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Ciliegie fuori stagione

Se chiedete a chi è convinto della totale o quasi responsabilità umana sui cambiamenti climatici se è anche favorevole al cibo a chilometri zero, risponderà sì senza esitare un attimo.

Provate però a chiedergli se gli piacciono le ciliegie. Otterrete un’altro sì. Un gradimento così sfrenato da non resistere alla tentazione.

Studi come quello di cui parliamo oggi dovrebbero avere la bontà di uscire solo a maggio, nel mese delle ciliegie, così sapremmo in anteprima di cosa si tratta.

Ecco qua, dal Blog di Roger Pielke jr:

Increase of extreme events in a warming world

 

Nel lavoro il riferimento è all’ondata di calore in Russia del 2010. Attraverso una serie di elaborazioni statistiche dei dati disponibili, gli autori trovano una elevata correlazione tra il trend positivo delle temperature e l’aumento delle probabilità di occorrenza di eventi estremi come quello esaminato.

Addirittura, asseriscono che senza l’aumento delle temperature di sottofondo – leggi riscaldamento globale – l’ondata di calore del 2010 avrebbe avuto l’80% di probabilità di non verificarsi.

Il periodo preso in esame per determinare il trend delle temperature è un secolo tondo tondo, dal 1911 al 2011.

L’immagine qui sopra viene da un poster presentato all’EGU (Dole et al.). I dati disponibili, come sempre provenienti dal GHCN, vanno dal 1880 al 2010. La linea verde (tracciata da Pielke) rappresenta la data di partenza di questa nuova analisi. Alla fine di un paio di decadi di anomalia positiva e all’inizio di una altrettanto lunga anomalia negativa delle temperature.

Perché partire dal 1911? Nel paper, la scelta non è motivata. Logica vorrebbe che si utilizzassero tutti i dati disponibili. Se l’idea è quella di individuare un trend di lungo periodo, più abbondano i dati più aumentano le probabilità di ottenere un risultato stabile. D’altra parte, è ovvio che la scelta di questo o quel punto di partenza è decisiva per il risultato finale.

Nell’unica spiegazione sin qui ottenuta da Pielke, la troviamo nei commenti al suo post e viene dall’autore del poster di cui sopra,  leggiamo che nel periodo 1880-1909 non ci sarebbe stato alcun trend significativo di riscaldamento. Sicché l’obbiettivo era collegare il trend positivo agli eventi estremi e gli autori ci sono riusciti. Replicando l’analisi per il periodo che loro non hanno preso in considerazione ed escludendo quello successivo si potrebbe ottenere un risultato diverso, magari di segno opposto. Sarebbero entrambi giusti e sbagliati allo stesso tempo.

In assenza di spiegazioni plausibili questo è cherry picking. Buono per lanci d’agenzia, ottimo per un bel compendio sullo stato dell’arte della conoscenza del sistema, perfettamente digeribile per il decisore generico medio e fonte di onore e gloria per il picker di turno.

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Published inAttualitàMeteorologiaNews

6 Comments

  1. Mi ricordo quando un gruppo di statistici utilizzò Montecarlo per dimostrare che l’HS fosse davvero fragile. Ebbene, allora si trattò (dissero i soliti noti) dell’ennesimo tentativo scettico con l’ennesimo strumento statistico (incomprensibile a certi climatologi). Adesso invece sembra riabilitato. Bene.

    • donato

      Che vuoi farci, sono gli alti e bassi della vita.
      Ciao, Donato.

