pochi a credere a quanto si dice dei cambiamenti climatici ma che fondamentalmente ci sia tra i policymakers la percezione che la questione delle emissioni di CO2 annessi e connessi possa fare comodo.
    Ho trovato piuttosto emblematico il fatto che l’UNICA misura prevista per la riduzione del debito pubblico italiano prevista nel decreto ‘salva-italia’ (Art 25) sia di attingere ad una quota dei proventi derivanti dalla futura vendita delle quote di emissione di CO2 (ETS) .
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-12-05/articolo-riduzione-debito-pubblico-193053.shtml

    Reply
    Ah, bene…con il coma profondo che ha il carbon trading siamo in una botte di ferro…
    gg

  2. Filippo Turturici

    Vedo con dispiacere che, nonostante anni di discussioni, si continuano ad usare espressioni come “rateo accelerato” le quali, francamente, me le attenderei da gente con la licenza media inferiore, non da laureati e “dottorati” in materie tecnico-scientifiche (si spera che lo siano): come chiunque abbia fatto il liceo scientifico dovrebbe sapere, infatti, “accelerare” vuol dire aumentare la velocità; in questo caso, dunque, la temperatura non dovrebbe solo aumentare di anno in anno, bensì aumentare di un valore sempre crescente di anno in anno (es. l’anno scorso 0.1°C, quest’anno 0.15°C totale 0.25°C, l’anno prossimo 0.2°C totale 0.45°C e così via). Viste invece le misure dell’ultimo decennio, parlerei casomai di DECELERAZIONE del riscaldamento; il resto sono invenzioni propagandistiche.

    • Scienza1

      Sono d’accordo.

  3. donato

    Lo scioglimento del permafrost e la liberazione di quantità immense di metano è effettivamente uno scenario da incubo. Personalmente mi auguro che non accada mai. Ricerche scientifiche in atto dimostrano che effettivamente quantità apprezzabili di metano si stanno sprigionando dagli stagni che si formano nel permafrost in fase di disgelo. Problemi ancora più grandi si porrebbero se il rilascio cominciasse ad interessare gli immensi depositi di idruri confinati negli strati più profondi del permafrost. Fortunatamente, per ora, siamo ancora a livelli di timori e di previsioni. A proposito di temperature effettive che si mantengono al di sotto di quelle stimate, secondo un articolo a firma di Jean-Christophe Golaz et al. pubblicato nel luglio scorso su AMS Journals dal titolo:
    “Sensitivity of the Aerosol Indirect Effect to Subgrid Variability in the Cloud Parameterization of the GFDL Atmosphere General Circulation Model AM3”, (qui l’abstract, http://journals.ametsoc.org/doi/abs/10.1175/2010JCLI3945.1)
    una spiegazione potrebbe essere ricercata negli effetti indiretti degli aerosol e, quindi, delle nuvole. Sulla base dei loro risultati (sempre basati su un GCM, ovviamente) la sensibilità climatica pre-industriale potrebbe essere molto diversa da quella di oggi per cui i processi di forcing radiativo odierni nulla avrebbero a che vedere con quelli pre-industriali. Lo scarto tra previsioni e realtà, pertanto, potrebbe derivare da una stima errata della sensibilità climatica (considerazione mia, ovviamente). Se è vero (trattandosi di un lavoro peer-rewiev apparso su una rivista di notevole specializzazione e di alto IF, i dubbi dovrebbero essere pochi) è una notiziola non di poco conto.
    Ciao, Donato.

  4. “Ma è anche altrettanto indubbio che negli ultimi 15 anni non abbiano subito oscillazioni statisticamente significative.”

    Che dite, se lo sostiene Natura, almeno questo pezzo del dibattito oggi si può dare per chiuso? Riscuote il consenso di tutti? Mi accontento di poco, io.

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