“Ci dicono «visionari» se difendiamo i boschi. Antico flagello, in Italia, quello dei fiumi in piena. Si legge in Strabone della grande quantità d’acque che recavano giù dai monti dell’Appennino l’Arno ed il Serchio, che allora si congiungevano presso Pisa; e quando erano gonfi, scrive l’antico geografo, “alla confluenza, l’acqua dell’uno contrastando a quella dell’altro, la corrente cresceva tanto d’altezza clic da una riva non si poteva vedere chi stesse su quella dirimpetto”. E poiché gli abitanti alzavano argini con dighe per timore di essere inondati, i due fiumi fecero solenne promessa che non avrebbero più invaso le campagne; «e mantennero l’impegno-». Ma allora i fiumi erano dei e si poteva trattare con essi. Anche il Tevere, scrisse Plinio un secolo più tardi, usciva sì ogni tanto ad allagare la città, «ma piuttosto come profeta e ammonitore, più per richiamare al timore degli dei che per minacciare disastri ».
E ad ogni modo in quel primo secolo c’erano severissime leggi sul regime dei fiumi e la cura degli argini, ed edili e censori, ed attenti magistrati delle acque. Ma oggi i fiumi sono sconsacrati, le leggi per la difesa del suolo e delle rive appaiono inefficaci, ed i governanti sono in sospetto d’inerzia e d’imprevidenza. Ne si può dire che questa catastrofe così vasta non sia stata preannunciata da molti segni; in questi ultimi tempi non c’è stato anno che nell’una o nell’altra regione non sia successo il finimondo, magari per un torrentello improvvisamente impazzito, magari soltanto in conseguenza d’un violento acquazzone (immediatamente promosso a nubifragio per riversare tutta la colpa sulla natura e non sulle malefatte degli uomini). Un esempio molto istruttivo di leggerezza, per non dire di peggio, delle autorità responsabili è il caso, sia pure di poco conto di fronte al disastro di questi giorni, dell’alluvione dello scorso ottobre a Monterosso nelle Cinque Terre. In seguito alla devastazione fatta da una potente ruspa fra vigne e uliveti a monte del paese per tracciare una strada di cui poi si riconobbe l’inutilità e i lavori furono abbandonati — tanto, paga pantalone — già nel dicembre del ’65 Monterosso fu allagato; per cui alcuni fra i danneggiati scrissero l’aprile di quest’anno al ministero dei Lavori Pubblici, al provveditore delle Opere Pubbliche, al Genio Civile ed al Comune di Monterosso perché affrettassero i necessari” lavori, sapendo benissimo che da un momento all’altro poteva accadere una rovina molto maggiore.[…]” (versione integrale dell’articolo).
Così iniziava un interessante articolo, dal quale si può capire la differenza tra l’ambientalismo di allora e quello odierno, pubblicato il 22 novembre 1966 su “La Stampa” per commentare ed approfondire sulle alluvioni nella zona ligure di Monterosso. Anche se in quegli anni fenomeni intensi si erano abbattuti a scadenze ravvicinate non c’era alcun accenno a straordinarie “piogge tropicalizzate” o ai cambiamenti climatici, i “colpevoli” da scovare erano altrove.
Dopo mezzo secolo, lo stesso tipo di alluvione sulla stessa zona ha fatto dire prontamente che sono tributi molto dolorosi che purtroppo paghiamo ai turbamenti e ai cambiamenti climatici. Si è aggiunto, dando un valore scientifico all’affermazione: «È una classe di eventi intensi ascrivibili ai cambiamenti climatici». Piogge molto intense, alluvioni repentine, definite flash flood che «sono precipitazioni in aumento sul Mediterraneo centrale», specie negli «ultimi 15 anni». Nell’arco di 24 ore in Lunigiana, in provincia di Massa Carrara, sono caduti 366 mm di pioggia, un evento eccezionale che statisticamente ha dei «tempi di ritorno», ovvero si stima si verifichi, ogni 50 anni e più.
Magari fosse ogni 50 anni! In quelle zone non è vero oggi come in passato. Purtroppo in quelle zone le piogge d’inizio autunno hanno fatto sempre danni e talvolta morti, con quantitativi quasi sempre eccezionali per il resto d’Italia. Infatti con scienza, ma sarebbe bastato il buon senso, a tali affermazioni qualcuno qualificato ha replicato: il problema di queste piogge violente e’ che “vanno ad impattare su una situazione sempre piu’ deteriorata. La chiave sta nel grosso problema del dissesto idrogeologico, i cambiamenti climatici non c’entrano“.
