A pensarci bene è proprio vero che questa atmosfera contiene un sacco di porcherie. Sembra più un filtro magico di Maga Magò che quella bella tabellina che compare sui libri di fisica dell’atmosfera con tutti i compostini chimici in bell’ordine in base alla loro presenza percentuale.
Capire che le cose stanno diversamente è stato un grande passo per le scienze dell’atmosfera, passo però che è avvenuto in tempi abbastanza recenti. Ricordo molti anni fa, nei corridoi di un CNR bolognese ancora posizionato in pieno centro storico, due colleghi modellisti che mi chiedevano incuriositi notizie su quanto diavolo avrebbe mai evaporato un bosco per potere “inumidire” in modo realistico la loro atmosfera, primo approccio a mettere la “vita” in un modello, anche se ancora sotto forma di qualcosa di più simile a valvole pneumatiche che all’evapotraspirazione.
Da allora ad oggi, effettivamente, passi da gigante hanno permesso di inserire la descrizione di attività di organismi viventi nei modelli: passi da gigante anche in senso culturale, che permettono oggi a un biologo di riconoscere un fisico come un altro semplice terrestre e viceversa.
Come dimostrato in un recente post di GG1 la componente biotica ha fatto un salto di qualità nella descrizione del mondo andando a guadagnarsi un ruolo attivo nel sistema climatico: studi “up-to-date” ci convincono che la componente biologica può avere dei feed-back inattesi con i parametri atmosferici. Eh sì, perche’ quello che viene chiamato “biogenic aerosol” è veramente una pozione da antro dello stregone: pollini, batteri, spore, virus, frammenti di animali e di piante (confesso di avere un po’ esagerato nel titolo con la lingua di serpente) e le interazioni con l’ambiente circostante possono risultare molto complesse e la nostra capacità attuale di comprensione abbastanza inadeguata.
Anticipiamo che tutti questi “oggetti” entrano immediatamente a far parte di quella grande categoria dei nuclei di condensazione che, come tali, sono in grado di influenzare le condizioni del tempo locale attraverso la formazione delle nubi: poi, alla lunga e inevitabilmente, ad avere importanti ripercussioni sul clima. Forse uno degli aspetti più noti di queste componenti organiche (quantomeno è comparso sui giornali anche se ancora moltissimo è da studiare) è quello dell’aerosol marino e ciclo del fitoplancton del quale rubo una breve descrizione dall’attività di ricerca della dott.ssa Facchini dell’ISAC-CNR e per interesse di bottega (CNR, CNR, CNR…), e nella sicurezza di essere perdonato per amicizia: “Il meccanismo di produzione primaria della’aerosol marino è legato al ciclo del fitoplancton: i composti organici che si concentrano alla superficie degli oceani durante la fioritura del fitoplancton sono iniettati in atmosfera da processi connessi al moto ondoso e costituiscono la componente principale della frazione sub-micronica dell’aerosol marino. L’importanza a livello globale di tale sorgente, la stagionalità , la dipendenza dal tipo di fitoplancton e quindi nei diversi sistemi marini non sono ancora conosciute. Il sistema di feedback aerosol-nubi-clima coinvolge quindi il biosistema marino”.
Per capire quanto il problema della componente biogenica fosse misconosciuto in un recente passato basta prendere in mano il libro “Nucleation and Atmospheric Aerosols”, proceedings della 13a conferenza sull’aerosol atmosferico di Salt Lake City del 1992, per scoprire che nelle 523 pagine degli atti non c’è un solo riferimento a quanto andiamo discettando. Non deve però essere dimenticato il ruolo promotore fondamentale svolto dall’IGBP2, che viene lanciato nel 1987 e che incomincia a collegare le comunità fisiche, chimiche e biologiche su questi temi. Da non dimenticare è anche uno dei principali artefici di queste ricerche, Sjaak Slanina, purtroppo recentemente scomparso.
E’ verso la metà degli anni ’90 che esplode l’interesse scientifico per questa componente minoritaria dell’atmosfera, interesse non sporadico ma organizzato intorno al possibile contributo alle modifiche del clima e le risorse si incominciano a coagulare nella pianificazione di campagne di misura internazionali. Cosa contraddistingue quindi la diversità dell’aerosol biogenico rispetto alla componente abiotica, e perchè dovremmo nutrire tutto questo interesse per la parte di origine biologica, o attivamente biotica?
La componente biogenica oltre che influenzare direttamente il clima essendo, almeno per una buona parte, vivente (o da viventi generata) è dal clima stesso influenzata e, come tutte le popolazioni viventi, rispetta dei meccanismi di sviluppo secondo regole precise, alcune delle quali fanno felice l’amico Roberto Vacca, profondo conoscitore e studioso delle applicazioni delle equazioni di Volterra, altrimenti dette equazioni logistiche3 ,4. Roba difficilmente approssimabile con delle relazioni lineari! Un evidente dannato problema nella rappresentazione semplice di un mondo complicato.
Quindi, fenomeni di trasporto specifici, particolari temperature o valori di umidità possono favorire o meno lo sviluppo di questa componente atmosferica vivente, o le popolazioni rappresentabili come emettitori, che agisce come modulatore sul bilancio energetico superficiale, assorbendo o scatterando la radiazione come effetto diretto, ma principalmente attraverso i processi di condensazione e formazione delle nubi. Quindi, grande variabilita’ a tutte le scale. Tutto quello che oggi sappiamo bene e’ che ancora non sappiamo l’attuale abbondanza della componente biogenica5. Questo è un grande problema quando i fenomeni li vogliamo mettere nei modelli (sì, lo so cosa state pensando: “il Teo alla fine batte sempre lì!”); in effetti, bisogna ammettere che grandi sforzi vengono fatti negli ultimi per inserire parametrizzazioni ragionevoli nella modellistica, ma quello che è ragionevole pensare è che per il momento abbiamo ancora bisogno di potenziare la fase di ricerca sperimentale attraverso complesse campagne di misura che in questo caso fortunatamente, o meglio per merito di chi ha capito, si stanno già svolgendo6.
