Da The Australian.
Secondo informazioni diffuse dalla UBS, lo schema di emission trading europeo sarebbe costato ai contribuenti australiani la modica cifra di 287 miliardi di AUD (circa 210 miliardi di Euro).
Nel breve ma lapidario articolo pubblicato leggiamo che se questa cifra enorme “fosse stata impiegata per un programma di sostituzione delle più inquinanti centrali elettriche europee, le emissioni avrebbero potuto essere ridotte del 43%, invece di avere un impatto pressoché inesistente a carico dell’emission trading”.
Tra l’altro, sempre secondo lo stesso report (di cui non è disponibile il download ma ci sono parecchi lanci d’agenzia), l’ETS sarebbe sull’orlo del fallimento (per inciso il valore della tonnellata di CO2 è ai minimi storici e continua a scendere), con conseguenze molto gravi proprio per l’Australia, unico paese ad avere inserito nella propria legislatura fiscale una vera e propria Carbon Tax.
In pratica sarebbe stato meglio investire nel debito sovrano della Grecia.
Qualcuno ha idea del perché si sia preferita la via finanziaria a quella strutturale?
Meditate gente, meditate.
Chiedo scusa, ma non so se ho capito bene. Sembrerebbe che gli australiani abbiano investito in carbon trading rimettendoci 287 miliardi di AUD. Mi sembra veramente una cifra enorme. Spero (per gli australiani che, tra l’altro, mi stanno molto simpatici e tra i quali annovero anche alcuni amici) che ci sia qualche errore nelle cifre segnalate!
Ciao, Donato.
Reply
Donato,
le informazioni fatte girare dall’UBS parlano di costo, non di investimenti.
gg
Quindi “lo schema di emission trading europeo sarebbe costato ai contribuenti australiani la modica cifra di 287 miliardi di AUD” sta a significare che gli australiani hanno pagato 287 miliardi di AUD per lo schema di emission trading europeo. Forse perchè la legislazione australiana si è adeguata a quella europea? Non riesco a collegare “europeo” con “australiani”.
Ciao, Donato.