Una delle cose che pare siano scaturite dalla rianalisi delle serie di temperatura sulle terre emerse operata dal Berkeley Group, è che in un contesto di trend in aumento a scala globale, le oscillazioni a scala spaziale più limitata appaiono in molti casi in contro-tendenza. Questo non stupisce, dal momento che le dinamiche del clima conservano ancora molti segreti, specie in termini di variazioni di medio periodo.
Il discorso appare ancora diverso a scala locale. Tuttavia, è per certi aspetti stupefacente come, anche con queste premesse, ci siano alcune informazioni tipicamente ‘locali’ che recano indelebili i segni di quelle che si ritiene siano delle variazioni climatiche di respiro globale. E’ il caso del ghiacciaio Jorge Montt in Patagonia. In questo studio
attraverso l’analisi di dati proxy, certamente locali in quanto provenienti da anelli di accrescimento degli alberi e di altrettanto localizzate mappe e immagini satellitari, si documentano con precisione tanto la riduzione avvenuta a partire dalle ultime decadi del XIX secolo, quanto l’avanzata della massa glaciale occorsa durante la Piccola Età Glaciale. In particolare, all’inizio del periodo freddo tra il 1400 e il 1800 circa, l’estensione del ghiacciaio pare fosse simile a quella attuale. Questo confermerebbe l’ipotesi secondo la quale al culmine di un altra fase climatica particolare, il Periodo Caldo Medioevale, lo ‘stato termico’ del Pianeta, che regola il bilanciamento tra temperatura e massa glaciale ospitabile fosse paragonabile all’attuale.
Questo l’abstract:
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Ghiacciaio Jorge Montt (48◦20′ S – 73◦30′ W), uno dei principali ghiacciai costieri del Sud del Patagonia Icefield (SPI), ha sperimentato la più veloce ritirata frontale osservata in Patagonia durante il secolo scorso, con una recessione di 19,5 km tra il 1898 e il 2011. Questo regresso record ha portato alla luce degli alberi ricoperti durante l’avanzata della Piccola Età Glaciale (LIA). Dei campioni di questi alberi sono stati datati con il metodo del radiocarbonio, ottenendo delle età di sepoltura tra 460 e 250 anni. La dendrocronologia e le mappe indicano che il Ghiacciaio Jorge Montt era nella sua attuale posizione prima dell’inizio della LIA, così come per diversi altri ghiacciai in Patagonia, e ha raggiunto la sua massima estensione tra il 1650 e il 1750 DC. Il ritiro post-LIA è stato molto probabilmente innescato dai cambiamenti climatici durante il 20esimo secolo, tuttavia, il Ghiacciaio Jorge Montt ha risposto in modo più evidente rispetto ai suoi vicini. Il ritiro del Jorge Montt ha aperto un nuovo fiordo lungo 19,5 km, e profondo fino a 391 m, con una variazione batimetrica ben correlata con i tassi di ritiro del ghiacciaio, suggerendo che le dinamiche delle risposte del ghiacciaio sono almeno in parte collegate alle condizioni di galleggiabilità vicino al il fronte del ghiaccio, che scaturiscono in elevati flussi di scioglimento, accelerazione ai tassi di assottigliamento e elevate velocità di ghiacciamento.
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Ma il Periodo Caldo Medioevale e la Piccola Età Glaciale non erano un affare tutto europeo e quindi non significativi in termini di andamento nei secoli delle temperature globali?
Si, così si dice in giro: la PEG è stato un fatto schiettamente europeo. Questo a giustificare il fatto che Mann non aveva tenuto conto della PEG nell’elaborare la sua famigerata mazza da hochey. Ora sembra che le cose non stiano così e che la piccola era glaciale sia stato un fatto globale. Ce lo dice BEST e ce lo dicono gli alberi sepolti sotto il ghiaccio della Patagonia. Con buona pace del cortile e dei suoi inquilini.
Ciao, Donato.