Ma che accadeva, nel recente passato in quelle zone, quando i “turbamenti climatici” non si sapeva neanche che fossero? Basta una piccola ricerca, senza alcuna pretesa di essere esaustivi, per farsi un’idea.
Alcuni esempi di “piogge tropicali” del passato possono essere a Genova, il 25 ottobre 1822, quando furono misurati in 24 ore ben 821 mm (come potete leggere anche qui), altre piene storiche del Bisagno si verificarono ad esempio nel 1892 e 1908. Il 19 e 20 ottobre 1959 il nubifragio in Liguria tra Nervi e Savona vide piogge superiori a 600 mm nei bacini dei torrenti Cerusa e Leiro. Il 26-27 ottobre 1959 piogge eccezionali in Toscana, da 200 a 340 mm sulle Alpi Apuane, in un giorno 300 mm a Retinano, 320 a Campagrina, 340 a Isola Santa (max oraria 95 mm), 240 a Boscolungo.
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“Solo nella città di Genova, in questi decenni, si sono verificati cinque eventi simili o anche più intensi (altro che catastrofici), avvenuti precisamente nel 1953, nel 1970, nel 1977, nel 1992 e nel 1993. Nessuno ancora può dimenticare gli effetti dell’apocalittica alluvione del 7 e 8 Ottobre del 1970, una delle peggiori mai viste in Italia a memoria d’uomo, quando la città della lanterna fu investita da uno Tsunami di fango e acqua. Storico il dato della stazione amatoriale di Genova Bolzaneto che fra il 7 e l’8 Ottobre 1970 registrò, in appena 24 ore, un accumulo impressionante di ben 950 mm d’acqua. Questo dato tuttora vanta il record assoluto del più cospicuo accumulo pluviometrico nelle 24 ore mai registrato in ambito nazionale e forse anche europeo”
Fonte Meteoweb
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Andando a vedere le zone colpite dalle recenti piogge, anche se gli spazi dedicati a tali notizie con il tempo sono andati dilatandosi, possiamo ricordare:
- 24 novembre 1927 esondò il fiume Magra e crollò un ponte
- 18 novembre 1940 “Piogge torrenziali e alluvioni nell’Italia Settentrionale”
- 27 ottobre 1948 “Disastrosa alluvione sulla Riviera di Levante”
- 21 ottobre 1959 “Violento Nubifragio in Liguria”
- 5 ottobre 1966 Monterosso e Levanto ancora invase dal fango L’acqua è razionata, manca la luce elettrica
- 6 ottobre 1966 “Salvate dopo tre giorni due sorelle a Monterosso che la marea di fango aveva bloccato in casa”
- 22 novembre 1966 “Ci dicono «visionari» se difendiamo i boschi
- 9 ottobre 1968 Pauroso nubifragio sulla Spezia Crolla un ponte sul fiume Magra
- 10 ottobre 1968 “Ingenti i danni alla Spezia“
- 15 novembre 1982 “Giornata di paura per le genti della Lunigiana Straripati i fiumi Vara, Magra e gli affluenti”
Sarà vero il detto “nulla di nuovo sotto il Sole”, ma purtroppo è anche vero “nulla di nuovo sotto la pioggia”.
NB: Qui trovate un pdf con i testi di otto dei dieci articoli linkati.
Da genovese, per di più “battezzato” dall’alluvione del 1970, posso solo testimoniare l’assoluta incapacità della popolazione di reagire a questi eventi. Ad ogni piccola e grande catastrofe si riparla delle solite cose: mancata pulizia dei letti dei torrenti, mancato rispetto delle distanze minime di costruzione (il citato Bisagno aveva un letto molto ampio nella zona della foce ancora ad inizio ‘900, secondo stampe dell’epoca, mentre dal dopoguerra è stato completamente “tombinato” e seppellito sotto una strada per il suo chilometro finale). Tutti i torrenti cittadini sono stati soffocati nello stesso modo (a causa della fame di spazio). Le indicazioni degli esperti vengono regolarmente disattese tra un episodio e l’altro. Una volta le istituzioni locali non avevano neanche la scusa del “climate change”, per cui le speranze per un cambiamento in futuro sono zero.