E per concludere, come dice una famosa casa di distribuzione di libri internazionale: se vi e’ interessato questo articolo non potete mancare di leggere questo articolo: “Flood or Drought: How Do Aerosols Affect Precipitation?” di Daniel Rosenfeld et al. e se siete anche interessati a farne una recensione non resta che rivolgervi a Cimate Monitor!
Riferimenti
- Barth et al., 2005 BAMS 1738-1742
- Despres et al., 2007 Biogeosciences 4 1127-1141
- Elbert et al., 2007 Atmos Chem Phys 7, 4569-4588
- Rosenfeld et al, 2008 Science 5: Vol. 321. no. 5894, pp. 1309 – 1313 DOI: 0.1126/science.1160606
- Goccioline animate del 06 giugno 2009 [↩]
- International Geosphere-Biosphere Program [↩]
- una descrizione al sito http://it.wikipedia.org/wiki/Equazione_logistica [↩]
- una bella nota molto approfondita da Antonello Urso in “generalizzazione dell’equazione logistica” al link http://www.matematicamente.it/approfondimenti/matematica/generalizzazione_dell%11equazione_logistica_200709301750/ [↩]
- per una review completa: Despres et al. [↩]
- una visita a questo sito http://www.isac.cnr.it/~chimatmo/atm_chem/index.html per cogliere anche l’aspetto di misure internazionali ed interdisciplinari [↩]
Qualche anno fa fu condotto un esperimento sotto l’egida di ARPALazio in collaborazione con l’Istituto di Inquinamento Atmosferico – CNR il mio Istituto di Biometeorologia (anzi ero proprio io il responsabile scientifico per parte Ibimet), Universita’ ecc ecc.
Si analizzarono 4 anni di dati di concentrazioni al suolo di PM10 per verificare quanto poteva incidere percentualmente il trasposto su lunga distanza ai superamenti di legge. Contemporaneamente si effettuarono anche campionamenti e delle analisi chimiche per valutare l’origine del particolato (ovviamente una delle ipotesi era il trasporto sahariano).
Sulla base delle valutazioni ottenute con le backward tajectories si vide che per il Lazio poteva essere significativa (se preferite non trascurabile)la percentuale di casi relativi al trasporto di polveri su lunga distanza: in particolare, furono evidenziate due situazioni bariche caratteristiche che potevano “pompare” polveri sahariane.
Dal punto di vista delle analisi chimiche ricordo un articolo di giornale nel quale Ivo Allegrini (allora direttore dell’IIA) annunciava che una elevata percentuale di componente biologica era stata trovata nei campioni (non ricordo esattamente ma era qualcosa che si posizionava intorno a diversi percento e credo a due cifre).
Quindi si’! Nelle polveri misurate ci stanno contributi dovuti al traffico, al riscaldamento, alla produzione di particolato secondario, ma anche sabbia e…lingue di serpente.
Pero’ attenzione! non basta questo per dire che l’inquinamento non c’e’ o cose del genere: ancora una volta occorrerebbe una bella valutazione sperimentale delle composizioni, dei fenomeni di trasporto ecc ecc. I piu’ informati sanno che esiste un progetto nazionale del Ministero dell’Ambiente, se i piu’ informati sapessero anche dirci quali sono i risultati saremmo ancora piu’ contenti (ho sbagliato congiunti o condizionali? troppi “se” 🙂 )
E pensare che la gran parte delle polveri sottili presenti nell’atmosfera delle nostre città è per cause naturali come la decomposizione degli insetti………
@teodoro georgiadis
Come sempre, grazie per la precisione delle informazioni.
Bravina eh la nostra Cristina Facchini.:-)
Uno dei progetti piu’ importanti relativo a questo tipo di emissioni e’ sicuramente il MAP (Marine Aerosol Production). E visto che la stessa Cristina (anzi Maria Cristina per avere i riferimenti biblio corretti) mi ha citato diverse volte i grandi risultati ottenuti da queste campagne di misura, riporto il sito http://macehead.nuigalway.ie/map/ che contiene veramente molte risorse interessanti anche per chi e’ meno fortunato nelle possibilita’ di accesso alle fonti bibliografiche.
Un articolo recente che riporta molti risultati e’:
“Important source of marine secondary organic aerosol from biogenic amines” Facchini et al. 2008 , Environ. Sci. Technol., 42, 9116-9121.
Una letta anche agli altri 89 rimanenti articoli ISI della Facchini scientificamente non fa male, invece rispetto alla propria autostima concordo che un attimino la butta un po giu’;-)
Quello che mi ha sempre affascinato della scienza è la cura per i dettagli anche se spesso apparentemente insignificanti. Tutto contribuisce al progredire della conoscenza e ciò è davvero importante. E ringrazio Georgiadis per questo ulteriore stimolo su un aspetto che non conoscevo, la componente biologica dell’aerosol marino.
E’ importante però, come ho sempre visto fare qui a Georgiadis, inserire le cose nel giusto contesto, senza forzare una rilevanza o addirittura una “essenzialità ” che non hanno.
Georgiadis, visto che hai citato la dott.ssa Facchini, una referenza a qualche suo lavoro su questo argomento? Buon per lei che ha 90 pubblicazioni, ma per noi comuni mortali districarsi in quella lista potrebbe essere letale 😀