I boschi sarebbero molto silenziosi se cantassero solo gli uccelli più intonati, invece sembra che i termometri utilizzati a scopi meteorologici siano tutti “intonati” nonostante che quasi nessuno affronti il problema del peggioramento dell’accuratezza della misura con il trascorrere del tempo e tenga conto degli errori strumentali. Le informazioni e/o dati di qualità, non sono necessariamente eccellenti, ma è necessario che il loro requisito di qualità sia noto e dimostrato e che soddisfino i requisiti dettati dallo scopo per cui sono stati prodotti o utilizzati. Invece nel mondo meteorologico sembra che il concetto di qualità si sia cominciato ad affrontarlo solo l’anno scorso, ne abbiamo scritto in “Un mondo alla ricerca della qualità”.
La mancanza di qualità ed accuratezza nelle misure “in campo” sorprendentemente non ha mai comportato effetti sui valori calcolati con esse, infatti quest’ultimi sono quasi sempre forniti con la cifra significativa fino almeno ai centesimi di grado (ne abbiamo già scritto qui, qui e qui).
Finalmente ad ottobre scorso è partito il progetto MeteoMet (dettagli su file inrim.pdf e merlone.pdf) che coniuga per la prima volta, nella sola Europa, meteorologia e metrologia. Riprendiamo alcune frasi da un articolo che lo descrive (qui il testo integrale):
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“La metrologia può infatti fornire misure precise, affidabili e confrontabili di temperatura, pressione, umidità, velocità e direzione del vento, irraggiamento solare sia a terra che in aria. La meteorologia e la sue applicazioni nello studio dei cambiamenti climatici avrà così dati sicuri sui quali basarsi per valutare correttamente l’entità di tali cambiamenti e consigliare azioni adeguate da intraprendere per salvaguardare il pianeta e chi lo abita. Al progetto, coordinato dall’INRIM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica) di Torino, partecipano 23 paesi europei con i loro istituti metrologici, che si occupano di misure accurate mediante strumenti e campioni, società meteorologiche, università e istituti di ricerca sul clima e sull’atmosfera.[…] Gli obiettivi a cui si mira nei tre anni di durata del progetto sono moltissimi. Innanzitutto i ricercatori vogliono ottenere misure sui parametri climatici inequivocabili e accompagnate da una valutazione dell’incertezza. Infatti, sebbene i dati siano oggi abbondanti grazie a un sistema di rilevamento molto capillare su tutto il territorio europeo, le misure sono effettuate in posti diversi, con strumenti differenti e non forniscono informazioni univoche e di qualità confrontabile. Molto spesso non è possibile risalire alle tecniche di misura, alla tipologia di strumenti adoperati, verificarne il corretto funzionamento, la taratura periodica ecc. MeteoMet si impegna a promuovere la comunicazione tra istituti metrologici nazionali e servizi meteorologici locali e diffondere un approccio alla misura più rigoroso. Verranno inoltre sviluppati nuovi e migliori sensori e svolte campagne di confronto metrologico di strumenti per misure meteo. Infine, si affronterà il problema di assicurare la giusta interpretazione delle serie storiche, in particolare per quanto riguarda la temperatura. Queste informazioni sono fondamentali per valutare fluttuazioni e cambiamenti climatici, ma è difficile confrontare le serie storiche e moderne, mancano riferimenti chiari su quali tecniche di misure e quali sensori siano stati adoperati in passato, se i sensori abbiano subito spostamenti nel corso degli anni e indicazioni sulle incertezze e sulle scale di temperatura adoperate nei differenti periodi storici”.
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Per vedere la stazione dell’ Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica si può visitare questo sito, sarà facilmente possibile verificare che l’errore sulla temperatura non è dell’ordine dei centesimi neanche per questo stazione “prototipo”, figuriamoci per quelle “operative” in Africa e/o sulle montagne….comunque torneremo sull’argomento e sui problemi della calibrazione/confronto tra strumentazione meteorologica.