  2. donato

    Per non far arrabbiare Alessio, prima di scrivere, ho deciso di abbeverarmi alle fonti del sapere (RC, tanto per intenderci). Ho letto il lungo post di Stefan Rahmstorf e Dim Coumou e, con molta attenzione, la parte destinata al volgo profano (cui io certamente appartengo). Rahmstorf e Coumou (da ora RC2011) hanno illustrato il loro lavoro in modo molto chiaro. L’andamento delle temperature di Mosca (come di qualunque zona, suppongo) è caratterizzato da una componente deterministica e da una casuale (rumore). La componente deterministica può essere di tipo lineare o di tipo non lineare. RC2011 hanno applicato il metodo Monte Carlo per simulare l’andamento delle temperature nel tempo (quindi hanno preferito considerare non lineare l’andamento della temperatura). Hanno simulato circa 100.000 volte l’evoluzione delle temperature dal 1880 al 2009 ed hanno accertato che, senza riscaldamento globale, il numero di eventi eccezionali attesi sarebbe stato minore di quello effettivamente misurato. Essi, infatti, sostengono che dal 1980 ad oggi (i famigerati 30 anni) il riscaldamento globale ha determinato un aumento della probabilità di occorrenza di simili eventi dell’80%. Anzi, essi sostengono che aver accorciato il periodo analizzato, partendo dal 1910 invece che dal 1880, ha ridotto tale probabilità al 78%.
    Come tutti potete vedere il ragionamento è logico e, dal punto di vista modellistico, non fa una grinza.
    Vediamo, però, di andare un po’ più a fondo nella questione. Lo scopo di RC2011 è quello di confutare Dole ed al. 2011 in quanto costoro avevano osato affermare che l’evento eccezionale di luglio 2010 era spiegabile meteorologicamente e non era necessario scomodare il riscaldamento globale e/o la climatologia. Trattandosi di un’eresia che intaccava il credo AGW, ecco il lavoro di RC2011 che mette le cose a posto.
    Il problema di questo lavoro, secondo me, riguarda non l’analisi statistica, la gaussiana, il metodo Monte Carlo e via cantando, ma il concetto fisico di riscaldamento. Secondo RC2011, infatti, senza il riscaldamento non ci sarebbe stato l’evento eccezionale (lo dimostrano le 100.000 corse del loro modello). Tale riscaldamento, sempre secondo RC2011, può essere spiegato in due modi: l’effetto isola di calore urbano (questo maledetto effetto è come il prezzemolo, sta sempre in mezzo) oppure l’effetto serra. Secondo i due ricercatori l’effetto isola può essere escluso in quanto a Mosca il termometro è sempre stato “urbano”, a Mosca l’effetto isola è importante in inverno e non in estate e, inoltre, essi hanno interpellato alcuni scienziati moscoviti che concordavano con la loro tesi.
    Altro aspetto che ha determinato la scelta di RC2011 di escludere l’effetto isola di calore urbano, è stata la considerazione che in una vasta area intorno a Mosca, GISS ha trovato un riscaldamento, dal 1979 ad oggi, di ben 1,4 gradi che non può in nessun modo essere attribuito all’effetto isola (si noti che GISS va bene fuori dall’isola di calore urbano ma non dentro l’isola, dalle mie parti questo si chiama doppiopesismo).
    Dopo questo lungo sproloquio (il cui unico scopo è di dimostrare ad Alessio e C. che, in genere, non parliamo a sproposito) mi permetto qualche piccola considerazione finale. Dole ed al. hanno assunto per la propria analisi una progressione lineare delle temperature dal 1880 in poi, RC2011 una progressione non lineare ed una sofisticata analisi statistica. Cosa ancora più importante, però, è che Dole ed al. hanno tenuto conto dell’isola di calore urbana mentre RC2011 l’hanno esclusa del tutto. Senza queste differenze i risultati delle due analisi sarebbero stati gli stessi. Anzi possiamo dire con assoluta certezza che se RC2011 avessero tenuto conto dell’effetto isola di calore urbana i loro risultati sarebbero stati uguali a quelli di Dole ed al. Questo lo capisce anche un ignorante come me. A questo punto sorge spontanea una domanda: possiamo in una conurbazione come quella moscovita non tener conto dell’effetto isola di calore urbano? Secondo me no.
    E con questo rimando chi ha avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto, al commento di M. Morabito delle cui conclusioni mi approprio.
    Ciao, Donato.

  3. Lo posso dire? Pielke Jr. si vede che di fisica dell’atmosfera ne mastica poco. Perche’ il nuovo papero di Rahmstorf e’ spazzatura completa e totale.

    Da RC: This week, PNAS published our paper Increase of Extreme Events in a Warming World, which analyses how many new record events you expect to see in a time series with a trend. It does that with analytical solutions for linear trends and Monte Carlo simulations for nonlinear trends.

    Gli eventi meteorologici sono causati da altri eventi meteorologici. E nella troposfera domina ancora la convezione, non la radiazione, e non la statistica.

  4. teo

    Quanto e’ bella climatologia che i trentanni se li porta via.
    In climatologia, corigetemi se sbaglio, un trentennio corrisponde ad un singolo punto (forse solo mezzo). Vedo IGBP che divideilsottodividendo e parla di trend climatico.
    Ma allora l’Emilio nazionale non dice poi una stupidaggine quando chiede “Ci dica professore com’e’ il clima oggi?”

  5. Alessio

    specificare tutta la pletora di commenti e il botta e risposta di R.P.jr e l’autore del paper no eh? (su entrambi i blog, R.P.jr e RealClimate)
    “In assenza di spiegazioni plausibili questo è cherry picking. Buono per lanci d’agenzia, ottimo per un bel compendio sullo stato dell’arte della conoscenza del sistema, perfettamente digeribile per il decisore generico medio e fonte di onore e gloria per il picker di turno.”

    in assenza di voglia di approfondire e mostrare le cose per bene, questa e’ al solito malafede (o al piu’ faciloneria)

    Reply
    Alessio,
    posa il forcone e leggi qua:

    26 ottobre 2011 @ 11:57 [Salvataggio automatico] di Guido Guidi

    Ossia. Il post è stato completato e programmato ben prima che si scatenasse la ‘pletora’ di commenti. Tanto che quelli che erano presenti li ho citati.
    Nella fattispecie, bastava che segnalassi che la discussione è continuata e che sono state aggiunte delle novità, oltretutto visibili in quanto nel post, facendo specifico riferimento ai commenti, si immaginava la possibilità che chi volesse potesse leggerli. Già che ci siamo allora, aggiungiamo che la discussione è tutt’altro che soddisfacente. Tra innovative interpretazioni del termine ‘trend’ e levata di scudi dell’autore nei confronti di Pielke jr, la spiegazione latita ancora. Però si aggiunge anche l’informazione che a far la differenza nel determinare l’aumento delle probabilità di occorrenza di eventi del genere sono solo i dati dopo il 1980. Tutto quello che è successo prima (eccetto pare per gli anni ’30) non avrebbe comunque avuto peso. Allora, di che trend stiamo parlando? Degli ultimi 30 anni? E ti sembra un periodo utile a determinare le variazioni di probabilità di occorrenza di eventi con tempi di ritorno molto più lunghi? Non c’è bisogno di fare calcoli o scelte difficili. In un trentennio ce n’è stato uno, in quel trentennio le temperature sono aumentate, la probabilità di occorrenza per effetto del riscaldamento passa al 100% per definizione. In un certo senso il risultato ottenuto nel paper è tranquillizzante. 🙂
    gg

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