Partiamo col fissare un concetto: la WMO (World Meteorological Organization) questa mattina ci ha dato il benvenuto ricordandoci che il decennio appena passato è “the hottest ever measured”, il più caldo mai misurato1. In questa sede però non me la sento di riportare a galla l’immane dibattito su cosa sia più caldo di cosa, e quando. Mentre in mattina ha successivamente avuto luogo un (noioso) convegno sulle emissioni dei cargo navali, il Qatar ha vinto il biglietto per il prossimo giro di giostra, il COP18.
Il Canada negli ultimi giorni ha ribadito più volte di voler uscire dal (morituro) protocollo di Kyoto, c’è chi applaude al coraggio e chi, come Greenpeace, dice che il Canada sia come una brutta barzelletta. Ma c’è veramente poco da ridere, e non per il Canada, ma per l’ossessiva ricerca di un trattato legalmente vincolante (su questo tema l’Inghilterra insiste moltissimo). Il tutto entro il 2015.
Ma il coup de théâtre oggi l’ha sferrato la Libia. Sì, la Libia, quel paese uscito da una guerra sanguinosa poche settimane or sono, ricchissimo di petrolio e sogno (non più) proibito degli occidentali. Ebbene la Libia vuole sostituire completamente i combustibili fossili con le energie rinnovabili, più sicure e meno inquinanti. In pratica i libici hanno in progetto di riempire di pale eoliche il deserto del Sahara. Ovviamente, dal momento che siamo nel mezzo del nulla, gli ambientalisti non avranno nulla da ridire.
Per concludere, vi proponiamo un redivivo Pachauri che, nel più italico dei modi di rimanere attaccato alla cadrega, ci fa il solito sermone.
Sì sì, si tratta proprio del Qatar, mentre la conferenza pre-COP18 si terrà in Corea del sud.
Al Qatar il prossimo cop18? Ma fra quanto si terra’ il prossimo cop18? E, altra domanda, il Qatar quanto metri e’ sopra il livello del mare? Ma siamo sicuri sul Qatar?
Perché, c’è il timore che possa essere allagato (pardon, sommerso)?
Ciao, Donato.
I libici non sono per niente stupidi. Hanno a disposizione un territorio immenso e desolatamente vuoto, sferzato dai venti e inondato da un sole caldo e costante, cieli tersi e mai offuscati dalle nuvole. Se decidessero di coprire tutto il Sahara di pannelli fotovoltaici, impianti solari a concentrazione, pale eoliche e via cantando, potrebbero diventare uno dei principali esportatori di energia elettrica del mondo, forse il più grande. Chi la comprerebbe? Noi, naturalmente, e tanti altri. Qualche anno fa ho letto di uno studio di alcuni scienziati statunitensi che immaginavano di rivoluzionare l’approvvigionamento di energia degli Stati Uniti: i deserti nord americani erano i migliori candidati all’installazione delle infrastrutture produttive. Poche migliaia di chilometri quadrati di deserto erano in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del paese e dare l’impulso decisivo per l’utilizzo del vettore energetico idrogeno (prodotto a buon mercato con l’energia elettrica generata nei deserti). A parte i problemi legati alla produzione dei pannelli fotovoltaici, che ben conosciamo, questo modo di procedere mi piace. Si implementa una nuova visione della produzione energetica mondiale che poco o nulla ha a che fare con il modo truffaldino ed assistenziale con cui procedono le cose dalle nostre parti. Da pochi giorni ho saputo che il mio comune autorizzerà, nell’ambito di una conferenza di servizi provinciale, una centrale fotovoltaica da 1 Mw. Peccato che il sito prescelto è orientato a nord-est. Non ha importanza, ciò che conta è la concessione e l’incentivo statale del conto energia. Viva Durban, Pachauri e Greenpeace. Nel frattempo: “e io pago”.
Ciao, Donato.
Caro Donato,
i Libici sono liberi, coi loro soldi, di fare quello che vogliono.
Però vorrei far notare che nei deserti spirano tempeste di sabbia, o sbaglio ?
Sulle pale eoliche ho più volte espresso la mia opinione, e sto ancora aspettando che qualcuno mi spieghi se, quando in una stanza fa caldo, per avere più fresco, sia sensato diminuire la velocità del ventilatore (in altre parole immaginando di installare una quantità enorme di parchi eolici, tale da condizionare il clima, che effetto potrebbe avere sull’energia del vento, visto che di quella si nutre?)…non è il vento, insieme alle correnti marine, parte del sistema di distribuzione del calore che garantisce temperature mitigate in questo pianeta ?
Non sarà certo un parco, o dieci, o cento a fare la differenza, ma se si punta su questa soluzione per condizionare il clima, tappezzando il pianeta di parchi eolici, questo contributo al clima, piccolo o grande che sia, sarebbe positivo, o (come credo) negativo ?
Caro Guido, concordo con te: il passaggio massivo alle fonti alternative (sole, vento e via cantando) può avere influenza sugli scambi energetici globali dell’atmosfera. Esso, infatti, potrebbe determinare anomalie nella distribuzione delle temperature superficiali. Se una città è in grado di produrre l’effetto UHI, figuriamoci un campo fotovoltaico di centinaia di ettari. Analogo discorso vale per i campi di torri eoliche. Allo stesso modo hai ragione per quel che riguarda le tempeste di sabbia. Si tratta, però, di problemi che devono essere risolti da un punto di vista scientifico, tecnologico ed ingegneristico. Rientrano in quella che è la naturale evoluzione della civiltà umana. Possono produrre benefici, ma anche costi e danni. Bisogna valutare gli uni e gli altri. Per ora, comunque, si tratta di fanta-tecnologia e come tale va trattata: facciamo solo questioni di principio senza entrare nei dettagli.
Ciao, Donato.
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Donato, un contatto.
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