Gli autori dell’articolo si accorgono dell’importanza e potenziali effetti dell’argomento trattato, per questo probabilmente alla fine aggiungono:
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“I cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, come dimostra anche la mostra attualmente in esposizione Rivers of ice alla Royal Geographical Society di Londra sui ghiacci himalayani, e questo progetto fornirà degli ulteriori strumenti per affrontarli in modo più consapevole”.
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Potrebbe far sorridere più di qualcuno che dopo aver scritto di metrologia, della quantità, alla fine per dimostrare scientificamente un fenomeno fisico si ricorra all’approccio qualitativo.
Il tema del tener conto degli errori di misura, e che questi possano far svanire molte certezze, non riguarda solo gli strumenti della stazioni meteorologiche, la qualità dei dati è un problema che può interessare anche le misure da satellite come riportato nella parte finale dell’articolo della rivista Nature “Climate researchers warn of data crisis”.
Forse in meteorologia, come finora obbligatorio nel resto della fisica, è finalmente arrivata l’ora in cui non si potrà più essere indifferenti alla presenza degli errori di misura e dei limiti strumentali. Dopotutto la bilancia del salumiere è sottoposta per legge a controlli periodici, perché non dev’esserlo la strumentazione meteorologica sulla base della quale si determinano le politiche energetiche ed ambientali mondiali? Coma mai finora nessuno ne ha sentito la necessità? Sono i dati meteorologici da record, che riempiono le prime pagine dei giornali e spaventano le persone, “certificati”? Se si vuole far scienza si segua la faticosa strada della rigorosità, altrimenti smettiamola di spendere soldi pubblici in satelliti, stazioni, calcolatori e rassegniamoci a alle dimostrazioni “scientifiche” sull’AGW effettuate con testimonianze, mostre di foto e di pittura, alle quali ormai purtroppo l’opinione pubblica si è assuefatta (vedi “Terra: un pianeta vivo trattato come fosse morto”).
Il commento che “farebbe sorridere”, ovvero ” cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, come dimostra anche la mostra attualmente in esposizione Rivers of ice alla Royal Geographical Society di Londra sui ghiacci himalayani, […]” è stato aggiunto dai curatori della rivista “Oggi scienza” e non è una nostra dichiarazione.
Andrea Merlone
Andrea, hai ragione. Nel contesto di cui si parla quel commento non fa sorridere, neanche un po’. Fa venire da piangere. Immagino che abbiate sollevato la stessa obiezione alla rivista, che magari avrà prodotto una rettifica. O forse no. Del resto capisco che il progetto sia importante e la visibilità e’ utile oltre che necessaria. La chiosa politically correct pero’ annacqua tutto il discorso. Se i CC sono sotto gli occhi di tutti, che bisogno c’è di migliorarne la misura? Oppure, come credo voglia il progetto, e’ attraverso la misura che si deve cercare di capire cosa accade?
gg
Caro Fabio, da quanto hai scritto deduco che ogni qualvolta si parla di serie di temperature, in realtà, si parla di aria fritta. Se lo stato dell’arte è quello che tu hai illustrato (e non ho nulla per mettere in dubbio la tua buona fede) abbiamo voglia a fare grafici ed elaborazioni statistiche. Se i dati sono così neanche 10 BEST ci daranno le risposte cercate!
Ciao, Donato.
Caro Donato, le serie storiche non sono aria fritta se si cerca di utilizzare i dati tenendo conto del loro errore, qualche interessante informazione si può trarre. Diventano aria fritta quando li si vuole usare facendo credere che sono certi e conosciamo l’atmosfera al centesimo di grado da circa 200 anni….questa è pura illusione. La maggior parte degli studi utilizza dati presi da messaggi meteo senza neache sapere l’errore dello strumento e se è calibrato. Come diceva Gaber: la qualità non è richiesta, è il numero che conta. E il numero esce dai modelli con un errore molto minore dei dati iniziali, solo per la climatologia vale: “garbage in, gold out”. A presto
Appunto.
Ciao, Donato.